“Dilexi te” (“Ti ho amato”, Ap 3,9), la prima esortazione apostolica di Papa Leone XIV°, rappresenta una sorta di manifesto programmatico del suo pontificato, al pari di quanto accaduto anche con le esortazioni apostoliche degli ultimi pontefici. Il primo elemento che si appalesa leggendola è la continuità nell’impostazione spirituale e pastorale con il predecessore, evidente a partire già dal titolo, che rimanda a Dilexit nos, l’ultima enciclica appunto di Francesco, e peraltro espressamente asserita quando spiega di aver fatto proprio il progetto di Bergoglio, arricchendolo di alcune riflessioni personali.
“Dilexi te” è un severo atto di accusa nei confronti del sistema economico capitalista, il quale genera ingiustizie e miseria, fa proliferare le “élite di ricchi” e al contempo aumenta il numero dei poveri, allarga la forbice tra quanti hanno tutto, finanche il superfluo, e quanti invece vivono una condizione di ristrettezza e indigenza. La presa di posizione di Papa Leone XIV° è netta ed inequivocabile. “Sebbene non manchino diverse teorie che tentano di giustificare lo stato attuale delle cose, o di spiegare che la razionalità economica esige da noi di aspettare che le forze invisibili del mercato risolvano tutto, la dignità di ogni persona umana dev’essere rispettata adesso, non domani, e la situazione di miseria di tante persone a cui viene negata questa dignità dev’essere un richiamo costante per la nostra coscienza”. Tuttavia il Pontefice non si limita ad un semplice appello di tipo morale, ma chiama in causa la politica, la sollecita ad operare in modo efficace e coerente con i principi evangelici, in considerazione del fatto che “l’impegno a favore dei poveri e per rimuovere le cause sociali e strutturali della povertà, pur essendo diventato importante negli ultimi decenni, rimane sempre insufficiente”.
In questo nostro tempo dilaniato da contraddizioni, contrapposizioni, egoismi e guerre Leone XIV° afferma con decisione che i poveri sono tali per colpa di un sistema che li “scarta”, non certo “per caso o per un cieco e amaro destino” e se “c’è ancora qualcuno che osa affermarlo” lo fa sulla base di una “falsa visione della meritocrazia dove sembra che abbiano meriti solo quelli che hanno avuto successo nella vita”. Oggi i poveri sono coloro che non hanno mezzi di sostentamento materiale, quanti sono emarginati socialmente e non hanno strumenti per dare voce alla propria dignità e alle proprie capacità, non hanno diritti, spazio e libertà, sono le donne vittime di violenza ed esclusione, i migranti respinti e lasciati affogare in mare, rispetto ai quali Prevost fa propri e rilancia i quattro verbi di Francesco: “accogliere, proteggere, promuovere e integrare”.
Il messaggio di Leone XIV° è rivolto a tutti, ma soprattutto ai cattolici troppo spesso indifferenti e insensibili ai principi evangelici, primo tra tutti a quello della carità, che rappresenta il “nucleo incandescente della missione ecclesiale”. La Chiesa è chiamata a compiere “una decisa e radicale scelta di campo a favore dei più deboli, riscoprendo “l’opzione preferenziale per i poveri”, espressione nata all’interno dell’esperienza della Teologia della Liberazione e fatta propria dal magistero ecclesiale, sia pur attenuata e depurata dalle istanze politiche rivoluzionarie.
Il modello fondamentale dell’impegno a favore dei poveri e degli ultimi è costituito dal “buon samaritano”, il quale non solo non si volta dall’altra parte, non resta indifferente al dolore dell’oppresso, ma si fa suo prossimo, lo sostiene nel momento del bisogno e lo aiuta concretamente mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie risorse. L’obiettivo fondamentale dell’impegno cristiano è “risolvere le cause strutturali della povertà”. “Le strutture d’ingiustizia vanno riconosciute e distrutte con la forza del bene, attraverso il cambiamento delle mentalità”, ma anche, con “politiche efficaci nella trasformazione della società”.
Nella visione di Leone XIV° la “scelta prioritaria per i poveri” non è un argomento marginale, ma la strada irrinunciabile per realizzare un autentico rinnovamento ecclesiale e sociale. “Sono convinto che la scelta prioritaria per i poveri genera un rinnovamento straordinario sia nella Chiesa che nella società, quando siamo capaci di liberarci dall’autoreferenzialità e riusciamo ad ascoltare il loro grido” (DT 7). Tale preferenza “non indica mai un esclusivismo o una discriminazione verso altri gruppi, che in Dio sarebbero impossibili; essa intende sottolineare l’agire di Dio che si muove a compassione verso la povertà e la debolezza dell’umanità intera e che, volendo inaugurare un Regno di giustizia, di fraternità e di solidarietà, ha particolarmente a cuore coloro che sono discriminati e oppressi” (DT 16).
La “scelta prioritaria per i poveri” si configura poi come un vero e proprio sguardo teologico sulla realtà umana. Infatti si legge nella esortazione apostolica che: “Non siamo nell’orizzonte della beneficenza, ma della Rivelazione” (DT 5). Prevost evidenzia come nella Scrittura Dio “viene presentato come amico e liberatore dei poveri… Nel cuore di Dio c’è un posto preferenziale per i poveri … Tutto il cammino della nostra redenzione è segnato dai poveri” (DT 17). I poveri non possono e non devono essere considerati come oggetto di attenzione caritativa, ma come parte integrante della famiglia cristiana: “Il cristiano non può considerare i poveri solo come un problema sociale: essi sono una ‘questione familiare’. Sono ‘dei nostri’. Il rapporto con loro non può essere ridotto a un’attività o a un ufficio della Chiesa” (DT 104). Si tratta di un passaggio assolutamente innovativo e per certi versi rivoluzionario.
La conclusione cui giunge Leone XIV° è un capovolgimento evangelico: “I più poveri non sono solo oggetto della nostra compassione, ma maestri del Vangelo. Non si tratta di ‘portar loro’ Dio, ma di incontrarlo presso di loro” (DT 79) e “Se è vero che i poveri vengono sostenuti da chi ha mezzi economici, si può affermare con certezza anche l’inverso… sono proprio i poveri a evangelizzarci” (DT 109).
Quanti avevano sperato di essersi liberati dalla "fastidiosa" catechesi di Francesco su poveri, immigrati, ultimi e così via, saranno rimasti sicuramente delusi e dovranno fare i conti con l’invito del Pontefice a ritrovare, nel volto ferito e spesso dimenticato dei poveri, l’immagine autentica e viva di Cristo.