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La scelta di Jakub Jankto

Lug 29, 2023 Scritto da 

 

 

"Ciao, sono Jakub Jankto. Come tutti gli altri, ho i miei punti di forza. Ho le mie debolezze. Ho una famiglia. Ho i miei amici. Ho un lavoro che lo svolgo come meglio posso, da anni, con serietà, professionalità e passione. Come tutti gli altri, anche io voglio vivere la mia vita in libertà. Senza paure. Senza pregiudizi. Senza violenza. Ma con amore. Sono omosessuale e non voglio più nascondermi".
 
Nel febbraio scorso Jakub Jankto, calciatore ceco, in forza allo Sparta Praga, squadra della sua città natale, dopo aver militato in Italia nell’Ascoli, nell’Udinese e nella Sampdoria, punto di forza del centrocampo della nazionale della Repubblica Ceca, ha postato un bellissimo video su Instagram e, in pochi secondi, ha squarciato il velo di decenni di ipocrisia del mondo del calcio. Se in generale non è facile fare coming out, ancor più lo è nell’ambiente calcistico. Tuttavia Jakub Jankto lo ha fatto in modo naturale. A 27 anni ha deciso di non voler più farsi carico, restando in silenzio, di sofferenze e discriminazioni.
 
Quella che dovrebbe essere semplicemente una non notizia, ha occupato le pagine dei giornali. L’aspetto positivo è che la sua dichiarazione, al netto degli insulti dei soliti odiatori da tastiera, ha incassato il sostegno dei colleghi calciatori, dei più importanti club europei e dell’Uefa. Si tratta di un fatto importante dato che per decenni il calcio ha incoraggiato e tollerato, più o meno inconsapevolmente, comportamenti omofobi, discriminatori e razzisti e da più parti si continua ancora a farlo purtroppo.
 
Nelle ultime settimane in Italia questa non notizia è tornata al centro dell’attenzione per il trasferimento nel Cagliari del centrocampista ceco, che saluta la Liga e torna nella nostra Serie A con un contratto di due anni, un milione di ingaggio compresi i bonus, e l’opzione di rinnovo per un’altra stagione.
 
Al di là di questi aspetti tecnici ed economici ad assumere rilevanza è quanto Jakub Jankto rappresenta: è il primo calciatore omosessuale dichiarato a giocare nel nostro campionato. In una situazione di normalità la sua omosessualità dovrebbe essere un dettaglio irrilevante, ma diventa fondamentale per il fatto che l’orientamento sessuale non è considerato ancora un aspetto normale della persona, da nemmeno specificare. Affermare che ad un uomo piacciono gli uomini è così una sfida ai pregiudizi e alla cultura omofoba dominante in generale e nello specifico nel calcio professionistico maschile, dove sono pochi i precedenti del genere e nessun calciatore, a tale livello e in attività, ha mai parlato apertamente della propria omosessualità.
 
Razzismo, intolleranza e altre forme di violenza sono problemi radicati in tutte le discipline sportive ma soprattutto toccano il calcio, sport di massa per eccellenza. Basta entrare in qualunque stadio o campo di gioco, dal calcetto con gli amici alla Serie A, per accorgersi che rappresentano spesso delle zone franche, dei luoghi esenti da molte norme che regolano l’ordinario funzionamento della nostra società ed è anche per questo che è molto difficile promuovere reazioni e risposte adeguate. L’arretratezza culturale del mondo del calcio emerge nei vari rapporti dell’AIC, nei quali i casi di omofobia non vengono neppure citati, anche se ovviamente esistono. Non è casuale che in Italia non si conoscono calciatori professionisti omosessuali dichiarati nonostante siano coinvolti circa 7 mila atleti. Le azioni positive promosse per superare discriminazioni e pregiudizi all’interno della nostra società non sono finora riuscite ad abbattere il muro e a penetrare nel mondo del calcio, che rimane uno degli ultimi grandi settori sociali in cui prevale un retaggio culturale anacronistico e un rifiuto implicito dell’omosessualità. Invero il problema riguarda solo il calcio maschile, dato che in quello femminile le calciatrici vivono liberamente e pubblicamente la loro sessualità.
 
La scelta di Jakub Jankto potrebbe segnare un punto di svolta e aprire finalmente al riconoscimento di una libertà sinora negata a migliaia di atleti da atteggiamenti prevaricatori e apertamente omofobi. Tuttavia, a giudicare da reazioni e commenti provenienti da più parti e soprattutto da parte dei rappresentanti delle istituzioni, c’è da essere sconfortati.
 
Il Ministro per i Giovani e lo Sport, appresa la notizia del suo trasferimento in Italia, ha ritenuto di intervenire sulla scelta di Jakub Jankto, regalandoci una perla di straordinario valore culturale, sociale e sportivo. Ha definito ancora una volta l’omosessualità una scelta personale che evidentemente implica, a rigor di logica e di vocabolario, la possibilità di scegliere diversamente. Insomma l’orientamento sessuale non sarebbe un aspetto essenziale e qualificante la persona, non siamo di fronte ad una questione di diritti fondamentali e al necessario rispetto che ognuno di noi dovrebbe riservare all’altro. Il Ministro ha sostenuto di rispettare la scelta del calciatore, ma non gli piace proprio che ne abbia parlato. A suo giudizio sarebbe un’ostentazione. D’altra parte come dargli torto: quando lui ha assunto la carica di ministro non ha specificato di essere eterosessuale perché non è una persona che ostenta…. Al di là del fatto che il Ministro farebbe buona cosa a preoccuparsi di rilanciare lo sport per tutti in un Paese in cui da anni mancano le strutture e c’è difficoltà di accedervi per le famiglie meno ricche, non si comprende perché secondo lui dichiarare il proprio orientamento sessuale significherebbe ostentare. Non pensa Abodi che un ambiente con grandi sacche di omofobia, come è quello del calcio, avrebbe bisogno di altri messaggi da lanciare e soprattutto dovrebbe mostrare rispetto per tutte le persone come il suo ruolo da ministro gli imporrebbe? 
 
Purtroppo è l’ennesimo segnale della cultura politica omofoba e retrograda che permea il Governo, il cui posizionamento in termini di tutela dei diritti sembra segnare dei significativi passi indietro, se non proprio mirare ad una cancellazione sostanziale delle conquiste di progresso e civiltà di questi ultimi anni.
 
La verità è che solo quando non saremo più costretti a definire scelte come quella di Jakub Jankto “gesti di coraggio” sarà un giorno importante per il nostro Paese.
Pubblicato in Riflessioni

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