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Domenica, 05 Maggio 2024 05:38

Sezze tra illegalità e selfie

 

 

Sezze è diventata la città dove tutto è possibile, dove ogni fantasia può avverarsi e trasformarsi nel peggiore degli incubi. Luoghi tradizionali di aggregazione sono divenuti zone franche, dove regnano l’illegalità, lo spaccio e l’abuso di alcol. Il controllo del territorio è inesistente e risse, pugni e perfino uso delle armi sono un modo per risolvere i conflitti, affermare chi comanda e convincere i riottosi.
 
Fa male al cuore la metamorfosi che Sezze ha avuto in poco tempo, dove è normalità  imbattersi in un cavallo “parcheggiato” all’ingresso del Parco della Rimembranza, il Monumento. Chissà se il proprietario avrà pagato il parchimetro. Ennesimo segnale che racconta una comunità smarrita. 
 
Imbellettarsi due tre volte l’anno, per la Sagra del Carciofo, la Notte Bianca o la Sacra Rappresentazione del Venerdì Santo, cercando di apparire altro, non basta. Quando le luci della ribalta si spengono, il trucco viene rimosso, le vesti della festa sono dismesse e si torna al terribile ordinario, la tristezza torna ad afferrare chi Sezze la vorrebbe bella, accogliente e sicura sempre.
 
In questi giorni la nostra città è assurta all’onore della cronaca, le sono stati riservati ampi spazi sui giornali, servizi nei notiziari e post sui social non per le sue eccellenze, la sua storia, i suoi monumenti, i personaggi passati e presenti prestigiosi per cultura, arte e scienza, ma per un atto di violenza inaudita e insensata, effetto del degrado culturale e sociale che ci assedia e rischia di soffocare speranze e voglia di futuro.
 
Subito alto si è levato il coro dei benpensanti, dei leoni da tastiera deploranti di professione, degli immancabili campioni di legge e ordine e delle soluzioni semplici a problemi complessi, dei professionisti del dito puntato che spaccano il capello in quattro, condannano gli altri e puntualmente si autoassolvono.          
 
La nostra città ha bisogno che venga ripristinato il rispetto delle regole. Non è questione di destra o di sinistra ma di civiltà.
 
La legalità tanti la invocano a casaccio, la confondono con una visione ideologica retriva e reazionaria, assai lontana dal sentire profondo della nostra comunità, da sempre aperta, tollerante e solidale.
 
La legalità è presidio irrinunciabile delle libertà e dei diritti delle persone, dei deboli, dei fragili, degli ultimi e dei diversi, non discrimina per il colore della pelle, la cultura, la religione e la nazionalità.
 
La legalità non è un maglio contro lo straniero. Tutti siamo stranieri e lo siamo rispetto a noi stessi, nel peregrinare nello spazio e nel tempo che abitiamo. Essere stranieri è essenza della nostra umanità che dobbiamo imparare a riconoscere, che ci contraddistingue, ci qualifica e definisce.
 
La legalità non è un concetto astratto, ma un percorso educativo su principi e valori che devono penetrare, permeare e trasformare il nostro agire individuale e collettivo. Non basta enunciare la regola, è necessario incarnarla rimettendo al centro la persona.
 
Illegalità e violenza non si sconfiggono con gli annunci mediatici, le parole contrite e le scorciatoie. La presenza delle forze dell’ordine è indispensabile e va bene anche la videosorveglianza, ma servono a poco senza l’impegno a ricucire il tessuto sociale lacerato.
 
Quanti hanno responsabilità politiche e amministrative la smettano di trastullarsi con i selfie, di sprecare il tempo in ridicole trame per conquistare posizioni di potere dentro e fuori i partiti, di escogitare modi e forme per garantire a sé e ai propri sodali laute prebende. Gli incarichi pubblici sono un servizio ai cittadini e non un modo per appagare le proprie ambizioni e il proprio narcisismo.     
 
La legalità richiede buoni amministratori della cosa pubblica, esperti non nell’arte dello scaricabarile, nella retorica stucchevole per cui è sempre colpa di quelli di prima, nonostante ricoprano ormai da tempo responsabilità importanti, nella querula e immatura ricerca del capro espiatorio a cui dare la colpa delle proprie incapacità e inadeguatezze, ma nel realizzare il bene comune.
 
La legalità va costruita concretamente e non bastano gli incontri con il Prefetto o un paio di pattuglie di Carabinieri, rigorosamente in divisa, che vagano per il paese qualche giorno e poi se ne perdono le tracce. I cittadini sono stanchi di belle parole scritte nel vento a cui non seguono i fatti.     
 
Se veramente vogliamo essere solidali con Martina, vittima innocente di un assurdo atto di violenza, dobbiamo impegnarci a cambiare Sezze radicalmente, pretendendo il controllo del territorio, senza alzare muri, richiuderci in una fortezza inespugnabile, ma coniugando legalità e accoglienza, rispetto delle regole e integrazione.
 
Non è più il tempo delle promesse, dell’indignazione estemporanea, delle inutili strumentalizzazioni e ancor meno dei biechi desideri di vendetta.
 
Serve altro, soprattutto servono politici attenti e lungimiranti.
 
Una merce sempre più rara, purtroppo.
 
Pubblicato in Riflessioni