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Il Vangelo secondo Malan

Dic 12, 2022 Scritto da 

 

 

Nella Bibbia c’è scritto che sono un abominio”. Il capogruppo di FdI, Lucio Malan, ha motivato la sua contrarietà al matrimonio paritario richiamando la natura abominevole che la Scrittura attribuirebbe all’omosessualità. Si tratta di affermazioni biblicamente infondate, oltre che culturalmente fuori dalla storia e dalla civiltà, che come lame affilate feriscono le vite di tante persone vittime di discriminazioni.
 
Motivare la contrarietà alla tutela dei diritti Lgbtq+ ricorrendo ad argomenti propri di una teocrazia più che di un paese moderno, laico e democratico è gravissimo, ancor più che quelle parole sono funzionali ad illuminare l’omofobia di contenuti morali e teologici, a presentare come legge naturale, quindi avente carattere universale, ciò che è il risultato di una convinzione e di un dogma che hanno senso solo per quanti professano quella particolare fede. Evidentemente il repertorio laico dell’omofobia è meno attrattivo di quello religioso.
 
In uno Stato laico il legislatore deve essere laico. Quanti hanno responsabilità nelle istituzioni, particolarmente se siedono tra i banchi di un’assemblea legislativa, dovrebbero ricorrere ad argomenti fondati sulla Costituzione, sui codici e sulle leggi e non motivare le proprie posizioni su un testo sacro. Il riferimento fondamentale deve essere l’art. 3 della Costituzione, nel quale l’intento antidiscriminatorio si traduce nel riconoscere uguale dignità a tutti i cittadini e nell’affidare alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, “limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Omosessuali compresi.
 
La concezione dello Stato che invade il campo delle scelte intime e personali non è in generale una tipicità fisiologica della destra, ma una patologia delle sue componenti estreme, radicali e illiberali. Infatti quanti cercano modelli giuridici omofobi devono superare il confine liberaldemocratico e guardare ai regimi totalitari, alle democrature e alle teocrazie. Tanto è vero che le discriminazioni sono più forti nella macroarea ricomprendente medioriente e gran parte dell’Africa e meno stringenti in buona parte dell’Asia, mentre nell’area delle democrazie liberali, sia pure con sfumature diverse, sono riconosciuti i diritti e le libertà delle persone omosessuali.
 
Questa presa di posizione del capogruppo di FdI è comunque l’occasione per mettere in evidenza il fraintendimento, per non dire la ridicolizzazione del senso profondo della Bibbia, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento, la sua strumentalizzazione ideologica e politica da parte di quanti la usano per finalità estranee alla fede.
 
Costituisce un tradimento della Scrittura ricercare nella miriade dei suoi versetti la spiegazione di argomenti che in essa non sono trattati e trasformare la Parola di Dio così in un manganello ideologico. Il concetto di omosessualità è assente nella Bibbia e nei versetti del Libro del Levitico, citati da Malan, non è trattato questo tema. Il significato di quel passo è completamente altro. È definito abominevole l’uomo che si corica con un uomo come si fa con una donna, ma non la donna che fa altrettanto. Se si parlasse di omosessualità, così come la intendiamo oggi, il principio dovrebbe valere anche per le donne. In realtà quel divieto non investe la sfera sessuale ma attiene alla cultura della generazione. Nel mondo ebraico era un abominio non avere figli e chi non si sposava era considerato alla stregua di un omicida, perché con la sua scelta negava l’immagine di Dio. Nel medesimo capitolo del Levitico si stabilisce anche che: “Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l’adultero e l’adultera dovranno esser messi a morte”. Nella storia tale precetto non solo non ha impedito gli adulteri, ma nessuna nazione civile mette a morte gli adulteri. Perché mai allora questa regola non dovrebbe essere più valida e quella presunta riguardante l’omosessualità sì? Passando al Nuovo Testamento, nella Lettera ai Romani, Paolo inveisce sia contro le donne che “hanno cambiato i rapporti naturali in quelli contro natura”, sia contro gli uomini che, “lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi”. Il contesto storico in cui l’Apostolo viveva mancava ancora del concetto di omosessualità e il suo ragionamento si basa su quello che riteneva essere il rapporto naturale, identificando natura e cultura, necessariamente mutevole a seconda delle popolazioni, e per questo arriva a giudicare la naturale attrazione di una persona verso un’altra dello stesso sesso come una deviazione. A dimostrazione della correttezza di questa interpretazione ci sono altri temi su cui Paolo si sofferma, nei quali è evidente il condizionamento dei suoi scritti da parte della realtà sociale e culturale in cui era immerso, come quando sostiene che è “la natura stessa a insegnarci che è indecoroso per l’uomo lasciarsi crescere i capelli”, o fa riferimento all’impurità femminile, o sostiene la necessità di vietare alle donne il diritto di parola nelle assemblee ecclesiali e anche politiche o giustifica la schiavitù.
 
Il fondamentalismo prende i testi sacri e li riduce alla mera cronaca di fatti storici, ad un codice di leggi, ad un manuale di istruzioni, quando invece sono una riflessione teologica su avvenimenti a volte lontani secoli tra l’accaduto e il raccontato, la traccia di un percorso di fede che evidenzia l’importanza della relazione tra esseri umani e tra questi e Dio. Il popolo di Israele comprese che nella sua storia era presente Dio, suo fedele alleato, al quale attribuì il successo o l’insuccesso delle proprie imprese. Solo così si intendono alcuni libri della Bibbia che, letti fuori da questa prospettiva, condurrebbero altrimenti a considerare Dio un mostro sanguinario. Il Nuovo Testamento è diverso perché chi scrive è più vicino ai fatti e le testimonianze sono quelle di una comunità che non ha bisogno di narrare i miracoli, ma vive nell’amore e nell’insegnamento di Cristo, lasciandosi travolgere e cambiare radicalmente dalla sua Grazia che è dono di salvezza per tutti.
 
I testi biblici devono essere interpretati utilizzando parametri storico-critici, vanno contestualizzati, cercando di capirne e spiegarne l’origine storica, la stratificazione e persino la contraddittorietà, nella rigorosa ricerca della Parola di Dio che va oltre quella degli uomini, anche di quelli che li hanno scritti. Soprattutto la Bibbia dovrebbe essere lasciata fuori dalla propaganda politica.
 
Pubblicato in Riflessioni

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