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Domenica, 28 Gennaio 2024 06:53

La Shoah è il nostro cuore di Tenebra

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27 gennaio 1945. 

Le truppe dell'Armata Rossa dell'Unione Sovietica liberarono il campo di sterminio tedesco di Auschwitz. Le sorti ormai segnate della guerra e l'avanzata degli eserciti alleati avevano spinto il comando nazista ad ordinarne l'evacuazione. Circa 60 mila prigionieri, in gran parte ebrei, furono costretti a mettersi in marcia in direzione della città di Wodzislaw, nella parte occidentale dell'Alta Slesia. Alcune migliaia di persone, non in grado di affrontare il viaggio perché troppo deboli o malate, furono trucidate. Prima che il campo fosse abbandonato, le SS cercarono in tutta fretta di distruggere le prove degli orrori commessi, riuscendovi solo in parte. 

Durante la Marcia della Morte le SS uccisero quanti stremati non erano in grado di proseguire il cammino, più di 15 mila persone. All'interno del campo di Auschwitz l'esercito sovietico troverà e libererà oltre settemila sopravvissuti, malati e moribondi. Si stima che tra il 1940 e il 1945 furono deportati ad Auschwitz circa 1,3 milioni di persone e di queste almeno 1,1 milioni vennero assassinate.

Dal 1933, quando venne realizzato il primo campo di sterminio a Dachau, al 1945 la dittatura nazista ei regimi suoi alleati e complici si resero responsabilità dell'assassinio di 6 milioni di ebrei, oltre ovviamente a tutti gli altri internati: omosessuali, disabili, rom , sinti, oppositori politici, testimoni di Geova, clochard, ecc..

La Shoah è il nostro cuore di Tenebra, non un incidente imprevisto e imprevedibile, ma una realtà che affonda le sue radici nel brodo di coltura dell'antigiudaismo e dell'antisemitismo che ha attraversato nei secoli, lungamente e con diverse forme, la cultura occidentale ed ha raggiunto il suo apice razzista nella pianificazione criminale dello sterminio del popolo ebraico e delle altre minoranze etniche e culturali in nome della purezza ariana.

La macchina dei lager, finalizzata all'eliminazione di quanti erano considerati sub-uomini e larve umane, indegne di vivere, l'obiettivo di far scomparire completamente dalla faccia della terra il popolo ebraico, l'arrogarsi il diritto di decidere chi doveva o non doveva continuare ad abitare la terra, spinto alle estreme conseguenze, ha costituito il carattere specifico di un piano diretto a modificare la configurazione stessa dell'umanità ed ha svelato alla radice il livello di crudeltà ed abiezione al quale l'uomo è capace di spingersi.

La Shoah pone domande abissali alla nostra umanità, mette in discussione i valori fondanti la nostra civiltà e in particolare interroga in modo radicale i credenti nel Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe e di Gesù di Nazareth. Dov'era Dio, il Sommo Bene, Colui che ama l'uomo con un Amore senza eguali ed incondizionato, quando milioni di innocenti venivano sterminati? Si tratta di una domanda tanto essenziale quanto ineludibile, di fronte alla quale non bastano risposte di circostanza e tantomeno possiamo fingere che non ci tocca e ci riguarda. 

Elie Wiesel nel suo libro La Notte scrive: “Sia benedetto il nome di Dio? Perché, ma perché io avrei dovuto benedirlo? Ogni fibra di me si ribellava. Perché Egli aveva condannato migliaia di bambini a bruciare nelle Sue fosse comuni? Perché aveva continuato a far funzionare sei forni crematori giorno e notte, inclusi lo Shabbat ei giorni santi? Perché con la sua forza aveva creato Auschwitz, Birkenau, Buna e tante altre fabbriche di morte? Come potevo dirgli: Benedetto sei tu, onnipotente, Signore dell'Universo, che ci hai scelto fra tutte le nazioni ad essere torturati giorno e notte, per vedere come i nostri padri, le nostre madri, i nostri fratelli finiscono nei forni? […] Ma ora, non ho più supplicato per nulla. Non ero più in grado di emettere un lamento. Al contrario, mi sentivo molto forte. Io ero l'accusatore, Dio l'imputato!”.

Numerosi teologi e pensatori hanno cercato di dare risposta a questi interrogativi, di trovare una via di uscita di fronte all'assurdità di quanto Auschwitz rappresenta.

Il teologo Jurgen Moltmann, tra i più importanti pensatori tedeschi, il quale ha riflettuto a lungo sulla tragedia dei campi di sterminio, ha proposto l'immagine di un Dio crocifisso, sofferente e protestante, che non si distacca dal dolore dell'umanità ma vi entra volontariamente dentro con compassione. “Dio in Auschwitz e Auschwitz nel Dio crocifisso”. Come la croce di Cristo, così anche il lager di Auschwitz si trova in Dio stesso, è stato assunto nel dolore del Padre, nella consegna del Figlio e nella forza dello Spirito. Ciò non comporta la minima giustificazione di quanto è accaduto nei campi di sterminio, delle atrocità sofferte dalle vittime, perché la croce stessa segna l'inizio della storia trinitaria di Dio. Dio è un Dio che protesta e si oppone agli “dei di questo mondo” di potere e di dominio, entra nel dolore umano e soffre sulla croce e sul patibolo di Auschwitz.

Il pensatore tedesco Johnann Baptist Metz, anche lui teologo, sposta il ragionamento: “La domanda teologica dopo Auschwitz non è solamente: dove era Dio ad Auschwitz? Ma è anche: dove era ad Auschwitz l'uomo? Come si potrebbe credere nell'uomo, o perfino nell'umanità, quando si dovette sperimentare ad Auschwitz di che cosa «l'uomo» è capace? Come continuare a vivere tra gli uomini? Che cosa sappiamo noi della minaccia all'umanità dell'uomo, noi che abbiamo vissuto voltando le spalle a questa catastrofe o che siamo nati dopo di essa? Auschwitz ha ridotto profondamente il limite di pudore metafisico tra uomo e uomo. A questo sopravvivono solo coloro che hanno poca memoria o coloro che sono riusciti bene a dimenticare che hanno dimenticato qualcosa. Ma nemmeno questi restano illesi. Non si può peccare quanto si vuole contro il nome dell'uomo. Non solo l'uomo singolo, anche l'idea dell'uomo e dell'umanità è profondamente vulnerabile. Solo pochi collegati ad Auschwitz l'attuale crisi d'umanità: l'insensibilità crescente di fronte a diritti e valori universali e grandi, il declino della solidarietà, la furba sollecitudine nel farsi piccoli pur di adattarsi a ogni situazione, il rifiuto crescente di offrire all'io dell'uomo una prospettiva morale, eccetera. Non sono tutte scelte di sfiducia contro l'uomo? La catastrofe che è stata Auschwitz costituisce forse una ferita inguaribile?”. 

Domande a cui siamo chiamati per trovare le risposte, sforzandoci di capire non solo ciò che Auschwitz è stato ma cosa è oggi la nostra umanità.  

 

 

Mancano i loculi e il sindaco di Sezze Lidano Lucidi ordina di requisire quelli già concessi e non occupati da salma. L’ordinanza sindacale è stata firmata ieri. “A seguito di una ricognizione operata all'interno del Cimitero Comunale – leggiamo nella ordinanza firmata dal sindaco - è emerso che la disponibilità di loculi liberi è praticamente terminata per cui insiste una grave carenza di loculi disponibili per la sepoltura individuale dei defunti che ne siano sprovvisti al momento del decesso. Che vi è carenza di loculi disponibili presso il cimitero comunale e che, allo stato attuale, la situazione sta creando dei disservizi relativi alla tumulazione delle salme”. Per tale morivo il sindaco ordina “l’immediata requisizione, in via contingibile ed urgente, ed a titolo temporaneo dei loculi concessi in diritto d'uso e non occupati da salma”. Si specifica inoltre che “risultano in essere le procedure per la realizzazione di nuovi corpi loculari, avviate con i seguenti provvedimenti”.

 

IL 10 marzo si eleggerà il nuovo consiglio provinciale, il decreto per il rinnovo del consiglio è stato firmato dal presidente Gerardo Stefanelli. Le liste dovranno essere composte da 12 nomi e andranno presentate entro il 18-19 febbraio. Fino al 2009 i consiglieri provinciali erano espressione dei cittadini perché eletti dagli stessi mentre dal 2014 ad eleggere i consiglieri provinciali sono tutti i consiglieri comunali dei 33 comuni, una novità che di fatto ha escluso la partecipazione popolare alle urne. In buona sostanza oggi conta solo gli accordi tra partiti e liste, una partita tutta politica dove pesa il voto ponderato, ossia basato su un indice che poi è quello del numero di abitanti di un Comune. Detto diversamente il voto di un paese piccolo vale una briciola rispetto ad un voto di una città grande. Ed ecco quindi il valzer degli accordicchi e delle elemosine politiche verso i big della politica per essere inserito nelle liste dei papabili e per avere magari un voto di un consigliere di un altro comune. Poi si resta in carica per due anni, dimissioni e subentri a parte. Vedremo come succederà, vedremo chi e come verrà appoggiato da questo o da quel partito, e vedremo quali saranno le conseguenze nelle rispettive sedi di appartenenza. Negli ultimi 20 anni in cui si è andato al voto popolare la Provincia di Latina è stata guidata sempre dal centrodestra, poi sono iniziati gli accordi trasversali tra partiti e civici fino alla storta e compagnia bella... A Sezze gli ultimi consiglieri provinciali eletti dai cittadini sono stati: l'ex assessore Vincenzo MatteiParide Martella presidente della Provincia, l'ex sindaco Andrea Campoli , l'ex sindaco Lidano Zarra , l'ex presidente del consiglio Enzo Eramo e  l' ex consigliere comunale Enzo Polidoro .

Domenica, 21 Gennaio 2024 06:52

Un cuore di pastore non chiude mai la porta

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La Dichiarazione  Fiducia supplicans , pubblicata dal Dicastero per la Dottrina della Fede, introduce uno sviluppo importante sul senso pastorale delle benedizioni. Il documento allarga l'orizzonte e invita al discernimento per verificare il sussistere delle condizioni affinché si possa conferire una benedizione paterna e non ritualmente fissata, senza configurare alcuna legittimazione morale, a stati e relazioni tra persone fuori dal matrimonio. Condizione indispensabile è riconoscersi peccatori (cfr FS 33), bisognosi di conversione e disponibili ad aprirsi alla volontà di Dio (cfr FS 20). Il cardinale Prefetto del Dicastero, Víctor Manuel Fernández, ha precisato nella presentazione che il documento non dà il via libera al matrimonio tra persone dello stesso sesso e non introduce cambiamenti della dottrina della Chiesa riguardo le relazioni fuori del matrimonio. Tuttavia l'innovazione è profonda, è anzi una vera rivoluzione che, come sempre accade nella storia della Chiesa, è un ritorno alla radicalità evangelica e si pone in piena continuità con un cammino che è fedele a sé stesso e insieme si evolvono continuamente. Alcune volte i passi suggeriti sono facili e veloci, altre volte sono meno agevoli e più esigenti.
 
La Dichiarazione è in continuità con il  Responsum di qualche anno fa, sempre  del Dicastero, i cui punti fondamentali erano la liceità di benedire ciò che è ordinato a servire i disegni di Dio, la possibilità di benedire le persone e non le sindacati, il fatto che Dio benedice i peccatori ma non il peccato ed infine l'individuazione di elementi positivi in ​​una relazione omofila non è sufficiente a renderla legittima e perciò oggetto di benedizione. La Fiducia supplicans, che proviene da una esplicita volontà del Papa, il quale ha sollecitato il Dicastero a compiere dei passi ulteriori rispetto a quanto già stabilito, conferma i primi due punti, approfondisce la comprensione del terzo ed offre un diverso intendimento del quarto. Dio non può benedire il peccato e quindi la Chiesa non può benedire “cose, luoghi o contingenze che siano in contrasto con la legge o lo spirito del Vangelo” (FS 10), ma il testo evidenzia come la persona, nella sua originale positività, è più grande di ciò che fa, non può essere totalmente definita e assimilata ai suoi errori e nelle sue relazioni, per quanto sbagliate, ci sono “elementi positivi” (FS 28) che nessun peccato, per quanto grave, può cancellare. Ogni persona è parte eminente della Creazione e, sebbene ferita dal peccato, rimane sana, positiva, destinata al bene. Pertanto va riconosciuta in essa la presenza di «un seme dello Spirito Santo che va curato, non ostacolato» (FS 33), un patrimonio di bene che, come una promessa incancellabile, ne testimonia la sostanziale positività.
 
In questa prospettiva la Dichiarazione apre lo spazio per un passo ulteriore, offre la “carità” di un gesto che non giustifica alcuno status o rivendicazione, ma apre e dispone ad accogliere la mano tesa di Dio verso i peccatori. È un atto di speranza che alimenta speranza, è riconoscere la necessità dell'aiuto di Dio, una forza più potente del male e del peccato. Attraverso la benedizione si apre una via per valorizzare ed indirizzare verso la purificazione e l'elevazione quegli elementi di bene presenti in “coloro che si rivolgono umilmente” a Dio anche in una condizione moralmente irregolare, perché Dio “non allontana mai nessuno che si avvicini a lui!” (FS 33). Il peccato esiste, ferisce la persona ma la misericordia di Dio, che ha il nome di Gesù Cristo, pone incessantemente un limite al maschio che non potrà mai essere assoluto e definitivo.
 
La benedizione, non ritualmente fissata e dal significato non riducibile ad una mera approvazione di quanto che viene benedetto, è invocazione dell'aiuto di Dio sulle persone e sulle relazioni, uno stimolo a mettersi in cammino per crescere e rimuovere quanto altrimenti scivolerebbe o rimarrebbe confinato nel peccato. Dio non dispera mai di nessuno, ci prende “come siamo”, “ma non ci lascia mai come siamo”, ci fa uscire da noi stessi, ci guida nell'esodo dalle nostre comodità, dalle nostre mediocrità e mezze sicurezze, ci fa incamminare verso i suoi orizzonti, verso i suoi disegni che sono molto oltre le nostre misere vedute e la portata dei nostri affetti.
 
La Dichiarazione Fiducia supplicans ha sollevato discussioni e contestazioni da più parti, soprattutto nell'area più tradizionalista della Chiesa, perché dà fastidio, perché non è una presa di posizione a favore o contro le coppie ei rapporti irregolari o omofili, ma ci costringe ad uscire dagli schemi consolidati e ad avere uno sguardo più ampio. Obbliga quanti vivono situazioni regolari a non considerarsi a posto ed al sicuro e quanti vivono invece situazioni irregolari a non considerarsi esclusi dalla salvezza ma ad accettare la sfida della conversione. La Grazia, che viene da Dio, è più di un premio per i giusti o una medicina per i malati, è una forza mobilitante offerta alla libertà umana, affinché il cuore di ogni persona si apra alla libertà che viene da Dio e al suo disegno di salvezza.
 
Papa Francesco, come gli altri papi prima di lui, non asseconda i desiderata umani e rilegge per il popolo di Dio il deposito della fede, mostrandone i nuovi aspetti che, in questi tempi complicati e incerti, suscitano in alcuni la reazione istintiva di fermarsi, provocano il rifiuto, il voltare le spalle e andarsene. Lo sdegno di chi si scaglia contro il Pontefice e il dissenso che scivola nell'aperta ostilità e nel dileggio raccontano la convinzione di chi credeva di possedere una verità trionfante, dalla forte caratterizzazione ideologica e oppressiva e si ritrova con una dottrina disarmata, paradossale, troppo faticosa da digerire e diversa dalle proprie aspettative.
 
La colpa di Papa Francesco è di aver ecceduto nella misericordia, di aver pronunciato una parola che accoglie e aver allungato una mano che incoraggia. Il magistero del Pontefice è graniticamente coerente con il Vangelo che chiama tutti alla conversione, un Vangelo che nelle mani di alcuni diviene un bastone agitato nel nome della verità, riduce la legge dell'amore a un giudizio preventivo, alimenta la presunzione di essere salvi, di avere il Regno di Dio in tasca, anziché aiutare a prendere coscienza del proprio limite.

 

Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa a firma dei Consiglieri Comunali Quattrini, Di Palma, Di Raimo, Uscimenti.

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Il Presidente del Consiglio comunale di Sezze Pietro Del Duca, per la seconda volta nella storia politica del comune Lepino, si è trovato costretto ad annullare il Consiglio Comunale riservato al Question Time per assenza di interrogazioni da parte dei consiglieri comunali. La domanda sorge spontanea:" Quali motivazioni spingono i consiglieri di minoranza a non presentare interrogazioni rinunciando al principale strumento messo loro a disposizione per discutere le problematiche del paese, come il Question Time?"  I consiglieri Orlando Quattrini e Serafino Di Palma di Fratelli d'Italia, Armando Uscimenti e Sergio Di Raimo per il PD, spiegano a chiare note che quella che stanno portando avanti è una protesta che mira a far rispettare l'articolo 43 del regolamento del Consiglio Comunale, il quale stabilisce che in sede di Question Time, le interrogazioni ( istanze/ voce dei cittadini, presentate cinque giorni prima della convocazione della stessa) ricevano risposta diretta da parte del Sindaco o Assessori delegati , diritto che nel Question Time di novembre è non è stato rispettato, ed è stata negata la democratica discussione su problematiche importanti, spesso bisognose di celeri interventi. Interrogazioni quelle di Novembre, definite poco rilevanti sotto il profilo politico e rimandate a risposta scritta verso gli uffici, dallo stesso Presidente del Consiglio Pietro Del Duca. Premesso che Il Presidente del Consiglio dovrebbe garantire la discussione di ogni istanza presentata dai rappresentanti eletti dal popolo senza selezione alcuna, va ricordato che le interrogazioni in questione, trattavano, o per meglio dire avrebbero trattato, tematiche importanti come, sicurezza, scuola, servizi sociali, atti amministrativi. Va inoltre sottolineato, affinché vi sia una maggiore chiarezza, che le stesse, seppur rimandate a risposta scritta, non hanno comunque trovato risposte, consumandosi di fatto, un azione di bavaglio alla voce dei cittadini, alla democrazia stessa. Era doveroso spiegare ai cittadini le ragioni che ci portatno ad agire in questo modo, perché crediamo che le problematiche dei cittadini debbano essere tutte ascoltate e non selezionate a piacere come accaduto. La politica ha il dovere di ascoltare e dare risposte, se ciò non accade gli amministratori dovrebbero solamente percorrere una strada, quella delle dimissioni. Così concludono i Consiglieri Comunali Quattrini, Di Palma, Di Raimo, Uscimenti.

 

 

"In occasione della Giornata nazionale del Dialetto anche l’amministrazione comunale di Sezze scende in campo per difendere la tradizione e diffonderla a tutte le generazioni. Il dialetto è un patrimonio inestimabile di tutta la comunità e il Comune di Sezze pone una grande attenzione sul tema.
Grande soddisfazione da parte dell’assessore alla cultura e vicesindaco Michela Capuccilli: “Sono iniziative fondamentali per tramandare la nostra storia e farla conoscere tutte le nuove generazioni. Siamo orgogliosi del nostro dialetto e vogliamo farlo conoscere a quante più persone possibile. Gli incontri di questa settimana dimostrano l’attenzione dell’amministrazione comunale a un tema delicato come quello delle nostre origini e dell’appartenenza al territorio”.
A tal proposito, saranno due gli eventi in programma durante la settimana. Si comincia mercoledì 17 gennaio, quando a partire dalle 17:45, al Museo Archeologico Comunale, si terrà l’incontro “Dialetto Setino retrospettive e prospettive”, dove interverranno i professori Luigi Zaccheo e Fausto Orsini insieme all’avvocato Cesare Castaldi. 
L’iniziativa è organizzata allo scopo di valorizzare il dialetto setino e tramandarlo come legame tra passato presente e futuro. Nel corso dell’evento verranno letti brani, dialoghi e contribuiti a cura di Isabella Baratta, Arianna Bernasconi, Annamaria Bovieri e Franco Abbenda.
Il secondo evento, invece, è in programma sabato 20 gennaio alle ore 16. Si tratta di due tavole rotonde promosse e organizzate dall’amministrazione comunale, che si terranno rispettivamente presso il Centro Sociale di Sezze e quello di Sezze scalo.
Sarà un’occasione per far incontrare diverse generazioni che potranno confrontarsi allo scopo di tramandare il nostro dialetto setino ai più giovani. Uno scambio intergenerazionale dove sono invitati tutti i cittadini più giovani e meno giovani, oltre a chiunque abbia il piacere di condividere il proprio interesse per il dialetto setino in questo dialogo aperto. A coordinare i due incontri ci saranno due associazioni setine che ormai da tempo si occupano tra l’altro di teatro dialettale e che ringrazio per la loro disponibilità, l’associazione Nemeo e l’associazione Arcadia."

 

 

 

Con Determinazione n. 13 del 12.01.2024 Lazio Crea ha approvato l’elenco degli assegnatari dei contributi per la Valorizzazione della Regione Lazio, il bando dedicato alle associazioni della Regione Lazio, mirava a contribuire a tutte le attività culturali che valorizzassero le tradizioni regionali nel periodo dal 1° giugno 2023 al 31 dicembre 2023, e che con soddisfazione di tutti gli addetti ai lavori ha visto il finanziamento della Pro Loco di Bassiano per € 20.000,00. Con soddisfazione prendiamo atto del finanziamento del Progetto “Senza Confini, Bassiano nel Lazio: collage territoriale di cultura e tradizioni” - esordisce la Presidente Anna Botta - , grazie alla collaborazione e alle competenze dei soci dell’Associazione, con i quali abbiamo realizzato eventi che hanno permesso di far risaltare le bellezze materiali e immateriali di Bassiano. La cosa che più mi rende contenta è il fatto che questa assegnazione testimonia lo spessore e l’importanza del lavoro svolto dall’Associazione durante l’intero arco dell’anno con  eventi, conferenze, incontri, mercatini manifestazioni e concerti, attraverso cui i visitatori del nostro Borgo, una volta raggiunto, hanno avuto la possibilità di rimanere affascinati dalla storicità e dal contorno naturalistico che lo contraddistingue. MI auguro che questo risultato sia da stimolo per tutti i nostri soci e sostenitori e per tutta la comunità affinché anche per l’anno in corso ci sostengano con entusiasmo nelle iniziative che abbiamo in progetto che ci permetteranno di consolidare e superare i traguardi fin qui raggiunti promuovendo  la bellezze di Bassiano e le tradizioni della sua gente.”

 

 

Il presidente del consiglio comunale di Sezze, Dott. Pietro Del Duca, ha revocato il question time previsto per venerdì 19 gennaio “ in quanto non sono pervenute al protocollo all’Ente interrogazioni da parte dei consiglieri comunali di opposizione”.  E’ la seconda volta nel giro di poco mesi che una seduta di question time viene annullata per il medesimo motivo. C’è da parte dei consiglieri comunali di opposizione quello strascico alla polemica contro il presidente del consiglio comunale perché in passato  - secondo le minoranze - non sono state date risposte alle interrogazioni presentate? C’è la polemica nata sulla mancata trasparenza degli atti e della documentazione richiesta? Probabilmente sì, stando ai silenzi da parte di qualcuno che siede all’opposizione mentre chi, sempre in silenzio, sembra essere già passato in maggioranza.

 

Questa raccolta di poesie dialettali, nata da trastullo poetico , è ispirata tuttavia alla poesia di un noto poeta dialettale romanesco , di fama nazionale ed internazionale : Gioacchino Belli.  Questo grande poeta romano, dissacrato e rifiutato da molte persone di fede cristiana, dovrebbe in realtà essere riabilitato assolutamente da tutti non fosse altro perché, tra i suoi 2279 sonetti, ne ha composto ben 73 di puro argomento biblico. In questi, come peraltro in tutti i suoi sonetti, appare che questo poeta dimostra una minuziosa conoscenza biblica e degli usi e costumi religiosi cristiani.

Le poesie dialettali in sezzese, da me composte perlopiù durante l’anno giubilare del 2000, sono state riviste e corrette nel corso del dicembre 2001 e rivisitate nel 2008 e in quest’ultimo periodo di tempo che và dal novembre 2023 al gennaio 2024 , in verità non sono la semplice traduzione delle poesie religiose del Belli trasportate dal dialetto romanesco a quello sezzese. Infatti queste poesie sono state ricomposte con  una struttura peculiare setina : la rima e l’assonanza di termini sono state tutte rimodellate in dialetto setino.

Oltre a questo aspetto linguistico le poesie sezzesi risentono molto della cultura setina religiosa di un passato non molto remoto , offrendo al lettore spunti di riflessione su usi e costumi locali tramite anche la funzione esplicativa di alcune puntuali note di commento che mano a mano porrò in calce ad  ogni poesia.

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I vuinchicingo di nuvémbro

 

Fra otto dì , a Santa Catarina

le case ricche mettono le stòle pi'lle scale

da gli létto si levua la cupèrta fina

s'appicciano i fucugni drént' a lle sale.

I témpo che ffarà quélla dumano

Nnatalo lu téta fà talo i qualo.

I lunario, buciardéglio, chi ripòrta ?

La bbrina?

I la bbrina vidarai puro a Nnatalo !

I cuménzono ggià i sunaturi

a ccalà dalle muntagne allo piano

'mbuttichi cu quigli mantégli rattuppachi.

Chi bbelle canzuncine ! Chi bbelle nènie !

 

Pinzate cha i pasturi di Bèttalèmme

li cantòrno spiccicate, tali i quagli

dinanzi a gli prasèpio di Ggiasù Bambino

'n zéme a gli'angiulicchi cu' lli agli.

 

Carlo Luigi ABBENDA

 

 

I' primo di dicémbro

 

 Finito è oramai i méso di nuvémbro

stanotte la Madonna aropre dicémbro!

pinsate ca fra quinici iurnate , bèno o malo

cuménza n’chiesa

la nuvèna di Natalo!

 

dapò, sintéte na cica, che succede:

finiscono di sunà i pifferai

e teccote le cummedie e gli carnovalo.

accusì si va nnanze a stu paéso!

 

I dapò quaresima...i dapò Pasqua

cu’ gli ovuo:

i a malapena finisce i ’uttavario

aricumincia la cummèdia, i scinario nouo!

 

Chiappa, n’zomma, i librétto

di gli lunario

i t’accurgi c’a tutto i’anno

tocca méso a Pulicinèlla e méso A Ddio,

senza divario!

 

 Carlo Luigi ABBENDA

 

I otto di dicembro

 

   Solo pi oi , Minicuccio méio,

nun sfutticchiamo;

nun sfutticchiamo , no,

facémo orazzione.

  Nun sai oi che festa celebramo?

la Santa e  Immacolata  Cuncezione.

Tèta pinzà che quando padro Adamo

nun séppe vénce la tintazzione

i si magnaue la mela di quiglio ramo

n’paradiso si sprangaue i’ purtono.

 

Da quel dì madre natura

rimase sempre sotto la cundanna

i n’arisciue pura i santa manco mèsa criatura.

 

Tra tutte li uniugni che Ddio manna

n’ci stètte mai  nu matrimognio casto i puro

si non quiglio di San Giuacchino  i di Sant’Anna.

 

Carlo Luigi ABBENDA

 

 

Santa Lucia (tricidi di dicémbro)

 

ôi è Santa Lucia, ôcchi i cannéle!

Urbi et Orbi fào granne alligria.

Le fémmene chi si chiamano Lucia

ôi si magniano zucchero i  mmièle!

  dóppo musudì sor Caio offre a tucchi ‘nu pranzo

pi ddivuzzione a ‘sta santa

cu ppasta , vuino i carne di manzo ;

pi fistiggià la guariggione séia ,

pi rimettise dall’ittirizzia ,

da ‘na mmalatia di gli occhi , sèria sèria.

 

Pare che Ddio quattr’occhi ci abbia fatto

a ‘sta santa avucata di gli guèrci :

doua i porta ‘n fronte i doua a gli piatto.

 

Ma pirchémmai, dàpÓ , ni venne

i doua occhi chi ci avanzino a gli piatto

i chi stò pittachi a gli ritratto?

 Teneta sapé : 4 Lucie pi 4 Cantugni,

ogni tridici di dicémbro su prucissiugni.

  

Carlo Luigi ABBENDA

 

 

La nuvena di Natalo

 

Eh , è propéta vero

a siconda ‘gli guschi, Filumèna !

si fao vuénì i ciechi zampugnari a cantà nuvèna !

Mariuccia i Maddalena

chiamino sempre i carciuffulari

cu gli mucchi ciechi i amari.

Ti dirò ch’a ‘mmì nun mi pare nuvena

si nun sento di gli pifferai  ‘sta cantilena

i ppuro cÓstono assai:

tutta ‘sta musica i tutta ‘sta canzone

cÓsta accomme a ‘na pirdiscione! 

Quando arriva la dì di Santa Catarina

( cioè i 25 di nuvémbro)

che s’arisènte ‘sta manfrina

io arinasco quasci a gli munno

i mi pare d’èsse di’lla terra la riggina.  

Pinzate ‘mpò:

ci stao cèrchi povueri scemi

che i pasturi di notte nu ' volo.

Puvueracci loro!  

Io  ‘nvece, a gli létto mi giro i m’arivuòto

i tra la vueglia i gli sonno mi i gòdo!

 

Carlo Luigi ABBENDA


 

La viggilia di Natalo

 

Lillò, la viggilia di Natalo

micchite di guardia a gli purtono

di cache munsignoro o cardinalo

i vidarai intrà ‘sta purdiscione.

 

Mò entra ‘na cassetta di turrono,

mò entra ‘nu barilozzo di cavialo,

mò i porco, mò i pullastro, mò i cappÓno,

i mmò ‘nu fiasco di vuino ginuino i bbÓno.

 

Doppo ‘mpò entra i gallinaccio,

apprésso i’abbacchio,

le livue duci , i péscio di Fugliano,

l’oglio di livua, i tonno i l’anguilla di Cumacchio.

 

‘Nzomma fino a nnotte , magni mano,

tu t’accurgiarai, Lillotto caro,

quant’è ddivuòto i popolo cristiano.

 

Carlo Luigi ABBENDA

 

La fine di gli anno

 

Oi sémo alle trentuna di dicémbro

i ha finito i anno, caro Mattèo,

i  a ogni chiesia tutto i popolo cristiano

pi renne grazzie a Ddio canta i Tadèo.

 

Addumano, dapò, si Cristo ci dà vuita ,

alla stessa cchiesia cu ‘gli prèto

s’intòna n’atra antifona gradita

a  Sa’ Spirto Paraclèto.

 

Ma a cché seruono doppo tutte ‘ste funziugni:

i ogn’anno nòvuo porta cu’ ssé

tanchi atri trugni!

 

Addifacchi , putete puro cantà voi

che ggià Ddio Santo tè , ‘n paradiso,

atre cose da penzà piuttÓsto che ssentì a vvoi!

 

Carlo Luigi ABBENDA

 

 

La sculatura di gli 2001

 

Oi , trentuna di dicembro, c’ha ffinita

st’annata negra di BinLadeno,

la cumpagnia fratesca ggiasuita

pi renne grazzie a Ddio canta i Tadèo !

 

Addumano, dapò, si Cristo ci dà vuita ,

a gli stesso cunvènto farisèo

s’intòna n’atra antifona gradita

a  Sa’ Spirto Paraclèto.

 

Ma a cché seruÓno dÓppo tutte ‘ste funziugni:

i distino, arammai, pare già diciso!

ca ogni anno nòvuo è peggio di gli vuecchi!

 

Addifacchi  pu cantà ccquanto tu vvuoi

che ggià Ddio Bbiniditto tè ‘n paradiso

atri iacchi da pilà piuttÓsto che ssentì a vvoi!

 

Carlo Luigi ABBENDA

 

 

I bbóno Capo d’anno

 

Bbon capo d’aglio , a llei, sòra Maria!

Accummè! nun s’arisponne ? Le creste vi fanno ?

Eh, oi si téta campà in alligria

senza farese attaccà da niscun malanno.

 

Anzi , i’ stéua a pinzà, senza dice bbucia ,

che facessimo ‘nzéme ‘nu cuntrabbanno:

ca quello che ôi si cumbina , cummare mia

ddapò si seguita a ffà ppi tutto i’anno !

 

Tucchi i guschi tètano èsse missci a coppia

‘sta bella dì; i  pirfino ‘n paradiso

agli sanchi si sèrue piatanza dÓppia.

 

I , lu sai , dapò , pirché i papa ha criato i ggiubbileo?

Pirché Ggiasù Bambino s’a circunciso ,

i Figlio di Ddio s’ha fatto Abbrèo!

 

Carlo Luigi ABBENDA

 

 

 La viggilia di Pasqua BBifania

 

La Bbifana , a gli figli , è nicissario

di farcila addumano , eh , sòra Tòlla ?

‘N giro a ccumprà ci stà tanta fòlla.

A quigli mei ci la faccio tra otto dì, a gli ‘ uttavuario.

 

‘Ste di’ adecco , addÓ m’accòsto accòsto, quiglio mi bÓlla:

alle Piaggie Marine o a gli Piazzalo.

  Accusì , pi Ótto dì ci pènzo i nun faccio malo

i alla fine si sa , chi vuenne cede i ammolla.

 

Pinzate ‘n pò che prezzi: a ‘nu giuchino

oi cétto quanto vulevano? otto scuchi !

I a ‘na pupazza ? ‘Nu béglio zicchino!

 

Mò ognuno che vuò vuenne

cérca di cacciarivu ‘ i ‘occhi.

Ma quando stà pì cchiude i buttechino

i clienchi i cercheno cu gli lanternino:

la mèrce vi la dauo pi ddò bbaiocchi !

 

Carlo Luigi ABBENDA


 

La nuttata di pasqua  Bbifania

 

-         Mà ! Mà !

-         Addurmite!

-         Nun ténco sÓnno!

-         I ffà ‘mpò addurmì chi i tè, dimonio dimoniétto!

-         Mà , mi vuoglio arizzà !

-         Ggiù , ggiù , statte a gli létto !

-         N’ ci arisisto ppiù , mò mi sprufonno.

-         I nun ti vuesto , io mÓ chiamo Nonno !

-         Ancora nun è iorno.  I chi mi su detto :

chi ci mancaua poco ?

I ‘mbè t’aspetto.

  -         Uffa , chi su scucciante ; su scucciante assai !

-         Mà , guarda ‘m pò si s’ha fatto giorno allòco drèto.

-         Durmi ! ch ‘ancora è notte ! Ohia ! ch’ ha succésso ?

-         Oh Ggiassummio ! E’ ‘nu granchio a gli pèdo!

        -         ‘N ‘zomma , statte zitto , mò appiccio i lumino.

-         Finalmente:

Vichi ‘mpò cche m’ha purtato

la Bfifana a la cappa ‘gli cammino !

 

Carlo Luigi ABBENDA

 

 

La dumano di pasqua  Bbifania

 

E’ pramente bbéglio vidène ‘ngiro ‘schi funghecchi,

‘sci mammòcci , ‘schi furbi ciumachégli ,

mméso a ‘na muntagna di giucarégli

zumpéttà accomme a spirichi fullécchi !

 

Arlicchigni  , trumbétte , pulicinégli ,

cavagliucci , ssidiòle , cifalicchi ,

carittigni , ccuccù , schiÓppi i archicchi ,

sciabbule , bbirrittigni i tamburégli...

 

Quisto pòrta la còtta i la suttana ,

quiglio è vvuistito ‘n camicio i ppianéta

i quigli’atro è ufficialo di la Bbifana.

 

I ‘ntanto , o prèto , o chierico , o ufficialo,

le cose dduci cì tireno le déta ;

I mamma striglia che ffinisce a mmalo.

 

Carlo Luigi ABBENDA

 

 

Alle 17 di génnaro

(La Festa di Sant'Antògno Abbato)  

 

Ieri, ch'era festa di Sant'Antògno Abbato

cu' moglima mi ni sò ito

a prisinzià di gli aglimari la bbinidizziòne.

Da Santa Parascevue a Ferro di Cavallo

finèntite alla cchiesia di gli Cappuccigni

è stata la nostra pirdiscione.

I' prèto era quiglio pézzo di dimonio

di' gli figlio Bbuttarazza:

dun Antonio era i prèto chi bbenidicevua

di gli aglimari la razza.

Ritto 'mpéchi,  cu 'mmagni  i' aspersorio

si ni stévua ad aspittà li bbèstie pi ggli mercimonio.

Porci, sumari, pecure i cavagli

s'accalcavuano, stricchi , bardagni

di fiòcchi bbianchi, rusci i ggiagli !

I dun Antonio, pitènne i raccullènne 

di quatrigni 'na tòppa,

ha strigliato a tutta la ciurma :

" Figliogli méi, la Carità divuòta

nun è mmai tròppa ! "

 

 Carlo Luigi ABBENDA

 

Libri dell'autore in vendita

________________________________

"Il Lazio e la Campagna Romana" pubblicato nell'anno 2000. 

Per tutti gli interessati sono ancora disponibili decine di copie in vendita al prezzo di 13,00 €.

Contattare Carlo Luigi ABBENDA:

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Domenica, 14 Gennaio 2024 08:18

Dalla parte delle donne israeliane abusate

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Ci sono silenzi che pesano come macigni, che hanno i tratti raccapriccianti dell’indifferenza e il sapore disgustoso della complicità. Il vuoto delle parole di fronte all’orrore, al male e alle sofferenze inflitte sadicamente, all’annichilimento delle persone nella loro essenza e dignità, la ricerca di un equilibrismo impossibile e senza senso, il non schierarsi dalla parte delle vittime a prescindere da fazioni, simpatie e convinzioni raccontano una logica disumana da respingere senza ambiguità.    
 
Il 7 ottobre 2023, non è stato solo il giorno in cui oltre 1200 cittadini israeliani sono stati massacrati nel più sanguinoso attacco subito nella sua storia dallo stato ebraico e di cui si è reso responsabile il gruppo terroristico di Hamas, ma anche quello in cui centinaia di donne sono state violentate, hanno subito mutilazioni e oltraggi inauditi. Gli stessi stupratori hanno filmato i propri crimini con i telefoni delle vittime e li hanno inviati ai loro contatti. Dunque quanto accaduto non è rimasto nascosto. Tuttavia solo voci isolate si sono alzate nella comunità internazionale per condannare questo crimine di guerra, che la convenzione di Ginevra accosta al genocidio.
 
Il reportage del New York Times, pubblicato qualche settimana fa, ha ricostruito i fatti attraverso le testimonianze di quanti hanno assistito alle brutali aggressioni sessuali e dei sopravvissuti. Il lavoro realizzato è stato accurato, certosino e i giornalisti della testata giornalistica newyorkese, grazie alla documentazione fotografica e ai numerosi video girati dagli stessi carnefici, hanno identificato almeno sette luoghi in cui le donne israeliane sono state oggetto delle violenze dei terroristi di Hamas.
 
Gli elementi raccolti sono terrificanti e le atrocità accertate difficili da ascoltare e ripetere. Numerosi cadaveri, nello specifico quelli di quasi tutte le donne assassinate, mostravano inconfutabili segni di violenza sessuale, torture e brutali mutilazioni, inferte prima e dopo la morte. L’aggressione ha riguardato sia le donne che vivevano nei Kibbutz sia quelle che partecipavano al Rave Party nel deserto, al confine con la Striscia di Gaza. Purtroppo è mancata la raccolta delle prove forensi da parte delle autorità israeliane. Molti corpi sono stati sepolti rapidamente, non sono state eseguite le autopsie e non sono stati prelevati i campioni di sperma a causa dello shock, del caos e della necessità di rispettare le prescrizioni religiose riguardo la sepoltura.
 
Gli ostaggi israeliani, rapiti da Hamas, portati nella Striscia di Gaza e poi liberati, hanno raccontato di essere stati drogati per mantenerli docili e di aver subito abusi psicologici e sessuali durante la prigionia. Gran parte di loro, compresi i bambini, sono stati costretti a guardare le immagini registrate di quanto gli estremisti di Hamas hanno fatto durante l’assalto del 7 ottobre. Ci sono solide evidenze che tali abusi continuino ancora oggi nei confronti di quanti sono ancora prigionieri. Si tratta di terrorismo psicologico contro persone inermi, gli ostaggi innanzitutto ma anche i loro familiari che ne attendono il ritorno.
 
Stabilire esattamente il numero delle vittime degli abusi è impossibile, anche perché molti sopravvissuti ancora si rifiutano di parlarne. Dal 7 ottobre sono molti i tentativi di suicidio, particolarmente tra le donne, a causa degli orrori, insopportabili per la mente umana, di cui sono state oggetto o cui hanno assistito. Maggiormente a rischio suicidio sono le donne sopravvissute che si trovavano al Rave Party: per loro è più difficile affrontarne le conseguenze rispetto a quelle dei kibbutz, perché queste ultime hanno vicino una comunità e possono contare su un sostegno collettivo.
 
Le conseguenze emotive e sociali di queste violenze hanno segnato e continueranno a segnare indelebilmente e a lungo le vittime e tutto il popolo israeliano. Non sarà facile elaborarle, metabolizzarle e superarle.
 
Il 7 ottobre la violenza sessuale è stata usata come arma di guerra, per infondere un terrore psicologico molto forte nella popolazione israeliana, si sono deumanizzate le vittime come mai era accaduto in questo conflitto storico che insanguina quell’area del Medioriente. In passato ci siano stati stupri, ma non è mai accaduto con queste modalità di massa e premeditate, con violenze di gruppo e crudeltà inammissibili, con mutilazioni genitali e colpi di arma da fuoco nelle parti intime e sul seno. L’obiettivo di Hamas era trasmettere un messaggio simbolico: non solo uccidere le vittime, ma anche impedire in futuro la possibilità che potessero esserci nuove generazioni di israeliani. È l’idea di genocidio, della cancellazione totale di un intero popolo.
 
A sconcertare è l’assordante silenzio di tanti, troppi, di fronte a quanto subito dalle donne israeliane. A violenza si è sommata violenza. È incredibile come le coscienze individuali e collettive non si siano sentite investite dall’obbligo morale di rispondere con determinazione, di esprimere la più ferma condanna per tali atti terroristici, manifestando piena e concreta solidarietà nei confronti delle vittime e denunciando con forza il fatto che il ricorso allo stupro, come arma di guerra, rappresenta un crimine contro l’umanità. Sarebbe scandaloso affermare di essere a favore dei diritti, della giustizia e della libertà e poi chiudere gli occhi e il cuore alle vittime della violenza di Hamas, magari trincerandosi dietro meticolose ricostruzioni storiche e geopolitiche e precise analisi delle responsabilità delle parti in conflitto, del governo israeliano e dei rappresentanti del popolo palestinese.
 
La durezza dell’azione militare condotta da Israele nella Striscia di Gaza, che per snidare e distruggere Hamas sta radendo al suolo un territorio già poverissimo e mietendo migliaia di vittime innocenti, in gran parte bambini, che stanno pagando il prezzo della follia estremista che nulla a che vedere con le legittime e sacrosante rivendicazioni del popolo palestinese, non può assolutamente giustificare la mancata condanna di quanto compiuto dai terroristi di Hamas, i quali hanno agito alla stessa maniera dell’Isis, di Boko Haram e delle altre organizzazioni fondamentaliste islamiche, colpendo e oltraggiando il corpo delle donne e di conseguenza i valori fondanti della civiltà umana.
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