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La mattanza del lavoro

Lug 12, 2020 Scritto da 

 

 

 

È ancora buio quando strade e vicoli della nostra città cominciano ad animarsi di passi frettolosi e voci. Lo squillo di un telefono, una risata trattenuta, frammenti di conversazioni rompono il silenzio. Il nuovo giorno già inizia per alcuni, sebbene il sole sia lontano dal fare capolino all’orizzonte. I punti di incontro della manodopera a giornata si popolano di una umanità composita per provenienza ed età, stranieri e italiani non fa differenza, babele di lingue, identiche speranze. In spalla zaini e borse con abiti da lavoro e qualcosa da mangiare, puntuali si presentano all’orario stabilito. Sanno che anche i minuti sono importanti, possono segnare il labile confine tra un’opportunità colta e una perduta, tra una giornata di lavoro e una manciata di euro come salario e una trascorsa inabissati nel rammarico di un guadagno sfumato. Alla spicciolata arrivano pulmini e furgoni. Qualcuno sale anche dai portelloni posteriori, sistemandosi nei bagagliai. Pochi minuti e sono in marcia verso campi e cantieri della zona e di Roma. Dal tardo pomeriggio fino a sera la scena si ripete. Una processione di donne e uomini, sporchi e stravolti dalla fatica, fa ritorno. E domani si ricomincia.

Di buon mattino e all’imbrunire imbattersi in biciclette cigolanti lungo le strade che delimitano con precisione geometrica i campi coltivati della nostra pianura, è la normalità. Indiani, persone di colore, nordafricani, italiani, romeni improvvisamente spuntano alla guida di trabiccoli spesso vecchi, malandati e rugginosi. Pochi indossano giubbini rifrangenti. Accade che qualcuno rimanga sull’asfalto: morti che per lo più non fanno notizia.     

È il mercato quotidiano delle braccia.

Sarebbe sbagliato e superficiale accumunare tutti in un indistinto, ma lavoro nero e caporalato sono realtà presenti anche nel nostro territorio. Fingiamo di non vedere e sapere, ma non possiamo cancellare una realtà pericolosa per quanti prestano la propria attività senza tutele, esposti a rischi anche gravi per la salute e la stessa vita, discriminatoria socialmente perché accentua la distanza tra quanti accumulano fortune sottraendole alla collettività e quanti sono costretti a vendere l’unico bene a loro disposizione, la forza lavoro, in cambio di miseri salari. Il problema investe tutti i settori anche se maggiormente edilizia e agricoltura, nelle quali il lavoro nero si combina frequentemente con il caporalato, un reclutamento e un impiego della manodopera che umilia la dignità dei lavoratori, viola i contratti e le regole del mercato, penalizza gli imprenditori rispettosi della legge che ricorrono ad assunzioni regolari, rispettano l’orario di lavoro e garantiscono l’operatività di tutte le misure di sicurezza a tutela dei propri dipendenti.

Il controllo del territorio e la repressione di qualsivoglia illegalità devono essere costanti e stringenti, non estemporanei e sporadici. Tuttavia si tratta di strumenti da soli insufficienti. Occorre combattere le cause che generano lavoro nero e caporalato per garantire legalità e tutela dei diritti. La normativa va riformata non in maniera estemporanea e demagogica, ma invertendo l’orientamento consolidatasi da tempo all’esclusione della rilevanza pubblica e alla progressiva precarizzazione dei rapporti di lavoro, che ha finito per fare di alcuni contratti flessibili e atipici l’anticamera dell’irregolarità e della legalizzazione del caporalato. Non si tratta di escludere i contratti a tempo, stagionali, legati a situazioni economico aziendali contingenti, ma di non assolutizzarli, di non esentarli dalle irrinunciabili tutele per i lavoratori, di non farne delle scorciatoie per evitare le assunzioni regolari e l’applicazione dei contratti nazionali di categoria. Tante forme di collaborazione, tante partite IVA sappiamo benissimo sono di fatto rapporti di lavoro subordinato mascherati. La normativa va semplificata per impedire cavillosità e interpretazioni pretestuose finalizzate a sottrarsi a obblighi e responsabilità verso i lavoratori, vanno rafforzate le garanzie e ridotto sensibilmente il costo del lavoro per aumentare produttività e retribuzioni. Al contempo è necessario investire in formazione, ricerca scientifica e tecnologica per aumentare la qualità dei prodotti e battere la concorrenza degli altri paesi.

Il governo dei flussi migratori è l’altro ambito fondamentale su cui intervenire per mettere fine allo sfruttamento della manodopera straniera, che in alcuni casi rasenta  lo schiavismo. Infatti a fronte di politiche formalmente restrittive, invero tali solo sul piano propagandistico, sulla spinta dei movimenti populisti e per la paura di perdere consensi, in questi anni la scelta è stata il non governo del fenomeno immigratorio e la tolleranza silenziosa per gli ingressi irregolari grazie o alla mancata adozione o al ritardo nell’emissione dei decreti sui flussi in entrata e sull’impiego della forza lavoro proveniente da altri paesi. La presa di posizione ideologica sulle frontiere chiuse, oltre che irrealistica e irrealizzabile, ha finito per favorire l’illegalità e l’impiego senza contratto di manodopera a copertura di fabbisogni di lavoro precari, a bassa qualificazione, pesanti, pericolosi, poco pagati e penalizzati socialmente. Tra gli immigrati in Italia il passaggio dalla condizione di irregolarità è considerato un’esperienza normale, talvolta lunga, di sicuro difficile ma attraversabile. Dobbiamo prendere atto dell’irreversibilità del fenomeno migratorio, dell’impossibilità di richiuderci in una fortezza inespugnabile, della necessità che abbiamo dei lavoratori stranieri per coprire il fabbisogno di manodopera soprattutto in determinati settori e di disciplinare gli ingressi in modo rigoroso e con senso di umanità, al fine di garantire legalità e sicurezza. Solo così taglieremo alla radice la mala pianta dello sfruttamento, della schiavizzazione, della concorrenza sleale, del lavoro nero e sottopagato, sconfiggeremo emarginazione ed esclusione sociale ed eviteremo di far cadere tanti entrati irregolarmente nel nostro paese nella rete della criminalità organizzata e non. 

La complessità dei problemi richiede riflessione, studio e l’individuazione di risposte adeguate ed efficaci sia da parte di quanti hanno incarichi politici e amministrativi, sia da parte di noi cittadini che non dobbiamo farci sedurre da proposte semplicistiche, irrealizzabili, non risolutive e per giunta deleterie in quanto inutilmente fomentatrici di odio sociale e rancori.

 

 

Pubblicato in Riflessioni

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