Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalita' illustrate nella cookie policy. Chiudendo questo banner o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie, per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

Mafie. Memoria delle vittime e pericolosi silenzi

Mar 26, 2022 Scritto da 

 

 

 

Memoria è impegno. Onorare chi ha pagato con la vita il diritto alla dignità di essere uomini, opponendosi alla disumanità delle mafie, alla violenza, alla sopraffazione contro la propria famiglia, la comunità in cui si vive. Memoria è richiamo contro la indifferenza, per segnalare che la paura si sconfigge con la affermazione della legalità. Perché combattere le mafie significa adempiere alla promessa di libertà su cui si fonda la vita della Repubblica, e che la criminalità organizzata tenta, in ogni modo, di calpestare e opprimere” (Sergio Mattarella - Presidente della Repubblica).
 
La memoria non rappresenta soltanto il fondamento dell’identità di ogni persona, per cui la sua cancellazione produce il dramma della perdita della coscienza di sé, ma anche dell’etica, della capacità di discernimento del bene e del male. Fare memoria significa custodire le esperienze vissute, farle oggetto di riflessione approfondendone il senso, ma anche imparare a distinguere il positivo dal negativo, renderla un criterio orientante le scelte, coerentemente con quanto sperimentato e creduto essere giusto, bello e vero. Insomma la memoria consente di trovare nel passato uno strumento di interpretazione del presente, un’indicazione per costruire il futuro e una luce nei momenti di crisi. Tale funzione vale per i singoli individui, ma anche e soprattutto per una comunità. Un Paese senza memoria o che la manipola e falsifica, rimuovendo le vicende più controverse e dolorose, demolisce i pilastri su cui è fondato, ruba a se stesso la speranza, poiché solo la coscienza degli errori consente di non ripeterli, la consapevolezza dei propri limiti e delle proprie fragilità permette di migliorare, di evolvere culturalmente e socialmente, di costruirsi pienamente a dimensione umana.
 
In questi ultimi anni il nostro appare sempre più un Paese affetto da una grave perdita di memoria e di conseguenza in forte crisi di identità, divenendo terreno di conquista di demagoghi di vario genere, i quali sono campioni nell’intercettare le paure e lo smarrimento di quanti hanno perduto i legami con la propria storia e offrono identità rassicuranti. Ricostruire una memoria viva e condivisa è condizione essenziale per ritrovare fiducia e speranza, poiché nel vuoto e nelle manipolazioni trovano spazio i ladri di dignità, i profittatori, i corrotti e le mafie, che perseguono gli interessi di pochi a scapito del bene comune. 
 
La progressiva rimozione dal dibattito pubblico, particolarmente da quello politico, e la residualità del tema del contrasto alle mafie, ricordato per lo più in occasione di anniversari e come avvenuto il 21 marzo per la Giornata Nazionale delle Vittime Innocenti della Violenza Mafiosa, assumono carattere di estrema pericolosità. Il silenzio, la disattenzione e l’inerzia nella lotta alle mafie da parte di forze politiche e anche di pezzi dello Stato sono un pessimo segnale, interpretato dai clan come un via libera alla propria proliferazione, all’occupazione di interi territori, alla loro opera inquinante e illegale che ruba il futuro, altera i processi democratici nelle istituzioni rappresentative, condiziona l’economia e sottrae diritti e libertà ai cittadini, assoggettandoli, arruolandoli o inducendoli a divenire funzionali ai propri traffici, facendo leva sulla marginalità sociale, culturale e reddituale in cui vivono.
 
Infatti, contrariamente a quanto si potrebbe credere, le mafie non sono state debellate e cancellate, semplicemente non sparano, non fanno attentati eclatanti, raramente sfidano apertamente le istituzioni, hanno scelto la strada di mimetizzarsi, di curare gli affari nell’ombra, continuando anche a controllare interi territori ma soprattutto infiltrandosi nelle zone grigie, dove trovano complicità insospettabili ed inaspettate.
 
Un elemento su cui occorre fare l’attenzione è poi che oggi le mafie hanno carattere transnazionale. Esistono reti di collaborazione tra le diverse organizzazioni, le quali hanno appaltato strategicamente le attività a più basso volume d’affari e più forte impatto sociale e criminale, come prostituzione, gioco d’azzardo e piccolo spaccio, a gruppi minori e si sono concentrate nella gestione di affari più redditizi, come il traffico di armi, di rifiuti radioattivi e organi, l’immigrazione clandestina e in occasione della pandemia dei vaccini. Il fenomeno mafioso poi non è più legato ad alcune regioni del sud e non ha più senso applicare lo stereotipo, valido fino a qualche decennio fa, della coppola e lupara per descriverlo, ma riguarda tutto il nostro Paese, si intromette negli appalti, nelle attività economiche con pervasività grazie alle ingenti risorse di cui dispone.
 
Le mafie contadine non esistono più, si muovono soprattutto in giacca e cravatta e questo fa sì che l’essenza della mafia più evoluta finisca per coincidere con l’apporto esterno. Da qui la necessità, finora rimasta inevasa dal legislatore, di risolvere la carenza normativa in materia di concorso esterno in associazione mafiosa, che richiederebbe una maggiore definizione dei confini entro cui considerare reato i contributi offerti dai soggetti esterni. La ragione dei ritardi è evidente: i contributi esterni arrivano per lo più da quanti ricoprono incarichi  istituzionali o posseggono capacità economiche, insomma i cosiddetti colletti bianchi.
 
Tuttavia al di là dello strumento normativo, sicuramente insostituibile e necessitante un continuo aggiornamento al mutare della realtà, occorrono progetti culturali per le scuole, le famiglie, i luoghi di lavoro e azioni concrete che portino lo Stato a stare concretamente al fianco delle persone, al posto delle mafie. Come nessun potere può basarsi e reggersi solo sulla coercizione, così il contrasto alle mafie non può limitarsi alla repressione penale senza prosciugare le fonti del consenso di cui si alimenta.
 
Sembrerà un’idea banale, ma senza la cultura il contrasto alle organizzazioni mafiose non potrà essere efficace. Avere sempre più persone consapevoli significa sottrarle ai clan, disporre di risorse umane da impiegare contro di essi e costruire insieme un altro pezzo di speranza: soltanto insieme il desiderio di cambiamento diventa forza di cambiamento.
Pubblicato in Riflessioni

Lascia un commento

Assicurati di aver digitato tutte le informazioni richieste, evidenziate da un asterisco (*). Non è consentito codice HTML.

Calendario

« Maggio 2024 »
Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
    1 2 3 4 5
6 7 8 9 10 11 12
13 14 15 16 17 18 19
20 21 22 23 24 25 26
27 28 29 30 31