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La Shoah è il nostro cuore di Tenebra

Gen 28, 2024 Scritto da 

 

 

27 gennaio 1945. 

Le truppe dell'Armata Rossa dell'Unione Sovietica liberarono il campo di sterminio tedesco di Auschwitz. Le sorti ormai segnate della guerra e l'avanzata degli eserciti alleati avevano spinto il comando nazista ad ordinarne l'evacuazione. Circa 60 mila prigionieri, in gran parte ebrei, furono costretti a mettersi in marcia in direzione della città di Wodzislaw, nella parte occidentale dell'Alta Slesia. Alcune migliaia di persone, non in grado di affrontare il viaggio perché troppo deboli o malate, furono trucidate. Prima che il campo fosse abbandonato, le SS cercarono in tutta fretta di distruggere le prove degli orrori commessi, riuscendovi solo in parte. 

Durante la Marcia della Morte le SS uccisero quanti stremati non erano in grado di proseguire il cammino, più di 15 mila persone. All'interno del campo di Auschwitz l'esercito sovietico troverà e libererà oltre settemila sopravvissuti, malati e moribondi. Si stima che tra il 1940 e il 1945 furono deportati ad Auschwitz circa 1,3 milioni di persone e di queste almeno 1,1 milioni vennero assassinate.

Dal 1933, quando venne realizzato il primo campo di sterminio a Dachau, al 1945 la dittatura nazista ei regimi suoi alleati e complici si resero responsabilità dell'assassinio di 6 milioni di ebrei, oltre ovviamente a tutti gli altri internati: omosessuali, disabili, rom , sinti, oppositori politici, testimoni di Geova, clochard, ecc..

La Shoah è il nostro cuore di Tenebra, non un incidente imprevisto e imprevedibile, ma una realtà che affonda le sue radici nel brodo di coltura dell'antigiudaismo e dell'antisemitismo che ha attraversato nei secoli, lungamente e con diverse forme, la cultura occidentale ed ha raggiunto il suo apice razzista nella pianificazione criminale dello sterminio del popolo ebraico e delle altre minoranze etniche e culturali in nome della purezza ariana.

La macchina dei lager, finalizzata all'eliminazione di quanti erano considerati sub-uomini e larve umane, indegne di vivere, l'obiettivo di far scomparire completamente dalla faccia della terra il popolo ebraico, l'arrogarsi il diritto di decidere chi doveva o non doveva continuare ad abitare la terra, spinto alle estreme conseguenze, ha costituito il carattere specifico di un piano diretto a modificare la configurazione stessa dell'umanità ed ha svelato alla radice il livello di crudeltà ed abiezione al quale l'uomo è capace di spingersi.

La Shoah pone domande abissali alla nostra umanità, mette in discussione i valori fondanti la nostra civiltà e in particolare interroga in modo radicale i credenti nel Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe e di Gesù di Nazareth. Dov'era Dio, il Sommo Bene, Colui che ama l'uomo con un Amore senza eguali ed incondizionato, quando milioni di innocenti venivano sterminati? Si tratta di una domanda tanto essenziale quanto ineludibile, di fronte alla quale non bastano risposte di circostanza e tantomeno possiamo fingere che non ci tocca e ci riguarda. 

Elie Wiesel nel suo libro La Notte scrive: “Sia benedetto il nome di Dio? Perché, ma perché io avrei dovuto benedirlo? Ogni fibra di me si ribellava. Perché Egli aveva condannato migliaia di bambini a bruciare nelle Sue fosse comuni? Perché aveva continuato a far funzionare sei forni crematori giorno e notte, inclusi lo Shabbat ei giorni santi? Perché con la sua forza aveva creato Auschwitz, Birkenau, Buna e tante altre fabbriche di morte? Come potevo dirgli: Benedetto sei tu, onnipotente, Signore dell'Universo, che ci hai scelto fra tutte le nazioni ad essere torturati giorno e notte, per vedere come i nostri padri, le nostre madri, i nostri fratelli finiscono nei forni? […] Ma ora, non ho più supplicato per nulla. Non ero più in grado di emettere un lamento. Al contrario, mi sentivo molto forte. Io ero l'accusatore, Dio l'imputato!”.

Numerosi teologi e pensatori hanno cercato di dare risposta a questi interrogativi, di trovare una via di uscita di fronte all'assurdità di quanto Auschwitz rappresenta.

Il teologo Jurgen Moltmann, tra i più importanti pensatori tedeschi, il quale ha riflettuto a lungo sulla tragedia dei campi di sterminio, ha proposto l'immagine di un Dio crocifisso, sofferente e protestante, che non si distacca dal dolore dell'umanità ma vi entra volontariamente dentro con compassione. “Dio in Auschwitz e Auschwitz nel Dio crocifisso”. Come la croce di Cristo, così anche il lager di Auschwitz si trova in Dio stesso, è stato assunto nel dolore del Padre, nella consegna del Figlio e nella forza dello Spirito. Ciò non comporta la minima giustificazione di quanto è accaduto nei campi di sterminio, delle atrocità sofferte dalle vittime, perché la croce stessa segna l'inizio della storia trinitaria di Dio. Dio è un Dio che protesta e si oppone agli “dei di questo mondo” di potere e di dominio, entra nel dolore umano e soffre sulla croce e sul patibolo di Auschwitz.

Il pensatore tedesco Johnann Baptist Metz, anche lui teologo, sposta il ragionamento: “La domanda teologica dopo Auschwitz non è solamente: dove era Dio ad Auschwitz? Ma è anche: dove era ad Auschwitz l'uomo? Come si potrebbe credere nell'uomo, o perfino nell'umanità, quando si dovette sperimentare ad Auschwitz di che cosa «l'uomo» è capace? Come continuare a vivere tra gli uomini? Che cosa sappiamo noi della minaccia all'umanità dell'uomo, noi che abbiamo vissuto voltando le spalle a questa catastrofe o che siamo nati dopo di essa? Auschwitz ha ridotto profondamente il limite di pudore metafisico tra uomo e uomo. A questo sopravvivono solo coloro che hanno poca memoria o coloro che sono riusciti bene a dimenticare che hanno dimenticato qualcosa. Ma nemmeno questi restano illesi. Non si può peccare quanto si vuole contro il nome dell'uomo. Non solo l'uomo singolo, anche l'idea dell'uomo e dell'umanità è profondamente vulnerabile. Solo pochi collegati ad Auschwitz l'attuale crisi d'umanità: l'insensibilità crescente di fronte a diritti e valori universali e grandi, il declino della solidarietà, la furba sollecitudine nel farsi piccoli pur di adattarsi a ogni situazione, il rifiuto crescente di offrire all'io dell'uomo una prospettiva morale, eccetera. Non sono tutte scelte di sfiducia contro l'uomo? La catastrofe che è stata Auschwitz costituisce forse una ferita inguaribile?”. 

Domande a cui siamo chiamati per trovare le risposte, sforzandoci di capire non solo ciò che Auschwitz è stato ma cosa è oggi la nostra umanità.  

Pubblicato in Riflessioni
Ultima modifica il Domenica, 28 Gennaio 2024 07:00 Letto 534 volte

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