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Domenica, 24 Novembre 2019 16:08

Ti scongiuro, non tacere più!

 

 

La paura che leggo nei tuoi occhi la conosco, è la stessa che ho visto in altri sguardi che ho incrociato.

Quando lo hai incontrato la prima volta il tuo cuore ha sussultato.

È l’uomo della mia vita, hai pensato, con lui condividerò speranze e sogni.

Ti riempiva di attenzioni, era gentile e affettuoso.

Il vostro legame è diventato sempre più forte.

Era geloso, ma non hai mai dato peso alle sue scenate.

Poco a poco la sua gelosia si è trasformata in possessività soffocante.

Mi vuole solo per sé, lo giustificavi.

È passato alle violenze fisiche e psicologiche.

Lo aiuterò a cambiare, ti ripetevi.

Il gorgo della sua ossessione ti ha risucchiata, fino ad annullarti.

Ti urla in faccia che è colpa tua.

Se ti mette le mani addosso è per i tuoi atteggiamenti.

Sei tu che lo esasperi.

Fatichi a nascondere lividi e ferite, le cicatrici che ti segnano nel corpo e nell’anima.

L’altra sera sei arrivata al Pronto Soccorso sanguinante.

Lui era lì, ti aspettava fuori: una presenza che ti toglie il fiato.

Sei stata sul punto di raccontare tutto al medico. Ti ispirava fiducia e ti guardava con gli occhi di chi sapeva, aveva capito. Era l’occasione giusta per mettere fine a quest’inferno ma ti è mancato il coraggio.

Non succederà più, ti sei ripetuto, me lo ha promesso.

Peccato che dice così ogni volta.

Crampi di paura ti hanno stretto lo stomaco e sul referto hai fatto scrivere: caduta accidentale dentro casa. Al medico che insisteva con le domande hai ripetuto ferma: “Sono caduta per le scale”. A casa tua però di scale non ce n’è nemmeno l’ombra.

Piangevi mentre mentivi, mentre salvavi il mostro e condannavi te stessa.

La violenza sulle donne è un problema sociale.

Molti uomini non accettano l’emancipazione e il ruolo della donna nella società. Sono rimasti legati a un’idea arcaica della famiglia: l’uomo è in posizione dominante, protettore, padre padrone e la donna sottomessa. Non illudiamoci che sia un retaggio del passato: tanti giovani la pensano così.

In Italia ogni giorno 88 donne sono vittime di violenza, una ogni 15 minuti. In oltre il 70% dei casi sia la vittima che il carnefice sono italiani. Nell’82% dei casi le violenze si consumano in famiglia. Nel nostro paese il 34% delle vittime di omicidio sono donne e il carnefice nel 60% dei casi è il partner o l’ex partner. Nel 2019 le vittime di femminicidio sono state 95.

La violenza sulle donne non solo non è mai scomparsa, ma ha assunto forme diverse, si è fatta più sottile e pericolosa. Conosciamo la parte visibile, ma vi è un sommerso che non sappiamo. È difficile da capire, gode sempre di complicità, facciamo fatica a identificarla e quando ci riusciamo è troppo tardi. 

Pertanto è indispensabile imparare a riconoscere le modalità con cui si manifesta.

 

È violenza fisica.

È brutalità che causa ferite sul corpo che richiedono l’intervento sanitario, ma anche ogni contatto fisico che crea un clima di terrore: stringere, afferrare e storcere le braccia, schiaffeggiare, mordere, prendere per il collo, tirare i capelli, prendere a calci, bruciare…...

È violenza psicologica.

È considerare l’altra un oggetto, non una persona. Si manifesta come possessività, isolamento perché la donna deve ruotare solo intorno all’uomo, gelosia patologica, molestia assillante, critiche avvilenti, umiliazioni, intimidazioni, indifferenza alle richieste emotive, minaccia di portare via i figli e di violenza fisica.

È violenza sessuale.

È la violenza che le donne faticano di più a raccontare. La sessualità è passione erotica, è incontro con l’altro, ma se si riduce a pura sopraffazione, disumanizza il corpo della donna riducendolo a strumento di godimento ed è vandalismo osceno.

È violenza economica.

È ridurre la donna in condizione di minorità, di dipendenza anche per soddisfare le esigenze più elementari sue e dei figli, negando, controllando o limitando l’accesso alle finanze familiari e al conto in banca, occultando l’ammontare dello stipendio del compagno, facendo firmare con la forza o l’inganno documenti, ecc...

È femminicidio.

È l’atto violento che conclude tragicamente la relazione. È rifiuto rabbioso del limite, della negazione dell’altra, è rivendicazione di un diritto assoluto di proprietà – di vita e di morte – sulla propria partner. Non è amore, ma la sua profanazione. Manifesta un narcisismo estremo: non sopporto di non essere il tutto per te, di riconoscere di essere nulla senza di te e perciò ti uccido. Uccidersi dopo aver ucciso è dire: il mondo finisce con la mia vita, ma solo perché senza te io non sono nulla.

 

Occorre investire in cultura, educazione, prevenzione e strutture di sostegno.

Le madri debbono dire alle figlie di lasciare subito il fidanzato al primo accenno di violenza fisica o psicologia, di un semplice schiaffo. Spesso non è facile perché loro stesse lo hanno subito e lo subiscono, lo considerano normale e tale atteggiamento lo tramandano alle figlie.

È indispensabile creare una rete di sostegno per aiutare le donne a riconoscere i segnali della violenza e a trovare il coraggio di denunciare, non solo per trascinare il compagno violento in Tribunale, ma soprattutto per ritrovare in se stesse la forza di uscire dalla situazione di abuso e maltrattamento, per svincolarsi dalla violenza che le tiene legate al maltrattatore e far sì che tornino a vivere pienamente.

Pubblicato in Riflessioni