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“Il primo cittadino, capo dell’amministrazione comunale di Sezze, se la canta e se la suona. Tanto lo sa che il confronto e la discussione all’interno della vita cittadina è pari a zero”. Paolo di Capua, portavoce del comitato Acqua Pubblica di Sezze, si riferisce al vuoto politico e amministrativo che sta vivendo la città. Tre anni di amministrazione “che evidenziano il vuoto” ed “il fallimento” dell’azione di governo, tre anni "in cui la comunità è stata ulteriormente impoverita dalla politica del gambero". “Molte questioni restano irrisolte – afferma ancora Di Capua – il primo cittadino dica alla città quale questione è andata a buon fine nell’interesse dei cittadini negli ultimi 3 anni”. Per Di Capua è arrivata la fine di un ciclo politico e amministrativo. “Se il sindaco non riesce a cambaire passo e a generare una inversione rigenerativa – conclude – dovrebbe prendere atto della fine di una stagione e mandare tutti a casa dimettendosi. Tanto tra la gestione commissariata e l’attuale amministrazione comunale non esiste una differenza”.

 

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Domenica, 12 Gennaio 2020 07:29

E la chiamano giustizia....

 

 

 

Roma.

Una mattina di metà dicembre, grigia e tiepida come solo questo tempo pazzo sa regalarci. Non piove per fortuna. Giove Pluvio ha deciso di concedere una tregua a noi umani. Piazzale Clodio è il solito formicaio, un delirio di traffico. Normalità.

Armato di borsa e toga, percorro a piedi il tratto di strada che mi divide dalla cittadella giudiziaria. L’udienza innanzi alla Corte d’Appello Penale è fissata alle nove. È presto, ho tutto il tempo ma voglio arrivare con calma.

La borsa è pesante e non solo per il fascicolo voluminoso che mi porto dietro. Ho appellato una sentenza che ha inflitto una pena dura al mio assistito. Penso sia sbagliata e ingiusta. Sono il suo difensore, fa parte del mio lavoro tentare di smontare le accuse e mirare ad un risultato più favorevole. Tuttavia la realtà a volte è più complicata. La sentenza è stata emessa al termine di un processo di primo grado celebrato al passo di carica, con una fretta incomprensibile, stando ai tempi soliti della giustizia e con la compressione del diritto di difesa.

Un esempio è illuminante.

Udienza di primo grado. Sentito l’ultimo testimone, il Presidente del collegio invita pubblico ministero e difesa a concludere visto che non ci sono richieste di ulteriori prove. Chiedo la parola. Il Presidente mi rivolge un’occhiata tra l’infastidito e l’annoiato. La difesa, a suo tempo, ha chiesto ammettersi altre prove su cui il collegio si è riservato di decidere, in particolare l’esame comparativo tra il DNA trovato su un oggetto usato per compiere il reato e quello dell’imputato, esame tralasciato durante le indagini preliminari, che potrebbe escluderne la colpevolezza. La replica è disarmante: - Perché agli atti del processo risulta rinvenuto del DNA?-. Il collegio si ritira in camera di consiglio. Dieci minuti e la decisione sulla richiesta è presa: si tratta di un riscontro irrilevante per stabilire se l’imputato è colpevole o innocente.

L’esame è costoso e la macchina della giustizia non ha intenzione di spendere risorse per questa vicenda che riguarda un signor nessuno.

La Corte d’Appello Penale è ospitata in una struttura moderna. Attraverso il varco riservato agli avvocati, mostro il tesserino all’addetto alla sicurezza e mi addentro nel ventre del palazzo. L’aula d’udienza è al piano terra, priva di finestre ma ampia e ben illuminata, le pareti sono rivestite di legno chiaro e possiede una certa solennità. Gli scranni dei giudici e del cancelliere sono vuoti. Prendo posto tra i banchi riservati alla difesa ed aspetto.

Il tempo scorre lento. In aula ci sono alcuni colleghi. Suona la campanella e l’udienza ha inizio. I tre giudici e il cancelliere prendono posto. Il Presidente del collegio è un magistrato sulla sessantina, un toscano simpatico e dai modi diretti. Vengono chiamati i procedimenti a ruolo: una lunga catena di rinvii per motivi tecnici. Giunge il mio turno. Il Presidente fa presente che anche per la mia causa c’è un problema. Il Procuratore Generale gli ha comunicato che gli è stata trasmessa una copia parziale dell’atto d’appello. Il personale di cancelleria ha fotocopiato solo le pagine dispari e pertanto non è in grado di capire quali siano esattamente i motivi di impugnazione della sentenza. È necessario un rinvio. Aggiunge di aver letto l’atto d’appello: le questioni sollevate richiedono un vaglio attento del pubblico ministero. Se si fosse trattato del solito atto dilatorio, gli avrebbe dato lui stesso una copia e, dopo una breve sospensione, avremmo potuto trattare la causa, ma non è questo il caso.

Il Presidente del collegio abbassa lo sguardo sulle carte davanti a sé per qualche secondo e poi dice: – Sezze….quindi Latina -. – Sì, Presidente. Foro di Latina -. Inizia a raccontare la sua esperienza di magistrato prima di approdare, poco tempo fa, a Roma. Esprime giudizi duri sul funzionamento della giustizia. Con il Tribunale di Latina è impietoso, lo definisce il peggiore d’Italia, nonostante gli sforzi di questi anni. La storia poi dell’appello stampato solo nelle pagine dispari non la digerisce. Spiega di essere costretto a fotocopiarsi da solo gli atti dei processi e di dover comprare la carta di tasca propria perché gli uffici non vengono riforniti. – Tutto questo è normale?- domanda. – No, Presidente – intervengo – è umiliante per voi magistrati, per noi avvocati e per i cittadini che aspettano giustizia -. – Ha detto bene avvocato, è umiliante -. Mi congeda.

Una giornata di ordinaria giustizia.

L’appello fotocopiato solo nelle pagine dispari è emblematico, la mancanza di carta per stampare gli atti processuali è indegna di un paese civile. Trovo ancor più avvilente, però, sentir affermare che il problema dei processi è la prescrizione non la macchina della giustizia che non funziona, i magistrati e il personale addetto sotto organico, che i problemi si risolvono limitando i diritti, imprimendo un marchio di perennità alle cause, che la soluzione è trasformare le indagini in un tunnel senza uscita, in un macigno che grava a vita sulle persone, il tutto peraltro in contrasto con la Costituzione. Si scarica la colpa della durata dei processi sugli avvocati quando il 53% si prescrive prima del rinvio a giudizio, il 22% durante i dibattimenti di primo grado e non per l’attività dei difensori. Cesare Beccaria diceva che la giustizia deve essere certa, celere e giusta. Un processo che non accerta rapidamente chi è colpevole e chi è innocente, che non risarcisce le vittime, che arriva al risultato dopo dieci, venti, trenta anni è negazione della giustizia. Sentir dire poi dal Ministro di Grazia e Giustizia che un reato è doloso se non si dimostra che è colposo, consentimi è una vergogna. A chi ha fatto notare l’abnormità giuridica di tale affermazione è stato risposto che il ministro è un civilista, non un penalista. Peccato che per laurearsi in giurisprudenza bisogna superare anche l’esame di diritto penale.

Dettagli evidentemente….

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Venerdì, 10 Gennaio 2020 15:53

E' tempo delle iscrizioni a Scuola!

 

 

 

Una tappa importante per futuro di ogni ragazzo. Una scelta che può determinarne il successo o l'insuccesso di tutta la vita. La scadenza delle iscrizioni alle scuole, di ogni ordine e grado, è fissata dal Ministero della P.I. al 31 Gennaio p.v. Esse sono obbligatorie "on line" per le scuole statali e "facoltative" per quelle paritarie. La registrazione deve essere effettuata dal genitore o da chi esercita la responsabilità genitoriale (cfr. Miur Scuola in Chiaro). Per la scuola dell'infanzia (materna) prevale, di solito, il criterio della vicinanza territoriale, onde evitare ai bambini (3-6 anni) un tragitto faticoso, poco agevole e breve e un costante rapporto con l'insegnante. Per la scuola primaria (elementare e media) è possibile indicare, oltre alla prima scelta, altre due scuole perché, in caso di eccedenza di domande, quelle non accolte vanno indirizzate verso altro Istituto. Inoltre si può decidere, laddove sono in vigore, tra il Tempo Ordinario di 30 ore settimanali e il Tempo Prolungato, da 36 fino a 40 ore settimanali. Ovvio ricordare l'obbligo di frequenza  e il diritto per tutti i bambini, senza esclusione alcuna:  uno dei princìpi fondamentali della nostra Costituzione. Per le scuole secondarie di 2 grado (scuole superiori), anche se il tempo stringe, sono ancora molti gli studenti indecisi sul tipo di scuola da scegliere: licei, istituti tecnici, istituti professionali. Perciò, forte, della mia esperienza ultra-quarantennale, mi permetto di dare qualche consiglio:

1) non affidarsi alle "mode correnti" ma interpellare e rispondere alle proprie attitudini e aspirazioni, con un occhio rivolto al mercato dl lavoro: con l'impegno e la volontà si possono superare tutti gli ostacoli (esperientia docet).

2) non affidarsi solo al "sentito dire" molto approssimativo: verificare personalmente e parlare con i genitori e gli insegnanti. Occorre conoscere in profondità cosa offre un indirizzo di studi(umanistico, pedagogico, scientifico, tecnico, artistico, musicale etc).

3)non decidere in base alla prima impressione o a fattori poco fondati e poco razionali;

4) valutare opportunamente la stabilità del corpo docente della scuola scelta  e leggere attentamente la programmazione e il Piano dell'Offerta Formativa (POF).

5) considerare attentamente il clima di rispetto, di collaborazione, di fiducia, di impegno e passione civile, di solidarietà che si respira nella scuola prescelta;

6) ascoltare e dare credito al giudizio "orientativo" degli insegnanti, di cui bisogna avere fiducia e stima;

7) i genitori non devono imporre la loro scelta ai propri figli ma non devono neanche assecondarli incondizionatamente:

8) l'ultima parola spetta al ragazzo ma questo deve essere informato adeguatamente perché, a parer mio, 13/14 anni sono veramente pochi per decidere del proprio futuro;

9) 13/14 anni sono pochi, in verità, per compiere una scelta che può determinare la propria esistenza. Ecco perché essa deve essere il risultato di una sintesi tra alunno-famiglia-scuola, prendendo atto (ahimè!) che ogni scelta che compiamo non è mai totalmente libera ma condizionata da fattori interni ed esterni (luogo di nascita, ambito familiare, opportunità e possibilità economiche, inclinazioni e attitudini personali etc).

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Conto alla rovescia per un grande evento tutto setino ma che per qualità ed importanza che ricopre da anni ha ben oltrepassato i confini provinciali. Conto alla rovescia per ascoltare e rivivere la poesia e la musica di Faber. Sabato prossimo, 11 Gennaio, a 21 anni esatti dalla morte del grande cantautore genovese, con inizio alle ore 21 presso l’Auditorium Costa di Sezze, andrà in scena la diciottesima edizione del concerto tributo a Fabrizio De André. Diventato ormai un appuntamento tradizionale delle manifestazioni culturali del Natale setino, con il patrocinio del Comune di Sezze, la manifestazione di quest’anno, organizzata dall’Associazione culturale LE COLONNE e diretta dall’ideatore dell’evento Franco Abbenda, vedrà come protagonisti principali il gruppo musicale LE STORIE DI IERI. Già presenti in precedenti edizioni, la coverband di musicisti provenienti da diversi paesi del sud pontino, torna al Costa nella nuova formazione ben assortita; composta da voci, due chitarre, flauto, tastiere, basso e batteria, la band salirà sul palco per eseguire un repertorio di pezzi arrangiati fedelmente agli originali di De André, con particolare risalto ai grandi successi sempreverdi. Nel corso della serata sono previste letture introduttive e due brevi intermezzi musicali: un duo chitarra e voce femminile ad aprire la serata, ed un trio tutto al maschile con voce, basso e fisarmonica nell’intervallo. Come ogni anno, il concerto sarà l’occasione per devolvere in beneficienza la cifra residua, fatte salve le spese organizzative e istituzionali. Il biglietto è di 10€. Una manifestazione di qualità e spessore da non perdere.

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Non bastano gli ammanchi, gli evasori, le mancate entrate, gli squilibri e le anticipazioni di cassa. La difficile situazione finanziaria, tale da far richiedere anche al Comune di Sezze fondi per prevenire il dissesto, è aggravata da mancati pagamenti e per interessi che lievitano di giorno in giorno legati a ricorsi per decreti ingiuntivi. Se ne parlerà nel prossimo Question Time grazie alle diverse interrogazioni presentate dai consiglieri comunali del BiancoLeone, avamposto di presenza e garanzia su molte problematiche presenti in città. Serafino Di Palma, Paride Martella e Giovanni Moraldo, infatti, hanno protocollato una serie di interpellanze tra cui quella inerente il ricorso presentato dalla MYO Spa. Il credito avanzato da questa società per mancati pagamenti per emesse fatture di materiale di cancelleria ammonta ormai quasi a 10 mila euro, considerato che le fatture da pagare risalgono al 2009. I consiglieri chiedono al comandante della Polizia Locale Lidano Caldarozzi delucidazioni in merito dato che sembrerebbe materiale acquistato per il Comando della Polizia Locale.  Sempre di mancati pagamenti parla un’altra interrogazione presentata al sindaco dal BiancoLeone. Questa volta la somma si aggira intorno ai 17 mila euro rispetto ai 12 mila da pagare inizialmente e sono relativi alla sentenza del Tar di Latina 635 /2019. I consiglieri di opposizione si chiedono perché “con riferimento alla sentenza per l’esecuzione del giudicato sul decreto ingiuntivo della ditta Esse CI, il Comune di Sezze non ha effettuato i pagamenti entro i tempi dovuti facendo aumentare il debito”. 

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Martedì, 31 Dicembre 2019 09:39

L'anno vecchio se ne va...

 

 

L'anno vecchio se ne va. Tanti ricordi, un pò di nostalgia. Tante amarezze, poche gioie. Tante promesse, poche realizzazioni. Tante speranze, molte delusioni. E' il ciclo della vita. Allora salutiamo il nuovo anno. Il 2020 non sarà uguale per tutti. Una categoria di persone, quelle oltre gli "anta"(sessantenni-settantenni), di cui faccio parte, rifiutano ostinatamente di contare gli anni. Rifiutano di invecchiarsi. Per loro, il tempo si è fermato. La pensione tanto sospirata è arrivata, fortunatamente. Molti di loro continuano a lavorare, un pò per svago, un pò per arrotondare, un pò perché l'età pensionabile viene continuamente spostata, un pò perché non sanno che fare, un pò perché sono decisamente diversi dagli anziani delle passate generazioni. Più in forma, più sani, più attivi. Merito di un'alimentazione migliore, di maggiori esercizi fisici, di cure preventive e di farmaci. Gli ultra sessantenni-settantenni di oggi non sembrano in procinto neanche di arrendersi sotto il profilo affettivo e sentimentale. Alcuni farmaci (così dicono!), presi al momento giusto, ringiovaniscono la vita e fanno stare in forma! Molti di loro si dedicano ai nipotini. Dalla mattina alla sera, dal lunedì al sabato,  spesso anche la domenica e le feste comandate. Qualche volta i genitori ne approfittano perché sanno che senza i nipotini i nonni non avrebbero niente da fare, si annoierebbero, poveretti! I nipotini sono un pezzo del cuore ma non ti lasciano un attimo di riposo e di libertà. Secondo le statistiche, nei paesi industrializzati, gli ultrasessantenni rappresentano l'11 per cento della popolazione, mentre 20 anni fa erano l'8 per cento. La loro aspettativa di vita è cresciuta mediamente di 4 anni rispetto all'anno 2000. Un quinto di essi continua a lavorare. Sono molto propensi a viaggiare e... a fare nuove esperienze e avventure amorose. Negli ultimi anni, infatti, sono cresciute notevolmente le separazioni e, per converso, le unioni civili tra generazioni diverse. Sessantenni accompagnati (o fidanzati) con donne molto più giovani, soprattutto straniere. Insomma è l'anno dei giovani-vecchi! Per tornare alle cose un pò più serie, comunque, è doveroso il giorno di S.Silvestro  tracciare un  bilancio. Dunque, come sarà il nuovo anno 2020 per tutti noi? "Quella vita che è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non è la vita passata, ma la futura. Con l'anno nuovo, il Caso incomincerà a trattare bene voi e me e tutti gli altri, e allora  comincerà la vita felice!"(G. Leopardi. Le Operette Morali. Dialogo tra un venditore di almanacchi e un passeggero). Buon Anno e buona fortuna!

 

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Il tempo scorre con i suoi ritmi incalzanti ed ineluttabili.

Gli eventi, piccoli e grandi, personali e collettivi, si inseguono e fatichiamo a comprenderne portata e conseguenze nello spicchio di storia che ci appartiene.

Le magnifiche sorti e progressive del mondo sono soprattutto nelle mani di coloro che rivestono autorità ed esercitano poteri, ma nessuno può considerarsi dispensato da responsabilità e partecipazione, poiché con le scelte influenziamo le dinamiche degli accadimenti.

Rinunciare alla libertà di essere noi stessi, ridurci a semplici comparse sulla scena, marionette di cui altri tirano i fili, svuotarci della facoltà e del dovere di pensare in autonomia, arruolarci nella massa acritica che si limita a inseguire le mode, fare nostri linguaggi sprezzanti e incattiviti, come è abitudine sui social, assumere atteggiamenti deplorevoli perché così fan tutti, pur di non correre il rischio di sentirci “diversi”, sono sempre e comunque nostre determinazioni.

In definitiva non siamo condannati a soggiacere passivamente all’accadere del tempo e degli eventi. La coscienza di noi, il pensare e il pensarci, il patrimonio di idee, sentimenti e relazioni sono strumenti formidabili e preziosi che ci consentono di appartenerci integralmente, di sottrarci ai condizionamenti e di contribuire al cammino comune.    

Questi giorni, ultimi spiccioli di un anno che ormai volge al termine possono rappresentare un’ottima occasione per fermarci, per riappropriarci del nostro tempo, per liberarci da impegni e assilli e tentare di tirare le somme, di tracciare un bilancio della nostra vita, degli effetti delle nostre scelte e delle nostre dimenticanze, di come abbiamo inciso su quanti ci sono accanto.

Dobbiamo ritagliarci un angolo di silenzio nel fracasso assordante che ci circonda, nel bombardamento mediatico incessante, metterci davanti alla nostra coscienza, a Dio per chi ha il dono della fede, e vagliarci attentamente.

È più semplice indirizzare lo sguardo verso gli altri, puntare il dito accusatore su quanto di sbagliato, a nostro avviso, è riscontrabile nel loro agire, indossare le vesti di giudici inflessibili dei loro errori, compiacerci di poterli bacchettare severamente, mentre invece siamo disabituati alle verifiche personali, a passare sotto la lente d’ingrandimento le nostre vite, ad esaminarci con occhio critico. Tuttavia tale esercizio è indispensabile se vogliamo migliorare, partendo certamente dal bene compiuto, ed evitare di ripercorrere ottusamente strade fuorvianti, ingannevoli e fallaci.

Dopo un anno, fatto di giorni colmi di vissuto, di esperienze e persone incontrate è impensabile che nulla si sia mosso e sia cambiato in noi. Decisioni futili e scelte rilevanti ci hanno riguardato e trasformato nel profondo.

Sicuramente siamo stati capaci di gesti di bontà, generosità e altruismo, ma anche di azioni spregevoli, spinti da egoismo e cattiveria.

Abbiamo pronunciato parole con leggerezza, non riflettendo sulle conseguenze che avrebbero prodotto, e abbiamo taciuto per paura o per convenienza.

I nostri errori sono stati causati da ingenuità e faciloneria, ma anche da orgoglio e presunzione che ci hanno accecati.

Il nostro amore e la nostra amicizia hanno inondato le persone, ma abbiamo inflitto anche freddezze ingiustificate e distacchi dolorosi, ci siamo rinchiusi in noi stessi in compagnia dei nostri progetti e spesso del nostro egoismo.  

Nel lavoro abbiamo operato lealmente, assumendoci oneri e responsabilità e non ricercando solo gratificazioni e riconoscimenti, ma è capitato anche di mettere in cattiva luce il compagno di reparto, il collega che occupa la scrivania vicina alla nostra.

Ci siamo resi responsabili o quantomeno abbiamo tollerato illegalità e ingiuste, ma abbiamo anche rifiutato di esserne complici e di fingere di non vederle. 

Il timore di restare schiacciati sotto il peso di paure lungamente ci ha gravato l’anima, ma siamo stati capaci di sorrisi per aver compreso che aver paura è profondamente umano, fa parte della normalità.

Abbiamo scoperto di possedere fragilità più consistenti di quelle che ci sarebbe piaciuto riconoscere, ma ci siamo accorti che ci rendono più vivi, costituiscono paradossalmente una opportunità.

Siamo luce e ombra in definitiva.

Scoprire se il nostro bilancio è in deficit o in attivo non deve spaventarci.

Il nostro valore va commisurato sui limiti che siamo in grado di superare, sui difetti che cerchiamo con fatica di correggere, sul bene che facciamo in maniera libera e disinteressata, non sull’arte di ingannare e mascherare quanto di noi non va o per i soldi che riempiono il nostro portafoglio con i quali pensiamo di comprare amicizia, lealtà e stima.      

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Martedì, 24 Dicembre 2019 06:37

I broccoletti di Sezze

 

 

 

Sono un prodotto tipico e distintivo del territorio del Comune di Sezze, di cui è originario e da cui si è diffuso nella fascia pedemontana dei Lepini, dove in qualche paese sono conosciuti con il nome di simi, per la grande quantità di semi originati dalla loro abbondante fioritura di colore giallo.

I Broccoletti di Sezze appartengono botanicamente alla famiglia delle Crucifere ordine Brassica rapa sub specie sylvestris esculenta, ma in dialetto sono  chiamati brùcculècchi con una inimitabile fonetica dialettale delle ultime tre consonanti che solo i sezzesi autentici sanno pronunciare, quasi a sottolineare l’inimitabilità e la tipicità di questa nostra eccellenza, dal sapore unico ed inconfondibile. 

Di broccoletti di Sezze esistono due ecotipi fondamentali che si differenziano tra loro per l’apparato radicale e la classe di precocità: il più antico è a ciclo tardivo di novanta giorni e si presenta con la classica radice a bulbo di rapa, che non viene consumata perché è fondamentale per i ricacci dei nuovi broccoletti, che si raccolgono per tutto l’inverno.

L’altra varietà, più diffusa, è a ciclo medio precoce di sessanta giorni, si presenta con una radice a fittone ed è frutto di una selezione, che i nostri nonni hanno sapientemente operato nel corso dei secoli, con il fine di anticiparne la produzione e di assaporarlo il prima possibile e per più cicli produttivi.

I broccoletti di Sezze differiscono dagli altri coltivati nel resto del Lazio e in altre Regioni, soprattutto Campania e Puglia, per essere una pianta meno cespugliosa e più compatta, con foglie affusolate, poco frastagliate e di un colore verde pallido caratteristico.

In tali regioni, i broccoletti venivano largamente usati anche per l’alimentazione bovina, cosi a Sezze quando si vogliono distinguerli dai nostri, vengono curiosamente chiamati  broccoletti di vacca.

I Broccoletti di Sezze come pure le altre varietà comunemente conosciute come “cime di rapa” sono piante tipicamente mediterranee ed autoctone.  I nostri emigranti, quasi tutti contadini, partiti per Ellis Island e successivamente in Australia e Canada, non volendo rinunciare a questa specialità della loro terra, hanno portato i semi con loro, tentando di riprodurli in quei luoghi, ma ahimè, senza successo.

Sono assai ricercati in cucina nel periodo autunnale ed invernale, come verdura cotta ripassata in padella con aggiunta di olio extravergine di oliva.

Da sempre sono commercializzati nel classico mazzetto del peso di circa 7 etti, corrispondenti a due antiche libbre romane, e prima di essere cucinati necessitano di un paziente lavoro di pulitura, che in dialetto viene detto scintere, cioè scindere le parti più tenere ed i fiori da quelle più dure che vanno buttate, mentre i nostri padri che non buttavano nulla le utilizzavano per alimentare gli animali (galline, pecore, muli, etc).

E’ noto che nella civiltà contadina tutto tornava utile e nulla veniva mai sprecato o buttato: gettare i doni del Signore era come commettere un peccato mortale. Quando un pezzo di pane cadeva a terra lo si baciava e si riponeva nell’arcone.

L’assenza di fonti scritte ci rende difficile risalire all’origine della coltivazione dei broccoletti nel territorio, tuttavia essendo una pianta autoctona è da ritenere che sia molto remota anche a ragione di alcune ricette delle quali se ne sta perdendo la memoria.

Infatti, oggi i broccoletti vengono comunemente consumati con il pane, la classica salciccia di maiale ed il vino rosso, ma in passato la pizza roscia a’ gli mattòno, cu gli brùcculècchi e la saràca era il classico cibo invernale che i nostri contadini usavano portarsi fòre e che pastori, pescatori e cacciatori consumavano nella palude.

Una volta, quando i campèri volevano accattivarsi il favore di un loro fattoretto o bracciante, soprattutto per farlo lavorare con maggior lena e “tirare” tutta la squadra , solevano offrirgli di nascosto una o più sarache con i broccoletti che questi accettavano di buon grado perché la fame era tanta.

Così ancora oggi, quando a Sezze qualcuno difende a spada tratta le ragioni di un altro senza che  le abbia, gli si dice: Ma che t’ha dato la saraca? oppure  me simbri i babbào cu la saràca ‘mmano (uno spaventapasseri con la saràca in mano).

Molto apprezzata ancora oggi è la tradizionale polenta con i broccoletti.

I broccoletti di Sezze sono quindi una vera e propria istituzione della cucina autunno-invernale del nostro paese. Sia che vengano abbinati alla classica salciccia  di maiale, sia come contorno con altri tipi di carni, o semplicemente da soli, fanno sempre fare ottima figura alla nostra cucina. Inoltre, secondo i diestisti possiedono virtù salutari depurative, detossificanti ed antiossidanti sul nostro organismo.

E’ inutile cercare i semi di Broccoletti di Sezze altrove, essi sono reperibili solo in loco ed ogni contadino che ne ama la produzione, fa in modo di ricavarne il seme per l’anno successivo.

Così, a febbraio si seminano alcune piante per la riproduzione, dette portasemi, a fine maggio si estirpano e si mettono ad essiccare al sole ricoperte da una sottile reticella per impedire agli uccelli di cibarsi dei semi.

Dopo circa un mese, quando le piante sono ben secche, vengono battute su di un telo con un mazzafrusto per distaccarne i semi.

I Broccoletti di Sezze, con le prime semine di fine Luglio, si raccolgono già dal mese di Settembre, e con semine successive a rotazione se ne possono avere per tutto il periodo invernale sino al sopraggiungere della primavera, quando cede ai carciofi lo scettro di principe dell’agricoltura e della cucina setina.

Si fanno i semi dei Broccoletti

Campo di broccoletti e Sezze sullo sfondo che padroneggia la pianura

Pubblicato in Storia e Tradizioni
Lunedì, 23 Dicembre 2019 06:55

Lettera a Babbo Natale

 

Caro Babbo Natale, so bene che non è più di moda scrivere lettere, perciò mi perdonerai se, data la mia età, sono ancora attaccato alle (buone) tradizioni. Ti scrivo, dunque, perché  mi ricordo che il tuo compito è quello di far felici, almeno per qualche giorno, i bambini e i poveri. Un tempo portavi tu i regali sotto l'albero. Oggi sono gli sponsor che fanno a gara e che riempiono le case di oggetti sempre più nuovi, sempre più sofisticati e più costosi, molto spesso sfacciatamente inutili e dannosi.Tu ti accontentavi di poco. Non portavi regali per accattonaggio: non sei stato mai così pezzente! Il tuo donare ha sempre avuto un intento educativo, morale, ispirato a un magico desiderio di portare gioia.

Caro Babbo Natale, io non ho mai visto un genitore scendere dal camino, guidare una slitta trainata dalle renne, sollevare un sacco pieno di doni senza restare bloccato con la schiena. Al più portava noci, mandarini e tanto carbone. Ma a tutti i bambini, poveri e ricchi, neri e bianchi!

Perciò quest'anno io non porterò più regali sotto l'albero. Te lo prometto. Alzerò la cornetta del telefono, chiamerò il numero 45510 e farò una donazione a Telethon. E quando la mattina di Natale i miei 6 nipotini sotto l'albero troveranno la vecchia calzetta con noci e mandarini e pochissimo carbone, darò loro una carezza e gli dirò: questa è la carezza di nonno, questa è la carezza di Babbo Natale! Arrivederci al prossimo anno!

Pubblicato in La Terza Pagina
Venerdì, 20 Dicembre 2019 12:38

KARATE, il Team Grassucci sbanca anche a Gaeta

 

 

La società sportiva “Setia Sport Karate” porta a casa nuovi e importanti risultati. Il Team Grassucci domenica 15 dicembre ha preso parte al trofeo di Natale ASI di Gaeta e anche qui, in terra borbonica, i setini hanno sbancato. Le atlete già campionesse del mondo e tutto il gruppo ancora una volta hanno dimostrato talento e disciplina, ottenendo brillanti vittorie. I risultati parlano chiaro: medaglia oro per Carlotta Morazzano, argento per Giulia Bonuso, categoria juniores cintura Blu. Per Ramona Campagna un arancio oro per la categoria juniores Kata cintura. Oro anche per Francesca Tuzi per la categoria senior kata cintura nera e argento per Maria Luisa De Santis. Per la categoria senior kata cintura gialla oro per Eleonora Toti e un argento per Luna Basile. Per la categoria Open squadra cintura nera open Oro per Nilde Grassucci, Lia Maenza e Francesca Tuzi. Un bronzo invece per Carlotta Morazzano, Ramona Campagna e Giulia Bonuso. Non sono mancate le esibizioni di gruppo per i più piccoli con Aaron Pierotti, Chiara Venditti, Aurora Battisti, Alisia Malandruccolo, Matteo Murgea, Federica Leva, Caterina Fabri, Maio Orsini, Paolo Mastroianni, Giulia sottile, Noura Rossi e Pietro Mastroianni. Anche loro premiati per le belle prove.

 

Lia Maenza, Francesca Tuzi e Nilde Grassucci

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