Lo scorso 28 aprile è stato presentato al Cinema Corso di Latina il film documentario dal titolo “Acqua benedetta” con la regia di Antonio Petrianni, giovane regista di Latina con profonde radici setine. Riceviamo da Francesco Petrianni, zio del regista, una riflessione sull’opera, che pubblichiamo volentieri.
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L’ “Acqua benedetta” di Antonio Petrianni
Il frastuono delle acque sospinte dalle idrovore di Mazzocchio irrompe nella sala 1 del Cinema del Corso a Latina, silenziando l’ultimo vocìo degli spettatori in attesa. Al turbinio delle acque raccolte, costrette, obbligate e convogliate subentra la quiete evocata da fotogrammi di paesaggi che descrivono liricamente il territorio pontino; si accompagnano istanti fotografici di un tessuto urbano e sociale distaccato e distante cui si sovrappone prepotentemente la particolare e reale vicenda umana di alcuni dei cittadini, che con la loro malattia sono i protagonisti del film.
L’equilibrio del territorio e quello del corpo umano sono i motivi, paralleli e convergenti, ispiratori del documentario. La vita struggente e dignitosa di persone accomunate da malattia grave, va avanti con periodiche dialisi e con stili di vita ferrei e inviolabili. Anche il sistema territoriale è retto da un continuo e costante controllo.
In verità tutto scorre nell’inconsapevolezza generale; tutto si sottrae o viene sottratto alla vista o all’attenzione degli abitanti di questo territorio, ma anche di altri. Nessuno si accorge del sottile equilibrio che regola il flusso e lo scorrere delle acque; tutti ignorano il dramma che tormenta persone sottoposte a terapie invasive e limitanti nel silenzio della solitudine quasi per non arrecare disturbo ai vicini ed all’organizzazione sociale.
Su questo doppio binario si snoda il film documentario presentato a Latina lo scorso 28 aprile al Cinema Corso dal titolo “Acqua benedetta”, prodotto da Luca Lardieri, Mattia Nicoletti e Francesco Madeo, scritto da Christian Mastrillo, affidato alla regia di Antonio Petrianni. Gli spettatori erano tanti, oltre la più ottimistica delle aspettative. Soddisfatti gli organizzatori. Il coinvolgimento emotivo è stato enorme ed esaltante quando in sala si sono presentati i protagonisti, Carlo Alberto Cecconi e Serena Scaramella le persone colpite dalla malattia; commovente la presenza di Oise Amidei, madre di Fabio Bomberini l’altro malato protagonista deceduto. Loro, in punta di piedi, hanno interpretato con naturalezza e spontaneità la parte assegnatagli dall’esistenza, dal destino o dal fato, consapevoli di non potersi opporre, ma solo di assecondare ed accompagnare il male nel cammino. Il film narra e descrive, con i modi e il linguaggio prescelti dal regista, questo equilibrio che regola il rapporto tra acqua e terra nel nostro territorio-universo: acqua e terra che per l’antico pensiero greco erano elementi fondanti e costitutivi del mondo, insieme all’aria ed al fuoco, ma che nello stesso tempo possono anche rappresentare la dissoluzione di un ordine. Analogamente il corpo umano si regge nell’equilibrio degli elementi che lo costituiscono. Talvolta il sangue che fluisce nel corpo per alimentare vasi e tessuti non è più in grado di assolvere al compito, si rompe una funzione e ciò che prima era linfa vitale mette a repentaglio la sopravvivenza dell’intero meccanismo corporeo.
La narrazione di questa vicenda è arricchita dai tratti lirici delle immagini e da una fotografia, che richiamano, talvolta, i notturni di Chopin, come quando il mare immenso ondeggia nel buio della notte o le catene dei monti sembrano appisolati tra cielo e pianura. Altre volte il racconto sembra affidarsi alla pittura, al verismo dei macchiaioli come quando il territorio è osservato dall’alto o da lontano, ma anche al sentimento metafisico della pittura di De Chirico, come quando il grattacielo si staglia gigantesco sulla immobile pianura verso i monti. Il dramma delle persone è descritto con i toni forti e talvolta cruenti delle cure e per mitigarlo il regista si aggrappa alla serenità e tranquillità, alla nobiltà dei protagonisti costretti a monitorare e calmierare costantemente l’equilibrio dei propri corpi.
Il pubblico è semplicemente invitato a prendere conoscenza e consapevolezza.