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Domenica, 20 Settembre 2020 05:32

Il vuoto dei valori genera mostri

 

 

La determinazione del branco è immutabile e spaventosa” (Elias Canetti – Massa e potere).

L’omicidio di Willy Monteiro Duarte, ucciso a forza di botte nella notte tra il 5 e il 6 settembre da un branco di assassini, noti per l’attitudine alla violenza e alla sopraffazione, in via Oberdan, la strada della movida nel centro di Colleferro (RM), ha avuto grande eco, per giorni ha dominato le prime pagine dei quotidiani, ha aperto i notiziari televisivi e sui social si sono moltiplicati i commenti indignati. Tutti hanno invocato pene esemplari per i responsabili di un atto vile, che ha privato della vita un ragazzo perbene, generoso, un gran lavoratore, colpevole soltanto di aver difeso un amico. Incredibilmente l’omicidio di Willy è identico, per come si sono svolti i fatti, a quello di Emanuele Morganti, il quale nella notte tra il 24 e il 25 marzo 2017 ad Alatri (FR), cittadina a pochi chilometri da Colleferro e Paliano, venne picchiato a morte davanti ad una discoteca da un branco di assassini senza alcun movente. 

Nella notte tra il 6 e 7 settembre due quindicenni, durante una festa di compleanno, tenutasi in una villa privata, sono state violentate da un branco di balordi a Marconia di Pisticci, in provincia di Matera. Grazie alla loro testimonianza e alle registrazioni delle telecamere della villa, quattro di loro sono stati arrestati, altri quattro risultano indagati. Sono tutti accusati di violenza sessuale e lesioni personali continuate ed aggravate. Il branco prima le ha costrette ad assumere sostanze stupefarci per stordirle, poi le ha attirate in un luogo buio e le ha a lungo abusate. Il Gip ha ritenuto l’arresto l’unica misura possibile, trattandosi di individui “privi di freni inibitori e incapaci di qualsiasi forma di autocontrollo”.    

Si tratta di vicende certo diverse, ma legate da un filo rosso, dalla medesima logica criminale che prende corpo e si scatena ogni qualvolta un gruppo di individui, per lo più giovani e quasi sempre maschi, si riuniscono e, dopo aver individuato un bersaglio inerme, in genere una persona fragile e indifesa, preferibilmente donna, straniera o di colore, le si accanisce contro con brutalità inaudita e delirante. È la tecnica del branco, impiegata in natura dagli animali predatori, che facendo forza sul gruppo approfittano della vulnerabilità in cui si trova chi è solo o debole.  

Purtroppo, come sempre più spesso accade sui social, le strumentalizzazioni non sono mancate. Per fortuna certa politica politicante, che sempre interviene con predatoria sistematicità ed efficaci trovate propagandistiche, ha mantenuto un profilo basso, non ha cercato di lucrare facili consensi, probabilmente per la disfunzionalità dei fatti alla vulgata abitualmente da loro accreditata: i responsabili sono italiani e le vittime un ragazzo figlio di immigrati e due ragazzine inglesi d’origine italiana.

L’attenzione si è concentrata sulla personalità, sull’appartenenza all’estrema destra, sulla pratica di sport da combattimento, sui precedenti penali per lesioni e spaccio, sull’essere dediti alla riscossione dei debiti di droga per conto degli spacciatori degli assassini di Willy e sul fatto che gli autori del duplice stupro di Marconia di Pisticci, sebbene molti di buona famiglia, siano sbandati, drogati e violenti, le loro pagine Instagram un campionario di immagini di soldi esibiti, pistole probabilmente finte mostrate con spavalderia, bottiglie di champagne e vodka con tanto di dito medio alzato e pezzi musicali colmi di disprezzo per le donne.

Si tratta sicuramente di elementi importanti per accertare fatti e responsabilità, ma il rischio è di fare una lettura riduttiva dell’accaduto, di comodo e autoassolutoria. Non si tratta di buttarla sul sociologico, di diluire i fatti in un brodo indistinto, rischiando di sminuirli e giustificarli in ragione di dinamiche e condizionamenti sociali e culturali, cui magari appellarsi per ottenere un alleggerimento delle pene da comminare ai responsabili. La giustizia deve fare il suo corso fino in fondo e senza sconti. Alla violenza barbara e vigliacca, lo Stato deve rispondere con la forza del diritto e della civiltà, pena l’innescarsi di una spirale incontrollabile di violenze, al termine della quale c’è solo la guerra di tutti contro tutti e l’autodistruzione.

Tuttavia è urgente interrogarci sulle cause scatenanti, sul vuoto esistenziale e valoriale, sulla perdita di riferimenti etico – morali che sta alla base di simili condotte criminali e sull’esigenza improrogabile di ripensare radicalmente tanti aspetti del nostro vivere comune, di rammendare un tessuto relazionale profondamente lacerato per scongiurare il ripetersi di simili tragedie.

Un numero crescente di ragazzi e giovani, annoiati e senza prospettive, si lascia irretire da ideologie nefaste, insegue l’ebbrezza del gesto trasgressivo, crede che la violenza sia una qualità e la compassione una debolezza, si rifugia nello sballo, vive di espedienti e illegalità, disprezza il diverso, pensa che le donne non abbiano lo stesso valore degli uomini e possano essere trattate come oggetti da usare e buttare poi via, che possa perfino uccidere impunemente, rifugiandosi nel branco e facendo ricadere la colpa sulle vittime. Sono tutti inequivocabili segnali del fallimento della funzione educativa di famiglie, scuole, parrocchie, centri di aggregazione sportivi e culturali, che sta provocando un progressivo smottamento e sgretolamento sociale. Certamente una parte di colpa è ascrivibile alla politica, che anziché avanzare proposte finalizzate alla coesione e all’inclusione, ha assecondato le dinamiche disgregative, sdoganato linguaggi volgari e violenti nei dibattiti e sui social, propone modelli comportamentali improntati ad un esasperato individualismo e istiga all’odio e alla contrapposizione. Passare dalle parole alle vie di fatto è più facile di quanto si pensi. Tutto vero, ma è troppo comodo fermarsi a questo e non assumerci le nostre responsabilità che sono tanti e gravi.

Reprimere i reati è fondamentale, ma è una soluzione parziale ed inefficace se non è accompagnata da un processo di rifondazione della società, dalla riscoperta del senso autentico del vivere che abbiamo smarrito nei meandri di un nichilismo, di un materialismo e di un utilitarismo senza limiti e freni inibitori, e dei valori, a cominciare da quelli sanciti nella Costituzione della Repubblica, da una progettualità d’ampio respiro diretta a creare le condizioni per l’inclusione, il riconoscimento reciproco, il rispetto delle regole in una cornice di etica pubblica condivisa. Se di fronte a tragedie come queste non comprendiamo che occorre invertire la rotta, l’indignazione e le condanne sono solo indecente ipocrisia e un oltraggio ulteriore delle vittime.       

Pubblicato in Riflessioni