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Sabato 6 e Domenica 7 Aprile si terrà a Sezze la 50° Sagra del Carciofo. Bene. Bene l'esposizione di stands gastronomici nel centro storico con la degustazione delle prelibatezze del campo setino e, in particolare, dei carciofi cotti e mangiati alla romana, alla giudia, alla matticella e fritti dorati. Bene la bazzoffia con il pane sezzese inzuppato nel brodo insaporito da tutte le spezie di cui è stracolma la pianura pontina. Bene l'animazione nei vari quartieri del paese da parte di giocolieri, artisti di strada, gruppi folcloristici che suonano e ballano attirando la simpatia e la complicità dei visitatori. Bene le migliaia di turisti alla riscoperta dei vicoli e delle piazzette medievali, spesso dimenticate e trascurate dai sezzesi. Bene l'assaggio delle tipiche pastarelle alle mandorle e ai viscioli, dolcezze tipiche della tradizione locale. Bene le mostre d'arte, di pittura, dell'esposizione di merletti e biancheria intima che indossavano le nostre nonne. Bene le piazze affollate di gente intenta ad ascoltare poeti e giullari. Tutto bene, anzi benissimo a rendere straordinaria una giornata di festa e di allegria che, da 50 anni, si rinnova a Sezze. Ma, scusatemi: l’agricoltura, la produzione di carciofi, le prospettive di un rilancio del lavoro agricolo, le difficoltà dei contadini e dei coltivatori, che fine faranno? Ci sarà qualcuno, per esempio l'Amministrazione Comunale e Provinciale e Regionale, che si occuperanno delle prospettive di un rilancio dell'agricoltura? Mi permetto solo due riflessioni. E’ giusto, anzi è sacrosanto che la tradizione non debba scomparire, soppiantata dallo spettacolo e da uno sfrenata tendenza consumistica, perché la tradizione rappresenta l'identità e la storia di una comunità e non può essere sostituita né ridotta a bene di consumo "usa e getta". Il grosso difetto dei beni consumistici è che durano poco, sebbene appaiano al momento attraenti e indispensabili. Il bene consumistico, la merce non è mai originale e autentica; è il risultato di processi automatici spesso importati e incontrollati. Dura lo spazio di un mattino. La seconda riflessione è un po’ più impegnativa. Che fare per non assistere inermi alla scomparsa della produzione del carciofo setino, prodotto eccezionale per la sua bontà e le sue qualità organolettiche? Proprio nell'era della globalizzazione, l'era in cui viviamo, costituisce un'occasione irripetibile l'opportunità di esportare il prodotto fuori della Regione Lazio. La globalizzazione presenta indubbiamente dei grossi pericoli di conformismo e di sudditanza sia in economia che nella cultura. E' un pericolo da cui ci possiamo e ci dobbiamo difendere riaffermando la propria originalità e il proprio marchio.

Pubblicato in La Terza Pagina