Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalita' illustrate nella cookie policy. Chiudendo questo banner o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie, per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

Riceviamo e pubblichiamo comunicato stampa Comunità di Sant'Egidio di Sezze.

__________

 

Ci saremo anche quest' anno, noi della Comunità di S. Egidio, insieme a tutti coloro che vorrebbero fermare la violenza. Tutte le violenze che ci turbano ogni giorno: quella contro le donne, contro i migranti, contro i bambini contro le guerre.... Per tutto questo proviamo indignazione e ci sentiamo coinvolti. Ma esiste un' altra violenza meno disprezzata: quella dei governi che programmano macchine per la morte in nome della giustizia.
E noi ci saremo ancora, proprio nel nome del diritto e della giustizia, a testimoniare, come negli anni precedenti, per l'abolizione della pena di morte nel mondo. Noi che abbiamo ascoltato diverse esperienze di condannati, spesso innocenti, nel braccio della morte e nelle carceri di tanti paesi del mondo...Ma soprattutto dopo aver conosciuto Ruben come amico di penna dal Texas, e aver compreso con lui che ogni persona può cambiare e diventare migliore. Oggi torniamo a proporre un gesto simbolico a favore del diritto e della giustizia. Certo, viviamo ancora in un tempo sospeso. Ma il dramma comune del Covid non ha fermato la violenza e nemmeno la costruzione dei muri, non ci ha reso migliori di noi stessi, non ci ha salvato dalle ingiustizie, dalla rabbia e dall'esclusione. Anzi ha accresciuto la solitudine dei più deboli, come i malati e gli anziani, ha aumentato la precarietà dei futuro dei giovani e dei bambini; sembra addirittura essere un pretesto per giustificare la nostra indifferenza e la rassegnazione di fronte al male che ci circonda. Neppure la macchina della morte si è fermata.
In molti paesi si continua ad uccidere in nome della giustizia. Ma, grazie al nostro sostegno e ai nostri appelli, Ruben ha ottenuto la sospensione della pena. A cosa serve? Certo non basta. A cosa serve una firma o una lettera nel braccio della morte? Eppure, forse insieme possiamo salvare altre vite... Il 30 novembre, giornata internazionale contro la pena capitale, vorremmo far arrivare una luce, soprattutto a quelle persone vittime dei conflitti, torturate nelle carceri e nel braccio della morte. Perché non esiste giustizia senza vita. Perché anche la vita che consideriamo uno scarto possa essere salvata e trasformata. Sezze è da oltre dieci anni Città per la vita, accanto ad oltre duemila città del mondo. Invitiamo tutta la cittadinanza martedì 30 dalle ore 17.30 alle 19.00 presso il cortile del Museo comunale, ad accendere con noi una luce contro la pena di morte, per un mondo senza violenza. La Comunità di Sant'Egidio ringrazia il nuovo Sindaco, per il patrocinio dell' iniziativa, ma anche le precedenti amministrazioni, le istituzioni e le associazioni, gli amici e tutti i cittadini/e che in questi anni hanno condiviso il nostro impegno per la difesa di Ruben e per l'abolizione della pena capitale nel mondo. Vi aspettiamo!

 

Si è svolta domenica 28 novembre la Celebrazione della “Virgo Fidelis” (Patrona dei Carabinieri) organizzata dall’Associazione Nazionale Carabinieri sezione di Sezze. La cerimonia è iniziata con la Deposizione della Corona in onore ai caduti civili e all’appuntato Giuseppe Lombardo presso Porta Sant’Andrea alla presenza della consigliera Federica Pecorilli in rappresentanza dell’amministrazione comunale, del consigliere Gianluca Calvano, della neo-comandante della stazione dei carabinieri maresciallo Ilaria Somma, del presidente Lgt Lidano Pagani e dei soci dell’Associazione stessa. A seguire una solenne celebrazione eucaristica, momento centrale della cerimonia, è stata officiata dal parroco Don Giovanni Grossi presso la chiesa di Santa Lucia.

 

 

 

Purtroppo non cala il trend di positività al covid nella nostra provincia e anche a Sezze. Solo ieri 157 casi accertati in tutto il territorio provinciale. A rischio la fascia dei giovani e degli adolescenti. Anche ieri a Sezze lunghe code nella farmacia di turno, code per effettuare i tamponi. La situazione preoccupa, è necessario monitorare e prendere subito provvedimenti. A Sezze, ad esempio, per la somministrazione dei vaccini solo due le farmacie, la San Lidano e la Farmacia della Stazione.  L’offerta non riesce a rispondere alle pressanti domande sia dei vaccini ma anche dei tamponi. Sarebbe il caso che la farmacia comunale, per il benessere della collettività, si attivasse immediatamente. La domanda dei vaccini e dei tamponi è alta e le farmacie non riescono a rispondere alle richieste. Ieri fuori una delle farmacie code in attesa per tamponi. La farmacia comunale, gestita dalla società municipalizzata SPL, da subito dovrebbe rispondere a questa richiesta, il sindaco di Sezze Lidano Lucidi dovrebbe immediatamente provvedere con interventi di tempestività per coprire quel bacino di pazienti molto grande quale è la conca di suso. La farmacia comunale esiste anche per questo. Non si aspetti altro tempo e si intervenga subito.

Domenica, 28 Novembre 2021 07:17

Nessuna più!

Scritto da

 

 

 

L’afferra per un braccio, la trascina nella sua stanza e la scaraventa sul letto. Nel buio echeggia perentorio un ordine: “Dormi!”. Suo padre esce e chiude la porta a chiave. Il cuore le batte all’impazzata, sembra esploderle nel petto. Resta lì immobile, il viso affondato nel cuscino, inzuppato di lacrime e singhiozzi. L’atterrisce anche solo il pensiero che quella porta si apra di nuovo e suo padre possa scaricare anche su di lei la rabbia oscura che cova dentro e gli avvelena l’anima.
 
Le aggressioni contro sua madre sono ormai quotidiane. Basta un banale pretesto, una camicia stirata male, un’incomprensione e suo padre si trasforma in una belva assetata di violenza.
 
Notti infinite, terrore che sale a ondate, dolore che gela il sangue. La violenza con gli occhi di una figlia ha il colore della notte, il rimbombo di una serratura che scatta, l’eco dei colpi inferti con violenza, il suono delle grida soffocate di sua madre.
 
Ha dieci anni quando la prima volta suo padre aggredisce sua madre in sua presenza. Le scaglia contro un oggetto pesante che la ferisce al volto. Cade a terra, si rannicchia su se stessa. Sangue, lacrime e urla e poi un silenzio irreale. Dopodiché suo padre va a sedersi sul divano e accende il televisore. Sua madre si rialza, in bagno si pulisce la ferita e copre l’ematoma con il trucco. Poi si veste con cura e tutti insieme vanno al ristorante, come una famiglia normale, come se nulla fosse accaduto. Racconta che l’occhio nero se l’è procurato cadendo per le scale e si sforza di sorridere. La mano di sua madre nella sua è calda e rassicurante. Suo padre invece rifugge il suo sguardo.
 
Bambina, fin lì ignara della vita, quel giorno scopre il supplizio silenzioso di sua madre. Svanisce in lei l’illusione di una normalità inesistente, prende coscienza di come la sua infanzia sia diversa da quella delle amiche, trabocchi sorrisi assenti, carezze mancate, parole d’amore mai pronunciate, sguardi di suo padre colmi di disprezzo. Si sforza di amarlo ed è solo un mostro.
 
Cresce aggrappata a sua madre che non riesce a reagire, a liberarsi da quel giogo. Trascorre il tempo ad asciugarle le lacrime, a consolarla con i suoi abbracci e a medicarle le ferite. Conduce un’esistenza doppia: fuori casa fatta di scuola, uscite con le amiche e allegria e dentro costellata di umiliazioni, botte e sangue. A casa non invita mai nessuno, ha paura che possano scoprire la verità sulla sua famiglia.
 
Divenuta adolescente suo padre inizia a prendersela anche con lei. La fa bersaglio di ogni sorta di offesa, la umilia, le urla in faccia che non vale nulla. È un irrefrenabile crescendo. Trascorre notti insonni nel terrore che suo padre possa ucciderla con sua madre. Le violenze psicologiche la sgretolano dentro, cannibalizzano le sue energie, la spingono alla depressione. Vivere per lei è un peso e guarda alla morte come una liberazione.
 
Sua madre subisce in silenzio, prigioniera del suo carnefice, anzi lo giustifica, ripete di amarlo e si rifiuta di capire che quell’inferno non è la normalità. Solo quando suo padre le mette le mani addosso, spaccandole la faccia, sua madre trova il coraggio di ribellarsi, di chiedere aiuto. Lo denuncia. Viene arrestato, ma la loro vita è devastata.         
 
Celebrare la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne non serve a nulla se negli obitori delle nostre città giacciono i corpi di tante vittime. L’Italia possiede una legislazione in materia tra le più avanzate in Europa, ma evidentemente non bastano le leggi, le denunce, la repressione, la minaccia di sanzioni. La mala pianta della violenza di genere e della sopraffazione ha radici profonde nella cultura diffusa e nell’educazione familiare che finiscono per armare le mani dei carnefici.
 
Nella nostra società, ancora troppo declinata al maschile, si moltiplicano le condotte violente, è abituale ricorrere ad un linguaggio crudo, che toglie dignità e proietta immediatamente rabbia e frustrazioni contro colui che è identificato come il nemico. La violenza va di moda e serve coraggio per dire basta, per parlare senza paura contro di essa, per provare a fermarla. Promuovere la cultura della diversità e della tutela dei diritti deve essere un impegno costante e nessuna negoziazione, nessun compromesso è ammissibile: i diritti o sono di tutti o diverranno di nessuno.
 
Le campagne antiviolenza con le donne piene di lividi sono una rappresentazione semplicistica, che rischia di far passare un messaggio sbagliato. La violenza esiste non solo quando c’è una faccia sfregiata, un corpo massacrato e un referto medico, ma anche nel persistere delle diseguaglianze di genere, nelle discriminazioni nel mondo del lavoro, negli stereotipi sessisti, nelle tante forme di microviolenza accettate e tollerate, che costituiscono il substrato culturale che protegge e impedisce alle violenze più grandi di essere affrontate e debellate. Se il corpo delle donne è concepito come merce da usare e da vendere, se gli spazi di aiuto, consultori, centri di ascolto e antiviolenza, continuano ad essere chiusi, se soprusi e stupri sono ritenuti effetto del loro comportamento, del modo in cui si vestono, delle loro rivendicazioni, se non ci sarà un adeguato supporto economico e sociale per il doppio ruolo che svolgono tra famiglia e lavoro, nulla mai cambierà concretamente.     
 
Le parole della nostra quotidianità poi soffrono spesso dell’incapacità di narrare correttamente le vicende di cui le donne sono vittime. Quante volte abbiamo sentito raccontare del marito che ha ucciso la moglie perché era disperato e non accettava la fine della relazione? Perché non dire che il marito non accettava la scelta libera della donna o semplicemente che lui era un violento? Non si tratta di dettagli irrilevanti. Nel modo di informare e usare le parole si esplicita il retroterra culturale, la concezione delle relazioni e si misura il rispetto delle persone da parte dei singoli e dell’intera comunità.
 
Dobbiamo ripartire da noi stessi, educarci al sentimento, al rispetto della parità di genere e della diversità per educare le nuove generazioni, facendo attenzione alle parole che usiamo e all’esempio che diamo: un bambino maschio che vede maltrattare la madre introietta quella violenza come un comportamento naturale e lo ripeterà.
 
La catena della violenza invece va spezzata. Solo rinnovando le nostre idee e il nostro agire quotidiano, possiamo costruire una società più giusta, nella quale la libertà e i diritti siano garantiti e vengano a cessare discriminazioni e violenze contro le donne.

 

 

Una nuova denuncia corre sui social per le condizioni di pericolo in cui versa la pensilina del binario 5 della stazione ferroviaria di Sezze Romano. I pendolari, studenti e lavoratori, segnalano per l’ennesima volta il degrado della stazione e soprattutto il rischio per la pubblica sicurezza a causa del tetto della pensilina arrugginito e pericolante. Durante le giornate di pioggia in più parti della pensilina l’acqua piomba direttamente nella zona di attesa dei pendolari, costringendo gli stessi ad avvicinarsi oltre la striscia gialla di sicurezza. “Qui crolla tutto, ogni giorno corriamo un grande pericolo. Che si intervenga subito”. Questo uno dei tanti commenti dei pendolari. La pensilina presenta buchi e ruggine e la struttura potrebbe cedere da un momento all’altro. I cittadini hanno segnalato il pericolo anche al sindaco di Sezze Lidano Lucidi, in quanto massima autorità della sicurezza e ordine pubblico della città. Si spera che Rete Ferroviaria Italiana intervenga con tempestività magari anche sotto la sollecitazione della politica locale.

 

 

Angelo Berti, setino Doc, impegnato nelle discipline sportive da molti anni, da settembre del 2020 è dirigente regionale Opes Italia, ossia dell'ente di promozione sportiva sociale culturale riconosciuta dal Coni e organizzatore di eventi che conta più di 7000 associazioni e 500000 tesserati.

Come si diventa dirigente di Opes Italia?

“Tanta passione e tanto sacrificio. Poi sono stato candidato ed eletto nel settembre dello scorso anno al consiglio regionale Opes. Sono la persona che ha assistito le associazioni di Sezze (e in Italia) in pieno lockdown, garantendo sicurezza, bonus progetti che spettavano e spettano tutt'ora alle associazioni”.

Uno degli eventi di cui sei orgoglioso?

“L'evento più bello questa estate, SPORT ESTATE GAMES in collaborazione con il comune di Latina e promossa da città sport e cultura. Siamo stati in 26 stabilimenti, 49 tappe un mese di sport e giochi, solo nel giorno della finale presenti ben 300 persone. Tanto impegno ma tante soddisfazioni”.

Open Coni è un ente di livello nazionale. La tua città, Sezze, quanto ti ha aiutato?

“La spinta maggiore è partita soprattutto da Sezze e dalle associazioni iscritte all’Opes. Abbiamo fatto un ottimo lavoro con Sezze”.

Quali sono le attività di cui vi occupate?

“Per quanto riguarda le attività sportive e sociali ne abbiamo di tutti i tipi, dalla danza a tutti gli sport da combattimento, padel, centri equestri, arrampicata, fino a club e associazioni culturali”.

Ci sarà qualche evento setino?

“Eventi a Sezze? Partiremo subito a dicembre, andremo a toccare molte discipline sportive. Il mio lavoro si svolge al fianco del vicepresidente nazionale Davide Fioriello”.

 

 

 

 

A tutte le donne

Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso

sei un granello di colpa

anche agli occhi di Dio

malgrado le tue sante guerre

per l’emancipazione.

Spaccarono la tua bellezza

e rimane uno scheletro d’amore

che però grida ancora vendetta

e soltanto tu riesci

ancora a piangere,

poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,

poi ti volti e non sai ancora dire

e taci meravigliata

e allora diventi grande come la terra

e innalzi il tuo canto d’amore.

( Alda Merini)

 

 

Avremmo qualcosa da dire a tutti quegli uomini e quelle donne che arricciano il naso quando si parla di disparità di diritti e di vittime di violenza di genere.

Juana Cecilia Hazana Loayza 20 novembre, Elisa Mulas 17 novembre, Simonetta Fontana 17 novembre.

A chi crede che usare il termine femminicidio sia una moda e che si stia esagerando.

Elena Casanova 20 ottobre, Cristine Florida Cicio15 ottobre, Giuseppa Loredana Dinoi 12 ottobre, Carmen De Giorgi 5 ottobre.

Vorremmo dire che siamo solo ora diventate visibili, che solo ora ci tocca il palcoscenico, prima eravamo quelle esagerate.

Anna Cupelloni 25 settembre, Dorjana Cerqueni 17 settembre, Alessandra Zorzin 15 settembre, Giuseppina Di Luca 13 settembre,
Sonia Lattari 13 settembre, Rita Amenze 10 settembre, Angelica Salis 9 settembre, Ada Rotini 8 settembre, Chiara Ugolini 5 settembre.

Vorremmo dire che a noi è stato dato il compito di parlare per tutte quelle donne a cui la bocca viene chiusa con uno sguardo, con un’allusione, con una squalifica.

Vanessa Zappalà 23 agosto, Catherine Panis
22 agosto, Stefania Chiarisse Panis 22 agosto,
Silvia Manetti 12 agosto, Shegushe Paeshti
12 agosto, Marylin Pera 11 agosto.

Sappiamo bene di cosa si tratta, è quello che prima è toccato anche a noi.

Lorenza Monica Vallejo Mejia 29 luglio, Vincenza Tortora 16 luglio, Ginetta Giolli
3 luglio.

Dobbiamo farlo, nostro malgrado, perchè  sappiamo che ora saremo ascoltate più di quando in passato abbiamo gridato. Dobbiamo farlo ora che voce non abbiamo.

Chiara Gualzetti 28 giugno, Silvia Susana Villegas Guzman 19 giugno, Sharon Micheletti
13 giugno, Alessandra Piga12 giugno, Bruna Mariotto 2 giugno.

Noi oggi possiamo far molto per quelle donne sfruttate, sul lavoro, per quelle violate, non riconosciute, usate. Tutto quello che per noi non è stato possibile fare.

Perera Priyadarshawie Donashantini Liyanage Badda 29 maggio, Maria Carmina Fontana
28 maggio, Khrystyna Novak 20 maggio, Tunde Blessing 12 maggio, Angela Dargenio 7 maggio, Ylenia Lombardo 5 maggio,
Emma Elsie Michelle Pezemo 2 maggio, Saman Abbas 1 maggio, Silvia Del Signore
1 maggio.

Possiamo raccontare le richieste d’aiuto non ascoltate o sminuite.


Annamaria Ascolese 21 aprile, Tina Boero
19 aprile, Dorina Alla 18 aprile, Elena Raluca Serban 18 aprile.


Possiamo parlare a quelle istituzioni che hanno avviato procedure di segnalazione e di tutela, ma che si sono incagliate.

Lorenza Addolorata Carano 15 marzo, Carolina Bruno 15 marzo, Ornella Pinto13 marzo, Edith
8 marzo.

Vorremmo parlare a quegli uomini che nel violare una donna dovrebbero pensare che stanno violando la madre che li partoriti.

Deborah Saltori 22 febbraio, Rossella Placati
22 febbraio, Clara Ceccarelli 19 febbraio,
Lidia Peschechera 17 febbraio, Piera Napoli
7 febbraio, Luljeta Heshta 7 febbraio, Ilenia Fabbri 6 febbraio, Sonia Di Maggio 1 febbraio.

Vorremmo parlare a quelle madri e quei padri che hanno il compito di crescere dei figli e dire loro di non sottovalutare mai i loro comportamenti come una questione di carattere.


Teodora Casasanta 29 gennaio, Tiziana Gentile
26 gennaio, Roberta Siragusa 24 gennaio, Victoria Osagie 16 gennaio, Sharon Sapia Barni
11 gennaio, Laura Perselli 4 gennaio.

Vorremmo dire alle donne tutte, ma soprattutto alle più giovani, che non è amore se ti controlla, non è amore se ti da uno schiaffo, non è amore se ti impedisce di esprimerti, non è amore se limita la tua libertà in un modo qualunque.
Vorremmo dire alle donne, quelle adulte e mature di non sentirsi meno in diritto di essere se stesse, non è mai troppo tardi per riconoscersi degne di equità di diritti.
A queste donne  affidiamo il compito di tenere alta l’attenzione sulla tutela delle altre donne. Di fare squadra e cercare di non lasciare mai nessuna sola, mai nessuna indietro.
Insieme si può molto più che da sole



Le Vittime del 2021

 

 

Riceviamo e pubblichiamo una riflessione di Rinaldo Ceccano in merito a due vicende amministrative molto importanti per la nostra comunità: cimitero ed ex campo di aviazione.

__________________

 

Il recente Commissario Straordinario è stato un Robin Hood a rovescio, ligio all’impostazione del sistema di potere setino che ha coadiuvato il suo operato. Ha regalato il campo di aviazione ai ricchi e ha costruito le carte per depredare i poveri approvando un regolamento cimiteriale che prevede ingenti costi per sanare la spinosa questione dei loculi e delle cappelle senza concessione.

Il Sindaco Lucidi, la maggioranza consiliare e l’opposizione, coerentemente con quanto dichiarato in campagna elettorale, devono immediatamente intervenire presso gli enti preposti per impugnare l’atto di vendita ed esercitare ogni azione per evitare l’ennesima svendita del patrimonio pubblico del nostro territorio, anche in virtù della enorme importanza che quell’area può avere per le future ipotesi di sviluppo urbanistico ed economico della città.

Al contempo devono approvare un nuovo regolamento cimiteriale che rappresenti una “sanatoria a costo zero” per i cittadini. L’attuale situazione del cimitero, la mancanza di documenti, l’assenza di contratti e concessioni, è da imputare esclusivamente alle amministrazioni, che si sono succedute negli ultimi 50 anni, che non hanno mai regolamentato a norma di legge le diverse concessione inerenti tombe, cappelle e loculi. Nessuna responsabilità può essere additata ai cittadini che pertanto non devono sostenere ulteriori oneri oltre quelli già sostenuti.

L’ente deve dotarsi con fondi propri di una equipe di professionisti che realizzi il censimento cimiteriale utilizzando i dati in suo possesso: i database della luce votiva e l’anagrafe comunale ove sono facilmente identificabili gli eredi diretti di coloro che sono seppelliti.

La modifica del regolamento cimiteriale approvato dal commissario e l’adozione di una risoluzione a costo zero, e senza stress emotivo per i cittadini, deve essere un atto immediato anche per evitare che i “soliti professionisti del sistema” chiedano esose parcelle per la predisposizione delle pratiche inerenti le sanatorie.

Gli assessori Bernabei, Cardarello e Fernandez, sono dotati della necessaria esperienza e delle giuste competenze per revisionare il regolamento lasciato in eredità dal commissario. Stante le disposizioni dello statuto comunale, la modifica del regolamento cimiteriale e la sua esecutività richiedono 5 giorni.

Restare in linea con quanto determinato dal commissario per il campo di aviazione significherebbe fare l’ennesima regalia ai poteri forti della città e per il cimitero evidenzierebbe solo la volontà di far cassa sui defunti.

Convinto che il Sindaco e la maggioranza siano coerenti con l’auspicio di cambiare verso alla storia amministrativa di questa città, sono certo che la giunta si metterà immediatamente al lavoro per rivedere le inopinate scelte del commissario.

 

 

COMUNICATO STAMPA 

Legione Carabinieri Lazio - Comando Provinciale di Latina

___________

Nel corso della serata di ieri, i Carabinieri della Stazione di Sezze Romano hanno tratto in arresto A.D.R., classe 1990, già noto alle forze dell’ordine per i suoi precedenti di polizia. I militari, tempestivamente giunti per sedare un litigio fra due giovani  setini avvenuto in una delle piazze del centro,  appuravano che c’era stato un accoltellamento nel corso del quale una delle parti era rimasta gravemente ferita tanto da essere trasferita d’urgenza presso  l’ospedale Santa Maria Goretti di Latina per essere sottoposto ad un intervento chirurgico e dove si trova tuttora. Nell’immediatezza si accertava che A.D.R., il quale aveva avuto pochi giorni prima dell’evento  un acceso diverbio, nella serata di ieri avrebbe approfittato della presenza della vittima in sosta, da solo, a bordo della propria autovettura per colpirlo. Le testimonianze raccolte dai militari dell’Arma hanno infatti appurato che questi, dopo aver bloccato l’uomo tenendogli un braccio fermo all’esterno dell’abitacolo, avrebbe sferrato diversi fendenti verso il corpo della vittima. Solo la repentina reazione del ferito ha, di fatto, evitato il peggio. Uno dei fendenti, infatti, destinato a colpire l’uomo al tronco, è stato bloccato, dal braccio della vittima. Sulla scorta della ricostruzione dei fatti, dopo aver rintracciato  l’aggressore, i militari lo traevano in arresto con l’accusa di lesioni e minaccia aggravate. L’arrestato espletate le formalità di rito, è stato trattenuto presso le camere di sicurezza del Comando Provinciale di Latina, in attesa dell’assegnazione di una casa circondariale ove lo stesso verrà condotto, a disposizione del sostituto procuratore della repubblica presso il tribunale di Latina  dr. Valerio De Luca. Sono tuttora in corso ulteriori accertamenti ed approfondimenti volti a chiarire i motivi alla base del gesto. L’attenzione del Comando Compagnia Carabinieri di Latina rimane alta e costante sull’intero territorio di competenza al fine di fornire una risposta concreta ed incisiva alle legittime pretese di ordine e sicurezza pubblica avanzate dai cittadini. Continueranno con assiduità i servizi di prevenzione e contrasto svolti dall’Arma dei Carabinieri, affiancando alla capillare perlustrazione del territorio una continua e attività info-investigativa, contattando commercianti e cittadini al fine di acquisire quante più notizie utili per prevenire il ripetersi dei reati ed assicurare alla giustizia gli autori di quelli già perpetrati, è difatti fondamentale la collaborazione di tutti, non solo degli addetti ai lavori, ma anche e soprattutto della cittadinanza la quale è invitata a segnalare al numero di emergenza 112 qualsiasi situazione dubbia di cui venga a conoscenza.

Riceviamo e pubblichiamo in anteprima il breve racconto su Sezze scritto da Luisa Coluzzi, selezionato per il concorso "Lazio segreto e sconosciuto" ed in via di pubblicazione da Historica edizione.

______________

 

PAESE MIO: “Setia plena bonis”


Il mio paese è molto antico, è seduto su una collina e si affaccia sul mare.
Da bambina, quando lo osservavo dalla pianura, mi sembrava un gigante addormentato, con la schiena poggiata sulla montagna, il Monte Semprevisa, spesso coperto di neve, sfidato da scalatori di tutte le generazioni e ricco di storia, fauna e flora di varie specie.
Ci divertivamo a salire sui tornanti ripidi e traboccanti di vegetazione, ancora attraversati dai carretti o dalle bici, quando il traffico non era intenso come oggi. Si coglievano lungo il bordo i fichi d’india e si intravedevano i terrazzamenti di orti con alberi da frutto e ulivi poggiati sulle rocce.
Poi arrivò il dissesto della cava, un rombo come un tuono che ha sventrato la collina, ha disperso le grotte rupestri, ma ha disvelato tracce di epoche più antiche, orme di dinosauri sul selciato.
Là ancora si incrocia un sentiero e una via romana, con una chiesetta, ormai come un rudere, dove si fermavano i contadini al ritorno dai campi di broccoletti e di carciofi. Quei campi allora si trovavano al confine con la Pianura Pontina, infestata dalla malaria, ma erano terreno fertile per ortaggi e verdure o per la pesca di rane, trote e anguille.
Da quei campi sono arrivate fino ad oggi leggende e canzoni popolari e tenere storie d’amore come quella di Cintruda e Pappino, che si amavano di nascosto, in attesa del matrimonio.
Io la immagino Cintruda, con il corpetto di velluto, il grembiule colorato e i lunghi capelli legati a crocchia, che si sedeva su quel sasso vicino alla chiesa e pregava di incontrare il promesso sposo, stringendo il cesto di ciliegie come un dono. E Pappino, che cercava il suo sguardo timido, legava il mulo e tentava una carezza o forse un bacio e le spiava il seno sotto la camicetta a fiori.
Me li immagino davanti al camino acceso, con quel gatto raggomitolato sulla sedia, a farsi promesse per il matrimonio e la futura famiglia, mentre i genitori raccontavano della campagna, del tempo passato e della guerra. Poi li vedo il giorno del matrimonio, lei col corpetto nuovo e il velo ricamato, lui con i pantaloni lunghi ed il gilet, il cappello in testa e quel carretto tirato a lucido e addobbato per la festa. E poi?
Chissà, cosa sia accaduto non lo sa nessuno: tanti figli e tanti sogni sfumati o la gioia che continua, tra i campi e le risate, tra i ricami e le canzoni, tra il vento e il sole e la pioggia sul sentiero, aspettando ancora domani: “Andiamo…” diceva lei “Io resto con te per sempre.” E lo prendeva per mano, senza avere paura. Salivano col carretto all’ingresso del paese e cominciavano una nuova vita nella casa di sassi vicino alla torre antica.
All’ingresso del paese ci sono ancora quattro porte, di cui restano mura poligonali incastrate alle torri, che si affacciano sui vicoli, una volta odorosi di mosto e di fiori, allietati dal vociare dei bambini che giocavano nelle piazze e nei crocicchi delle strade, oppure dalle chiacchiere delle vicine sedute insieme “in arollo” davanti ai portoni.
Oggi il centro storico è nel degrado: tra mura scalcinate e lastricati ricoperti di cemento, rifiuti lasciati con incuria negli angoli delle strade, si sente qualche voce straniera che chiama, qualche bambino immigrato che ancora gioca in cortile e il rintocco di una campana che suona come una volta, a richiamare la vita perduta. Le case abbandonate e la gente che è andata via, rimane soltanto il profumo del pane appena sfornato e il sapore dei dolci tradizionali o delle marmellate; qualche anziano che ancora si incontra per raccontare o giocare a carte, qualche famiglia venuta da lontano, in cerca di una vita migliore.
Sono trascorsi i tempi del vino e delle osterie, delle tradizioni orali, filastrocche in dialetto e storie antiche, quando l’odore dei mestieri artigiani permeava l’aria, insieme a quello della terra e del sudore; le donne
ricamavano tra i vicoli e sgranellavano il rosario con i pettegolezzi di quartiere; le “cariadore” portavano sulla testa il pane e le ricotte fresche, gli anziani si sedevano a spiare la vita dietro alla finestra.
Le storie dei fantasmi che apparivano di notte; la leggenda mitica di Ercole che sconfisse a mani nude il leone Nemeo e fondò la città, i racconti e le preghiere dei vescovi e dei prelati che avevano portato la cultura e la conoscenza, oltre che l’arte e la fede già dal Medioevo; le gesta di eroi e di famiglie nobili che avevano fondato accademie, scuole e biblioteche; le poesie e i racconti di scrittori e la tradizione musicale o pittorica di tanti personaggi illustri del paese; i miracoli di santi e la generosità di persone comuni che hanno salvato, guarito e accolto tante povertà.
Tutto questo passava alle nuove generazioni come una ricchezza, fino ai tempi moderni, quando la dittatura e la guerra annientò la forza creativa del paese, la bonifica liberò dalla malaria, le bombe distrussero le chiese e la bandiera rossa venne alzata dalla resistenza, mentre qualcuno di nascosto rischiava la vita per salvare quella degli ebrei ed altri emigravano dal paese in cerca di fortuna.
Poi la pace portò le fabbriche ed una nuova migrazione di lavoro nelle città, la ricchezza e il benessere attraversò il paese, scoperte, conquiste sociali e cultura, palazzi e costruzioni moderne. Rimase nel parco la statua del milite ignoto, la lapide alla memoria delle vittime senza nome delle bombe, gli alberi piantati per i caduti, che oggi lasciano il posto ad uno spazio di teatro e di divertimento.
Si parlava di progresso e di emancipazione, tra ville moderne, attività commerciali e nuovi quartieri di periferia e nuove vie di comunicazione; associazioni culturali che riproponevano antiche sagre e eventi, musei aperti, una prima ludoteca, spettacoli e concerti nell’anfiteatro oggi diventato un ecomostro.
Dal mondo contadino alla realtà operaia e al ceto borghese intellettuale che gestiva il centro del paese.
Poi venne la contestazione, negli anni ‘70 i giovani divennero i nuovi protagonisti, con le strade piene per le manifestazioni: la volontà di cambiare il mondo, di stravolgere la tradizione e la storia per un mondo migliore. Uno sparo nel buio e resta una statua di bronzo a conservare la memoria di un ragazzo che ha perso la vita per quella rivoluzione.
E adesso che il silenzio attraversa le strade e le piazze e i giovani se ne sono andati e la pandemia ha svuotato ogni iniziativa e divertimento, ci resta qualche canzone, qualche ricordo ricco di emozioni e di rimpianto. Molti non riescono a guardare al domani, ma forse c’è un nuovo cambiamento.
Il nostro paese, che dal ’90 ad oggi ha aperto le porte all’accoglienza a quanti cercavano lavoro e libertà o che fuggivano dalle guerre e dalla povertà, rinasce di nuovi profumi e nuovi odori, di altre voci di bambini che giocano nelle strade, di tanti colori e lingue diverse. Nel degrado di questi anni si apre lo spiraglio di un nuovo tempo multietnico e interculturale, con la speranza di costruire un periodo migliore.
Guardo dal balcone e vedo la bambina che ero, affacciata alla finestra, con la lunga treccia a cantare una canzone, immagini e suggestioni che mi tornano alla mente: le feste, le sagre e le processioni, i teatri all’aperto, i giochi nella Piazza del Duomo e le manifestazioni, il dialetto, le poesie e i racconti antichi, le scalate in montagna e le corse con la bici, le grotte esplorate, il tramonto sul mare e le corse sul prato…


Il paese è come un gigante che si risveglia pigramente per abbracciare il mare, con la schiena appoggiata alla montagna da cui vedo sorgere il sole. All’alba mi incammino tra i vicoli e conto le chiese, guardo lo stemma con il leone e la ricchezza della sua cornucopia traboccante di frutti, il colore rosso dei tetti baciati dal sole e le case e le torri di sassi che si alzano al cielo; il verde intenso di uliveti e vigneti, che si stendono ordinati ai piedi della montagna; la croce illuminata sulla collina, che dall’alto benedice il paese e si china sulla pianura. Per un attimo dimentico il degrado e ritrovo le radici:
“Venite a Sezze, venite signori, è bona l’aria e la Primavera sta sempre adecco”. (1) Canto sottovoce e sorrido con la stessa passione nel cuore di quand’ero bambina. (1) Canzone popolare setina

 

Luisa Coluzzi, autrice del racconto su Sezze

 

Pagina 47 di 132