Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalita' illustrate nella cookie policy. Chiudendo questo banner o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie, per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

Mondiali di calcio in Qatar e i diritti umani negati

Nov 20, 2022 Scritto da 

 

 

I diritti umani devono avere un ruolo maggiore nell’assegnazione delle manifestazioni. Non dovrebbe succedere di nuovo in futuro. I diritti umani, le dimensioni del Paese: tutto questo, a quanto pare, non è stato preso in considerazione. E i giocatori non possono far finta di non saperlo”. Philipp Lahm, ex capitano del Bayern Monaco e della Germania campione del mondo nel 2014, ha motivato con queste parole la decisione di non far parte della delegazione tedesca ai Mondiali di Calcio in Qatar. Una scelta forte di un uomo di sport, un campione, che non ha voluto chiudere gli occhi dinanzi ad una realtà gravissima, che non si è fatto irretire dallo scintillio dello spettacolo del calcio, bello e coinvolgente, dagli alberghi all’avanguardia e dagli stadi avveniristici costruiti e rinnovati in questi anni, in grado di ospitare fino a 1,2 milioni tra tifosi, giornalisti, membri delle squadre, con un investimento di quasi sei miliardi di euro e ha voluto evidenziare il pesantissimo costo umano pagato per realizzarli e più in generale la condizione politica e sociale di un paese, il Qatar, nel quale i diritti umani sono sistematicamente violati.
 
Qui si farà la storia” ripetono gli organizzatori, uno degli slogan scelti anche dal governo del Qatar. Certo sono i primi campionati mondiali di calcio organizzati in un paese del Medio Oriente e per la prima volta le partite si giocano in inverno anziché in estate, come da tradizione. Tuttavia non bastano i numeri stellari degli investimenti e non è assolutamente ricevibile l’invito di Gianni Infantino e Fatma Samoura, rispettivamente presidente e segretario generale della Fifa, i quali hanno chiesto ufficialmente alle federazioni delle 32 nazionali che partecipano di non porre in atto iniziative di protesta e di critica nei confronti del Qatar per il mancato rispetto dei diritti umani, in relazione o meno con l’organizzazione del torneo. Tanto è vero che alcune federazioni europee hanno deciso di non tacere e ribadito che seguiteranno a battersi per i diritti umani. Prese di posizioni queste assai importanti alla luce soprattutto delle dichiarazioni dell’ambasciatore dei Mondiali Khalid Salman, il quale ha tenuto a ribadire che in Qatar l’omosessualità è considerata un disagio mentale.
 
I mondiali di calcio possono essere l’occasione per fare luce sulla realtà del Qatar, a partire dalla condizione di oltre due milioni di lavoratori migranti da Asia e Africa, che rappresentano il 90% della forza lavoro dell’emirato, passando per la questione dei diritti umani, negati non solo ai lavoratori ma anche alle minoranze nel Paese, alle donne e alla comunità LGBTQ+.
 
Secondo quanto sostenuto dall’Autorità per la Pianificazione e le Statistiche dal 2010, anno d’assegnazione dei mondiali, al 2019 nel Qatar sono morti 15.021 lavoratori stranieri di ogni età e occupazione, di cui il 63% di origine asiatica e l’87% uomini. Il quotidiano “The Guardian” afferma che le vittime accertate sono circa 6.500, la cui morte è stata causata dalle condizioni di sfruttamento estremo e dai colpi di caldo. Le autorità del Qatar hanno certificato che la gran parte di loro sarebbe deceduta per problemi cardio-circolatori, cioè per cause naturali. Pertanto non è stato eseguito alcun approfondimento e tantomeno sono stati previsti risarcimenti.
 
In Qatar i lavoratori migranti non possono costituire sindacati né aderirvi. È loro consentito far parte dei comitati congiunti, organismi diretti dai datori di lavoro, in cui è prevista una rappresentanza di lavoratori. I comitati congiunti non sono obbligatori per legge e ne fanno parte solo il 2% dei lavoratori. Chiunque tenti di esercitare il diritto di manifestare rischia pesanti conseguenze, tanto che nell’agosto scorso centinaia di lavoratori migranti sono stati arrestati ed espulsi per aver preso parte ad un corteo nella capitale Doha contro l’azienda che non aveva pagato i salari.
 
In Qatar è negata la libertà di espressione e associazione. La libertà di stampa è fortemente limitata da crescenti vincoli imposti agli organi di informazione, come ad esempio il divieto di girare riprese in edifici governativi, ospedali, università, alloggi per lavoratori migranti e abitazioni private.
 
Nell’ultimo decennio quanti hanno criticato le istituzioni sono stati arbitrariamente arrestati. Gran parte degli imputati sono stati interrogati in assenza degli avvocati, sono stati tenuti in isolamento, non hanno potuto avvalersi dell’ausilio di interpreti, sono stati torturati e condannati in base a confessioni estorte con la forza. 
 
Le donne sono discriminate sia per legge sia nella prassi quotidiana. Per sposarsi, studiare all’estero, lavorare nella pubblica amministrazione, viaggiare all’estero se hanno meno di 25 anni e accedere ai servizi di salute riproduttiva devono ottenere il permesso del tutore maschile che sia il marito, il padre, un fratello, un nonno o uno zio. Il diritto di famiglia rende molto complicato il divorzio e, nei rari in cui riescono ad ottenerlo, le donne subiscono ulteriori discriminazioni di natura economica. Inoltre non sono protette adeguatamente in caso di violenza domestica e sessuale.
 
Il codice penale condanna vari atti sessuali consensuali tra persone dello stesso sesso e prevede il carcere per chi “guidi, induca o tenti un maschio, in qualsiasi modo, a compiere atti di sodomia o di depravazione” e chiunque “induca o tenti un uomo o una donna, in qualsiasi modo, a compiere atti contrari alla morale o illegali”. Le organizzazioni per i diritti umani hanno segnalato casi in cui le forze di sicurezza hanno arrestato persone Lgbtqia+ in luoghi pubblici solo per la loro espressione di genere e le hanno obbligate a seguire terapie per la conversione come condizione per la scarcerazione.
 
L’amore per il calcio, il piacere di assaporare l’atmosfera vibrante che si respira allo stadio non può costituire un anestetico per le coscienze, farci dimenticare che al primo posto ci deve essere sempre il rispetto dei diritti e delle libertà delle persone e che occorre battersi quotidianamente per la loro integrale e universale affermazione.   
Pubblicato in Riflessioni

Lascia un commento

Assicurati di aver digitato tutte le informazioni richieste, evidenziate da un asterisco (*). Non è consentito codice HTML.

Calendario

« Aprile 2024 »
Lun Mar Mer Gio Ven Sab Dom
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30