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L’Estate setina è nel pieno del suo svolgimento, nonostante le difficoltà economiche l’amministrazione comunale di Sezze "non ha voluto fare a meno di una delle manifestazioni storiche di Sezze". L’assessorato alla Cultura e allo Spettacolo ha stilato infatti un calendario di eventi che accompagneranno la calda estate 2022 fino al 23 settembre. Diverse le proposte giunte dalle associazioni locali e da società che promuoveranno spettacoli ed eventi vari in tutto il territorio comunale. Il vice sindaco Michela Capuccilli, assessore alla cultura, ci tiene a sottolineare lo scopo della manifestazione che dal 1976 a Sezze offre ai cittadini e turisti  un calendario ricco di eventi ed iniziative, con l'obiettivo di "rivitalizzare le serate estive del territorio". Per l’assessore è anche l’occasione per “favorire la conoscenza del patrimonio storico, artistico, paesaggistico e gastronomico della città di Sezze”. Già iniziata lo scorso 21 giugno, l’Estate Setina 2022, "non mancherà di offrire molte altre iniziative, di carattere sociale, culturale, artistico e sportivo". Diverse le location degli eventi: dal centro sociale Calabresi all’auditorum San Michele Arcangelo, dal campo Tornesi di Sezze Scalo ai Campi da Tennis di Sezze, dal centro storico sino ai quartieri periferici della città. Insomma... racconti, musica, incontri con l’autore, serate in dialetto e molto altro. Da sottolineare ad esempio l’evento “Re-popul-art” Festival di rinascita Culturale della Periferia Setina” che si terrà a Fontanelle o anche il Festival dello Sport (16-17-18 settembre) a chiusura della carrellata di eventi.

 

Nella foto il vice sindaco Michela Capuccilli

Pubblicato in Attualità
Lunedì, 11 Luglio 2022 08:56

Il grande caldo e la siccità

 

 

Chi opera in agricoltura ha percepito già da qualche decennio e forse ancor prima di altri che il clima stava lentamente cambiando. Gli eventi meteo che una volta erano eccezionali o di emergenza, sono diventati  sempre più frequenti, sino a diventare di ordinaria amministrazione. Ma cos’è l’emergenza? Come tutti sappiamo è la capacità di far fronte ad una situazione straordinaria. Ma quando lo straordinario inizia a diventare ordinario, perché in un semestre si susseguono fenomeni di assenza di precipitazioni con temperature troppo al di sopra delle medie stagionali, significa che dobbiamo cominciare a ragionare in termini non emergenziali.  Il clima è diventato rovente, dissecca colture e piante e la prolungata assenza di piogge  inaridisce i fiumi. Impressionante vedere i nostri maggiori corsi d’acqua, il Po in testa, attraversabili in secca per lunghi tratti come se fossero strade sterrate di campagna!

Allora cosa fa il buon padre di famiglia sapendo che ci sarà un lungo inverno senza provviste? Mette da parte le scorte di acqua, perché quell’acqua che cade dal cielo sarà sempre più preziosa e la dobbiamo conservare gelosamente all’interno di laghi naturali ma anche di invasi e bacini naturali che dovremmo costruire a tale scopo. E’ un po' quello che facevano i romani con l’impluvium  ed il compluvium nelle domus,  quello che facevano i nostri nonni raccogliendo l’acqua piovana nelle cisterne sotto casa, in tempi  certamente non sospetti ma privi di tecnologie di sollevamento e di trasporto nelle condutture.  Ebbene quelle acque andranno conservate, non bisognerà lasciare che possano evaporare o scorrere verso il mare. E’ una tecnologia che già esiste e non dobbiamo inventarci nulla.

Israele, i Paesi Arabi, gli Emirati, il sud degli USA, hanno tecnologie idonee alla raccolta e alla conservazione delle acque. In Italia viene sprecata dal 30 al 50% delle acque che viaggia nelle condutture, in Israele solo il 3%.  Anzi, qui l’86% dell’acqua destinata all’irrigazione dei campi è acqua recuperata e filtrata, proveniente dai grandi centri cittadini, poi raccolta in enormi piscine. Ma la grande sfida Israele l’ha vinta per assicurare ai suoi cittadini l’acqua potabile. Oggi, più dell’80%  dell’acqua per uso domestico è acqua desalinizzata. Acqua di mare ed acqua recuperata: nulla viene disperso  e i campi coltivati nel deserto stanno a dimostrarlo da circa mezzo secolo.

Non ci dobbiamo arrendere, la Terra sa cosa darci  in ogni stagione ma si deve pianificare in anticipo, sapendo che viviamo in  un’era di ordinarie calamità. Dobbiamo vedere cosa fanno gli altri Paesi  e seguirne l’esempio.

In Italia tutto questo è mancato nei decenni scorsi, ma oggi abbiamo la capacità di trasformare la grande minaccia in opportunità, con la grande differenza che non siamo in un deserto. Siamo in un Paese che ringraziando Dio l’acqua ancora ce l’ha. Secondo le statistiche cadono da noi in media  circa 300 – 350 miliardi mc di acqua, anche se mal distribuita nel corso dell’anno. Il problema è che l’89%  la sprechiamo, la mandiamo al mare, mentre invece dovremmo raccoglierla con un piano bacini, che sia la risposta per guardare al futuro in maniera programmata.

Il sistema dei Consorzi di Bonifica ha messo a disposizione del Paese un progetto di 10.000 invasi tra piccoli  e medi, non impattanti coni fiumi e con l’ambiente, da realizzarsi entro il 2030, cioè entro i prossimi otto anni. Finora ne sono pronti 233 per raccogliere l’acqua quando è troppa e  metterla a disposizione quando manca, per un uso potabile,  elettrico e per l’agricoltura. E’ ancora troppo poco ma confidiamo che i restanti  9767 progetti non restino solo sulla carta ma che vengano realizzati  entro i tempi programmati, perché sarebbe veramente  un grande disastro non solo per l’agricoltura ma  per tutti.

Pubblicato in Attualità
Lunedì, 11 Luglio 2022 07:20

C'era una volta l'Estate Setina

 

 

Non si è mai verificato, in passato, che l'Estate trascorresse senza un programma di iniziative culturali, sportive, ricreative da parte della Amministrazione comunale. Tutto è stato lasciato alle iniziative, alla creatività e alla buona volontà (che per nostra fortuna non manca!) dei gruppi locali, delle numerose Associazioni che hanno degnamente supplito a questa assenza e alla evanescente sponsorizzazione del Comune. Ben altro ci si attendeva dopo la interminabile quarantena dovuta alla pandemia. Ben altra aria si respirava in passato, con il Cartellone estivo pieno di iniziative e di attività rivolte ai bambini e ai giovani, nelle piazzette del Centro storico e nelle diverse contrade sempre pullulanti di cittadini a manifestare la soddisfazione di stare insieme, di partecipare, di godersi una serata tranquilla e serena. L'estate setina era nata non solo per la voglia dell'effimero, ma per spezzare la monotonia delle lunghe serate, per rinsaldare il vincolo dell'amicizia, per mettere in mostra le tante professionalità musicali, teatrali e artistiche locali, per attirare l'attenzione di turisti e di forestieri intorno alle tradizioni locali, alle nostre bellezze naturali, al nostro territorio a un passo dalla Sempreviva e non molto distante dal mare. C'era un'idea e un progetto per città e per i Monti Lepini, perché non diventassero periferia della pianura ma punto di riferimento e occasione di sviluppo ambientale e territoriale. Qui, da noi, invece, non si è trovato né il tempo né il denaro per festeggiare la festa dei Santi Patroni. Il Torneo internazionale Femminile di Tennis, in via Piagge Marine, ristrutturato e rimesso a nuovo dopo un lungo abbandono, resta un bel ricordo, a memoria delle tante atlete che hanno dato lustro e prestigio alla città e allo sport. "I soldi non ci sono", è stata la risposta degli amministratori, come se prima di soldi ce ne fossero a iosa e piovessero dal cielo. I soldi per la città vanno ricercati attraverso contatti istituzionali e attraverso le sponsorizzazioni di privati. Ma per ottenere ciò bisogna darsi da fare e faticare le famose sette camicie. La questione ancora una volta è politica. A metà luglio ancora non si mette mano al bilancio di previsione 2022 per definire un Piano di ammortamento dei debiti, di rientro dei crediti, di investimenti per il territorio. In assenza di una visione programmatica, che ha lo scopo di indirizzo e di coordinamento, ci si affida alla buona volontà delle Associazioni locali. L'estate non è solo la stagione del passatempo. È un periodo durante il quale si possono mettere in campo molte iniziative positive a favore dei ragazzi e degli anziani. Qualcuno aveva suggerito di aprire le Scuole, d'intesa con gli Istituti scolastici, per favorire il recupero e il potenziamento di alcune discipline, di consentire incontri e attività sportive per i ragazzi, dopo il disastro provocato dalla DAD e dalla pandemia. Qualcuno aveva suggerito di non lasciare soli i ragazzi disabili ma di coinvolgerli in iniziative concrete, di diffondere l'amore per il teatro e per la musica in tutte le contrade, di far rinascere la Ludoteca nei quartieri. L'elenco sarebbe troppo lungo ma forse inutile per chi non vuol sentire. A costoro si può ricordare che impegnarsi d'estate rientra nei doveri istituzionali e non preclude il diritto di andare in ferie, considerato che in Comune gli assessori possono avvicendarsi e accordarsi. Fatto sta che mentre gli altri Comuni si stanno caratterizzando con iniziative lodevoli e di richiamo, qui tutto scorre sottotono e in sordina. I cittadini meritano di più e hanno l'opportunità di valutare serenamente l'operato dell'Amministrazione e trarne le conclusioni. Non basta la poesia, per governare serve la prosa! Le questioni sono complesse e richiedono impegno, studio ed esperienza.

Pubblicato in La Terza Pagina

 

 

«E quelli che ci lasciano la vita, coloro che cadono, a migliaia, sono sempre gli umili, gli anonimi, il popolo che non ha mai voluto le guerre, che non le ha mai capite; mentre desiderava unicamente vivere libero e in pace» (don Primo Mazzolari).
 
Iniziare queste mie riflessioni sul libro dell’amico Lidano Grassucci, Ucraina. La guerra vista da lontano, con le parole di un sacerdote, per quanto figura scomoda e profetica, scrittore e partigiano, uomo insomma di forti idealità e di impegno concreto, che ha combattuto per liberare l’Italia dalla barbarie nazifascista ed ascriverla tra le nazioni libere e democratiche è un po’ una provocazione. Penna acuta, cronista militante, socialista mangiapreti, polemista intelligente e anomalo per questi nostri tempi scoloriti in cui prevalgono accondiscendenza e piacioneria, sono convinto apprezzerà la scelta.
 
Diversi per storie personali e percorsi culturali, socialista lui e cattolico io, ci ritroviamo compagni di viaggio, militanti nell’ANPI, partigiani per definizione. Fieri delle nostre radici, ci unisce la passione per gli ultimi, per quanti sono ai margini ed esclusi e non ce la fanno a tenere il passo dei più fortunati, la ferma convinzione che nessuno vada lasciato indietro e l’utopia di una società veramente democratica, di eguali pur nella diversità. Insieme soltanto possiamo costruire il futuro e nessuno è zavorra inutile da abbandonare lungo il cammino. Dichiararsi di parte è un valore e una scelta di verità. Detesto gli equilibristi, i neutrali e i super partes, quanti si mimetizzano nelle pieghe e preferiscono rimanere nell’ombra, rifuggono il prendere posizione e l’assumersi le responsabilità, non incarnando in ogni gesto e scelta la pienezza delle proprie convinzioni. Riguardo tale schiera mi sovviene una citazione biblica, che sono sicuro non farà venire l’orticaria al laicissimo Lidano: “Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca” (Apocalisse 3, 16).  
 
Scrivere un libro sulla guerra in Ucraina, pur non avendo mai messo piede in quella terra martoriata, una guerra insomma vista da lontano, come recita lo stesso titolo, è scelta coraggiosa. È ragionevole pensare che sia impossibile raccontare ciò che non fa parte del proprio bagaglio esperienziale, spiegare quanto non si conosce direttamente, per quanto oggi le informazioni corrano veloci e siamo in grado di conoscere in tempo reale quanto accade in qualsiasi parte del mondo. Smentendo simili pregiudizi Lidano Grassucci ha messo a disposizione dei lettori un contributo apprezzabile per riflettere sulla guerra in Ucraina, partendo da una prospettiva poco praticata nei resoconti di cronaca, nelle discussioni tra esperti di geopolitica, ospiti abituali di trasmissioni televisive e seguitissimi sui social, quello dell’umanità dolente che di ogni guerra è vittima innocente.
 
Nel libro non troviamo argute analisi delle strategie militari, lasciate ben volentieri ai competenti. L’autore, com’è nelle sue corde e nella sua appartenenza ideale, guarda ad altro, prende posizione in modo netto e chiaro, si schiera dalla parte degli aggrediti, il popolo ucraino, contro l’aggressore Putin e i suoi scherani, e soprattutto ci guida in un viaggio nell’orrore della guerra e nella tragica insensatezza del dolore.
 
La verità incontrovertibile è che quella scatenata nel cuore dell’Europa non è una guerra di e tra popoli, ma tra un tiranno, Putin, la ristretta cerchia di oligarchi proni al suo folle disegno di potenza e il popolo ucraino. Dietro il rimando ai principi e ai valori si celano biechi interessi economici e geopolitici che superano di molto il ristretto campo delle relazioni tra Russia ed Ucraina, pedine di un gioco più grande nel quale è difficile distinguere con esattezza ragioni e torti, fatto salvo ovviamente il popolo inerme che di ogni guerra è vittima assoluta e per definizione. 
 
In queste settimane fiumi di parole e immagini hanno raccontato e raccontano il dramma di milioni di ucraini. Mai prima d’ora un conflitto ha avuto così ampia copertura mediatica, ma paradossalmente ne sappiamo poco o comunque non a sufficienza e le occasioni di riflessione sono scarse. Prevale un’inaccettabile retorica bellicistica, quanti si approcciano alla guerra con spirito critico sono guardati con sospetto e vanno manifestandosi con sempre maggiore insistenza nell’opinione pubblica segnali di assuefazione e indifferenza a crudeltà e disumanità.
 
Lidano Grassucci ci sollecita a non cadere in questa trappola, a non smettere di guardare i volti delle vittime, uno sguardo indispensabile per non dismettere la sincera compassione, per scongiurare il rischio di richiuderci in una logica egoistica in cui prevalgono gli interessi economici a scapito dei diritti e delle libertà dei popoli.
 
Le vittime sono sempre orrendamente vittime, anche quando siamo indotti a pensare che i carnefici “non sanno quello che fanno”, pur pretendendo di saperlo ed eseguirlo perfettamente. Le vittime, così numerose da non riuscire a contarle, a cominciare dai bambini, a chi decide e attua la guerra non interessano: sono solo numeri, un effetto collaterale. Conta aggredire, invadere, vincere. È poi rivoltante il mancato resoconto dei militari morti, quasi non fossero persone, uomini, figli, padri, mariti, fratelli, cugini, amici, ma carne da macello, sacrificabile sull’altare dei giochi dei potenti.
 
A differenza di Lidano Grassucci mi definisco e sono pacifista, ma non ho nulla a che fare con i sostenitori dell’arrendetevi subito rivolto agli ucraini per risparmiarsi i lutti della guerra, essendo destinati comunque a perdere la libertà, dello smettere la resistenza per evitare che il conflitto aumenti di intensità, si estenda e coinvolga Paesi mietendo altre vittime innocenti. È necessaria una iniziativa forte che costringa i contendenti a sedersi intorno ad un tavolo e trattare. Non ci sono alternative.
 
La pace è il progetto di una nuova società e di un nuovo mondo, è giustizia, uguaglianza, lavoro per tutti, diritti umani, custodia della casa comune, ma si costruisce soltanto rispettando il diritto all’autodeterminazione dei popoli e non restando equidistanti tra aggressori ed aggrediti.
 
Pubblicato in Riflessioni