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Famiglie e fratelli “speciali”: la voce dei sibling

Giu 30, 2025 Scritto da 
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C’è una forma di amore silenzioso, forte e profondo che spesso resta ai margini dei racconti ufficiali sulla disabilità. È quello dei fratelli e delle sorelle di persone con disabilità. Bambini, adolescenti e poi adulti che crescono accanto a una condizione che li segna profondamente, pur non essendo la loro.

Sono i cosiddetti sibling, termine inglese sempre più usato anche in Italia per dare un nome, finalmente, a chi per troppo tempo non ne ha avuto uno.

Dietro ogni famiglia con una persona con disabilità, c’è spesso un fratello o una sorella che osserva, impara, rinuncia, si adatta, cresce prima del tempo. Spesso non lo dicono, ma lo sentono: “Io devo essere quello che va bene, che non dà problemi, che si fa da parte”.
È una forma di responsabilità non detta, un abito di maturità cucito addosso troppo presto.

Il peso invisibile della normalità

“Ero quella che non doveva disturbare. Se mia madre fosse stata stanca, io avrei imparato a fare da sola. Se mio fratello avesse avuto una crisi, io sarei sparito nella mia stanza. Nessuno me lo ha mai chiesto. È successo e basta.”
Così si racconta la sorella di un ragazzo con disturbo dello spettro autistico sui social.

Il vissuto dei sibling è spesso ambivalente: amore immenso e senso di colpa, orgoglio e rabbia, empatia e solitudine. Crescono in un mondo in cui le priorità sembrano già decise. I loro bisogni emotivi passano in secondo piano, non per cattiveria, ma per necessità. E questo, nel tempo, lascia tracce.

Non solo spettatori, ma protagonisti

Eppure, non sono solo spettatori. I sibling imparano presto a leggere le emozioni, a capire il “non detto”, a farsi adulti con naturalezza. Diventano ponti tra il mondo del fratello o della sorella e quello esterno, interpreti di silenzi, difensori discreti contro lo sguardo dell’ignoranza o della pietà.

Molti di loro, crescendo, scelgono professioni legate all’aiuto, all’educazione, alla psicologia. Altri invece fuggono da quel mondo, stanchi del carico emotivo che ha accompagnato la loro infanzia.

Tutti, però, portano dentro un vissuto che chiede di essere riconosciuto. Ascoltato. Rispettato.

Dare voce ai fratelli e alle sorelle

Negli ultimi anni, grazie al lavoro di associazioni e psicologi, si sta finalmente aprendo uno spazio di ascolto anche per i sibling. Incontri, gruppi di condivisione, progetti nelle scuole: si cerca di dar voce a quel mondo fatto di emozioni complesse e preziose.

Non si tratta di compatire, ma di riconoscere. Di offrire strumenti per elaborare e affrontare quel percorso. Perché essere sibling non è solo un “di più” rispetto alla normalità. È una parte identitaria profonda, che merita cura.

Serve una legge, serve riconoscimento

In Italia, oggi, non esiste una legge che tuteli esplicitamente i sibling. La loro presenza è accennata solo in alcune norme come la Legge 112/2016 sul “Dopo di noi”, ma senza diritti specifici. Eppure, il loro ruolo è fondamentale.
In Europa, alcuni Paesi hanno già avviato progetti di sostegno psicologico e educativo dedicati ai fratelli e sorelle. Anche noi dovremmo fare questo passo. Non per privilegiare, ma per equilibrare. Perché il carico che portano sulle spalle non è solo emotivo, ma anche sociale e spesso invisibile.
Riconoscerli a livello istituzionale significa prevenire disagio, coltivare risorse e costruire un tessuto familiare più sano e resiliente.

 

Il Comune di Sezze e il sostegno ai “sibling” che non c’è

Sono tante le iniziative che si potrebbero intraprendere: il Comune di Sezze potrebbe introdurre iniziative mirate per sostenere i fratelli e le sorelle di persone con disabilità — riconoscendo il loro ruolo e i bisogni specifici — attraverso azioni concrete. Ad esempio:

  • Gruppi di supporto facilitati da psicologi, con incontri periodici per adolescenti e genitori, ispirandosi a modelli già attivi in comuni simili .
  • Spazi di ascolto nei Servizi Sociali comunaliper offrire consulenze psicosociali specifiche anche a fratelli e sorelle
  • Promuovere convegni e sensibilizzazionenelle scuole e nei servizi sociali.
  • Organizzare gruppi esperienziali mensili, magari collegati alla Giornata Europea dei Sibling, come fatto a Montesilvano, coinvolgendo ANFFAS e associazioni locali.

Anche il più lungo dei viaggi comincia con un primo passo!

Oltre l’apparenza

Guardando una famiglia con una persona con disabilità, spesso ci si ferma a chi ha bisogno di assistenza, a chi soffre o combatte visibilmente. Ma accanto, un po’ in disparte, ci sono fratelli e sorelle che sorridono, studiano, lavorano, aiutano. Non gridano, ma ci sono.

 

Lo sapevi che:

  • In Italia sono attivi workshop per fratelli e sorelle chiamati Sibshop, basati sul modello ideato da Don Meyer:Percorsi ludico-formativi per ragazz* tra gli 8 e i 12 anni, con giochi, attività creative e confronti tra pari su emozioni come senso di colpa, rabbia o gelosia. Incontri condotti da facilitatori formati, rivolti a familiari, operatori e studentesse, per diffondere consapevolezza e sensibilità .

 

  • Ogni 31 maggiosi celebra il Sibling Day: un momento deputato a dare voce ai fratelli e sorelle di persone con disabilità, con brochure e webinar organizzati da Parent Project aps, rivolti a sensibilizzare famiglie, psicologi e scuole sull’importanza di riconoscere il loro punto di vista

 

A lunedì prossimo, una mamma che continua da imparare

Pubblicato in Attualità

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