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25 aprile. Liberati per liberare

Apr 25, 2022 Scritto da 

 

 

Il fascismo non è una opinione e non lo è nemmeno il 25 aprile.
 
La Liberazione costituisce l’atto fondativo della Repubblica Italiana, è memoria, è testimonianza, non è folklore e non sarà mai una semplice ricorrenza. 
 
La celebrazione della Liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista e dal regime fascista non è la festa di una vaga e generica libertà, della fine della seconda guerra mondiale in Italia, come qualcuno è arrivato a sostenere, non può assolutamente essere ingabbiata in un assurdo schema di par condicio, in un indifferentismo in cui vengono posti sullo stesso piano ragioni e sogni degli uni e degli altri, cioè di quanti si batterono per la democrazia e la libertà e di quanti invece si schierarono dalla parte della dittatura, della negazione dei diritti fondamentali e si resero complici di soprusi di ogni genere fino all’orrore dei campi di sterminio, dei partigiani e dei nazifascisti.
 
In gioco non ci sono le legittime posizioni politiche, i riferimenti e le ispirazioni culturali, ma la difesa della Repubblica, i suoi principi e valori ispiratori, antifascisti e antitotalitari, che sono le basi irrinunciabili e il collante del nostro vivere civile. 
 
Il 25 aprile 1945 è il giorno in cui il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) proclamò l’insurrezione contro gli occupanti nazisti e i fascisti repubblichini loro alleati, in cui Sandro Pertini dai microfoni di Radio Milano Liberata invitò gli italiani a sollevarsi al motto di “Arrendersi o perire”.
 
Questa è la nostra storia, una storia con la quale il nostro Paese, o comunque una parte di esso, non ha mai davvero fatto i conti fino in fondo.
 
Soprattutto la Liberazione non è semplicemente un evento che ha segnato la nostra storia e che pertanto ricordiamo, ma l’incessante presa di coscienza della necessità di incarnarne quotidianamente idealità e valori, il punto di partenza di un processo, l’inseguimento di un orizzonte ancora da raggiungere pienamente.
 
L’errore più grande è pensare che la libertà, riconquistata con la lotta al nazifascismo, sia un dato assodato e certo, quando invece necessita di essere continuamente difesa e promossa, vanno estesi sempre più i confini del suo sviluppo e combattuti tutti i tentativi di restringerne ambiti e portata, coniugando utopia e realismo politico.    
 
In questi anni la connessione sentimentale tra politica e cittadini si è interrotta per larghe fasce popolari, si sono venute affermando posizioni politiche che si fondano e alimentano il proprio consenso sull’istigazione delle pulsioni irrazionali, sul risentimento e sul rancore nei confronti del diverso. Le disuguaglianze di classe, di genere o basate su concezioni razziste non sono certo al centro dell’organizzazione sociale e politica e non sono alimentate, esplicitate, legalizzate come ai tempi del fascismo. Tuttavia esse vengono continuamente innervate nel corpo vivo della società attraverso una propaganda qualunquista, disegnano rapporti di potere, definiscono diritti e circoscrivono spazi d’azione. Le lotte per la cittadinanza delle seconde e terze generazioni di migranti, il ripetersi delle violenze di genere, le discriminazioni nei confronti delle donne, la progressiva riduzione delle tutele dei lavoratori, l’aumento della povertà assoluta sono esempi emblematici di una realtà assai meno distante, rispetto a quello che crediamo, da una concezione fascista della società e autoritaria delle relazioni sociali. Il pericolo del fascismo esiste, è dietro l’angolo, non è solo uno spauracchio: i suoi semi vengono di continuo gettati e la sua mala pianta alimentata e coltivata. Occorre l’intelligenza di riconoscerlo all’opera e combatterlo in maniera forte e decisa.
 
Se Antifascismo e Resistenza, nel loro significato storicamente collocato, raccontano l’opposizione al regime formatosi e consolidatosi tra gli anni Venti e i primi anni Quaranta del ‘900 in Italia e riprodotto anche in altri paesi europei, responsabile di guerre e violenze all’esterno e repressioni e sopraffazioni all’interno, nel presente devono assumere il carattere dell’opposizione a tutte le proposte politiche e sociali che guardano con favore a quel modello.
 
La storia non si ripete mai identica, ma da essa occorre partire per interpretare il presente e costruire il futuro. Il fascismo non si ripropone oggi e non si riproporrà in futuro con le forme che abbiamo storicamente conosciuto, ma lo fa e continuerà a farlo in modo subdolo e pericoloso, corrodendo e minando dal di dentro la nostra democrazia e trovando terreno fertile in una società disorientata e piegata dalla crisi economica e dalle disuguaglianze crescenti.
 
Si tratta perciò di compiere una scelta non solo connotata in senso oppositivo a un fenomeno storicamente accaduto e definito, ma di un impegno a costruire una società diversa, aperta, solidale e inclusiva, improntata a valori radicalmente contrastanti rispetto a quelli propugnati dal regime fascista. La battaglia è contro i suoi risvolti antropologici e culturali, vale a dire una società spoliticizzata, silenziata e appiattita, discriminatoria, organizzata secondo una rigida gerarchia sociale e razziale, che tentano di inquinare ancora oggi la nostra democrazia.
 
Antifascismo e Resistenza devono essere i punti di riferimento, la stella polare che guida il nostro impegno culturale, sociale e politico, costituire l’unica strada possibile per uscire, comunitariamente, dalla crisi che affligge il nostro tempo.
Pubblicato in Riflessioni
Ultima modifica il Lunedì, 25 Aprile 2022 05:51 Letto 639 volte

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