Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalita' illustrate nella cookie policy. Chiudendo questo banner o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie, per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

Sabato, 12 Luglio 2025 16:34

La moralità disturba

 

 

“Mi piace definirmi moralista. Questa parola è sgradita, è...
Sabato, 05 Luglio 2025 22:20

 

 

Scrivere di carcere non è popolare, soprattutto in questo nostro tempo in cui prevalgono i populismi, in cui lo slogan "sbatterli dentro e buttare la chiave" è piuttosto popolare a dispetto del senso di umanità e della nostra Costituzione. Illuminante per comprendere il livello di disumanità in cui sono costretti a vivere i detenuti, esseri umani come noi, è questa pagina del diario dal carcere di Gianni Alemanno, storico esponente della destra, che sta scontando la sua pena a Rebibbia, da cui mi divide tutto culturalmente e politicamente ad eccezione della battaglia di civiltà per il rispetto dei diritti personali all’interno degli Istituti di Pena.
Un brano lungo, ma da leggere fino in fondo.
 
"180° giorno di carcere. Se uno studente volesse sperimentare in modo evidente il significato del concetto fisico di “gradiente termico” dovrebbe venire qui a Rebibbia e spostarsi dal piano terra fino al secondo e ultimo piano.
 
Al piano terra, grazie all’umidità che viene dal suolo, il caldo estivo è ancora sopportabile, ma salendo per le scale che portano al secondo piano, la temperatura aumenta progressivamente di almeno un paio di gradi per ognuna delle quattro rampe che compongono queste scale. Per cui, quando si arriva in cima, ci sono quasi dieci gradi di temperatura in più. Se poi, come il sottoscritto, si abita nell’ultima cella del corridoio, quella esposta al sole non solo sul soffitto ma anche su due lati, “l’effetto forno” è una realtà.
 
Il carcere di Rebibbia è stato costruito negli anni Settanta, quando tutte le strutture erano in cemento armato privo di coibentazione e quindi perfette per trasmettere il freddo durante l’inverno e il caldo durante l’estate. Ma d’inverno ti metti due coperte, d’estate cosa fai? Assenti, ovviamente, impianti di condizionamento nelle celle e nei corridoi, i detenuti girano in versione spiaggia (per non dire altro), si buttano in branda come se fossero su un lettino da spiaggia (per non fare altri paragoni), si inventano miserevoli trucchi per contrastare qualche grado di temperatura.
 
Luciano, il nostro anziano di cella, esperto muratore e capo mastro, ha elaborato un complicato sistema di vasi comunicanti per distribuire l’acqua corrente per rinfrescare bottiglie d’acqua e un poco l’ambiente. Poi ci sono i ventilatori, quelli antichi da tavolo, non più di due a cella, che – se hai i soldi sul conto corrente – puoi comprare dall’amministrazione. Noi ne abbiamo anche uno solo, perché quello che ho comprato io non mi viene consegnato da quindici giorni, visto che l’amministrazione, troppo impegnata a organizzare pletorici eventi sportivi e d’intrattenimento dentro il carcere (molto utili a fare bella figura nei Tg, di scarso interesse per le persone detenute), non riesce a dare impulso neanche alle più semplici pratiche burocratiche, come comprare qualche ventilatore o qualche medicina, né riesce a nominare il caporeparto che nel nostro Braccio manca da qualche settimana (da quando se n’è andata la grandissima Cinzia), così come avviene anche nel problematico Braccio G11.
 
Questo caldo rovente, che ci porteremo addosso per i prossimi mesi, si aggiunge alla vergogna del sovraffollamento. Ma la politica dorme (con l’aria condizionata) e non si accorge che già a giugno siamo arrivati a cinque proteste carcerarie in giro per l’Italia, errore clamoroso (oggi anche reato, dopo il decreto sicurezza) da parte dei detenuti, follia da cervelli surriscaldati e da persone accatastate una sull’altra.
 
Come ho detto più volte, qui al braccio G8 di Rebibbia siamo ai “Parioli” delle carceri laziali, ma anche qui, senza un caporeparto, avvengono cose che non dovrebbero avvenire. Come una persona malata di scabbia che viene messa dentro il nostro reparto per svariati giorni, come una persona “normale” che viene alloggiata nel reparto dei transessuali, come una persona detenuta lasciata dormire una notte in infermeria. Perché non sanno più dove metterli questi detenuti, il cui numero cresce di centinaia ogni mese che passa.
 
Perché i Tribunali di sorveglianza, soprattutto quello di Roma, non hanno personale (né elasticità mentale) e non riescono a mandare alle pene alternative neppure le persone che hanno tutti i requisiti per ottenere questi benefici previsti dalla legge.
 
Nel mio reparto c’è Mario, arrestato a 81 anni per una condanna definitiva per reati finanziari di quindici anni prima, che, dopo un mese e mezzo di carcere, finalmente cinque giorni fa si è visto riconoscere dal Tribunale di sorveglianza il diritto ad andare agli arresti domiciliari. Ma, passati cinque giorni, Mario sta ancora qui! Con le sue gambe piene di piaghe e di croste (non so per quale malattia) in bella vista sotto i calzoncini che pure lui deve indossare per sopportare il caldo. Sta ancora qui e nessuno sa il perché!
 
Ma la politica dorme (con l’aria condizionata), aspettando che il commissario preposto costruisca magicamente le nuove carceri che dovrebbero ospitare le 14mila persone che sono detenute in più rispetto a quelle che per regolamento i nostri istituti penitenziari potrebbero ospitare. L’ultima notizia è che saranno acquistate con 32 milioni di euro delle strutture prefabbricate che, una volta installate, dovrebbero ospitare 384 detenuti in più, per un costo di 83mila euro per ogni detenuto! Considerati i mesi necessari per l’installazione, questi prefabbricati non riusciranno neanche a ospitare le nuove persone che nel frattempo saranno state portate in carcere.
 
Ma la politica dorme (con l’aria condizionata) e si dimentica delle carceri sovraffollate e surriscaldate, aspettando indifferentemente che la Corte europea dei Diritti dell’Uomo sanzioni l’Italia per trattamento inumano e tortura delle persone detenute. Nel 2024, 71 persone detenute si sono tolte la vita, nei primi sei mesi del 2025, siamo già a 38, un suicidio ogni cinque giorni, numeri che gridano vendetta, ma che non fanno rumore, perché chi muore in carcere, spesso, muore due volte, nella cella e nell’indifferenza collettiva.
 
Ma la politica se non dorme, fa la faccia feroce “legge e ordine” che dice ai cittadini “puniamo i criminali”, peccato che in questo modo puniscano anche gli agenti di Polizia penitenziaria, seconde vittime del caldo e del sovraffollamento, che girano nell’aria rovente dei reparti, senza neppure potersi togliere di dosso la divisa mimetica.
 
Certo, fino a ieri a distogliere l’attenzione c’era una nuova guerra che poteva dilagare dall’Iran a tutto il Mediterraneo, ma da qualche giorno i telegiornali parlano solo del caldo che si sta abbattendo su cittadini e turisti.
 
Sui detenuti, no? Problema rimosso, anche giornalisticamente?
 
Qualcuno mi dirà: ma anche tu dormivi quando eri ministro, o sindaco, o deputato. No, miei cari, io ci perdevo il sonno, facevo riunioni alle tre di notte (chiedere ai poveri poliziotti che mi facevano da scorta), magari non riuscivo a risolvere tutti i problemi, magari non riuscivo a controllare tutto quello che accadeva dietro le mie spalle, ma avevo l’ossessione continua delle persone a cui dovevo dare delle risposte. Perché quando si fa politica, e soprattutto si prendono impegni istituzionali, non si può volgere la testa dall’altra parte, non si può chiudere gli occhi perché non conviene vedere. Perché questo non è solo uno sbaglio, è una vergogna" (Gianni Alemanno).
 
Sabato, 28 Giugno 2025 16:10

 

 

Guardando al PD locale, setino e provinciale, emergono con nettezza le enormi difficoltà in cui il partito si dibatte, conseguenza dello sfibramento del suo tessuto costitutivo, delle lacerazioni intervenute all’interno della sua classe dirigente e dell’allontanamento di tanti militanti ed esponenti di primo piano, sia storici sia di più recente acquisizione, e soprattutto di quote crescenti di elettorato. Siamo in presenza di una crisi di identità e di partecipazione di un partito che è stato trasformato in un comitato elettorale da attivare alla bisogna e all’ascolto dei cittadini e alla elaborazione della linea politica è stata sostituita una dialettica finalizzata unicamente al posizionamento interno di persone, gruppi e correnti.

La trasformazione della politica, il venir meno dei grandi riferimenti ideologici e culturali, considerati alla stregua di vecchi arnesi inservibili e non più adatti ai nuovi tempi, hanno finito per favorire l’affermazione di un pragmatismo privo di ispirazione ideale e dell’aspirazione a trasformare la realtà, mediante la guida e il governo dei fenomeni sociali ed economici, abdicando al proprio ruolo e in particolare all’essenziale funzione democratica di rappresentanza degli interessi generali. Si tratta di fenomeni complessi ed ampi che hanno prodotto effetti deleteri.

La debolezza del Partito Democratico ha caratteri preoccupanti particolarmente nel nostro territorio, dove alle criticità innanzi evidenziate si è sommata l’incapacità di costruire e di proporre all’elettorato piattaforme politico-programmatiche coinvolgenti e in grado di costituire una valida alternativa alle destre al comando.

In generale nulla è irreversibile ed inevitabile e tale principio vale anche per la politica. Se è indiscutibile che le destre sono profondamente radicate nel nostro territorio, non è vero che esse sono una parte costitutiva del nostro DNA e rappresentano il nostro inevitabile destino. L’insediamento storico, la pervasività e la capillarità nell’occupazione dei gangli del potere giustificano solo parzialmente l’inscalfibilità di un determinato assetto politico, la cui solidità elettorale dipende anche e soprattutto dalla fragilità e inadeguatezza di un progetto politico alternativo e dalla scarsa credibilità della classe dirigente che lo interpreta.

Non si tratta di dare un giudizio negativo sommario e generalizzato, certamente sbagliato e ingeneroso verso le tante esperienze, competenze e capacità messe in campo dal PD e dal centrosinistra, sia nel passato che nel presente, ma di riconoscere che queste costituiscono troppo spesso delle eccezioni rispetto al livellamento generale in basso cui abbiamo assistito soprattutto negli ultimi anni.

Purtroppo a ciò si aggiunge che alla crescita esponenziale delle ambizioni personali di leader o presunti tali, finalizzate esclusivamente alla ricerca di un appagamento del proprio ego narcisistico, alla personalizzazione esasperata e alla rincorsa ad occupare posizioni e ruoli, ha fatto e fa da contraltare l’assenza di una adeguata proposta politica, un nanismo nella visione del futuro delle nostre comunità in termini di sviluppo e di miglioramento sociale, culturale ed economico e una non attenzione verso le fasce popolari più fragili e svantaggiate. Il prevalere dell’io nella narrazione ha finito per escludere il noi e ha prodotto e produce l’asfitticità dei consensi e l’astensionismo.

Il PD sul nostro territorio, così operando, ha dismesso di fatto ogni ambizione di governo, ha scelto di ritagliarsi un ridotto confortevole, una nicchia in cui prevalgono gli abili manovratori dei pacchetti delle tessere e delle sempre più diminuite preferenze personali, si è trasformato in un club esclusivo ed escludente di notabili, i quali si accontentano di gestire il poco che controllano, chiusi nel loro fortino autoreferenziale e incuranti di quel che accade fuori, dediti alla contabilità delle poltrone interne, al posizionamento dei propri fedelissimi nei posti giusti degli organigrammi, anziché spendere le proprie energie per costruire un partito popolare, aperto e partecipato.

Sconcerta l’indifferenza e in taluni casi il compiacimento di taluni esponenti del partito di fronte all’abbandono o al disimpegno di quanti in passato hanno dato un contributo importante in termini di idee e consensi a causa della mancanza al suo interno di spazi adeguati di agibilità politica. Si sa, le voci critiche, l’autonomia di giudizio e l’indisponibilità al servilismo sono un fastidioso inciampo per quanti coltivano unicamente il perseguimento dei propri obiettivi, personali o di consorteria.

Ancor più sconcertante però è la convinzione di cacicchi, capibastone e signori delle tessere che i cittadini siano ingenui o comunque sprovveduti al punto da non cogliere il senso di talune operazioni, di non accorgersi che dietro la facciata della convergenza unitaria si nascondono accordi spartitori, per cui alle rivendicazioni di ciascuno si risponde con il bilancino delle poltrone, applicando quello che un tempo era il manuale Cencelli, mai passato di moda. Conta accaparrarsi un ruolo da presidente, segretario, o responsabile di qualcosa e poco importa se ci si è ridotti a quattro amici al bar con la passione per la briscola.

Si dovrebbe fare politica per affermare un’idea e un progetto, per ricercare la convergenza e il consenso della maggioranza dei cittadini. Non basta solo partecipare alle elezioni. La vocazione minoritaria è inutile e sbagliata. Si corre per vincere e per questo servono squadre competitive, non accontentandosi di qualche scranno nelle assemblee elettive per le solite cariatidi immarcescibili.

E allora che fare? Non esistono ricette miracolistiche, bacchette magiche e tantomeno basta la generosità della segretaria nazionale, Elly Schlein la quale, da quando è stata eletta contro ogni previsione, ha cercato di rimettere al centro dell’azione politica del PD il lavoro, la sanità e i diritti delle persone. Occorre lavorare ventre a terra per costruire un partito radicato sul territorio, inclusivo delle diversità, capace di dare voce e rappresentanza alle domande di quanti non hanno voce, fatto di militanti veri e non di effimeri pacchetti di tessere.

Al PD serve una rivoluzione democratica, senza tagli di teste, rottamazioni, esclusioni ed espulsioni e una progettualità vincente. Serve qualcosa di più di un cambio di passo, serve che torni alla politica, quella bella, e non c’è più tempo da perdere.

 

Calendario

« Luglio 2025 »
Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
  1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11 12 13
14 15 16 17 18 19 20
21 22 23 24 25 26 27
28 29 30 31