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Domenica, 15 Novembre 2020 06:35

L'indignazione non basta più

In un momento storico così importante per il riconoscimento dei pari diritti delle donne di tutto il mondo così come sancito dall’elezione di Kamala Harris, prima donna eletta alla vice presidenza degli Stati Uniti d’America, siamo indignati e increduli per l’ennesima provocazione di Libero. Spiace constatare che, ancora una volta, si stigmatizza il colore della pelle a discapito delle qualità politiche e professionali delle donne”. Carlo Verna, Presidente Consiglio Nazionale Ordine dei giornalisti e Paola Dalle Molle, coordinatrice Gruppo di lavoro Pari Opportunità del Cnog.

Kamala Harris è la prima donna eletta vicepresidente degli Stati Uniti. A 54 anni rappresenta il futuro del partito democratico americano. In staffetta con Joe Biden nel 2024, ha la possibilità di diventare il primo presidente donna della più grande potenza mondiale e rompere così quel soffitto di cristallo cui aspirava Hillary Clinton nel 2016. Prima donna procuratrice della città di San Francisco e poi dello Stato della California, nel 2016 ha conquistato un seggio in Senato, dove subito è diventata una figura di riferimento per il partito democratico. Gli interrogatori condotti nei confronti dell’ex ministro della giustizia Jeff Session e di Brett Kavanaugh, nominato dal presidente Donald Trump alla Corte Suprema, l’hanno proiettata sulla scena politica nazionale. Donna colta e di grande carisma, con uno spiccato senso delle istituzioni e della giustizia, ha raccontato di aver potuto frequentare una scuola migliore grazie al servizio di scuolabus messo a disposizione delle minoranze che abitavano nei quartieri più disagiati e non ha avuto remore a criticare anche Barack Obama, democratico come lei, per alcune scelte politiche restrittive in materia di immigrazione fatte durante i due mandati ricoperti. Il prestigio conquistato l’ha spinta a correre nel 2019 alle primarie del partito democratico per la presidenza degli Stati Uniti, anche se non ce l’ha fatta ad affermarsi sugli altri aspiranti presidenti ed ha dovuto cedere il passo a Joe Biden, il quale però l’ha voluta al suo fianco come candidata alla vicepresidenza. Una personalità forte dunque, incarnazione piena del cosiddetto “sogno americano”, dell’opportunità di affermarsi e raggiungere traguardi e posizioni di primo piano all’interno della società e della politica facendo leva su intelligenza e competenze.           

L’elezione di Kamala Harris rappresenta dunque un punto di svolta nel cammino verso il raggiungimento della piena parità di genere e la possibilità per le donne di ambire a ricoprire ruoli e responsabilità che fin’ora sono sempre stati appannaggio esclusivo degli uomini e dare una direzione diversa a quel destino che le voleva relegate a ruoli subalterni.

Evidentemente però la redazione del quotidiano “Libero” e Pietro Senaldi che lo dirige proprio non sono riusciti a mandare giù l’elezione di Joe Biden e Kamala Harris e pertanto non hanno perso l’occasione per dare prova del peggio di cui sono capaci. “La vice mulatta ha già rubato la scena a Biden”, ha titolato in prima pagina “Libero” il 9 novembre. Niente nome, niente cognome, niente senatrice e tantomeno ex Procuratrice Generale dello Stato della California. Mulatta e basta!

Un’uscita odiosa e disgustosa, rivelatrice non solo del livore accumulato per un risultato evidentemente non gradito, la vittoria di Joe Biden su Donald Trump, ma anche una chiara manifestazione di razzismo e sessismo che ormai invero la testata e i giornalisti che vi lavorano non si premurano più neanche di nascondere.

Mulatta è un epiteto desueto e ingiurioso, di forte connotazione razzista. La parola mulatto etimologicamente deriva da mulo, è nata nel contesto di assoggettamento assoluto operato da Spagnoli e Portoghesi sulla popolazione americana degli schiavi provenienti dall’Africa e dei loro discendenti, sta ad indicare qualcosa di meticcio, un ibrido da due razze ed indica i figli nati dall’unione tra persone bianche e nere, aventi una carnagione a metà tra le due. Peraltro tale qualificazione non è nemmeno corretta se riferita a Kamala Harris, come non lo è quella di afroamericana. La Harris è figlia del melting pot statunitense, una bellissima donna nata da un’americana originaria dell’India e un uomo discendente da giamaicani, quindi i bianchi non c’entrano nulla con lei come l’Africa, salvo che per le lontane origini degli antenati del padre.     

In questi anni il quotidiano “Libero” è ricorso ripetutamente a questo genere di provocazioni da ventennio fascista, un modo per far parlare di sé, per attirare l’attenzione e soprattutto per non dar conto delle notizie vere, che meriterebbero la prima pagina. Infatti è il giornale che ha titolato “Nilde Iotti brava a letto“, Virginia Raggi “patata bollente“, “Calano fatturato e PIL, aumentano i gay”. L’appellativo di mulatta riferito alla vicepresidente USA è poi una strizzatina d’occhio ai suoi lettori razzisti, oltre che il tentativo di accreditare l’idea che la Harris è lì non per le sue qualità e capacità, ma perché è mezza “negra” e serve a tener buone le minoranze etniche. Sul colore della pelle inoltre la vicenda di Kamala Harris dimostra come anche molti altri giornali e testate giornalistiche televisive del nostro paese siano culturalmente arretrate, non rendendosi neppure conto che continuare ad usare per lei la definizione “di colore”, come anche nei confronti di altre persone, costituisce ormai un linguaggio insopportabile e da bandire una volta per tutte. Anche perché di quale colore parliamo? Rosso, verde, giallo, blu cobalto….?

Intanto Kamala Harris ha dato a tutti una lezione culturale e politica, definendosi semplicemente “americana”.

Faccio mio quanto scritto su Facebook da Paolo Brogi, per anni cronista di punta del Corriere della Sera: “Ai conduttori della tv, in particolare della Sette: forse è il caso che la smettiate di invitare alle vostre trasmissioni come fosse chissà chi il direttore di Libero, Pietro Senaldi. A meno che non troviate divertente il suo modo di titolare”. Personalmente se mi capiterà di vedere trasmissioni televisive con ospiti Pietro Senaldi o giornalisti di “Libero” cambierò immediatamente canale.

Pubblicato in Riflessioni