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Domenica, 18 Dicembre 2022 07:00

Palestina e Israele. Una guerra lunga 75 anni

 

 

Settantacinque anni fa, il 29 novembre 1947, l’Assemblea Generale dell’ONU approvò la Risoluzione n. 181, con la quale fu stabilita la divisione della Palestina in due Stati, uno ebraico e uno arabo-palestinese. Gerusalemme e i suoi dintorni sarebbero stati amministrati dalle Nazioni Unite per un periodo transitorio di 10 anni, rinviando a futuri negoziati la decisione sul loro status finale. I confini proposti accordavano il 61% del territorio allo Stato ebraico e il resto agli arabi. L’Agenzia Ebraica, al tempo organo di governo degli ebrei in Palestina, votò a favore accogliendo l’indicazione proveniente dal sionismo politico, ideologia alla base del moderno nazionalismo ebraico, i cui esponenti si erano spesi per convincere i leader mondiali ad accettare tale soluzione come un atto di giustizia e un risarcimento per le sofferenze patite dagli ebrei per via dell’antisemitismo che aveva intossicato l’Europa e della tragedia della Shoah. Il Supremo Comitato Arabo, rappresentante degli arabo-palestinesi, rifiutò la proposta, invocando il diritto all’autodeterminazione delle popolazioni locali, anche in ragione del fatto che gran parte degli ebrei era emigrata in Palestina soprattutto dall’Europa nei 30 anni precedenti. Infatti nel 1917, quando gli inglesi iniziarono ad esercitare il protettorato sulla Palestina sostituendo i turchi, gli ebrei erano il 10% della popolazione. Per gli arabo-palestinesi sia gli inglesi sia gli immigrati ebrei erano semplicemente colonizzatori europei.
 
Il 14 maggio 1948 Israele proclamò l’indipendenza, ma meno di 24 ore dopo Egitto, Giordania, Siria, Libano e Iraq lo invasero. Lo stato ebraico, sostenuto da URSS, USA ed Europa, sconfisse gli eserciti arabi, acquisì la sovranità su quasi il 78% della Palestina, la Cisgiordania e Gerusalemme Est furono annesse dalla Giordania, la Striscia di Gaza dall’Egitto. In conseguenza della guerra oltre metà della popolazione palestinese perse la casa e divenne profuga. L’antisemitismo, che aveva avuto il suo apice nella Shoah, produsse esiti sconvolgenti anche per i palestinesi, i quali subirono la tragedia dell’esodo, della Nakba.
 
Nel 1967 scoppiò un nuovo conflitto tra Israele, sostenuto dagli USA, e i Paesi arabi vicini, appoggiati dall’ URSS. Un’incredibile vittoria consentì ad Israele di assumere il controllo militare di Cisgiordania e Gaza. L’ONU con diverse risoluzioni condannò l’occupazione e chiese di dare soluzione alla questione dei profughi palestinesi. L’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, fondata nel 1964, assunse la leadership politica dei palestinesi dei territori, ma fu anche coinvolta negli ‘70 e ‘80 in atti di guerriglia e di terrorismo internazionale e interarabo. Intanto al suo interno era lacerata dallo scontro tra fazioni che proponevano metodi più o meno radicali di lotta. Il 15 novembre 1988, nel contesto di una rivolta contro gli occupanti israeliani, detta l’intifada, proclamò la nascita dello Stato di Palestina, riconosciuto da diversi Paesi. Nei primi anni ‘90 la comunità internazionale promosse dei negoziati diretti tra Israele e OLP e si giunse agli Accordi di Oslo del 1993 e all’istituzione dell’Autorità Nazionale Palestinese, con capitale Ramallah in Cisgiordania. Gli accordi non hanno mai avuto però completa attuazione con il conseguente incancrenirsi del conflitto. Il 29 novembre 2012 la Palestina è stata riconosciuta dall’ONU come “Stato osservatore non membro”, posizione condivisa soltanto con la Santa Sede.
 
Dalla proclamazione dello stato di Israele a oggi ci sono state quattro guerre arabo-israeliane, di cui due con il Libano, non si contano gli atti terroristici che hanno insanguinato le città israeliane e le operazioni militari in Cisgiordania e a Gaza contro esponenti palestinesi e la stessa popolazione civile. Stime approssimative parlano di 24 mila israeliani e 91 mila arabi deceduti.
 
Specialmente in questi ultimi anni Israele ha migliorato le relazioni internazionali, ha disarmato i confini, concluso trattati di pace e normalizzato i rapporti con molti vicini arabi, stipulando memorandum di intesa e partnership commerciali. Gli Accordi di Abramo hanno ulteriormente alleggerito la tensione in quest’area strategica e favorito nuove alleanze. Sul piano interno invece il conflitto tra israeliani e palestinesi rimane un nodo insoluto.
 
La Risoluzione ONU, che prevede la creazione di due Stati, è l’orizzonte politico cui le diplomazie, soprattutto occidentali, continuano a guardare, anche se i fallimenti reiterati e le condizioni createsi sul campo hanno finito per consolidare uno status quo che a nessuno piace e che tutti, in fondo, accettano.
 
Israele ha di fatto annesso gran parte dei territori occupati attraverso la realizzazione di sempre nuovi insediamenti e perciò sembra poco realistica la ripartizione in due stati. I territori palestinesi sono ridotti ad enclavi, che includono le principali città governate dall’Autorità Nazionale Palestinese, circondate da posti di blocco dei militari israeliani. L’ANP, guidata da un presidente anziano e debole, Abu Mazen, è continuamente sfidata dall’aggressività ideologica e non solo di Hamas, che dentro e fuori Gaza cerca di guadagnare consensi con la violenza. Il risultato di questo stallo è sotto i nostri occhi. I governi israeliano e palestinese dialogano, smettono di dialogare e devono fare i conti con le spinte estremiste che deflagrano ciclicamente nei rispettivi campi. Intanto ai cittadini di entrambe le parti tocca continuare a convivere con scontri e violenze per la miopia di leadership manifestamente inadeguate.
 
La giustizia e la pace, tanto volute da tutti, richiedono il coraggio di percorrere strade diverse. Occorre partire dall’uguaglianza, mettendo fine alla politica di Israele, da molti qualificata come un’autentica apartheid, che mira a tenere sotto controllo i palestinesi sia dei territori occupati sia gli arabo-israeliani, i quali ultimi sono un quarto della popolazione dello stato ebraico ma godono di diritti limitati. Sul versante palestinese un cambiamento non è più rinviabile. Gli estremisti e i violenti vanno resi inoffensivi e i corrotti allontanati e puniti. Serve insomma un rinnovamento radicale delle strategie politiche e delle personalità che le incarnano. La parità dei diritti di israeliani e palestinesi, condizione necessaria per la libertà, la dignità e il bene comune, può rappresentare una prospettiva innovativa e alternativa per tentare di dare finalmente soluzione al conflitto e realizzare una pace giusta e duratura, a prescindere dall’evoluzione del quadro politico che potrà portare alla divisione in due stati o alla convivenza nella stessa entità statale dei due popoli, garantita dal riconoscimento di forme avanzate di autonomia.
Pubblicato in Riflessioni
Domenica, 18 Dicembre 2022 06:48

Festa senza il festeggiato?

 

Quella che segue è una riflessione inviataci dal Rev.do Anselmo Mazzer, parroco per ben 27 anni della Cattedrale Santa Maria di Sezze, oggi parroco presso Santa Maria Goretti di Latina, assistente ecclesiastico presso l'Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti nonché Assessore presso Tribunale Ecclesiastico diocesano.

 

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L'altro giorno sono stato in grande centro commerciale qui a Latina. Confesso di non aver mai visto in vita mia tanto sfavillio di luci, di colori, di suoni, di addobbi natalizi, come quest'anno.

Mi veniva voglia di chiedere: perché?

Lì, come in tantissimi altri posti, non ho visto nessun segno cristiano , neanche il più piccolo.

Sembra come se dei pazzi, all'improvviso, si siano messi a creare, chissà perché, con ogni tipo di luci, di palle colorate, di alberi fantasmagorici, di babbi natale di tutte le dimensioni, un mondo magico, senza…. un motivo.

Ho pensato: è tragico, se non ridicolo, che si faccia del tutto per nascondere chi e perché qualcuno è nato, dal momento che natale è un parola che significa solo nascita.

Sentivo oggi che il 58 % degli italiani mal sopporta il Natale. Certo se si prescinde dalla relazione con chi è nato, le magnate, i regali, le vacanze … sono un ingranaggio che condiziona e stritola chiunque, se non si sta attenti, e alla fine producono solo noia, noia, noia, come dice una canzone .

Non interessa il Festeggiato perché abbiamo paura che perfino un bambino possa venire a disturbare il nostro modo di vivere.

Uscendo da quel luogo, ragionavo tra me e me: ecco chi o che cosa è nato! E' nato babbo natale o forse sono nati gli alberi, ma no è nata la elettricità, certamente sono nate le palle colorate!

Sono arrivato a casa e in un momento di rabbia, lo confesso, ho pregato per riprendere quota:

 

Padre, immensamente misericordioso,

nel volto del tuo Figlio, fatto carne della nostra carne,

ci colmi delle tue meraviglie,

perché ci dai il “potere di diventare i tuoi figli”,

e noi, sorpresi,

ti rendiamo grazie per la nostra grandezza rigenerata.

Nel mezzo della notte,

avvolti dal silenzio dell'amore,

ci rivesti di luce ineffabile

per ritrovarci creature nuove

che danno calore alla realtà di tutti i giorni.

Nel buio di questa nostra storia

Il tuo Verbo ci invita a condividere ancora il suo mistero

perché noi, “che vedemmo la sua gloria”,

lo possiamo cercare nelle vicissitudini di ogni giorno.

Effondi, come hai fatto con Maria,

il tuo Spirito creatore

nelle nostre persone,

perché possiamo desiderare e gustare

la bellezza della ritrovata comunione con Te

e con ogni nostro fratello sparso sulla terra.

Poi sono andato a dormire.

 

Don Anselmo

cittadino onorario della città di Sezze

Pubblicato in Attualità