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Il senatore leghista Pillon e le donne

Giu 06, 2021 Scritto da 

 

 

 

Il senatore della Lega Simone Pilon è fenomenale. Confesso di nutrire per lui una ammirazione non comune. Passo i giorni, conto le ore in trepidante attesa delle sue esternazioni, autentiche perle di saggezza, pietre miliari del pensiero. Ogni volta mi illudo con me stesso che abbia toccato vette inarrivabili, raggiunto sublimità assolute e invece riesce sempre a stupirmi con nuovi interventi, a proiettarsi al di là dell’immaginabile, nell’empireo etereo, “luce intellettual piena d'amore” (Dante Alighieri, Paradiso, Canto XXX, verso 40), nel quale la stupidaggine, l’inverosimile e l’ottusità acquistano imperitura significanza.  

Leggendo la sua ultima illuminata dichiarazione affidata ai social, ho strabuzzato gli occhi e per qualche interminabile momento ho pensato fosse la burla di qualche buontempone, una riuscita caricatura dell’autorevole senatore, opera di qualche comico dotato di fervidissima immaginazione. Rapidamente son dovuto tornare in me stesso, la realtà mi è si parata innanzi con tutta la sua tragicomica sembianza e allora la smorfia del riso si è tramutata in ghigno di ripugnanza.

Il senatore, sempre così attento a quanto capita da un capo all’altro della nostra amata Italia, ha commentato sul suo profilo Facebook l’odiosa, sgradevole e inqualificabile decisione dell’Università di Bari di incentivare l’iscrizione delle “femmine” in alcuni corsi di laurea, riducendo le tasse universitarie alle studentesse che scelgono facoltà di solito frequentate da maschi. Riportare integralmente un così memorabile intervento, vergato in pregiatissima e dotta prosa, è scelta quanto mai opportuna, onde evitare equivoci, e restare fedeli a tanto augusto pensiero dello stimatissimo senatore, sempre elegante ed impeccabile con il suo celeberrimo papillon. “L’università di Bari spinge per far iscrivere ragazze a corsi di laurea tipicamente frequentati in prevalenza dai ragazzi. È naturale che i maschi siano più appassionati a discipline tecniche, tipo ingegneria mineraria per esempio, mentre le femmine abbiano una maggiore propensione per materie legate all'accudimento, come per esempio ostetricia. Questo però non sta bene ai cultori del Gender, secondo i quali ci DEVONO essere il 50% di donne nelle miniere e il 50% di uomini a fare puericultura. Ovviamente ognuno è libero, e ci sono le sacrosante eccezioni, ma è naturale che le ragazze siano portate verso alcune professioni e i ragazzi verso altre. Imporre ai maschi di pagare più delle femmine per orientare la libera scelta di un percorso universitario è un modo di fare ideologico, finalizzato a manipolare le persone e la società. La cosa divertente è che proprio sulla base della stessa ideologia Gender, orgogliosamente propugnata dal DDL Zan, agli studenti maschi basterà autopercepirsi come femmine per i pochi minuti necessari all'atto dell'iscrizione per poter beneficiare legalmente dello sconto... Già Manzoni insegnava che più le regole sono idiote, più è facile aggirarle...

  1. Chissà cosa ne pensa il ministro... Proverò a chiederglielo”.

Nel fantasmagorico mondo di Pillon esistono evidentemente professioni maschili e professioni femminili. A suo inoppugnabile giudizio le femmine (si badi bene non donne, ragazze, studentesse, ma femmine!) possederebbero una propensione per le materie legate all’accudimento. Cosa vuol dire davvero stento a capirlo e di certo per mio scarso acume intellettivo, ben poca cosa rispetto al suo. Suppongo dovremmo distinguere tra lauree maschili e femminili. Provo ad ipotizzare: ingegneria maschile e lettere forse femminile; medicina maschile e psicologia forse femminile…. Bontà sua, però, riconosce l’esistenza di possibili eccezioni, anche se in linea generale questa è la “normalità”. Insomma il senatore ritiene che esistano schemi precostituiti in cui inquadrare le persone. Il prevalere di uomini iscritti in alcuni corsi di laurea sarebbe imputabile alle naturali inclinazioni legate al genere e pertanto liquida l’iniziativa dell’Università di Bari con parole che riflettono il suo mondo ideale fatto di oscurantismo, discriminazioni e sessismo. Marie Curie, Rita Levi-Montalcini, Margherita Hack, solo per citarne alcune, avrebbero fatto meglio a dedicarsi ad altro e ritiene evidentemente irrilevante l’enorme contributo da queste dato al progresso della scienza. Chissà se mai qualcuno aiuterà l’illustre Pillon a compiere il decisivo passo verso il ventunesimo secolo, a destarsi dal sonno della ragione in cui è immerso e ad accorgersi che viviamo tempi in cui le donne hanno il diritto e la libertà di scegliere, di sognare e di fare ciò che vogliono della loro vita.

Ovviamente l’occasione era ghiotta e non poteva certo lasciarsela sfuggire anche per attaccare il Disegno di Legge Zan sulle discriminazioni di genere, in discussione in Parlamento, abbandonandosi a considerazioni a caso e fuori luogo contro i cosiddetti cultori del Gender. La sola frase “agli studenti maschi basterà autopercepirsi come femmine per i pochi minuti necessari all'atto dell'iscrizione per poter beneficiare legalmente dello sconto...” è sufficiente a comprendere la mediocrità di un ragionare inqualificabile. 

Ferma restando la libertà di espressione, garantita dalla Costituzione, che permette a tutti di dire quello che si pensa e frequentemente anche stupidaggini, meraviglia che un senatore della Repubblica ignori o quantomeno non ricordi che la scelta compiuta dall’Università di Bari si limita ad applicare la normativa europea e nazionale e non vuole certo fare lo sgambetto ai maschi o un piacere ai sostenitori dell’ideologia Gender o eliminare le differenze tra uomo e donna. Promuovere la piena parità di accesso allo studio, superare gli stereotipi sessisti ancora forti nel tessuto sociale e familiare, il pregiudizio di un’incompatibilità femminile con le materie scientifiche, che creano barriere psicologiche, portano le donne a sentirsi inferiori agli uomini e producono disparità e discriminazioni poi in ambito lavorativo, soprattutto per quanto attiene l’assunzione di posizioni dirigenziali, la parità retributiva e la tutela della maternità, evidentemente per Pillon non sono questioni meritevoli del suo interesse e del suo impegno politico e comunque preferirebbe che le donne si limitassero a fare i figli e ad accudirli e al più, se per limiti fisici o per disgrazia non possono diventare madri, ad occuparsi della famiglia allargata e della casa.      

Pubblicato in Riflessioni

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