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Diamo una mano all’amministrazione comunale, rendiamoci cittadini attivi, collaboriamo nella raccolta differenziata. I dati sconfortanti e le percentuali bassissime del Comune di Sezze devono spingerci a fare meglio e subito, anche in un’ottica di riscatto verso chi crede di essere più rispettoso dell’ambiente rispetto a noi. Oltre alla lotta agli incivili e alle denunce senza se e senza ma verso coloro i quali continuano a non rispettare i regolamenti per la raccolta differenziata, possiamo dare il nostro contributo essendo pratici e veloci nella selezione dei prodotti che dovranno essere conferiti. Non tutti sanno, infatti, che esiste una applicazione per Android, da scaricare gratuitamente su Play Store, dal nome Junker per la differenziata. Una applicazione semplice da usare e utile per differenziare meglio. Dopo averla scaricata sul nostro cellulare l’applicazione, Junker, ti aiuta a differenziare senza dubbi o errori i rifiuti domestici, perché riconosce ogni prodotto singolarmente dal suo codice a barre. Basta inquadrare il codice a barre stampato sull'imballaggio o scrivere la tipologia di rifiuto e Junker lo riconosce, lo scompone nei materiali che lo costituiscono e permette di smistare il rifiuto con facilità in base alla raccolta differenziata adottata al proprio Comune. Un modo semplice per imparare velocemente a conferire l’immondizia e non costringere gli operatori della SPL ad etichettare il prodotto conferito come errato. Basta veramente poco, basta un clic per facilitarci lo smistamento dei prodotti e permettere alla nostra comunità di crescere in percentuale di differenziata, perché non siamo peggiori di altri cittadini. 

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12 febbraio 1980.

Università degli Studi “La Sapienza” di Roma – Facoltà di Scienze Politiche.

Vittorio Baschelet, professore di Diritto Amministrativo e Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, ha appena concluso la sua lezione ed esce dall’aula al pianterreno, intitolata ad Aldo Moro. In compagnia della sua assistente universitaria Rosy Bindi si dirige verso la scala che porta all’atrio rialzato. I due stanno discutendo tra loro, quando una donna, fingendosi una studentessa, raggiunge alle spalle Vittorio Bachelet, lo afferra con una mano e lo costringe a voltarsi. Partono i primi tre colpi di pistola tutti diretti al ventre del professore che cade a terra. Rosy Bindi urla, mentre la donna arretra. Si fa avanti un ragazzo giovanissimo che impugna anch’egli una pistola. Si china su Vittorio Bachelet e spara di nuovo. Un proiettile lo raggiunge alla nuca. È il colpo di grazia. Nella confusione che segue i due riescono a dileguarsi. Gli autori del delitto sono Anna Laura Braghetti e Bruno Seghetti, appartenenti entrambi alle Brigate Rosse, che rivendicheranno l’omicidio.    

Le menti raffinatissime che decisero l’assassinio di Vittorio Bachelet e armarono la mano del gruppo di fuoco perseguivano una strategia chiara, avevano l’obiettivo di colpire al cuore e destabilizzare le istituzioni democratiche del nostro paese. Infatti dopo Aldo Moro, Vittorio Bachelet rappresenta la personalità con il più alto incarico all’interno dello Stato a cadere vittima del terrorismo brigatista. 

Giurista e politico, Vittorio Bachelet era un cristiano autentico, convinto della forza del Vangelo che viveva e incarnava pienamente. Nella sua opera scientifica come giurista ha posto al centro della riflessione il rapporto tra società ed istituzioni, mosso dalla preoccupazione di scrivere i principi della Costituzione della Repubblica nel tessuto vivo del nostro paese. Questa convinzione profonda lo ha guidato nell’impegno come Vicepresidente del CSM, cercando di ricomporre le spaccature esistenti tra le diverse componenti dei magistrati e delle forze politiche e di favorire un percorso unitario nel superiore interesse dei cittadini, della giustizia e nel rispetto del pluralismo, il tutto in un momento storico assai particolare nel quale le istituzioni democratiche erano sotto attacco da parte del terrorismo brigatista e dello stragismo, opera degli apparati deviati dello Stato. A partire dalla strage di Piazza Fontana nel 1969, negli anni seguenti il nostro paese è stato attraversato da una scia di sangue, con bombe sui treni e nelle piazze in obbedienza a disegni criminosi rimasti in gran parte ancora oggi sconosciuti e indecifrati, con rapimenti, gambizzazioni, uccisioni di giudici e professori, giornalisti e esponenti delle forze dell’ordine, politici e sindacalisti e anche semplici cittadini. Ogni mattina ci si chiedeva a chi potesse toccare. Dopo le utopie e le speranze degli anni ’60, nel decennio successivo dunque l’Italia si ritrovò un paese profondamente lacerato e alla ricucitura di queste divisioni e contrasti fu rivolto l’impegno di Vittorio Bachelet, il quale difese le istituzioni, i diritti e le libertà dei cittadini, contrastando con fermezza quanti invocavano il pugno duro, la repressione e prospettavano la necessità di sospendere le garanzie costituzionali, convinto che la democrazia avesse radici forti e rappresentasse l’unica strada per sconfiggere l’estremismo e la violenza.        

Vittorio Bachelet, oltre che un uomo delle istituzioni, è stato un padre di famiglia esemplare, un educatore che ha incarnato nel suo pensiero e nella sua azione i principi di libertà, solidarietà e responsabilità, una guida per il mondo cattolico, che ha unito l’esercizio quotidiano della laicità con l’obbedienza in piedi. Per molti anni è stato ai vertici dell’Azione Cattolica ed insieme ad altri ne ha ispirato e riscritto lo Statuto. In un intervista del 1979 Vittorio Bachelet, nel ribadire quanto già sostenuto nel 1965, spiega il significato della scelta religiosa che è il cuore stesso dell’identità dell’Azione Cattolica: “Di fronte a questo mondo che cambia, di fronte alla crisi di valori, nel cambiamento del quadro sociale e culturale, forse con una intuizione anticipatrice, o comunque con una nuova consapevolezza l’AC si chiese su cosa puntare. Valeva la pena correre dietro a singoli problemi, importanti, ma consequenziali, o puntare invece alle radici? Nel momento in cui l’aratro della storia scavava a fondo rivoltando profondamente le zolle della realtà sociale italiana che cosa era importante? Era importante gettare seme buono, seme valido. La scelta religiosa – buona o cattiva che sia l’espressione – è questo: riscoprire la centralità dell’annuncio di Cristo, l’annuncio della fede da cui tutto il resto prende significato. Quando ho riflettuto a queste cose e ho tentato di esprimerle ho fatto riferimento a S. Benedetto che in un altro momento di trapasso culturale trovò nella centralità della liturgia, della preghiera, della cultura il seme per cambiare il mondo, o – per meglio dire – per conservare quello che c’era di valido dell’antica civiltà e innestarlo come seme di speranza nella nuova. Questa è la scelta religiosa”. Vittorio Bachelet aveva ben chiaro che il Concilio Vaticano II aveva gettato il seme per una Chiesa rinnovata, in cui profezia e carità dovevano essere vissute e incarnate con radicalità per dare risposta al disagio e alla domanda di idealità che saliva dalla società. E questo lui ha fatto per tutta la sua vita unendo mitezza e semplicità ad una lucidità di giudizio senza eguali e ad un rispetto assoluto per tutti.

Sono trascorsi quarant’anni da quel tragico 12 febbraio 1980. In tanti, soprattutto tra i più giovani, non conoscono Vittorio Bachelet, la sua vicenda personale, il suo impegno nella Chiesa, nell’Università e nelle istituzioni, ma le sue parole e le sue intuizioni sono di una attualità sconvolgente.

La furia brigatista ha privato l’Italia degli uomini migliori, ma non tutto è perduto. Sta a noi raccogliere il testimone, facendo nostro l’insegnamento di Vittorio Bachelet e portando avanti la sua lezione culturale e di vita per costruire un paese più giusto, libero e solidale.

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