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Lunedì, 28 Ottobre 2019 08:45

Noi/altri, un’antitesi di contrapposizione

Ci riguarda.

La logica del “prima noi” e non mi importa di chi mi sta accanto è solo una tragica illusione, alimenta il cinismo e l’indifferenza, è un ottimo anestetico che ci consegna all’oblio della ragione, ci riduce ad automi nelle mani dei fomentatori di paure. L’antitesi “noi / altri” ci induce a credere che il nostro bene e la nostra realizzazione possiamo conseguirli non con gli altri ma solo in contrapposizione agli altri, i quali sono un limite e un intralcio da eliminare, soprattutto se possiedono le sembianze del povero, dello straniero, dell’omosessuale, dell’ebreo, del diverso in genere.

Sebbene la storia stia lì a rammentarci che il prevalere di tali ragionamenti è foriero sempre di tragedie per l’umanità, manchiamo di memoria e ne ricadiamo vittime.

Se un popolo senza patria e senza diritti, un paria della storia, il popolo Kurdo è vittima di un genocidio senza fine, ci riguarda e non soltanto perché sofferenze e morte sono intollerabili e perché quegli uomini e quelle donne hanno sacrificato le loro vite lottando al posto nostro contro il terrorismo islamico, ma anche perché noi, l’Italia, armiamo la mano dell’aggressore, producendo e vendendo ai turchi le armi utilizzate per la guerra e la pulizia etnica.

Se il popolo cileno scende in piazza per rivendicare diritti, uguaglianza e giustizia, contestando la logica del profitto fine a se stesso e a vantaggio esclusivo di pochi, ci riguarda e invero ci tocca anche direttamente. Le diseguaglianze vanno crescendo a dismisura anche nel nostro paese. La ricchezza è sempre più appannaggio di un numero ristretto e la grande maggioranza deve accontentarsi delle briciole. Di fronte a tutto questo non possiamo limitarci alle lamentazioni e alle recriminazioni sterili, ma dobbiamo alzare la voce e pretendere un cambio di passo sostanziale.

Se interi continenti sono sfruttati da un pugno di nazioni ricche e progredite, che utilizzano la propria forza per imporre fardelli, per continuare nella depredazione e garantirsi la perpetuazione del proprio benessere a scapito dei più deboli, ci riguarda. Se interi popoli fuggono da povertà, carestie e guerre che provochiamo e alimentiamo per assicurarci che nulla cambi, possiamo anche credere di fermarli alzando muri, respingendoli, abbandonandoli in balia del mare e lasciandoli morire nei campi di detenzione, ma la verità è un'altra. La storia presto o tardi ci presenterà il conto se non intraprendiamo la via della giustizia.

Se i profili social di una donna scampata all’orrore dell’olocausto, Liliana Segre, ogni giorno sono inondati da centinaia di messaggi violenti, razzisti e antisemiti, ci riguarda. La bestia infame dell’odio e dell’intolleranza è sempre all’opera con la sua azione predatrice ed inquinante ed oggi che certo linguaggio e certi atteggiamenti sono stati sdoganati ancor di più sta alzando la testa. Le parole di condanna non bastano, serve cultura ed educazione per vincere la battaglia ma anche disseccare le fonti dell’odio che avvelena la nostra società con norme ferme e forti.

Se il poco lavoro che c’è sta acquistando di nuovo i caratteri della schiavitù, sfruttamento dell’uomo sull’uomo in cambio di pochi spiccioli e a costo della dignità, ci riguarda. Tra gli sfruttati non c’è differenza di nazionalità, colore della pelle o cultura; è irrilevante se invocano il loro Dio chiamandolo Gesù Cristo, Allah o con qualunque altro nome, sono tutti uguali. Bisogna gridare che tutto ciò è inaccettabile, rivendicare diritti e giustizia, salari giusti e condizioni di lavoro rispettose delle persone.

Se il senso di insicurezza ci pervade e ci assale la paura perfino di camminare per le strade delle nostre città, ci riguarda. Bisogna però smetterla di indicare i soliti capri espiatori e di provocare ordalie contro i colpevoli di comodo. La legalità e il controllo del territorio contro chiunque delinque sono un diritto che non ha colore politico e sono garanzia di libertà per tutti i cittadini onesti e per bene, senza distinzioni.

Sono solo degli esempi, ma tanti altri se ne potrebbero fare per dire semplicemente che, nel piccolo come nel grande, come va il mondo ci riguarda, che far sentire la nostra voce contro ciò che non va conta e che l’indifferenza e l’inerzia equivalgono a complicità.

Sì, ci riguarda!

Pubblicato in Riflessioni

 

 

 

Le parole hanno un peso, per questo dove la libertà è coartata viene loro negata la cittadinanza, il diritto di essere. Le parole raccontano, per questo si preferisce soffocarle, ridurle a suoni vuoti e incomprensibili per renderci inconsapevoli della loro testimonianza. Le parole scomode sono un tuono, capace di svegliarci dal sonno del pensare con il cuore in gola e in preda all’inquietudine, di rompere l’incantesimo dell’ovattato mondo delle nostre convenienze, di mettere in discussione i nostri consolidati convincimenti, di farci prendere coscienza di quello che ci accade intorno. Per questo colui che le pronuncia è additato come nemico del popolo, esposto alla gogna, al pubblico ludibrio e perfino imprigionato. Le parole sono una potente arma di manipolazione. Si ricorre all’artificio e alla retorica, all’espressione edulcorata e spenta ma anche traboccante rabbia e vendetta per occultare e mascherare, per indirizzare il consenso e giustificare violenze, turpitudini e ingiustizie, soprattutto se a patirle sono i poveri, i disperati, gli ultimi della terra, un popolo, i Kurdi, senza patria e senza diritti, se non quello di essere trucidato in un gioco tragico nel quale prevalgono le ragioni della forza, la volontà di potenza, il desiderio di assoggettare di chi si fregia, come una fosse una medaglia, della disumanità, del considerare gli uomini e le donne pedine su uno scacchiere, ostacoli fastidiosi da eliminare senza tanti riguardi e scrupoli, la morte e la sofferenza danni collaterali e prezzi giustificabili per perseguire i propri obiettivi. In queste ore tragiche e dolorose i potenti del mondo sembrano aver smarrito il senso dell’umanità e del loro compito e il popolo Kurdo è ancora una volta la vittima sacrificabile. Una operazione militare denominata “Fonte di pace” e non guerra. Una azione finalizzata a combattere il terrorismo. C’è una forza tragica in queste parole che lascia sbigottiti. Il genocidio di un popolo, la sostituzione etnica nel Kurdistan siriano, la cancellazione di diritti e sogni, della libertà di esistere e di vivere liberi di centinaia di migliaia di persone vengono propagandati da Erdogan, il Sultano, un uomo senza scrupoli e senza morale, che ha ridotto la democrazia nel suo paese ad un simulacro e per il quale ogni dissenso va soffocato ed eliminato pur di conservare ed accrescere il proprio potere, come una necessità vitale per il popolo turco. Parole evocative di altri orrori che hanno insanguinato l’Europa e che pure periodicamente si ripetono tragicamente. L’unico terrore lo cogliamo negli occhi sbarrati dei bambini Kurdi, nelle urla indicibili dei feriti straziati da ustioni che ci raccontano l’uso di armi chimiche da parte delle forze armate turche e dei loro alleati sul campo, negli sguardi assenti e senza più speranza delle migliaia di profughi che cercano di sfuggire alla morte.Le parole sono potenti come tuoni….. E allora pronunciamole! Gridiamo forte il nostro dissenso di fronte alla pavidità dei governi, di una Europa capace di balbettii inconsistenti e ragionamenti improntati alla bieca convenienza. Questo non è più il tempo del silenzio.

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