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Sabato, 14 Maggio 2022 07:36

La Madonna Pellegrina del mese di Maggio a Casal Bruciato

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In una località di campagna al confine tra il Comune di Sezze e quello di Pontinia, lungo la Migliara 47, detta Casale Bruciato, venne costruita nel 1947 subito dopo la guerra una piccola chiesa, che qualche anno dopo ospitò anche una scuola rurale pluriclasse, affidata ad una sola maestra per tutti i bambini della contrada.

Nel mese di Maggio, per onorare la Madonna, gli agricoltori erano soliti portare la statua della Madonna Pellegrina in processione ed ospitarla a turno nel proprio casolare.

Il momento di preghiera, diventava anche momento di aggregazione per le persone dei campi, che vivevano distanti le une dalle altre.

Il parroco officiante, era padre Gaetano della parrocchia di Pontinia, il quale raggiungeva la campagna di Casal Bruciato dapprima in bicicletta e più tardi con una moto “Gilera”.

Padre Gaetano era un uomo sulla quarantina, piuttosto alto, dagli occhi vivaci e con l’accento del Nord; era assistito dal sagrestano Pio Mancon e dal chierichetto Firmino Di Magno, figlio di Polda, una contadina veneta scesa nella nostra campagna dopo la Bonifica.

Il parroco vestiva una tunica nera lunga, dai cento bottoni, che chiamavamo “zamarra” e un cappello nero a falda larga, che gli conferiva autorevolezza e sacralità.

In occasione dei rosari, dopo aver consegnato ai fedeli un opuscolo o canzoniere soleva ripetere con zelo : ”Chi non mi riconsegna il canzoniere, domani mi porterà dodici uova fresche”; era questo, un espediente per evitare un eventuale smarrimento o negligenza, in quei tempi assai facile.

Le famiglie della campagna, dopo avergli chiesto la sosta nella propria aia o in una stanza del casolare, preparavano un piccolo altare, ornato di tovaglie umili ma ricco di profumatissime rose; il sagrestano Pio pensava poi ad accendere le candele, a preparare l’incenso e l’immancabile “bussola”.

I fedeli, guidati dal prete e  secondo il proprio latino, recitavano il Santo Rosario, a cui seguiva la Messa, in latino ufficiale; non era raro sentire la voce di qualche madre che invocava la grazia per il figlio malato o in preda ancora alla febbre malarica.

Prima dell’offertorio, Pio passava fra i fedeli con la bussola, fatta di un’asta di legno alla cui estremità era legato un sacchetto di cotone o tela di sacco, un pò consunta . Tutti mettevano qualcosa, cinque lire, dieci lire, che servivano a comprare i ceri e l’incenso.

La fede era tanta e sincera, la devozione forte e tenace. Frotte di bambini e ragazzi animavano la processione che si snodava da un casolare  all’altro; era anche questo un momento che permetteva ai giovani di conoscersi e di scegliere il marito o la moglie. Il volto dei contadini era bruciato dal sole, rughe profonde solcavano quello dei più anziani che, seduti nell’aia, aspettavano la Madonna Pellegrina; le donne coprivano il capo con fazzoletti di cotone, le più benestanti con veli neri, tutte rigorosamente vestite con abiti ampi ed abbottonati.

Alla fine della messa, la statua veniva condotta in processione con una Vespa autocarro, fino al casale che l’avrebbe ospitata. Ricordo il casale della famiglia Roscioli, di Buffone, di Noce, di Di Gigli, di Mancon, di Quattrini, di Ottaviani, di Cerroni, la locanda di Anatolia e Pietro, ed altri ancora.

Durante il percorso, su strade allora brecciate e piene di buche in cui transitava solo qualche carretto,  con le banchine ornate da filari di pioppi, si cantava “Bella tu se’qual sole, chiara più della luna, e le stelle più belle non son belle al par di te…” e “Mira il tuo popolo, bella Signora, che pien di giubilo oggi ti onora…”

Si tornava a casa sereni e con l’animo in pace, i giovani erano ansiosi di incontrare il giorno dopo in processione la ragazza o il ragazzo che avevano incrociato con gli occhi.

Il 31 Maggio, la Madonna, dopo aver peregrinato ritornava nella chiesetta di Casal Bruciato.

Mi piace raccontare un episodio curioso della mia infanzia. In una messa nella piccola chiesa di Casale Bruciato gremita di fedeli, padre Gaetano intonava cantando il “kirie “e i fedeli in coro rispondevano “ eleison”. Io, forse meno di quattro anni, preso per mano da mia madre, ascoltavo in silenzio e tentavo di decifrare le parole di quell’inno. Dopo un pò, con l’innocenza che solo i bambini sanno avere mi parve tutto chiaro: era come il gioco a “bubusettete” con cui qualche volta avevo giocato; padre Gaetano mi sembrava che chiedesse ai fedeli  “chi è ” come quando si sente bussare alla porta e questi  rispondevano in coro  “ I sò” (sono io).  Trovai tutto semplice e divertente come un gioco, tanto che iniziai a canticchiare anche io rispondendo ad ogni kirie “i so” insieme agli altri.

Più tardi, da grandicello, ripensando a quella messa mi venne un dubbio: ma non è che quella gente di campagna, non conoscendo il latino rispondeva davvero “ i so” ?

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Vittorio Del Duca

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