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“In arrivo ancora una scadenza fiscale per i contribuenti alle prese con l’emergenza epidemiologica e da una crisi economica disastrosa anche in virtù di forti cataclismi”. Lo annuncia Vittorio Accapezzato in una nota riferendosi alla scadenza relativa al saldo della nuova Imu prevista per il 16 dicembre. “Stiamo attraversando la peggiore crisi dal dopoguerra. Non ci troviamo di fronte a tradizionali lamentele della gente ma a una realtà seria e preoccupante. Si spende meno e le attività, i commerciali, di ristoro e alberghiere ecc-sono costrette ad abbassare le serrande per mancati incassi.  La crisi colpisce tutti. Si registra soprattutto un calo dei consumi alimentari, sia dal punto di vista della quantità che qualitativo. L'economia italiana non cresce, anzi è in grave stagnazione. Il settore agricolo, in tutti i suoi comparti, soffre da qualche tempo di una complessa difficoltà.  L’esiguo prezzo del latte, la mancanza di tutela dei prodotti tipici, il costo del prezzo dei carburanti, il calo dei costi per alcuni dei principali comparti, come cereali, frutta, le difficoltà di accesso al credito, e ancora gli alti costi produttivi e contributivi per le aziende, l’onere dell’Imu fabbricato strumentale agricolo, la burocrazia, gli accordi comunitari con i Paesi Mediterranei, rappresenta solo una parte delle problematiche che soffocano il settore.  Un pieno sostegno agli agricoltori  - scrive l’ex consigliere comunale - doveva giungere da parte dell’Amministrazione comunale con una rimodulazione dell’imu per alleggerirne le spese. Ultimo appuntamento dell’anno con le tasse sulla casa il prossimo 16 dicembre prossimo, la scadenza per il versamento del saldo della nuova IMU, disciplinata dalla Legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Legge di bilancio 2020) ha abrogato le disposizioni che disciplinavano IMU e TASI. Per i fabbricati rurali strumentali che non erano soggetti all'Imu nel 2019, si applica, in seguito all'abolizione della Tasi, l'aliquota di base pari allo 0,1%. In assenza di delibera azzeramento di detta aliquota da parte del comune. Quest’altro tributo mette seriamente in crisi le imprese agricole che già stanno attraversando momenti di grande difficoltà. I singoli comuni, però, hanno ampia facoltà di modulare questa tassa che è pari allo 0,1 per cento e ridurla fino all’azzeramento come riportato al comma 750 della legge sul bilancio 2020 n. 160/2019. Quest’occasione per fare qualcosa di concreto, sfidando il momento di crisi e dando così un chiaro segnale di sostegno al settore agricolo a Sezze è stata disattesa nella seduta del consiglio comunale n.19 del 10/07/2020. La mancata possibilità di porre al minimo o azzerare l’aliquota IMU riducendo l’imposizione sui fabbricati strumentali alle attività agricole significa in termini economici che per gli agricoltori di Sezze un aggravio d’imposta imu in base all’imponibile dell’immobile che va da circa 70 a 300 euro. Tutto questo rischia di provocare una situazione insostenibile per i nostri agricoltori che rischiano di trovarsi nell’impossibilità di pagare un aggravio impositivo non discolpato di un azzeramento.  La mancata sensibilità verso la specificità del settore agricolo e della composizione del patrimonio immobiliare produttivo, non escludendo dall’assoggettamento a tributo i fabbricati rurali strumentali porteranno un peso intollerabile che si ripercuoterà inevitabilmente sul reddito degli agricoltori e sulla produttività dell’intero settore”.

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Saranno costretti ad abbassare le serrande da domani fino a mercoledì 9 dicembre e poi di nuovo chiusi alla Vigilia e poi a capodanno. I commercianti del Centro Commerciale “Le Fontane” di Sezze sono in stato di agitazione per le misure imposte dal nuovo dpcm. Già in difficoltà come altri per la delicata vicenda economica legata al covid, adesso dovranno chiudere nei giorni più importanti dell’anno. “Nei fatti il nostro non è un vero centro commerciale – ci hanno detto alcuni commercianti - ognuno ha i suoi orari e le sue regole. Siamo penalizzati rispetto ad altre realtà di Sezze e saremo costretti a chiudere molti giorni sotto le festività natalizie. Siamo tutti in difficoltà e vorremmo far sentire la nostra voce, la nostra protesta di commercianti che continuano a pagare le tasse ma che stanno vivendo momenti difficili per i vari decreti emanati dal Governo”. Il Centro Commerciale Le Fontane ,purtroppo, rientra nella categoria di Centro Commerciale presso la Camera di Commercio e al Comune di Sezze e il nuovo dpcm lo penalizza duramente rispetto ad altre attività che sono dislocate per il paese. Proprio per questa ragione, gli organi comunali, nonostante ci tengono ad esprimere la loro vicinanza ai commercianti delle Fontane, sono impossibilitati ad intervenire su decreti nazionali. Resta insomma l’amaro in bocca, la difficoltà ad andare avanti per i titolari dei 15 negozi che ancora resistono alla crisi e che vorrebbero essere tutelati in un momento delicato e difficile come mai avvenuto in passato.  

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Domenica, 29 Novembre 2020 06:34

La gazzarra dei politici indecenti

 

 

L’indecenza attira l’attenzione, prevarica il bello e il buono, si fa credere totalizzante e tenta di trascinare tutto e tutti nel gorgo dell’indistinto.  Il degrado nel linguaggio e nei comportamenti dei politici è innegabile, ma sarebbe ingiusto non discernere e distinguere. Le persone per bene, i bravi amministratori della cosa pubblica sono la grande maggioranza, ma a far notizia è la strumentalizzazione di ruoli e funzioni pubbliche da parte di una minoranza. L’aspetto più allarmante non è tanto il ricorso al linguaggio greve, volgare, a parolacce e insulti, quanto piuttosto i contenuti e le scelte dei leader nazionali e soprattutto dei sottopancia, di cacicchi e luogotenenti locali, di candidati ed eletti nelle assemblee rappresentative ad ogni livello, nei consigli comunali in particolare, i quali persuasi di poter fare tutto, compreso dare sfogo impunemente alle bassezze più becere in forza della sacra investitura popolare, fanno di barbarie e turpitudine il loro stile e la loro regola. Senza contare poi che ha preso sempre più piede la convinzione che sottrarsi alla sarabanda del cinismo e delle affermazioni scioccanti, gratuite, insensate e senza fondamento, equivalga a rinunciare ad avere ruolo e rilevanza di fronte alla pubblica opinione, ad essere cancellati dal teatrino imperante e finire per non contare niente.

In questi giorni comportamenti estremamente gravi, di cui si sono resi responsabili i consiglieri comunali di alcune città, hanno guadagnato l’onore della cronaca. Tuttavia i media li hanno accantonati rapidamente, stimandoli evidentemente trascurabili, irrilevanti e non una occasione da cogliere per approntare una seria riflessione. L’interesse è stato indirizzato altrove in ossequio all’incessante rincorsa alla novità e al sensazionalismo che spesso purtroppo caratterizza l’informazione, tralasciando così di cogliere i segnali allarmanti di degrado valoriale e senso civico che vanno ripetendosi nella società, che indeboliscono fino a distruggere il substrato sostanziale che sta alla base del vivere comunitario e impediscono di fronteggiare efficacemente i colpi micidiali inferti ai principi e ai diritti irrinunciabili delle persone sanciti dalla Costituzione Repubblicana, alla sacralità delle istituzioni democratiche che devono essere preservate da qualunque abuso o sfregio. Nessuna storia di ruberie, approfittamenti e tangenti, ma qualcosa di assai più pericoloso, in grado di disonorare le istituzioni ed emblematico di una classe politica nella migliori delle ipotesi raffazzonata, grottesca e inadeguata sotto il profilo culturale e democratico.  

Il consigliere comunale di Bagno a Ripoli, Gregorio Martinelli Da Silva, della Lega, ex capogruppo in consiglio per il Carroccio, ha presentato un’interrogazione in cui chiede al sindaco di istituire una giornata per i cattolici eterosessuali in quanto vittime di discriminazioni, così motivando la richiesta: “La società con la complicità delle istituzioni e di politici incapaci sta commettendo nel nome della lotta alla discriminazione la peggiore delle discriminazioni possibili, quella contro i suoi valori e le sue origini. Con l’avanzamento di proposte come quelle della mozione della commissione pace, o come la legge Zan, si puniscono e discriminano le persone che seguono la Dottrina Cattolica. Con l’avanzamento di questa ideologia arriveremo anche al punto di penalizzare tutta la categoria degli eterosessuali, soprattutto maschi”. Il consigliere leghista ha sostenuto che la proposta di legge contro omo e transfobia ha come “unico scopo quello di incentivare e favorire l’omosessualità”, che le relazioni omosessuali sono “gravi depravazioni”, ha definito l’omosessualità “atteggiamenti” da “condannare”, precisando (bontà sua!) che “condannare non vuol dire punire” e ha concluso dicendo che l’omofobia è qualcosa “che in realtà non esiste”. Un rappresentante eletto nelle istituzioni definisce discriminatoria una proposta di legge che ha il solo scopo di tutelare i più deboli e punire quanti rivendicano la libertà di aggredire altre persone semplicemente per quello che sono e per chi amano. Parole che fanno inorridire, da non confondersi assolutamente con la libertà di opinione che non è mai libertà di umiliare gli altri e giustificazione della violenza.

Nicolò Fraschini, consigliere della maggioranza di centrodestra di Pavia, presidente della Commissione Bilancio, ha scritto sul proprio profilo Facebook come commento ad una discussione da lui stesso avviata sulle problematiche legate alla pandemia: "Ormai questo piagnisteo sulle vittime penso che abbia stufato tanti italiani, per salvare poche migliaia di vecchietti stiamo rovinando la vita, nel lungo termine, a un sacco di giovani…..Tutta questa vicenda ha dimostrato ancora una volta che l’Italia dà la precedenza sempre e solo agli anziani. Adesso è tempo di cambiare il passo, di sacrifici ne abbiamo già fatti fin troppi, abbiamo già fatto due tentativi, direi che Conte e i suoi sgherri hanno la coscienza pulita, adesso si può riaprire". E per rimarcare meglio il suo pensiero ha concluso: "e poi, ripeto, viva Darwin!". Insomma evviva la selezione naturale: sopravvivano i più forti e i più deboli soccombano!

Priamo Bocchi, coordinatore di Fratelli d’Italia di Parma e consigliere comunale, mentre si svolgeva in streaming il Consiglio Comunale, convocato sul tema della violenza sulle donne, ha postato su Facebook la foto “senza veli” di un sedere maschile, accostata a quella dei consiglieri comunali. Un gesto derisorio, un modo per dire che della violenza e delle discriminazioni sessuali se ne frega, si cala le braghe e mostra il sedere. Scoppiata la bufera per questo suo gesto squallido e vomitevole, ha cercato di giustificarsi dicendo che un hacker avrebbe fatto irruzione nel sistema informatico del Consiglio Comunale a distanza di Parma.

È giusto dare atto che i partiti di appartenenza di questi personaggi beceri e inqualificabili sono intervenuti censurandoli e prendendo le distanze da parole e comportamenti dei propri eletti.

Tuttavia questa sequenza di deliri, luoghi comuni violenti, linguaggi aberranti e pericolosi, che vanno oltre i limiti della ragione, raccontano la deriva di una certa parte della politica senza distinzioni di partiti e schieramenti, che da troppo tempo opera una selezione alla rovescia, promuove i peggiori purché fedeli al capo, discrimina e allontana quanti possiedono un profilo culturale e umano rimarchevole, oltre a competenze, capacità e autonomia di giudizio. Il dramma vero è questo e come cittadini ne portiamo la nostra parte di responsabilità ogni qual volta lo accettiamo supinamente, non ci ribelliamo all’indecenza e non usiamo in modo intelligente l’arma democratica più potente che possediamo: il nostro voto!

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Conto alla rovescia per il cantiere sul Belvedere di Santa Maria. Lunedì sul tavolo della Giunta comunale presieduta dal sindaco Di Raimo ci sarà la deliberà che autorizza l’ufficio tecnico comunale a dare corso alla demolizione dei manufatti realizzati sul murodellatèra di Sezze. L’ufficio tecnico dopo l’ok della Giunta darà quindi mandato ad una ditta di ripristinare lo stato dei luoghi e liberare dopo 18 mesi l’area del belvedere. Il provvedimento arriva dopo il rigetto da parte del Tar del ricorso presentato da Don Massimiliano Di Pastina, committente dei lavori per la realizzazione su suolo pubblico di un monumento dedicato a San Lidano. Si tratta di una vicenda ormai nota a tutti che ha messo in tutta evidenza la discutibile procedura che ha portato all’avvio dei lavori senza alcuna discussione politica dell’opera e senza alcun concorso di idee o condivisione di quanto si voleva realizzare e donare su una pubblica piazza.  Se non ci saranno altri intoppi legali, presumibilmente prima di Natale il belvedere tornerà libero cosi come da secoli e secoli il popolo setino lo conosce. Si spera che questa vicenda sia l’occasione per riqualificare l’intero complesso conservando però l’aspetto naturale  e architettonico della piazza. 

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Fortunatamente la ragionevolezza resta uno dei principi su cui si lega la razionalità, la logica ed il buon senso, soprattutto in momenti difficili e delicati per tutti. Tenere fermo il timone e schiena dritta se si naviga in cattive acque e su fragili vascelli, senza pensare di cercare soluzioni pescandole con la canna di Sampei. Il presidente del consiglio comunale di Sezze, Enzo Eramo, interviene in merito alla difficile gestione dei contagi da covid19. Propone di ragionare e valutare caso per caso, anche sulla chiusura o riapertura delle scuole. “Nella nostra comunità la morsa del contagio non si attenua. Dobbiamo cercare tutti di gestire questa difficile situazione – afferma Eramo - la soluzione passa solo attraverso le azioni individuali. Non pochi nostri concittadini hanno già pagato il prezzo più alto: la vita. I casi anche nella nostra provincia sono tanti e ricostruire la mappa del contagio è difficile per questo diventa fondamentale collaborare e aiutare chi è preposto a farlo. È un elemento prioritario per spezzare la catena. Oggi dobbiamo "salvare" la nostra comunità stando uniti e limitando i contatti a quelli strettamente necessari, altrimenti non se ne esce! A proposito di scuola, tema delicato e non facile. Penso che sia opportuno pensare e stabilire dei criteri di riferimento, condivisi con Scuole e Asl, per eventuali ed eccezionali chiusure. Altrimenti rischiamo di passare l'anno con un dibattito perenne che logora istituzioni e comunità. È l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno in questo momento”.

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Domenica, 15 Novembre 2020 06:35

L'indignazione non basta più

In un momento storico così importante per il riconoscimento dei pari diritti delle donne di tutto il mondo così come sancito dall’elezione di Kamala Harris, prima donna eletta alla vice presidenza degli Stati Uniti d’America, siamo indignati e increduli per l’ennesima provocazione di Libero. Spiace constatare che, ancora una volta, si stigmatizza il colore della pelle a discapito delle qualità politiche e professionali delle donne”. Carlo Verna, Presidente Consiglio Nazionale Ordine dei giornalisti e Paola Dalle Molle, coordinatrice Gruppo di lavoro Pari Opportunità del Cnog.

Kamala Harris è la prima donna eletta vicepresidente degli Stati Uniti. A 54 anni rappresenta il futuro del partito democratico americano. In staffetta con Joe Biden nel 2024, ha la possibilità di diventare il primo presidente donna della più grande potenza mondiale e rompere così quel soffitto di cristallo cui aspirava Hillary Clinton nel 2016. Prima donna procuratrice della città di San Francisco e poi dello Stato della California, nel 2016 ha conquistato un seggio in Senato, dove subito è diventata una figura di riferimento per il partito democratico. Gli interrogatori condotti nei confronti dell’ex ministro della giustizia Jeff Session e di Brett Kavanaugh, nominato dal presidente Donald Trump alla Corte Suprema, l’hanno proiettata sulla scena politica nazionale. Donna colta e di grande carisma, con uno spiccato senso delle istituzioni e della giustizia, ha raccontato di aver potuto frequentare una scuola migliore grazie al servizio di scuolabus messo a disposizione delle minoranze che abitavano nei quartieri più disagiati e non ha avuto remore a criticare anche Barack Obama, democratico come lei, per alcune scelte politiche restrittive in materia di immigrazione fatte durante i due mandati ricoperti. Il prestigio conquistato l’ha spinta a correre nel 2019 alle primarie del partito democratico per la presidenza degli Stati Uniti, anche se non ce l’ha fatta ad affermarsi sugli altri aspiranti presidenti ed ha dovuto cedere il passo a Joe Biden, il quale però l’ha voluta al suo fianco come candidata alla vicepresidenza. Una personalità forte dunque, incarnazione piena del cosiddetto “sogno americano”, dell’opportunità di affermarsi e raggiungere traguardi e posizioni di primo piano all’interno della società e della politica facendo leva su intelligenza e competenze.           

L’elezione di Kamala Harris rappresenta dunque un punto di svolta nel cammino verso il raggiungimento della piena parità di genere e la possibilità per le donne di ambire a ricoprire ruoli e responsabilità che fin’ora sono sempre stati appannaggio esclusivo degli uomini e dare una direzione diversa a quel destino che le voleva relegate a ruoli subalterni.

Evidentemente però la redazione del quotidiano “Libero” e Pietro Senaldi che lo dirige proprio non sono riusciti a mandare giù l’elezione di Joe Biden e Kamala Harris e pertanto non hanno perso l’occasione per dare prova del peggio di cui sono capaci. “La vice mulatta ha già rubato la scena a Biden”, ha titolato in prima pagina “Libero” il 9 novembre. Niente nome, niente cognome, niente senatrice e tantomeno ex Procuratrice Generale dello Stato della California. Mulatta e basta!

Un’uscita odiosa e disgustosa, rivelatrice non solo del livore accumulato per un risultato evidentemente non gradito, la vittoria di Joe Biden su Donald Trump, ma anche una chiara manifestazione di razzismo e sessismo che ormai invero la testata e i giornalisti che vi lavorano non si premurano più neanche di nascondere.

Mulatta è un epiteto desueto e ingiurioso, di forte connotazione razzista. La parola mulatto etimologicamente deriva da mulo, è nata nel contesto di assoggettamento assoluto operato da Spagnoli e Portoghesi sulla popolazione americana degli schiavi provenienti dall’Africa e dei loro discendenti, sta ad indicare qualcosa di meticcio, un ibrido da due razze ed indica i figli nati dall’unione tra persone bianche e nere, aventi una carnagione a metà tra le due. Peraltro tale qualificazione non è nemmeno corretta se riferita a Kamala Harris, come non lo è quella di afroamericana. La Harris è figlia del melting pot statunitense, una bellissima donna nata da un’americana originaria dell’India e un uomo discendente da giamaicani, quindi i bianchi non c’entrano nulla con lei come l’Africa, salvo che per le lontane origini degli antenati del padre.     

In questi anni il quotidiano “Libero” è ricorso ripetutamente a questo genere di provocazioni da ventennio fascista, un modo per far parlare di sé, per attirare l’attenzione e soprattutto per non dar conto delle notizie vere, che meriterebbero la prima pagina. Infatti è il giornale che ha titolato “Nilde Iotti brava a letto“, Virginia Raggi “patata bollente“, “Calano fatturato e PIL, aumentano i gay”. L’appellativo di mulatta riferito alla vicepresidente USA è poi una strizzatina d’occhio ai suoi lettori razzisti, oltre che il tentativo di accreditare l’idea che la Harris è lì non per le sue qualità e capacità, ma perché è mezza “negra” e serve a tener buone le minoranze etniche. Sul colore della pelle inoltre la vicenda di Kamala Harris dimostra come anche molti altri giornali e testate giornalistiche televisive del nostro paese siano culturalmente arretrate, non rendendosi neppure conto che continuare ad usare per lei la definizione “di colore”, come anche nei confronti di altre persone, costituisce ormai un linguaggio insopportabile e da bandire una volta per tutte. Anche perché di quale colore parliamo? Rosso, verde, giallo, blu cobalto….?

Intanto Kamala Harris ha dato a tutti una lezione culturale e politica, definendosi semplicemente “americana”.

Faccio mio quanto scritto su Facebook da Paolo Brogi, per anni cronista di punta del Corriere della Sera: “Ai conduttori della tv, in particolare della Sette: forse è il caso che la smettiate di invitare alle vostre trasmissioni come fosse chissà chi il direttore di Libero, Pietro Senaldi. A meno che non troviate divertente il suo modo di titolare”. Personalmente se mi capiterà di vedere trasmissioni televisive con ospiti Pietro Senaldi o giornalisti di “Libero” cambierò immediatamente canale.

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Venerdì, 13 Novembre 2020 08:59

La vita di San Carlo da Sezze (ultima puntata)

LE OPERE

 Benché a scuola avesse imparato a leggere e a scrivere malamente, C. fu autore straordinariamente fecondo. Del primo periodo della sua produzione letteraria, rimangono inedite diverse ope­re minori nei due mss. J. 5.25 eJ. 5.14 di 5. Francesco a Ripa; ma, alcune di esse so­no raccolte desunte da altri autori: per es.: l'opuscolo Delli stati dell'anima per arrivare alla pe~ttione è desunto quasi completamente alla lettera dal Paradiso dei contempla­tivi di Bartolomeo da Saluùo. Tra le altre opere inedite ricordiamo: Il piccolo giardi no di rose (novena del Natale); La vita e conforto dell'anima (meditazioni sulla Passione); Inganni che possono causare all'anima alcune occulte tentationi; Il mesto hor­ticello delle meditationi della Passione, Breve compendio dell'oratione, Modo di recitare loffitio, cioè li Pater noster; ecc. Solo qualche breve scritto vide la luce recentemente in pubblicazioni periodiche: Lettera sopra la contemplatione e i suoi effetti, in Vita cri-stiana, VIII (1936), pp. 522-534; Quello che deve fare l'anima devota e desiderosa di ri­cevere il SS. Sacramento, in Santa Chiara, il (1960), pp. 14-27; ecc.

Le opere del secondo periodo, scritte per obbedienza, sono, in complesso, origi­nali e di grande interesse; elenchiamo le edite e le principali inedite: Trattato delle tre vie della meditazione e stati della santa contemplatione, Roma 1654 (1664, 1742); Canti spù~tuali, Roma 1654 (1664, Torino 1959; Camino interno dell'anima ~osa dell'buma­nato Verbo Christo Giesù, Roma 1664; Devoti discorsi della Passione di Giesù Christo, pubblicati da G. Cerafogli (5. Carlo da Sezze, La passione di Gesù Cristo, Roma 1960); Settenari sacr4 ovvero meditationipie per sollevare l'anima all'unione con Dio per li sette giorni della settimana, Roma 1666 (in appendice, le Novene del Signore e della Vergine); Le grandezze delle misericordie di Dio in un anima aiutata dalla Gratia divina, cioè l'autobiografia, pubblicata testualmente, nelle parti più essenziali, a cura di 5. Gori, in occasione della canonizzazione (5. Carlo da Sezze, Autobiografra, Roma 1959); Esemplare del cristiano, cioè la vita del Signore, l'opera più voluminosa, tuttora inedita. Secondo quanto risulta da numerose e documentate segnalazioni, alcune opere e molte lettere di C. sono andate perdute, oltre a molti autografi delle opere a noi giunte (c£ 5. Gori, 5. Carlo da Sezze scrittore mistico, in Studi Francescani, LVIII [19611, p. 220).

 

LA DOTTRINA. P. Girolamo da Montefortino, censore dell'Esemplare del cristia­no, si dichiarò sorpreso dei «pregi intrinseci» della dottrina contenuta in quell'opera e lo stesso giudizio può estendesi a tutta la dottrina spirituale di C., che è caratteriz­zata da tre doti: semplicità di eloqulo e di esposizione, l'autore rende accessibili a tut­ti anche i pensieri più elevati e sublimi. In virtù della sodezza, sintetizza e illustra efficacemente i principi fondamentali, e perciò immutabili dell'ascetica cattolica: la santità non consiste nell'abito esteriore o nell'atteggiamento devoto (Settenari, p. 36), non nel fervore sensibile (Esemplare, £ 46r), non nelle penitenze (Settenari, p.

128) e neppure nei doni mistici straordinari (Tre vie, p. 98), ma nell'amore di Dio, di­mostrato con l'adempimento della sua volontà (Camino mt., p. 55) e col prendere dalle sue mani ogni tribolazione (Autobiografia, £ 295v), sicché «più perfetti e più santi sono quelli che più amano il Signore e più patiscono per amor suo» (Tre vie, p. 99), e «tanta è in noi la misura della perfettione, quanta la misura dell'amore, quanta è la misura del distacco dal mondo e santa povertà di spirito» (ibid., p. 46).

Con la seraficità, che rese la sua vita «impastata d'amor di Dio». C. seppe far con­vergere tutta la sua attività interna ed esterna all'aumento della carità; come maestro di orazione, infine, esortò a chiedere principalmente le tre virtù teologali (Esemplare, £ 375v).

Francescanamente cristocentrica fu la spiritualità di C., persuaso che «la vita di Christo,le sue attioni e parole, sono via che ci guida, verità che ci illumina e vita che ci pasce... E via nell'esempio, verità nelle promesse, è vita nel premio» (Settenari, p. 240). C. volle contemplare il suo Dio nei misteri dell'infanzia, donde la sua partico­lare devozione al Presepe (Autobiografia, f£ 38fr-382v, 389rv); lo volle contemplare nei misteri dolorosi che lo condussero all'eroismo della pazienza (Autobiografia, ff. 181v-182v); volle contemplarlo nell'Eucaristia, per cui, in pieno sec. XVII, divenne apostolo della Comunione quotidiana, confessando che le grazie da essa ricevute so­no «imaccontabili» ibid., £ 264v). In particolare, C. deve all'Eucaristia, oltre che la ferita d'amore, le più alte forme della contemplazione infusa (Camino mt., p. 756).

Il santo insegna ad andare a Gesù per mezzo di Maria, non solo giovandosi della sua mediazione (Autobiografia, £ 334r) ed imitandone le virtù (Settenari, p. 358), ma anche perché per lei si ottiene la vittoria sui due principali ostacoli all'avanzamento nel bene, cioè la tiepidezza e la pusillanimità (ibid., p. 353). Inoltre, insegna a porre come condizioni irrinunciabili per l'ascesa dello spirito l'umiltà (ibid., pp. 307, 479)e l'obbedienza (ibid., pp. 230, 233; Autobiografia, f£ 127r, 176r), virtù indispensabili per l'efficacia della direzione spirituale (Autobiografia, f£ 418v-419r; Tre vie, p. 100). Infine, suggerisce di alimentare quotidianamente la divina carità nel nostro cuore:

con lo spirito di fede, che ci fa vedere Dio in tutte le cose e da tutte le cose risalire a lui, prima causa e primo amore (Settenari, pp. 54 sg., 520; Camino mt., p. 533); con una triplice purità, cioè purezza di anima, o delicatezza di coscienza (Autobiografia, f. 387v), di mente, o retta intenzione nell'opera (ibid., f£ 95rv, 284rv; Esemplare, £ 171v) e di cuore, o distacco perfetto (Tre vie, p. 46; Settenari, p. 180); con l'accettazio­ne della croce giornaliera, «scuola divina della croce santa» (Cammino mt., p. 76); col pane quotidiano della grazia, del quale l'anima ha bisogno in «ogni stato, in ogni ora e momento» (Settenari, p. 438); e ancora, con l'esercizio della confidenza in Dio, o infanzia dello spirito (Autobiografia, f£ 128v-129v), espresso nel motto programma­tico: «Lasciarsi portare da Dio» (ibid., f£ 176r, 219v, 355rv).

D'importanza veramente eccezionale è la dottrina mistica di C., da lui esposta in maniera dettagliata specialmente nell'Autobiografia, nel Trattato delle tre vie e nel Ca­mino interno opere che recano un valido contributo a questa nobilissima scienza sa­cra, poiché, fra l'altro, l'autore scrive di cose che egli stesso ha già sperimentato (Autobiografia, £ 305v). Ben a ragione C. fu paragonato a 5. Giovanni della Croce e a 5. Teresa d'Avila, che fu considerata dal mistico francescano nello scrivere sull'ora­zione quale la maestra datagli da Dio (ibid., f. 305r).

È da notare che questo «scrittore senza lettere» distingue accuratamente: le ope­razioni attive dalle mistiche o passive (Camino mt., p. 400), la contemplazione infusa da quella acquisita (ibid., pp. 453, 468), le vere visioni dalle false (ibid., p. 464), e premonnisce contro l'illusione che le grazie mistiche straordinarie abbiano a durare sempre (ibid., p. 54; Tre vie, p. 155) o che le tentazioni abbiano a cessare (Settenari, p. 62). Nel trattare dei gradi della contemplazione, non segue il criterio dei moderni teologi, ma usa generalmente le parole gradi e stati nel senso di elementi; fisi o effetti: egli è quindi molto originale nella classificazione, nella nomenclatura e nella descri­zione dei fenomeni mistici, sebbene il suo schema si possa facilmente ricondurre a quello di s. Teresa (c£ 5. Gori, art. ct., pp. 229 sgg., 235; I. Rotoli, op. cit. in bibli., pp. 31, 84, 120). C., per parte sua, ci fa conoscere alcune forme, o stati di orazione passiva non descritti, almeno esplicitamente, da 5. Teresa e da 5. Giovanni della Cro­ce, cioè quelli della «lotta spirituale delle potenze», della «presenza di Dio», della «allegrezza del cuore» e altri; inoltre, presenta nuovi elementi sulla natura stessa del matrimonio spirituale (cf. I. Rotoli, p. 138; 5. Gori, art. cit., p. 257). Sotto l'aspetto mistico, è anche interessante il fenomeno, più unico che raro, dello stigma prodigiosamente comparso sul costato di C. dopo la sua morte.SEVERINO GORI dall'Enciclopedia Bibliòtheca Sanctorum 48.

Carlo si distingue da tutti gli altri santi stigmatizzati perché è il solo tra essi ad essere stato trafitto direttamente dall’Ostia Consacrata ( La Santa Eucarestia ) durante lo svolgimento della Santa Messa. Per celebrare degnamente tale ricorrenza la parrocchia della Cattedrale di  S. Maria  di Sezze ha richiesto le spoglie mortali di S. Carlo al Convento di S. Francesco a Ripa di Roma per esporre l’urna del santo alla venerazione dei fedeli nel periodo di tempo che và dal 27 settembre al 1° novembre del 1998. La “trasverberazione” o “stigmatizzazione” del cuore di S.Carlo è stato l’evento più prodigioso e soprannaturale avvenuto nella vita di S. Carlo da Sezze che così racconta l’episodio nella sua autobiografia (  “Le Grandezze della Misericordia di Dio “, Libro VII,  6° cap.” ): “…Et quando andava per Roma accattanno elimosina, che m’incontrava a passare avanti a qualche chiesa…m’inginocchiava avanti alla porta, e , rivolto al Santissimo Sacramento,  pregava nostro Signore che mi dasse il suo amore…Un dì, frà gli altri, si cercava in quelle bande in Cape le Case, et, gionto alla chiesa del glorioso S. Giuseppe...mi posi in ginocchio nel scalino della porta a far orazione, essendo uscita la santa messa nell’altare maggiore…Et, nell’alzare il sacerdote l’ostia consegrata, viddi da quella, con gli occhi dell’anima, uscire come un raggio di luce, e venire a ferirme nel cuore; et fu con tanta prestezza, che non gli saprei assegniar tempo. L’affetto poi che mi fece nel cuore fu come una cosa sensibile fatta da un ferro materiale, et fece quel moto appunto che si vede fare ad un ferro quando che, postosi nella fucina, che si è convertito tutto in foco, et che così arrosito si pone in un vaso d’acqua et fa quella sorte di mormurio…Et quando nostro Signore si degniò, per sua liberalità, di farme questo favore de così spiritovalmente ferirmi nel cuore, penso…che fusse per il mese di ottobre nel 1648…”. Secondo le testimonianze di alcune religiose del monastero di S. Giuseppe, fra Carlo rimase privo di sensi per vario tempo, tanto che dovettero mandar “fuori aceti e cose confortative per farlo rinvenire”, sebbene alcune dicessero che non si trattava di “svenimento naturale ma di cosa soprannaturale”. Secondo altre testimonianze fra Carlo, per timore di peccare di vanagloria, pregò il Signore perché si chiudesse la medesima ferita, che “fece per qualche tempo sangue”. Si testimonia anche che il santo, nonostante che la ferita fosse chiusa, ne sentì il dolore fino alla morte. Il 6 gennaio 1670 infine, cioè alla morte di S. Carlo, comparve definitivamente sul suo petto un singolare “stigma” che venne riconosciuto di origine soprannaturale da un’apposita commissione medica e fu adottato come uno dei due miracoli richiesti per la beatificazione.

 

 

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Domenica, 08 Novembre 2020 06:31

Non c'è Coviddi e altre assurdità

 

 

Un sabato pomeriggio grigio e uggioso. Un giorno in apparenza come tanti, scanditi da questa pandemia che ci ha sottratto la bellezza del contatto fisico, il piacere di una stretta di mano, il calore di un abbraccio, la gioia della condivisione di una tavolata imbandita di buon cibo e di risate tra amici. Una inquietudine sottile e pervasiva ritma ormai gesti e comportamenti, un timore malcelato nei confronti di un nemico subdolo e infido, capace di colpire quanto meno te lo aspetti e di provocare ferite laceranti negli affetti. Sentimenti e sensazioni che accomunano la gran parte di noi e di cui invece un ridotto rumoroso e ostinato di contestatori si dichiara incredulo e indifferente, negando incomprensibilmente l’evidenza, gli effetti devastanti del virus sulle vite di tanti, facendo proprie e propagandando teorie bislacche e gridando al complotto, ordito non si sa bene da chi e per quale recondita e inverosimile ragione, alla dittatura sanitaria o semplicemente minimizzando portata e rilevanza di quanto accade. D’un tratto il telefono squilla lacerando il silenzio ovattato che avvolge la stanza. Lo afferro un po’ contrariato. Considerando orario e giorno si tratterà della solita chiamata promozionale per convincermi a cambiare gestore delle  utenze di casa o di un seccatore inopportuno. Il numero e il nome che compaiono sul display è quello di un amico. – Meno male – mi dico. Ho piacere di scambiare quattro chiacchiere con lui e perciò gli rispondo cordiale e rilassato. Mi accorgo immediatamente che qualcosa però non va. Ha una voce strana, affannata. – Sono positivo al Covid e sto male. Non riesco a respirare – mi dice tutto di un fiato. Sapevo che aveva fatto il tampone ed aveva avuto sintomi leggeri nei giorni precedenti, ma non pensavo stesse così male. Farfuglio qualche frase, cercando di tranquillizzarlo. – Fra un po’ c’è la partita….–  cerco di sviare il discorso. È un tifoso accanito, viscerale e guardarla con lui è un divertimento. – Sto male – si limita a dirmi. – Tempo qualche giorno e ti sarai negativizzato. La prossima volta che giochiamo vieni qua da me e la vediamo insieme – insisto. Dopo qualche momento di silenzio torna a dirmi: – Ci sono dei momenti che proprio mi manca il respiro –. Avverto chiaramente che ha paura di non farcela. – Ma cosa ti sta dicendo la testa? Che stai pensando?- lo rimbrotto – Vedrai che la cura che ti hanno dato farà effetto rapidamente –. – Va bene – mi concede senza troppa convinzione. – Ti chiamo domani – gli prometto. La mattina dopo purtroppo viene ricoverato in ospedale e ora è in terapia intensiva. Ne uscirà presto, sono sicuro e, eternamente insoddisfatti, torneremo ad arrabbiarci e ad imprecare contro arbitri, giocatori ed allenatore della nostra squadra del cuore, a fare le nostre analisi calcistiche e ad immaginarne possibili traguardi. Il virus non l’avrà vinta, ne sono certo!               

E così il virus ha toccato un mio amico, una persona cui sono legato ed è doloroso. Probabilmente la mia è una delle tante storie di questi giorni funestati da contagi in crescita esponenziale, ricoveri d’urgenza e centinaia di morti. Storie di persone, amicizie e sentimenti e non soltanto fredda contabilizzazione di aridi numeri. Penso al mio amico lì da solo nel reparto di rianimazione, alle persone che lo amano che non hanno notizie dirette di lui da giorni, che trascorrono il proprio tempo nell’ansia e nella trepidazione e ad ogni squillo del telefono smettono di respirare. Sento crescere in me la rabbia per le tante parole insensate pronunciate da sedicenti scienziati, internettologi negazionisti, complottisti e contrari all’uso delle mascherine, per i tanti comportamenti irresponsabili, per quanti sono interessati unicamente a lucrare spazi di notorietà sui social e possibili consensi elettorali in un gioco barbaro e cinico.

Trovo insopportabile e riprovevole il sentenziare di tanti leoni da tastiera dall’alto della loro esperienza e competenza forgiata davanti allo schermo di un computer, laureati all’università di internet in medicina con specialistica in virologia ed infettivologia, circa l’irrilevanza dell’infezione da Covid-19 se la paragoniamo alla mortalità per l’influenza stagionale, ai tumori, agli infarti e persino alla fame nel mondo. Quello che non riescono a comprendere è che il problema non è soltanto la mortalità in conseguenza del virus, ma il tasso di ospedalizzazione dei malati sintomatici rapportata al breve lasso di tempo in cui questo avviene. Nessuna malattia cronica è capace, come il Covid-19, di mandare all’aria da sola e in brevissimo tempo, un mese e poco più, la tenuta del sistema sanitario. L’influenza stagionale causa il ricovero e la morte di molte più persone, ma questo avviene in un arco temporale di sette mesi e non di qualche settimana. Analogo ragionamento va fatto per l’incidenza dei ricoveri per le altre patologie gravi: non si concentrano in pochi giorni e il sistema sanitario riesce a farvi fronte. Il tasso di mortalità esclusivamente per Covid-19 sarà anche basso e a non farcela saranno pure maggiormente persone anziane o fragili, affette da altre patologie, ma al di là che il loro ricovero satura il sistema, occupando posti letto in terapia intensiva e semintensiva, posti che non potranno essere utilizzati per altri pazienti che dovessero arrivare nelle strutture sanitarie in condizioni gravi, dobbiamo considerarli sacrificabili, materiale di scarto, la loro morte non costituisce un fatto inaccettabile, o forse perché si tratta per la gran parte di persone non utili e funzionali allo sforzo produttivo del paese, come ha sentenziato il Presidente della Regione Liguria, ci deve lasciare indifferenti?

A sentire poi certi “autorevoli” esperti sproloquiare sul virus, snocciolando dati senza il minimo riscontro scientifico, non solo sui social ma perfino nelle reti televisive nazionali, la totalità di scienziati, medici e personale sanitario sono una massa di pecoroni belanti, di venduti al grande complotto delle BigPharma, che amano mascherarsi con camici e mascherine per andare in corsia in una sorta di gran ballo dell’idiozia e dell’inutilità, in tenuta da combattimento contro un nemico inesistente.

Sarebbe il caso che la finissero una buona volta di raccontare stupidaggini e portassero rispetto per le sofferenze di quanti sono stati colpiti dal virus, per le migliaia di persone che non ce l’hanno fatta e il dolore dei loro familiari.

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La demagogia è la capacità di vestire le idee minori con parole maggiori” (Abraham Lincoln).

Sei il presidente, non sei lo zio pazzo di qualcuno che ritwitta qualunque cosa” (Savannah Guthrie, giornalista del Nbc, intervista a Donald Trump).

La parola è uno strumento straordinario, descrive e ci descrive, racconta il mondo, il nostro vissuto, svela la nostra identità fin negli aspetti più intimi. La nostra umanità si esplicita pienamente nel relazionarci con l’altro da noi mediante la parola, capace di unire e consolare, liberare e umanizzare ma anche, se pronunciata da demagoghi e corrotti, di dividere e calunniare, deridere e ingannare. Il dialogo è scritto nella nostra essenza e nel nostro destino. Il nostro essere ha senso e si definisce nell’incessante misurarci all’interno di una comunità plurale, fatta di sensibilità individuali, ideali, religiose e culturali differenti e perfino antitetiche. La parola è intermediaria della conoscenza, che non è un monolite inerte, un apparato sclerotizzato, un passato depositato alle nostre spalle e inutile, ma una luce che illumina e rende possibile quanto ancora deve accadere. Tuttavia viviamo il tempo della parola svuotata di significati e contenuti, del suo retroterra di esperienze personali e collettive, e trasformata in affabulazione, in mezzo per creare miti, per distorcere la realtà, deviarne la percezione, far credere l’inverosimile e l’inesistente. Al ragionamento e all’approfondimento, che postulano sforzo cognitivo e impegno temporale, è preferita la parola scambiata con leggerezza e superficialità, attraente, che piace, suggestiona e persuade: è ininfluente capire cosa intenda, il senso delle affermazioni, se propone o meno verità riscontrabili. Il destinatario non deve porsi o porre domande, ma solo fidarsi. La narrazione è costruita in modo da far vibrare le corde emotive, suscitare reazioni epidermiche di adesione o rigetto e non deve stimolare studio e ricerca. L’esclusione del pensiero critico impedisce la partecipazione vera, ci riduce a semplici percettori di messaggi preconfezionati, di contenuti semplificati e notizie in apparenza verosimili e di buon senso, provenienti da uno solo o direttamente abile manovratore o referente di macchine comunicative affinate e pervasive, rispetto a cui possiamo esprimere un’adesione e mai pareri motivati conseguenti ad un confronto aperto e libero. Pareri che se anche avanzati comunque non sono considerati, non influenzano quanto presentato. È il meccanismo dei social, nei quali il messaggio è semplificato fin nel vocabolario, ridotto a espressioni ricorrenti, predefinite, spesso banali, che di contro a dissenzienti e latori di un pensiero alternativo riservano insulti, violenza verbale e gogna mediatica.

La politica si è appropriata di questa modalità di espressione comunicativa, dell’uso svuotato della parola per veicolare idee e coagulare consensi, solleticando emotività e istinti e omettendo una progettualità ragionata e commisurata alla complessità della realtà che vorrebbe governare. La manipolazione della comunicazione e piuttosto frequentemente ormai il ricorso alle notizie false da parte della politica è pericolosa, perché attraverso parole ambigue, ingannevoli e travisanti può provocare mutamenti profondi nel tessuto sociale e culturale, influenzare e modellare pensiero e sentire collettivo, indirizzare scelte e condotte, condizionare l’interazione tra i gruppi sociali e con le minoranze culturali, religiose o di genere, e incidere di rimando sulle dinamiche di formazione del consenso. Nella propaganda politica nulla è casuale, tutto è pianificato, studiato e testato prima di essere lanciato in rete, strumento principe per arrivare alle persone. I destinatari sono i più manipolabili, quanti cioè si lasciano facilmente suggestionare e sono pronti a rilanciarne gli slogan acriticamente, a farsi veicolo di pensieri e immagini che eccitano le masse, proiettano descrizioni alterate e distraenti della realtà, innescando conflittualità artificiose come quando un episodio anche significativo è trasformato in un assoluto, un emblema, una asserzione martellante, ingenerando tensioni e allarme e provocando reazioni sproporzionate e ingiustificate per trarne benefici elettorali. Abilità retorica e violenza verbale, unite a gestualità studiate, teatralità di espressione comunicativa per coprire la carenza di contenuti, modulazione della voce, pause ad effetto, frasi enfatizzate e rimarcate, ipnotizzano le persone, aizzano risentimenti e ostilità verso nemici creati ad arte, il diverso in genere, nei cui confronti scaricare frustrazioni e rabbia sociale. 

I politici appaiono oggi abbastanza omologati e indistinguibili, ripetono stereotipi a scapito di idee forti, palesano incapacità ad affrontare e sostenere un dialogo fondato sul ragionamento e non su arroganza e prevaricazione. Il dibattito politico è un parlare senza ascoltare, un discutere senza capire le ragioni altrui. Le parole non servono a confrontarsi, a smussare gli angoli, a colmare le distanze e superare le differenze, ma sono clave brandite in modo intimidatorio, per colpire e demolire l’avversario cui spesso non è riconosciuto neppure il diritto di esistere, manifestano l’indisponibilità a mettersi in discussione, a verificare le proprie certezze, a cogliere spunti di riflessione e proposte meritevoli dinanzi all’argomentare altrui. Criticare, avanzare dubbi diventa allora una intollerabile lesa maestà.   

Occorre recuperare l’onestà intellettuale, la dimensione etica, la dirittura morale, il fondare il proprio agire e le proprie proposte su convincimenti che nascono e si radicano nella coscienza e non sono la risultante di opportunismo elettorale. Solo il pensiero libero può spazzare la mala politica, coinvolgendo e persuadendo per se stesso e non per gli artifici retorici. Serve una politica intelligente, garbata nei toni e fondata sulle buone idee, immersa nel vissuto delle persone, che usa le parole non che devono essere pronunciate per convenienza ma che è giusto pronunciare, legate a ragione e sentimenti, capaci di costruire ponti, di farsi occasione di incontro per realizzare il bene comune.

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Quando una discussione degenera è cosa buona e giusta fermarsi e ragionare a mente fredda, con maggior capacità di controllo sui propri istinti. Le chat e soprattutto i social network purtroppo non ci aiutano, anzi sono strumenti destinati sempre ad amplificare eventi e a fare da cassa di risonanza laddove, magari, “in presenza” questo o quello non sarebbe nemmeno successo. È accaduto in passato, sta accadendo oggi e accadrà in futuro, e ce ne dobbiamo fare una ragione, ma è sempre auspicabile che alla fine prevalga il buon senso e soprattutto non si cada mai nell’offesa e nell’invettiva personale. In questi giorni su facebook siamo stati spettatori passivi di un “botta e risposta” di pessimo gusto che va oltre la critica ad un modo di amministrare una città e a una visione dei problemi reali di una comunità. Abbiamo letto solo di attacchi personali che hanno avuto paradossalmente le medesime risposte di uguale sprezzo e sdegno. E’ veramente sconcertante e inquietante sapere che tutto ciò stia accadendo in una fase in cui anche la nostra comunità soffre, in un momento storico nefasto per tutti, in un periodo che, al contrario, ci dovrebbe vedere tutti uniti e solidali, in un clima di rispetto e collaborazione. Sembra di assistere ad una guerra di parole tra barbari che lottano per lo stesso obiettivo. Stiamo vivendo un disagio senza precedenti e leggere di ricorsi, di querele e di denunce fa male a tutti, soprattutto ai protagonisti di queste tristi e sbagliate storie.  L’appello che personalmente mi sento di fare, a chi è in grado di accoglierlo, è di deporre le asce e ragionare molto sul danno sociale e culturale che si sta producendo ad una comunità già debole e smarrita. Abbiamo tutti bisogno di punti di riferimento sani, abbiamo bisogno di confronti costruttivi e di idee utili per uscire dal pantano in cui siamo sprofondati. Siamo una città con l’acqua alla gola e senza collaborazione rischiamo di annegare. Se guerra deve proprio esserci, spero che ci sia sui valori e sulle proposte per Sezze e non su discorsi di lana caprina.

Pubblicato in Cum Grano Salis
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