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Stelle cadenti...

Feb 28, 2021 Scritto da 

Le stelle non brillano più nel firmamento della politica italiana.

Se appena tre anni fa il Movimento 5Stelle sembrava proiettato all’apogeo e verso un futuro di magnifiche sorti e progressive, oggi l’impressione prevalente è quella di un suo lento declinare, di un suo inesorabile rincorrere la linea dell’orizzonte, sole calante allo spirare del giorno. Si sa il consenso è fatuo, particolarmente in questi nostri tempi dalle idealità labili e dagli ancoraggi valoriali incerti, non vive di fedeltà durature ma di superficialità, infatuazione ed emotività.

Volgendo lo sguardo indietro e riconsiderando gli accadimenti trascorsi, a nessuno sfugge che l’affermazione del M5s è stata un’esaltante e travolgente cavalcata, ma soprattutto che si è trattato di un fenomeno tutt’altro che casuale e imprevedibile. Il progetto politico grillino è partito dall’intuizione di un’azienda di comunicazione a conduzione familiare, la Casaleggio, tra le prime in Italia ad occuparsi di propaganda politica online. Il suo visionario fondatore ha colto la potenzialità della rete, la sua capacità di raggiungere senza intermediazione milioni di persone e l’ha applicata nel campo della politica, servendosi di messaggi semplificati e, dettaglio niente affatto irrilevante, della popolarità e del fascino sulle persone della comicità dissacrante di Beppe Grillo. Il progetto messo in campo, dalla forte connotazione antisistemica e di contrapposizione ai partiti e movimenti tradizionali, si è imposto prepotentemente e ha condizionato il dibattito e le iniziative politiche. Si è trattato soprattutto di una gigantesca operazione mediatica, dagli effetti dirompenti anche sul piano della comunicazione per la sua innovatività e pervasività, di fronte alla quale gli stessi operatori del settore si sono trovati spiazzati, l’hanno subita, cavalcata, esaltata o dileggiata e solo in pochi si sono peritati di analizzarne portata e conseguenze. L’approccio superficiale e la prospettazione di soluzioni semplicistiche a problemi complessi, il linguaggio ruvido, la retorica tranciante, il ricorso al giacobinismo e al qualunquismo, il complottismo come strumento di analisi e interpretazione degli avvenimenti, il moralismo e il giustizialismo branditi come un’arma per delegittimare l’avversario, il nuovismo e il giovanilismo presentati come la panacea di tutti i mali, l’indisponibilità a scendere a patti con le altre forze politiche in ragione di una rivendicata purezza, la concezione idealizzata della comunità il cui dinamismo è messo in antitesi rispetto all’abituale agire dei vituperati politicanti di professione, il rigetto della competenza considerata l’arma preferita dalle èlite per soggiogare il popolo, il nazional-populismo contrapposto all’internazionalismo, la solleticazione degli egoismi più settari, il considerare destra e sinistra categorie superate, l’ambiguità e l’indifferentismo valoriale e culturale sono stati i tratti distintivi della martellante proposta politico-mediatica dei M5s, che hanno catalizzato il consenso di un numero consistente di cittadini, stanchi di una classe politica giudicata inadeguata e in crisi profonda di credibilità, rappresentatività e proposte. I problemi sono esplosi quando il M5s ha dovuto tradurre i consensi raccolti in una proposta di governo, passando dalla comoda posizione dell’opposizione a quella assai più difficile dell’assunzione diretta delle responsabilità, e al contempo trovare un terreno di incontro e compromesso con le altre forze politiche presenti in Parlamento, prima con La Lega di Matteo Salvini, poi dopo una giravolta mirabolante con il P.D. e il centrosinistra e da ultimo sostenendo il governo di Mario Draghi, scelte queste che hanno creato malumori, delusioni, dissensi e divisioni sia nella base che tra gli stessi eletti, con l’annesso carosello di abbandoni e espulsioni. Così facendo i grillini sono entrati tangibilmente in contraddizione con il nucleo sostanziale della loro ideologia fondativa, è stata messa in crisi la loro sbandierata diversità ontologica rispetto alle altre forze politiche e da critici feroci dell’establishment e dell’élite politiche, finanziarie e mediatiche, da antagonisti delle istituzioni si sono fatti essi stessi élite, hanno accettato di stringere alleanze e fatto cadere il divieto di esercitare più di due mandati, considerato in origine l’argine indispensabile per impedire il professionismo politico, e sono divenuti nei fatti un partito proprio come gli altri. Il M5s si trova oggi di fronte ad un bivio: o definitivamente istituzionalizzarsi abbandonando il populismo, orientarsi per un campo, che alla luce del percorso intrapreso non può che essere il centrosinistra, sposare l’europeismo divenendo una forza politica moderata, liberale ed ecologista, come sostenuto da Luigi Di Maio in una recente intervista, o tentare di riprendere in qualche modo la carica eversiva e antisistema originaria, riavvolgere il nastro della storia puntando nuovamente a catalizzare i consensi attraverso il collante protestatario e un programma politico velleitario, utili soltanto a celare la diversità genetica e la sostanziale incompatibilità politica delle sue diverse componenti, ritagliandosi un ruolo diverso da quello dei partiti e relegandosi a prescindere all’opposizione, come vorrebbero Alessandro Di Battista e il gruppo di eletti dissidenti che hanno negato la fiducia al nuovo governo. La strada che il M5s ha dinanzi è in ogni caso impervia, irta di ostacoli e pericoli che possono metterne a rischio la stessa sopravvivenza. Tuttavia la storia dimostra che i soggetti politici vivono e sopravvivono solo se si dotano di un impianto ideale e culturale definito e condiviso e che una scelta di campo è ineludibile: destra e sinistra esistono come visioni ideali e come prassi politica. Rimanere in mezzo al guado è impensabile, ancor più poi che il movimentismo protestatario non porta da nessuna parte ed è destinato al fallimento. Inoltre il sentire politico odierno è profondamente cambiato e i cittadini pretendono dalla politica risposte serie e concrete per affrontare e superare le difficoltà economiche e sociali esacerbate dalla pandemia. Spetterà a dirigenti e militanti del M5S dare sostanza e forma nuove al loro soggetto politico oppure, non accettandone e guidandone l’evoluzione, condannarlo all’irrilevanza e alla rapida dissoluzione. Fatte le dovute distinzioni di contesto sociale, culturale ed economico, la parabola politica del M5s ricorda molto quella del Movimento dell’Uomo Qualunque, fondato da Guglielmo Giannini alla fine della seconda guerra mondiale, sia per la carica di antipolitica, sia per l’assenza di una precisa identità politica e sia per il fatto di possedere un codice intrinseco di autodissoluzione. Personalmente guarderò con interessato disincanto l’evoluzione di questo peculiare esperimento politico, con il distacco proprio di chi non è mai caduto vittima della sua fascinazione. 

Pubblicato in Riflessioni

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