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Domenica, 18 Maggio 2025 06:05

I referendum e l'idea distorta di democrazia

 

 

Viviamo tempi cupi in cui la politica, ad ogni livello, sembra mossa dall’unico obiettivo dell’autoconservazione, sorda e cieca ai bisogni delle persone è interessata ad imporre una narrazione populista, distante dalla realtà, tanto fantasmagorica quanto inesistente, indifferente se non complice del progressivo restringimento della sfera dei diritti e delle libertà personali e in taluni contesti della loro stessa negazione ed esclusione.
 
La democrazia per alcune forze politiche si riduce al mero passaggio elettorale. I cittadini, mediante l’esercizio del diritto di voto, conferiscono una delega assoluta agli eletti e si spogliano della titolarità della sovranità fino alla successiva scadenza elettorale. Il voto diventa così una sorta di cambiale in bianco, un semplice strumento formale finalizzato a consegnare tutto il potere al capo di turno, il quale in forza di tale investitura è legittimato ad esercitarlo come meglio gli aggrada, in modo indisturbato, senza limiti, vincoli, controlli o contrappesi. A ciò si accompagna il fastidio conclamato verso l’esercizio del diritto di critica politica e le forme di partecipazione democratica con cui i cittadini possono concorrere alla definizione degli obiettivi e alla realizzazione operativa delle scelte comuni.
 
Siamo in presenza di una distorsione gravissima della sovranità popolare, ridotta a simulacro e svuotata di ogni aspetto sostanziale, che negli ultimi decenni si è manifestata in maniera particolarmente eclatante ogni qualvolta è stato attivato lo strumento di democrazia diretta per eccellenza rappresentato dai referendum. La possibilità dei cittadini di intervenire direttamente con un potere decisionale su temi importanti, rispetto ai quali il governo e in generale la politica non mostrano concreto interesse o restano inerti e indifferenti, vengono visti come fumo negli occhi, un’azione intollerabile di disturbo, qualcosa da impedire o comunque da depotenziare nel contenuto e negli effetti.
 
È quanto sta accadendo ancora una volta con i referendum dell’8 e 9 giugno prossimo, volutamente e sistematicamente ignorati dai media controllati militarmente dalla maggioranza, frutto di una strategia mirata di oscuramento e disinformazione, una rimozione scientificamente organizzata di ogni riferimento diretto o indiretto all’appuntamento elettorale. Non c’è traccia nei palinsesti televisivi di alcuna trasmissione di approfondimento sulle questioni sollevate con lo strumento referendario, di confronti e dibattiti sulle ragioni dei sostenitori dei fronti contrapposti, sulle finalità per cui è stata promossa la consultazione popolare, sugli effetti concreti nella vita delle persone conseguenti alla loro approvazione o al loro respingimento. Tutto è avvolto in una coltre oscura e in un assordante silenzio. L’obiettivo della politica politicante, con la complicità dei suoi corifei plaudenti, è il loro fallimento, il mancato raggiungimento della partecipazione al voto della metà più uno dei cittadini aventi diritto, la conservazione dell’esistente. E poco importa se questo significa creare un danno enorme alla democrazia, affossare un istituto vitale per i sistemi democratici, se la mancata partecipazione rischia di contagiare come un virus letale anche i passaggi elettorali riguardanti la scelta dei rappresentanti dei cittadini nelle assemblee elettive, Parlamento, Consigli Regionali, Consigli Comunali e Sindaci, alimentando disinteresse e astensionismo.     
 
Nonostante ci siano in gioco temi vitali, l’affermazione di diritti fondamentali e la loro tutela, la politica attuale, priva di leader di passione e capacità di progetto, almeno per la gran parte, oscilla fra aggressività, turpiloquio e atteggiamenti compassionevoli utili a carpire i voti di tanti cittadini in buona fede e il vuoto completo di ogni interesse per i temi sostanziali.
 
All’interno di questo quadro sconfortante non meraviglia l’affermazione di Ignazio La Russa, Presidente del Senato e seconda carica della Repubblica, il quale ha dichiarato di non condividere nel merito i quesiti referendari e per questo motivo farà propaganda non per il no, ma per l’astensione, invitando gli italiani a restare a casa anziché esercitare il proprio dovere civico di cittadini, esprimendo ciò che pensano con il proprio voto. Si tratta di una posizione totalmente fuori dalla prassi costituzionale, da quel sistema di regole cui dovrebbe attenersi chiunque ricopra incarichi istituzionali.
 
Si badi bene, nessuno contesta al Presidente del Senato il diritto di avere le proprie opinioni nel merito delle diverse questioni oggetto di discussione e di confronto politico, ma dovrebbe comprendere che la propaganda è riservata ai partiti, i quali per definizione sono appunto “parte” e non “tutto” e legittimamente rappresentano visioni e posizioni particolari, e non a chi siede sullo scranno più alto del Senato, esercitando una funzione di garanzia costituzionale, e questo per il decoro e il rispetto dovuto alle istituzioni del nostro Paese.
 
È poi davvero singolare che la destra nazionalpopulista, di cui Ignazio La Russa è uno dei massimi esponenti in Italia, con piglio da padrona, rozza, tracotante e incurante delle regole in questa occasione chiami il popolo ad astenersi dal votare, con un invito al quale dovrebbe accodarsi acriticamente al semplice cenno di chi comanda, salvo poi in altre invocarne il consenso per andare a ricoprire le cariche elettive in Parlamento e ruoli di governo, ergendosi a suo indefesso protettore e difensore in nome della purezza dell’etnos contro gli stranieri, i diversi e i “non allineati”. A chi ricopre ruoli istituzionali si addicono abiti sobri, comportamenti ponderati, parole misurate e soprattutto la capacità di rappresentare tutti, tenendo unito il Paese nelle sue espressioni plurali perché in gioco è la tenuta e la qualità della democrazia.    
Pubblicato in Riflessioni