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Una città ferita nel profondo

Mar 21, 2021 Scritto da 

 

È difficile trovare le parole per esprimere il disagio, la sofferenza e il dolore che ferisce nel profondo la nostra comunità. Un colpo al cuore che toglie il respiro ci è stato inferto, una umiliazione, un oltraggio alla nostra storia, alla nostra civiltà millenaria, alla dignità di tutti e di ciascuno. I sentimenti prevalenti sono sconcerto e rabbia per una vicenda il cui clamore ha superato i ristretti ambiti della nostra città, ma i cui contorni restano ancora da essere definiti con certezza, così come le responsabilità individuali.

Tutti avremmo preferito che ad attirare l’attenzione di media e informazione nazionale e locale sulla nostra città fossero state le grandi ricchezze storiche, culturali e gastronomiche che possediamo, ma dobbiamo fare i conti con una realtà diversa, che non ci piace e soprattutto non ci rappresenta.

La giustizia deve fare il suo corso e lo farà, seguendo le sue regole, le sue procedure e solo alla fine emetterà il verdetto, completamente spoglio dalle emozionalità del momento e fondato su dati obiettivi, accertati processualmente. In questo momento ogni giudizio, soprattutto se ultimativo, sarebbe sbagliato, ingiustificato ed inopportuno. Nessuno può e deve ergersi a giudice ed emettere sentenze, condannare alla gogna ed esporre al pubblico ludibrio. Il principio della presunzione di innocenza, uno dei cardini della Costituzione della Repubblica, rappresenta una conquista irrinunciabile della civiltà giuridica e di ogni stato democratico: nessuno può essere considerato colpevole fino alla sentenza definitiva di condanna, non più appellabile e riformabile. Questa è la giustizia ed è sacrosanto che sia così, perché i diritti dei cittadini non sono suscettibili di mercimonio, di contrattazione, di negazione, di sottrazione o di rinuncia da parte di alcuno e per nessuna ragione.

A tempo debito verranno celebrati i processi, ci sarà un’accusa e ci saranno le difese. Ogni parte processuale porterà le sue prove e farà valere le sue ragioni davanti ad un giudice terzo, il quale giudicherà con cognizione, coscienza ed equità i fatti che verranno accertati e provati. Insomma a tutti sarà concessa la possibilità di dimostrare la propria estraneità rispetto ai fatti e la propria innocenza.

La giustizia umana non è una ordalia, un giudizio di Dio, come praticata dai popoli germanici nell’Alto Medioevo e avente la forma ora del duello giudiziario, ora della prova del fuoco, dell’acqua e della croce. Sicuramente i processi sono demandati a persone erranti come tutti, le quali giungono a volte anche a conclusioni e assumono decisioni sbagliate, frutto di convincimenti personali e interpretazioni degli accadimenti fuorviati. Menar scandalo e strapparsi le vesti per questo è esercizio ipocrita. Siamo uomini e donne, non dobbiamo dimenticarlo, la perfezione non ci appartiene in nessun modo, è solo di Dio. Tuttavia nelle aule di giustizia, lo sa bene chi le frequenta, non è certo l’errore a prevalere. Il sistema giudiziario possiede meccanismi e strumenti di garanzia valevoli per tutti, nessuno escluso, perfino per il colpevole certificato e più incallito. La forza del diritto e della legge sta nella sua capacità di cercare la giustizia e non la vendetta, di garantire l’equità e non il sopruso. È questo l’insegnamento che ho ricevuto da un grandissimo maestro del diritto, uno dei padri del nostro codice di procedura penale e uomo di cultura illimitata e straordinaria, il Prof. Franco Cordero, che ho avuto l’onore di incontrare, di averlo come insegnante e soprattutto come correlatore della mia tesi di laurea in giurisprudenza e al quale cerco di ispirarmi quotidianamente nell’esercizio della mia professione di avvocato.               

Il doveroso rispetto per gli operatori della giustizia e l’obbligo morale, mi sia consentito affermarlo con nettezza, di astenersi da giudizi sommari e ultimativi verso quanti direttamente o indirettamente sono coinvolti nella vicenda del cimitero, non può e non deve però esimerci dall’esprimere fortemente la nostra costernazione, farci dimenticare che la nostra città è ferita profondamente e attonita, soprattutto perché ad essere coinvolto e colpito è un luogo simbolo della nostra storia e della memoria collettiva degli affetti. Prescindendo totalmente dal fatto di essere o meno credenti, la sacralità del cimitero sta nel suo essere il luogo dell’accoglienza ultima e definitiva dei resti mortali di quanti abbiamo amato, con i quali abbiamo camminato fianco a fianco, costruito percorsi essenziali e indimenticabili delle nostre vite. Anche semplicemente dubitare che i loro resti possano essere stati oltraggiati, vilipesi e profanati ci avvilisce profondamente, suscita in noi rabbia e indignazione.

La scelta di celebrare l’Eucaristia nella cappella del cimitero da parte di tutti i parroci della nostra città costituisce un gesto simbolico importante, che siamo credenti o non, perché restituisce sacralità al nostro cimitero, ce lo fa riappropriare integralmente.    

Senza dimenticare quanto accaduto e soprattutto senza fare sconti sulle eventuali colpe, che pretendiamo vengano accertate in ogni ambito e ad ogni livello, dobbiamo avere la forza di reagire a tutto questo, trasformare il sentimento prevalente di abbattimento e frustrazione in energia positiva per restituire vitalità al tessuto sociale della nostra città, superare il trauma e farlo diventare uno stimolo importante per ricostruire una identità comune fin qui dispersa in mille rivoli di individualismo, di interessi personalistici e di egoismi e trasformare il tutto in un’occasione di rinnovata partecipazione. Troppo spesso abbiamo scrollato le spalle, ci siamo voltati dall’altra parte per non vedere e non sapere, ci siamo accodati acriticamente all’andazzo generale, anestetizzando la nostra coscienza e il nostro senso civico.

È il tempo dell’assunzione delle responsabilità da parte di tutti, ad ogni livello. La mia, sia ben chiaro, non è una chiamata di correità generalizzata per cui tutti sono colpevoli e pertanto alla fine non lo è nessuno, ma il prendere atto che correggere gli errori per ripartire è la grande sfida che abbiamo davanti. Dobbiamo dimostrare di esserne all’altezza, di saperla affrontare e vincere per noi e per i nostri figli.

Etichettato sotto sezze    scandalo cimitero   
Pubblicato in Riflessioni
Ultima modifica il Domenica, 21 Marzo 2021 06:55 Letto 2000 volte

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