Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalita' illustrate nella cookie policy. Chiudendo questo banner o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie, per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

 

Chi non ricorda l’on Salvini con la scritta di Trump sul cappello e sulla mascherina, in segno di amicizia e fedeltà al capo dei sovranisti di tutto il mondo, salvo poi, dopo il drammatico assalto al Campidoglio USA. ripensarci e farfugliare qualche mezza parola di pentimento? Non ho alcun desiderio di ironizzare su quella immagine del leader leghista perché si tratta dell’ennesimo tentativo di coloro che sono pronti e intenzionati a cavalcare la rabbia dei nostri concittadini. Un fenomeno eversivo, questo, che si sta allargando a macchia d’olio, anche in Italia, e soprattutto nelle periferie urbane e tra le fasce più deboli e povere. Si tratta di gruppi organizzati, pronti a gridare al lupo e al complotto, disposti a tirare la fune fino a spezzarla, a lanciare il sasso e a nascondere la mano, a fare giustizia con le proprie mani, a compiere gesti rabbiosi contro il “potere” e contro le regole di convivenza civile. Nella storia passata e recente gli incendiari non sono mancati mai. Ricordo gli scontri e le ingiurie subìte dai giovani comunisti, a cavallo degli anni 60 e 70, perché venivano considerati   servi dei padroni e sbirri dello Stato oppressore. Poi è scoppiato il terrore e l’uccisione di magistrati e di Aldo Moro. La storia si ripete e non insegna nulla. Il virus antidemocratico della violenza si sta diffondendo ovunque: un clima di sfiducia e di diffidenza nei confronti dell’altro, soprattutto dei politici e di chi esercita legalmente un ruolo istituzionale. Sono tutti ladri e mascalzoni, dicono. Non ci si riconosce più nella comunità di appartenenza, non si condividono più gli stessi valori, ci si sente estranei ed emarginati, in nome di una identità di razza, di colore, di religione. Molteplici sono le cause di questo pericoloso fenomeno: le profonde trasformazioni ideologiche e di costume, le regole civili di convivenza completamente modificate, i rapporti interpersonali e di genere alterati. Inoltre la pandemia del covid-19 sta assestando il colpo finale. L’impossibilità di incontrarsi fisicamente sta generando solitudine e inquietudine degli uni verso gli altri. Le idee e le opinioni, in mancanza di un vero confronto, si trasformano in incomprensioni e contrapposizioni. Quando manca il dialogo la politica langue e si ragiona solo in termini pregiudiziali e ideologici. Occorre uno sforzo di responsabilità e uno slancio ideale da parte di tutti, occorre essere ”costruttori” (Pres. Sergio Mattarella) e non disfattisti. Anche a Sezze tanti sono i problemi da affrontare e risolvere: la riapertura dell’ospedale di prossimità, l’assistenza domiciliare agli anziani e alle persone povere e fragili, la vivibilità del Centro storico, un piano per il traffico, la realizzazione dei parcheggi, la cura del verde e del decoro urbano, il riordino e la sistemazione delle zone di Suso e dello Scalo, l’adeguamento della macchina amministrativa, la programmazione della offerta  scolastica e formativa a tutti, nessuno escluso. La tecnologia e il web possono fornire gli strumenti necessari per coinvolgere, far partecipare, informare la cittadinanza. Ebbene, di fronte a questa mole di lavoro è un delitto stare fermi e aspettare. Fra più di un anno si andrà a votare.  Non contano più le idee? non valgono più le opere compiute e realizzate? Non vale più l’impegno e la passione politica? A quale democrazia vogliamo fare appello? A quella dei sovranisti e dei disfattisti?

Pubblicato in La Terza Pagina