Il 2 giugno 1946 gli italiani andarono alle urne e scelsero la Repubblica, con un voto libero e democratico sancirono i confini della nuova Patria e li consacrarono nella Carta Costituzionale.
L’Assemblea Costituente volle che la Repubblica, nata dalla Resistenza, dalla lotta partigiana acerrima e sanguinosa contro la barbarie del nazifascismo, fosse terra d’asilo per tutti coloro ai quali fosse impedito l’esercizio dei diritti e delle libertà democratiche e consentì limitazioni alla sovranità necessarie alla costruzione di un ordinamento internazionale avente l’obiettivo di regolare le relazioni tra le nazioni all’insegna della pace, della giustizia e della pari dignità. L’esperienza dei due conflitti mondiali e dei regimi autoritari e liberticidi avevano infatti dimostrato che i nazionalismi, la volontà di sopraffazione e di dominio, la logica della divisione e dell’esclusione rappresentano una drammatica sciagura per l’intera umanità. Pertanto ogni lembo di terra deve essere considerato rifugio e patria per ogni essere umano senza distinzioni e differenze.
I confini disegnati dalla nostra Carta Costituzionale non sono territoriali, non si tratta di barriere di filo spinato, di limiti fisici invalicabili ed escludenti ma della definizione di un perimetro di ideali e di valori, all’interno del quale nessuno è considerato straniero o è rifiutato e scartato.
Democrazia, libertà, diritti, uguaglianza, lavoro, solidarietà e pace sono non enunciazioni astratte e tantomeno rappresentano semplicemente un punto di partenza paritario per tutti, ma sono un obiettivo da perseguire anche e soprattutto al traguardo. A tal fine non sono stati costruiti muri, recinti, ridotti riservati a pochi, ma è stato disegnato un assetto istituzionale che prevede limiti rigorosi e netti allo strapotere terribile dello Stato, un sistema di controlli, contrappesi e bilanciamenti, strettamente connesso alla volontà popolare che si esprime nel massimo organo della rappresentanza democratica, il Parlamento, a cui è affidato il compito di dare voce capillarmente alle istanze territoriali e sociali in cui si articola il corpo vivo della Repubblica.
L’esercizio della sovranità popolare possiede limiti precisi e si esplica ed esplicita unicamente secondo le forme e nei modi stabiliti dalla Carta Costituzionale, nel rispetto dei superiori principi dell’ordinamento interno e sovrannazionale, sottraendola alle contingenti maggioranze politiche, le quali possono sempre infettarsi ed ammalarsi di assolutismo e despotismo.
I confini della democrazia sostanziale, i diritti riconosciuti e garantiti dalla prima parte della Costituzione, sono presidiati dall’architettura procedurale della seconda parte, dal ricorso ad una serie di strumenti in essa previsti, posti a garanzia e tutela soprattutto dei più vulnerabili, dei più poveri, delle minoranze, di quanti sono senza voce e sono privi di rappresentanza.
Molti dei principi enunciati solennemente nella Costituzione della Repubblica sono purtroppo rimasti in tutto o in parte solo sulla carta, oppure hanno subito nel tempo una involuzione e uno stravolgimento a dir poco preoccupante. Alcuni esempi possono risultare illuminanti. L’articolo 36 Cost. al primo comma recita: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Il successivo articolo 37 Cost. sancisce: “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”. Tali capisaldi della giustizia sociale e della parità di genere non solo non hanno mai trovato piena attuazione, ma soprattutto mai nella storia repubblicana sono stati elusi e disattesi con tanta frequenza e sistematicità come sta accadendo in questi ultimi anni.
Il cammino per arrivare alla piena attuazione del disegno democratico sotteso alla Carta Costituzionale nei diversi ambiti è ancora lungo e irto di difficoltà.
Sia pure con tutti i limiti, non del dettato costituzionale ma di quanti in tutti questi anni, nello svolgimento dei compiti istituzionali e di governo affidati loro dai cittadini, non hanno saputo o non hanno voluto dare piena attuazione ai principi in essa contenuti attraverso la legislazione ordinaria e l’esercizio delle concrete funzioni di governo, sia a livello nazionale sia sui territori, è proprio la Costituzione della Repubblica a fare dell’Italia un paese libero e democratico.
E questo siamo chiamati a festeggiare, mentre intorno a noi si consumano guerre vicine e lontane, piccole e grandi, visibili e nascoste, si affermano regimi autoritari, monta l’onda dei nazionalismi e dei populismi e si radicalizzano le posizioni di alcune forze politiche, le quali mirano a portare a termine riforme che rischiano di stravolgere gli equilibri costituzionali e di mettere in discussione la Repubblica intesa come corpo civile, sociale ed economico.
La Repubblica siamo noi tutti cittadini, comunità di popolo, realizzazione storica assai più inclusiva della tanto decantata Nazione e meno burocratica dello Stato, una realtà bellissima appartenente a chi la ama e la rispetta e non a chi vi è soltanto nato e non ne osserva le leggi e le norme di civiltà.