Domenica, 19 Novembre 2023 07:41
Sezze e la politica che non c'è
Sezze, sotto il profilo politico, non vive uno stato di eccezione rispetto alle dinamiche generali del nostro Paese, anzi ne è lo specchio fedele.
In passato è accaduto che la politica setina si muovesse secondo logiche altre, fosse luogo autentico di ascolto, di promozione della partecipazione, di confronto aperto e condivisione delle scelte da parte dei cittadini, grazie ad una classe dirigente capace di dare rappresentanza all'intera comunità , a prescindere dall'essere maggioranza o opposizione nell'assise comunale. L'obiettivo di tutti era il perseguimento del bene comune, mediante una politica virtuosa, ispirata a idealità forti e mossa da rigore etico e coerenza personale.
Il venir meno delle grandi appartenenze ideologiche, il sostanziale disinteresse per la ricerca di sistemi valoriali cui ispirarsi e l'affermarsi di un pragmatismo sganciato da riferimenti ideali, per cui esistono soltanto soluzioni giuste o sbagliate ai problemi ed i concetti di destra e sinistra sono inutili e residui, orpelli di stagioni politiche ormai tramontate, hanno determinato un progressivo scadimento della politica e dell'agire dei suoi protagonisti. L'elemento più preoccupante è l'appiattimento acritico su tale condizione, la sostanziale rinuncia ad intraprendere una rifondazione ideale e pratica della politica e al contemporaneo l'usare tale critica come giustificazione, tra il rassegnato e il compiaciuto, di tutto quanto non va nella giusta direzione.
Voltarsi indietro, richiamarsi con nostalgica superficialità a un passato che non potrà più essere è inutile e non funzionale a restituire dignità all'impegno politico. Piuttosto occorre lottare per liberarlo dalle catene insopportabili delle convenienze personali, dal desiderio spasmodico di occupare ruoli per la mera soddisfazione delle proprie ambizioni, puntando alla realizzazione di un progetto politico di portata generale e finalizzato al bene comune, e non a vedersi unicamente riconosciuti protagonisti, mattatori al centro della scena. Troppo spesso la politica è un deserto arido, nel quale troneggia l'io ipertrofico di qualcuno che si bea nell'autoreferenziale contemplazione di se stesso.
Queste dinamiche sono divenute la molla motivazionale dell'impegno in politica di tanti anche nella nostra città. Abbiamo assistito in questi anni ad una sorta di corsa a posizionarsi in bella vista a suon di preferenze, raccolte e consolidate nel tempo non in forza di un'identità politica ma per puro clientelismo, considerato una sorta di sacra unzione, conferente divina onniscienza anche al più digiuno di conoscenze e competenze. Conta soltanto occupare uno scranno, anche piccolo o marginale, da cui poter esercitare un ruolo di comando, uno straccio di potere all'interno delle istituzioni e in quei residui simulacri di partecipazione costituiti da alcuni partiti, pronti a qualsiasi compromesso, a mettersi supinamente al servizio del potente di turno, ad accettare di divenirne la claque plaudente.
La nostra politica cittadina è purtroppo impastata di qualunquismo figlio anche ma non solo della lettura semplificata e semplicistica tipica dei social, di una valutazione imbarazzante per superficialità della realtà sociale, economica e culturale che ci identifica come comunità. Il collante che unisce i molti frammenti sparsi e trasversali di parte della politica locale è il mantenimento dello status quo , è l'ostacolare l'inserimento di elementi di dinamicità nel pantano imperante, è il rifiuto di aprirsi ad espressioni di critica avanzata e di messa in discussione di un quadro pietrificato, ricorrendo anche al trucco di rivestirsi di panni inediti pur di apparire nuovi per non cambiare nulla, fingendo di cambiare tutto. È la metamorfosi effimera e menzognera di chi non rinuncia neppure ad un pezzetto di privilegio e di potere, accettando al limite di giocare dietro le quinte con pacchetti di tessere, voti e conoscenze ma comunque indisponibile a passi indietro ea lasciare spazio al vero rinnovamento.
Tuttavia è ingiusto e sbagliato accumulare l'intera classe politica in questo indistinto, un'operazione che favorirebbe solo furbetti, furboni e opportunisti. Tante donne e uomini profondino un impegno quotidiano per far emergere il bagliore della speranza nel grigiore della mediocrità prevalente. Lo fanno con alterne fortune, consapevoli che spesso da tanti è preferito il vecchio rassicurante all'imprevedibilità del nuovo. Sicuramente poi fanno più notizia le grandi mosse strategiche dei manovratori di professione, di quanti rincorrono garanzie per le proprie carriere, mirano a mantenere privilegi e prebende e fanno del trasversalismo la cifra del loro impegno. Si affermano di una parte ma nei fatti la loro è solo apparenza. Sono pronti a scendere a patti perfino con il demonio pur di trovare una nicchia di confort, a concludere accordi sottobanco per vedersi riconosciuto quel minimo di agibilità che consente loro di saltellare da uno schieramento all'altro e perennemente riciclarsi. I cambi di casacca dei mestieranti della politica, convinti assertori del tanto sono tutti uguali , sono odiosi tanto quanto il tentativo di rifarsi la verginità politica dopo aver fatto danni, confidando nella memoria corta dei cittadini.
All'interno di questo quadro in cui si alternano luci ed ombre e prevalgono purtroppo logiche perverse, c'è una città che langue ingovernata, in cui strade e parchi sono in abbandono, la qualità della vita è ai minimi termini così come le prospettive di futuro per i giovani. E intanto le orchestrine suonano, i fiumi di alcool scorrono e quanti dovrebbero preoccuparsi di amministrare sono intenti a tirarsi pacche sulle spalle, ad applaudirsi reciprocamente, a fare scorribande inconcludenti nelle sedi istituzionali ad ogni livello, a farsi foto da postare sui social in uno scollamento onirico con la realtà. È colpa di quelli di prima, si sente ripetere, ed in parte è anche vero. Nessuno è esente da errori, ma sicuramente quelli di adesso non brillano particolarmente e si sono resi protagonisti di due anni di nulla.
Forse è arrivato il momento di riappropriarci dei destini di Sezze, di non lasciare nella disponibilità di chi si è già reso protagonista di dimostrare non brillanti l'incombenza di ricostruire un tessuto di partecipazione, di rimettere al centro la nostra comunità, le sue eccellenze nei diversi campi, troppo spesso mortificati, di consentire alle donne di essere pienamente protagoniste del futuro comune, cancellando i rimasugli di un maschilismo duro a morire.
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