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Il diffondersi del coronavirus in Italia ha messo ulteriormente a nudo lo stato di estrema sofferenza in cui versa il Sistema Sanitario Nazionale, riaccendendo i riflettori sui pesanti tagli che, in particolare negli ultimi 10 anni, hanno colpito la sanità pubblica, facendola scivolare in uno stato di disservizi e carenze ormai cronico. Disagi purtroppo in cui i cittadini sono costretti da molto tempo a fare i conti e che sono il risultato della sottrazione, dal 2010 ad oggi, di ben 37 miliardi alla Sanità. Azione, questa, che si è conseguentemente tradotta in un enorme calo del livello di assistenza a tutti i livelli tra cui la chiusura di tanti piccoli efficienti e produttivi ospedali, come il nostro Presidio Ospedaliero che, con i suoi reparti, è stato per tanti anni il punto di riferimento di parte della popolazione provinciale e soprattutto dei Monti Lepini. Il fatto è che, alla chiusura di tanti ospedali territoriali come il nostro, o come quello di Priverno e di Cori, come d’altronde quelli di tante realtà territoriali della Regione Lazio, non è seguito un miglioramento dei presidi sanitari provinciali. Cosa ancora più grave ed evidente, non è seguito un miglioramento dei servizi territoriali, in alcuni casi inesistenti o poco funzionanti, servizi tanto invocati da più parti per evitare il sovraffollamento, come si sta invece verificando, dell’ospedale Santa Maria Goretti, a discapito dei tanti malati per covid e per altre patologie. E’ evidente che l’emergenza COVID che si sta vivendo ha scatenato in tutte le Regioni d’Italia questi movimenti per la “riapertura” degli ospedali che con tanta fretta sono stati chiusi. L’adozione di misure di (s)fortuna come ospedali da campo (a volte più motivati da esigenze di immagine che non da forti esigenze organizzative) o addirittura di terapie intensive in spazi dedicati ad altre funzioni, deve spingerci comprensibilmente nella direzione di riappropriarci di servizi strettamente necessari per la salute pubblica. Se sei costretto a soluzioni così arrangiate perché non riqualifichi quello che hai dequalificato?

La convinzione che le “chiusure” fossero state frutto di tagli e non di scelte è molto radicata e, adesso, che si sa che sulla sanità si torna ad investire, quei tagli devono essere messi in discussione, al fine di dare risposte alla cittadinanza sull’emergenza che si sta vivendo e sul futuro che non può essere certamente tranquillo in chiave di assistenza territoriale. Sempre più spesso, in questo clima di paura e di incertezza, per il propagarsi del contagio da covid, molti, in queste settimane, cercano di essere rassicurati circa il ritorno alla normalità, sul fatto anche che le poche strutture sanitarie presenti nella provincia di Latina riprendano a funzionare anche per le altre patologie, e che le stesse non verranno depotenziate e impoverite di funzioni rispetto ad altre maggiori. Da ciò allora si pone l’imperativo e l’urgenza di richiedere ad alta voce e con forza, a tutte le istituzioni preposte, Provincia, Regione, Ministero della Salute, la riapertura dell’Ospedale San Carlo di Sezze, con i suoi reparti, quelli che si ritengono necessari quali integrazione di quelli presenti nell’ospedale Santa Maria Goretti di Latina, evidentemente anche con uno sguardo ad una politica comprensoriale, che contempli quindi anche l’esigenza dei Comuni limitrofi. Da ciò può anche ripartire una giusta politica sanitaria territoriale, finora inesistente e tanto sbandierata e richiesta, come necessaria, in questo periodo di emergenza sanitaria.

Certamente a questi grandi interventi devono accompagnarsi, a livello regionale e nazionale, delle diverse politiche, che costano grossi sforzi economici, e vedute anche lungimiranti, non solo quindi  per soluzioni solo oggi urgenti, ma che tengano conto anche del futuro per non trovarsi impreparati come per quello che stiamo vivendo. Certamente l’auspicata riapertura di questi ospedali, Sezze e tanti altri chiusi per le note questioni legate alla spending review, ripropone il problema della mancanza del personale, tanto evidente nel momento critico che stiamo vivendo. Ma è chiaro che in questo caso, per la soluzione di queste problematiche, non solo legate al momento covid, non è più possibile il permanere del numero chiuso delle facoltà con indirizzo sanitario, o di limitati posti nelle scuole di specializzazione sempre per i laureati in medicina. Così come, a livello regionale continuare a limitare i posti a concorso per la medicina generale. Basti pensare che quest’anno la Regione Lazio, per i medici candidati per la Medicina Generale ha emanato un bando per 101 posti, a fronte di un collocamento a riposo, solo nella provincia di Roma di più di 500 medici. In questo momento non si tratta soltanto di rispondere ad una emergenza che si è verificata, a cui chiaramente bisogna trovare le soluzioni più adeguate e necessarie, ma bisogna porsi il problema di come reimpostare una politica sanitaria, non guardando solo all’aspetto economico, ma alle reali esigenze della popolazione a cui bisogna garantire sempre e in ogni modo il diritto alla salute.

A tutti i livelli si deve chiedere un grande sforzo politico ed ideologico (MES si MES no), al fine di superare in questo momento, ma non solo, la critica situazione sanitaria che permarrà se le varie istituzioni non sapranno cogliere tutte le istanze che il fenomeno della pandemia ha evidenziato. Il superamento si di tutti gli aspetti che si sono presentati dal mese di febbraio ad oggi, ma nel contempo cominciare da subito ad impostare un discorso progettuale diverso che a tutti i livelli sia in grado di organizzare e realizzare tutti quei servizi capaci di evitare, per il futuro, tutte le tragedie che stiamo vivendo e garantire invece condizioni di vivibilità efficienti ed efficaci.

Quindi, accanto alla riapertura degli ospedali chiusi in tempi pre-covid, c’è bisogno di un cambio di mentalità dove i vari governi necessariamente comincino da subito a modificare lo status quo soprattutto nel campo della formazione sanitaria, eliminando da una parte certi privilegi che si sono instaurati a livello di una certa classe medica, e dall’altra parte, garantire il pieno diritto alla salute a tutti i cittadini e una giusta occupazione dei giovani professionisti che si affacciano degnamente nel mondo lavorativo nel settore sanitario. IL Sars-Cov-2 ci ha sorpresi e costretti quindi a inseguirlo. Non possiamo permetterci di correre questo rischio per la seconda o adesso per la terza volta. Per evitare di trovarci nuovamente in questa condizione bisogna muoversi in anticipo da subito non dimenticando che la pandemia ci ha sbattuto in faccia la nostra vulnerabilità e questo ci deve spingere a comprendere la ragione per cui l’abbiamo dimenticato. È chiaro quindi che le casse dello Stato potranno e dovranno riorganizzare il Servizio Sanitario Nazionale, dotandolo di tutto ciò di cui ha bisogno in termini di risorse finanziarie e umane. Questa è la sfida che ci aspetta e per cui tutti dobbiamo lottare, essere attori non solo di ciò che oggi può sembrare un sogno, ma tendere tutti a realizzare questa grande impresa.

 

Pubblicato in Attualità
Domenica, 29 Novembre 2020 06:34

La gazzarra dei politici indecenti

 

 

L’indecenza attira l’attenzione, prevarica il bello e il buono, si fa credere totalizzante e tenta di trascinare tutto e tutti nel gorgo dell’indistinto.  Il degrado nel linguaggio e nei comportamenti dei politici è innegabile, ma sarebbe ingiusto non discernere e distinguere. Le persone per bene, i bravi amministratori della cosa pubblica sono la grande maggioranza, ma a far notizia è la strumentalizzazione di ruoli e funzioni pubbliche da parte di una minoranza. L’aspetto più allarmante non è tanto il ricorso al linguaggio greve, volgare, a parolacce e insulti, quanto piuttosto i contenuti e le scelte dei leader nazionali e soprattutto dei sottopancia, di cacicchi e luogotenenti locali, di candidati ed eletti nelle assemblee rappresentative ad ogni livello, nei consigli comunali in particolare, i quali persuasi di poter fare tutto, compreso dare sfogo impunemente alle bassezze più becere in forza della sacra investitura popolare, fanno di barbarie e turpitudine il loro stile e la loro regola. Senza contare poi che ha preso sempre più piede la convinzione che sottrarsi alla sarabanda del cinismo e delle affermazioni scioccanti, gratuite, insensate e senza fondamento, equivalga a rinunciare ad avere ruolo e rilevanza di fronte alla pubblica opinione, ad essere cancellati dal teatrino imperante e finire per non contare niente.

In questi giorni comportamenti estremamente gravi, di cui si sono resi responsabili i consiglieri comunali di alcune città, hanno guadagnato l’onore della cronaca. Tuttavia i media li hanno accantonati rapidamente, stimandoli evidentemente trascurabili, irrilevanti e non una occasione da cogliere per approntare una seria riflessione. L’interesse è stato indirizzato altrove in ossequio all’incessante rincorsa alla novità e al sensazionalismo che spesso purtroppo caratterizza l’informazione, tralasciando così di cogliere i segnali allarmanti di degrado valoriale e senso civico che vanno ripetendosi nella società, che indeboliscono fino a distruggere il substrato sostanziale che sta alla base del vivere comunitario e impediscono di fronteggiare efficacemente i colpi micidiali inferti ai principi e ai diritti irrinunciabili delle persone sanciti dalla Costituzione Repubblicana, alla sacralità delle istituzioni democratiche che devono essere preservate da qualunque abuso o sfregio. Nessuna storia di ruberie, approfittamenti e tangenti, ma qualcosa di assai più pericoloso, in grado di disonorare le istituzioni ed emblematico di una classe politica nella migliori delle ipotesi raffazzonata, grottesca e inadeguata sotto il profilo culturale e democratico.  

Il consigliere comunale di Bagno a Ripoli, Gregorio Martinelli Da Silva, della Lega, ex capogruppo in consiglio per il Carroccio, ha presentato un’interrogazione in cui chiede al sindaco di istituire una giornata per i cattolici eterosessuali in quanto vittime di discriminazioni, così motivando la richiesta: “La società con la complicità delle istituzioni e di politici incapaci sta commettendo nel nome della lotta alla discriminazione la peggiore delle discriminazioni possibili, quella contro i suoi valori e le sue origini. Con l’avanzamento di proposte come quelle della mozione della commissione pace, o come la legge Zan, si puniscono e discriminano le persone che seguono la Dottrina Cattolica. Con l’avanzamento di questa ideologia arriveremo anche al punto di penalizzare tutta la categoria degli eterosessuali, soprattutto maschi”. Il consigliere leghista ha sostenuto che la proposta di legge contro omo e transfobia ha come “unico scopo quello di incentivare e favorire l’omosessualità”, che le relazioni omosessuali sono “gravi depravazioni”, ha definito l’omosessualità “atteggiamenti” da “condannare”, precisando (bontà sua!) che “condannare non vuol dire punire” e ha concluso dicendo che l’omofobia è qualcosa “che in realtà non esiste”. Un rappresentante eletto nelle istituzioni definisce discriminatoria una proposta di legge che ha il solo scopo di tutelare i più deboli e punire quanti rivendicano la libertà di aggredire altre persone semplicemente per quello che sono e per chi amano. Parole che fanno inorridire, da non confondersi assolutamente con la libertà di opinione che non è mai libertà di umiliare gli altri e giustificazione della violenza.

Nicolò Fraschini, consigliere della maggioranza di centrodestra di Pavia, presidente della Commissione Bilancio, ha scritto sul proprio profilo Facebook come commento ad una discussione da lui stesso avviata sulle problematiche legate alla pandemia: "Ormai questo piagnisteo sulle vittime penso che abbia stufato tanti italiani, per salvare poche migliaia di vecchietti stiamo rovinando la vita, nel lungo termine, a un sacco di giovani…..Tutta questa vicenda ha dimostrato ancora una volta che l’Italia dà la precedenza sempre e solo agli anziani. Adesso è tempo di cambiare il passo, di sacrifici ne abbiamo già fatti fin troppi, abbiamo già fatto due tentativi, direi che Conte e i suoi sgherri hanno la coscienza pulita, adesso si può riaprire". E per rimarcare meglio il suo pensiero ha concluso: "e poi, ripeto, viva Darwin!". Insomma evviva la selezione naturale: sopravvivano i più forti e i più deboli soccombano!

Priamo Bocchi, coordinatore di Fratelli d’Italia di Parma e consigliere comunale, mentre si svolgeva in streaming il Consiglio Comunale, convocato sul tema della violenza sulle donne, ha postato su Facebook la foto “senza veli” di un sedere maschile, accostata a quella dei consiglieri comunali. Un gesto derisorio, un modo per dire che della violenza e delle discriminazioni sessuali se ne frega, si cala le braghe e mostra il sedere. Scoppiata la bufera per questo suo gesto squallido e vomitevole, ha cercato di giustificarsi dicendo che un hacker avrebbe fatto irruzione nel sistema informatico del Consiglio Comunale a distanza di Parma.

È giusto dare atto che i partiti di appartenenza di questi personaggi beceri e inqualificabili sono intervenuti censurandoli e prendendo le distanze da parole e comportamenti dei propri eletti.

Tuttavia questa sequenza di deliri, luoghi comuni violenti, linguaggi aberranti e pericolosi, che vanno oltre i limiti della ragione, raccontano la deriva di una certa parte della politica senza distinzioni di partiti e schieramenti, che da troppo tempo opera una selezione alla rovescia, promuove i peggiori purché fedeli al capo, discrimina e allontana quanti possiedono un profilo culturale e umano rimarchevole, oltre a competenze, capacità e autonomia di giudizio. Il dramma vero è questo e come cittadini ne portiamo la nostra parte di responsabilità ogni qual volta lo accettiamo supinamente, non ci ribelliamo all’indecenza e non usiamo in modo intelligente l’arma democratica più potente che possediamo: il nostro voto!

Pubblicato in Riflessioni