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Buona la prima. La Sagra della Zuppa di Fagioli (Riquagliata) organizzata dal Collettivo Sampietrino Non Asfaltato è stata un successo. Tante le persone che hanno aderito all’invito dei ragazzi promotori, gente di ogni età che venerdì scorso ha preso parte ad un evento popolare nel cuore di Sezze, in Piazza delle Erbe. La Sagra della Zuppa di Fagioli è stata una iniziativa lodevole che ha messo al centro la condivisione di spazi, momenti di musica e buona cucina. All’insegna della tradizione culinaria setina la Zuppa è riuscita a unire generazioni diverse grazie ad un unico collante che si chiama “vivere il paese”. Ed è proprio questo lo spirito di questa ed altre iniziative che Antonio Raponi, Lidano Arduini e Luigi Maturani intendono proporre alla nostra comunità, attraverso la valorizzazione della nostra storia, delle nostre tradizioni e di quei personaggi che oggi hanno lo spessore di proiettare Sezze verso il futuro. "Siamo grati verso i sezzesi che ci hanno creduto e hanno partecipato alla nostra manifestazione. Siamo consapevoli  - affermano i ragazzi del Collettivo - che al di fuori del sezzese che partecipa non abbiamo bisogno di nessun altro. La cosa necessaria è proprio la partecipazione della nostra gente, abbiamo bisogno solo di loro per far crescere questa nostra città, tutto il resto è inutile e superfluo". Il Collettivo Sampietrino non Aslaltato ha in mente altre iniziative che proporrà per lo stesso obiettivo. Noi siamo vicini a questi ragazzi ai quali rinnoviamo i nostri complimenti.  

 

Antonio Raponi, Lidano Arduini e Luigi Maturani

 

 

Siete invitati il giorno 20/07/2022 alle ore 21:00 per vedere il nostro teatrino a Santa Maria (BELVEDERE). Grazie. Le vaccarecciane (Martina, Emma, Mariastella, Cristina, Maria).

Trovo questo biglietto al rientro, infilato sotto la porta di casa ed è… felicità pura!

Felicità perché i bambini possono vivere di social e al tempo stesso di vita vera.

Felicità perché queste bambine, da grandi, potranno ricordare e raccontare la loro infanzia spensierata, fatta di relazioni, di giochi in strada, di creatività.

Felicità perché queste bambine percepiscono e vivono il senso di una comunità, di un vicinato che è un microcosmo di incontri, di costruzione di socialità, di rafforzamento del sé e della fiducia verso il prossimo.

Felicità perché sperimentano l’autonomia di uscire da sole, di appropriarsi dei luoghi in cui vivono e di sentirsi sicure.

Felicità perché i loro genitori hanno il coraggio di promuovere la libertà; saranno orgogliosi domani, quando vedranno le loro bimbe diventate donne che guardano al mondo con attenzione al prossimo e con generosità.

Felicità perché è possibile tornare ad abitare i centri storici ripartendo proprio dai bisogni dei bambini. Le politiche sociali troppo spesso sono solo di tipo assistenziale, quelle culturali relegate a feste, sagre e fiere. Bisogna invece avere il coraggio di elaborare politiche efficaci di integrazione sociale e di promozione culturale permanente e strutturale: partire dai bambini, capire che hanno bisogno di spazi di aggregazione dove poter esprimere la loro personalità; riqualificare le piazze di quartiere o, nelle periferie nate come agglomerati abitativi senza centro unificatore, costruire spazi polivalenti.

È la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell’adolescenza ad indicare questa via.

Articolo 31

  1. Gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica.
  2. Gli Stati parti rispettano e favoriscono il diritto del fanciullo di partecipare pienamente alla vita culturale e artistica e incoraggiano l’organizzazione, in condizioni di uguaglianza, di mezzi appropriati di divertimento e di attività ricreative, artistiche e culturali.

Felicità perché il 20 luglio assisterò ad uno spettacolo bellissimo. Anche lo scorso anno è stato realizzato; allora c’erano anche Gabriele, Gioele e Alessio; ora si sentono grandi, ma sono sicura che staranno lì, orgogliosi di quello che le loro sorelle e compagne di giochi realizzeranno.

Bellissime Martina, Emma, Mariastella, Cristina, Maria, conservate sempre questa gioia di vivere!

 

Nella foto le nostre bambine mentre provano lo spettacolo

 

Domenica, 26 Giugno 2022 05:56

Tramontan le stelle...

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La parabola è stata breve e le stelle ormai sono al tramonto.
 
A quattro anni dalle trionfali elezioni del 2018 che terremotarono la politica italiana, il Movimento 5Stelle è imploso. Quanto durerà questo crepuscolo non è dato saperlo e nemmeno sono da escludersi effimeri rigurgiti.   
 
Il Movimento 5Stelle si è rivelato un grande abbaglio. Alfiere della palingenesi generale, paladino di parole che hanno alimentato la falsa speranza che fosse giunto il tempo dell’Altrapolitica grazie al virtuoso mix di onestà, ambientalismo e democrazia radicale, alla prova del governo è emersa tutta l’inconsistenza di una proposta velleitaria, un’accozzaglia di luoghi comuni e buoni propositi senza sostanza. Scuotere l’immobile quotidianità, evidenziare l’assenza di una visione strategica dei partiti tradizionali e del sistema economico erano esigenze vere, percepite come urgenti e valutate come indispensabili dai cittadini per rimettere in moto il Paese e allinearlo alle democrazie più avanzate, ma i limiti del grillismo sono esplosi impietosamente e inevitabilmente.     
 
In modo vistoso, marcato e insuperabile è mancata un’idea di Paese, sostituita dalla approssimazione, da un pragmatismo dai riferimenti valoriali e culturali ondivaghi e funzionali solo alle convenienze. Il padre fondatore, Beppe Grillo ha avuto il merito di aver intuito in anticipo rispetto a tutti gli altri il disagio sociale serpeggiante e l’insorgenza dell’indignazione dei cittadini verso una politica ormai screditata e giudicata inadeguata e lontana dai problemi delle persone. Il contributo del comico genovese, con la sua popolarità e il suo modo di porsi dissacrante, è stato decisivo per proiettare verso vette elettorali impensabili il movimento, cui ha fatto seguito per questo un suo processo di beatificazione fanatica, la sua ascensione a supremo santone adorato da masse crescenti, le quali hanno coltivato le proprie speranze e anestetizzato le insofferenze praticando una cieca credenza nelle doti taumaturgiche dell’Elevato, ostinandosi a non vedere che il messaggio profetico proveniente dalla villa di Sant’Ilario era un’accozzaglia di confusi ermetismi e di ricette incoerenti.
 
Il palleggiamento tra posizioni contraddittorie, frutto di pulsioni demagogiche e reazionarie e di fobie piccolo borghesi di destra, le fughe in avanti dei vaneggiamenti di improbabili democrazie dirette, che hanno avuto il solo effetto di minare quel poco di democrazia sostanziale, lascito prezioso delle donne e degli uomini della Costituente, la xenofobia malcelata, il sessismo e il machismo usati come armi micidiali sui social, efficaci sicuramente in campagna elettorale, hanno dovuto fare i conti con le regole istituzionali e l’assunzione di responsabilità di governo. I pentastellati si sono proposti come quelli che avrebbero aperto il Parlamento come una scatoletta di tonno, ma è emersa progressivamente una verità molto semplice, nella sua disarmante violenza: il Palazzo ha accolto i barbari con inchini e riverenze e nel giro di poco li ha sbranati senza neppure accusare problemi di digestione.
 
In questi anni il Movimento 5Stelle, pur tra innumerevoli gaffe da mani nei capelli, ha giocato un ruolo importantissimo nella politica italiana, ha avuto sicuramente il merito di costituire una valvola di sfogo della protesta antisistema, come piattaforma utopistica di cambiamento e insieme puntello di sostegno e di legittimità di quella politica di palazzo che diceva di voler scardinare.
 
La decomposizione del Movimento 5Stelle, in atto da tempo con fughe personali o di piccoli gruppi di eletti, approdati ad altri lidi partitici o nel limbo dei gruppi misti, è culminata nella scissione compiuta dal Ministro degli Esteri, con la creazione di un nuovo soggetto politico di cui è riconosciuto leader. Si è trattato di uno sviluppo prevedibile, effetto della prolungata guerra civile tra le diverse anime del movimento, a volte sotterranea, a volte in campo aperto e senza esclusione di colpi. Vedremo come evolverà, ma l’impressione è che siamo in presenza della solita operazione di palazzo, senza presa tra i cittadini e ricadute in termini di consensi.
 
L’implosione può considerarsi effetto delle contraddizioni interne del Movimento 5Stelle venute al pettine. Nato come soggetto politico antisistema non poteva restare tale per sempre, ma nemmeno integrarsi nel sistema in modo indolore. L’anima oltranzista facente riferimento direttamente all’Elevato, a Beppe Grillo, vorrebbe che il Movimento 5Stelle ritornasse alle sue radici di contenitore politico vuoto, da riempire con la rabbia popolare. Una posizione palesemente fuori dal tempo, che non tiene conto dell’evoluzione politica in atto. L’anima facente capo a Giuseppe Conte vorrebbe farne invece in modo definitivo e ufficiale una specie di versione populista dell’UDC. Una scelta troppo dolorosa da accettare per i duri e puri.
 
Sebbene Grillo se ne lamenti, il Movimento 5Stelle è sempre stato un partito unipersonale. Il suo progetto ideologico era la diffusione della democrazia diretta, ma è sempre stato altro dal modo in cui veniva raccontato. Basti pensare come siano pochissimi gli esponenti di spicco del Movimento 5Stelle e al di là di quelli che hanno avuto scampoli di notorietà, il movimento è sempre stato identificato con Grillo e i suoi militanti chiamati grillini. Beppe Grillo è sempre stato il deus ex machina del Movimento 5Stelle e il leader che lo ha guidato per interposta persona. Negli ultimi tempi si è ritagliato un ruolo molto defilato, è rimasto per lo più dietro le quinte, ad osservare e suggerire e oggi si è accorto di aver perso controllo e voce in capitolo sulla sua creatura a favore di altri personaggi che lo hanno soppiantato in termini di rilevanza e seguito sui social, a cominciare da Giuseppe Conte. E così da buon demiurgo ha deciso che il Movimento 5Stelle così come lo ha creato può distruggerlo, non capendo che non può distruggere qualcosa che già non esiste più.
 
La crisi del Movimento 5Stelle apre una fase politica colma di incognite e abbastanza preoccupante. La possibilità che la rabbia e la protesta sociale possano essere raccolte e convogliate da contenitori populisti estremisti, che non garantiscono un ancoraggio ai principi della democrazia repubblicana, non è affatto rassicurante e dovrebbe spingere le forze politiche ad un cambiamento radicale per scongiurare il rischio di compromettere la tenuta delle istituzioni.  

 

Sull'albo del Comune di Sezze è stato presentato da ieri l'avviso pubblico per la candidatura alla designazione di amministratore unico della SPL di Sezze. I candidati debbono avere requisiti professionali di specifica competenza tecnica o amministrativa. Le domande debbono essere presentate entro l'8 di luglio e indirizzate al sindaco di Sezze tramite Pec. Per tutte le informazioni consultare l'albo pretorio on line del Comune di Sezze. Nell'allegato 5414 denominato "Domanda di candidatura" però, per un probabile errore di copia e incolla (capita per carità), non si parla affatto di candidatura di Presidente della SPl Sezze ma di "direttore generale dell’Azienda Speciale Cisterna Ambiente, di cui all’art. 18 del relativo Statuto". Si invitano pertanto i responsabili del procedimento a modificare la domanda errata e ad allegare alla candidatura la giusta richiesta in modo da non rendere nulle tutte le domande. Ovvio poi che l'incarico è fiduciario, ossia il sindaco può scegliere la persona che ritiene più congrua a ricoprire tale ruolo. L'attuale presidente della SPL in deroga venne scelto dall'ex sindaco Sergio Di Raimo, così come avvenne per Vincenzo Rosella scelto dall'allora sindaco Andrea Campoli.

 

 

 

L'allegato errato per presentare la domanda.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un vecchio proverbio popolare invita a prendere sul serio le cose sacre: "Scherza con i fanti ma lascia stare i santi". Non è per scaramanzia o superstizione, sebbene di questi tempi così incerti ce ne sarebbe tanto bisogno. Il fatto è che, anche per i non credenti, i Santi Patroni rappresentano il simbolo di una città con tutta la sua storia e le sue tradizioni religiose e civili. Rappresentano il simbolo di una spiritualità popolare e un forte legame tra il territorio in cui hanno vissuto e la coscienza della gente, segno di un legame fatto di tradizioni e su virtù con il passato. I Santi Patroni sono, infatti, esempi di una vita all'insegna della dedizione e della generosità. É questa una consuetudine che attraversa tutte le città, piccole e grandi e le fa riconoscibili di fronte agli altri. Ebbene, con l'avvicinarsi ormai imminente della loro ricorrenza, gira in città la voce che l' Amministrazione Comunale di Sezze non avrebbe alcuna intenzione di patrocinare l'evento per mancanza di soldi. Incredibile ma vero! Persino il nuovo parroco della Cattedrale di Santa Maria rimane sbalordito e non sa cosa dire di fronte a questo rifiuto. Ma come? Tra le pieghe del Bilancio Comunale (per altro ancora non approvato) non si riesce a recuperare una modestissima somma per concorrere e contribuire, doverosamente, alla celebrazione si questa tradizione secolare? Le ragioni sono le seguenti: o si sottovaluta la ricorrenza, credendo erroneamente che si tratti di una manifestazione folkloristica delle passate Amministrazioni, o si vuole risparmiare fino all'osso per far quadrare i conti e dimostrare di essere rigorosi. Governare una città non è solo una questione aritmetica. Per ottenere ciò basterebbe avere un buon computer e un buon ragioniere. Si tratta, invece, di avere una visione d'insieme della città ed un progetto per il suo sviluppo, dimostrando di avere coraggio, fantasia e interesse generale di essa. Tutti siamo a conoscenza, da sempre, delle difficoltà finanziarie dei Comuni. Non si tratta, infatti, di gestire un tesoretto nascosto nello scrigno da poter spendere e spandere. Chi ragiona così dimostra dabbenaggine e ipocrisia o completa ignoranza. E allora? Il Comitato Promotore della festa dei Santi Patroni assicura che, in ogni modo, la ricorrenza sarà celebrata degnamente sperando in un ripensamento dell'Amministrazione Comunale. Altrimenti, con quale coraggio il sindaco potrà indossare la fascia tricolore e andare in processione a rappresentare la città intera? O forse bisogna ricordargli che è buona consuetudine, per il rispetto dovuto ai credenti e non che onorare i Santi Patroni significa onorare l'intera Comunità?

 

 

Il 22 Giugno 2012, 10 anni fa, ci lasciava Mario Berti, Sindaco di Sezze dal 1954 al 1961, segretario della Federazione del PCI di Latina dal 1955 al 1966, Consigliere Regionale dal 1970 al 1985, solo per citare alcune delle funzioni importanti svolte da Mario.

Ricordo la commozione e le emozioni di quel giorno di 10 anni fa e quel senso diffuso in tante e tanti di noi, di tutte le generazioni che avevano avuto la fortuna di conoscerlo in tempi e contesti anche diversi, di gratitudine e vuoto al contempo.

Ricordo, allora ero segretario del PD di Sezze, una comunità politica e non solo che si stringeva con partecipazione e discrezione attorno a Laura, compagna di vita e di percorso politico di Mario, e alla famiglia.

Noi, allora giovani in quanto ad età e militanza, apprezzavamo in particolar modo quella generosità e disponibilità spontanea di Mario Berti, l’attitudine a trasmettere esperienze e conoscenze.

Lo ricordiamo con affetto, considerazione e riconoscenza per quanto ha realizzato nel suo percorso di vita, di lotta politica per la democrazia e i diritti dei più deboli, a partire dai primissimi anni del secondo dopoguerra.

Dagli scioperi a rovescio nei nostri territori fino al percorso che lo ha portato nel comitato centrale del PCI e ai vertici delle istituzioni regionali, una vita vissuta con coerenza, coraggio e rigore.

Sarà giusto e doveroso ricordarlo quanto prima in modalità pubblica, ampia ed aperta a tutti, come meritano le sue azioni, il suo esempio e i suoi pensieri.

Salvatore La Penna (Consigliere Regionale PD)

 

 

Alla fine conta il risultato, ed il risultato ieri è stato determinato dalla condivisione di tutte le forze politiche che siedono in aula consiliare su una tematica che non deve avere colore politico: la disabilità. La maggioranza che sostiene il sindaco di Sezze Lidano Lucidi ha votato la mozione sul Dopo di Noi presentata delle opposizioni, modificandone parte del testo come aveva proposto la stessa opposizione per andare incontro alla maggioranza. Ci si è ritrovati tutti su un terreno dove la politica deve avere il suo ruolo decisivo ma che deve cedere il passo a quella sensibilità che ancora tutti non riescono ad avere. Nonostante le diverse posizioni in aula l’impegno c’è e speriamo che porti a risultati importanti, come importante e centrale è sempre stato il ruolo di Sezze sulla tematica della disabilità, con fatti concreti e con azioni determinanti verso queste problematiche: chi sostiene il contrario vive o viveva altrove. Il Comune di Sezze è sempre stato apripista per altri Comuni ed esempio da seguire come è stato detto e ripetuto in aula. In merito alle diverse posizioni politiche ieri sono emerse differenze in seno alla maggioranza, ad esempio la critica del consigliere comunale Federica Pecorilli verso le ultime scelte della maggioranza in merito al Dopo di Noi e la sua delusione per aver perso questa prima opportunità. Una posizione questa non accettata dal Sindaco, che non ha perso tempo per "riprendere" pubblicamente il consigliere di Identità Setina. Sta nascendo una cordata poco "lucida"? Vedremo.

 

IL TESTO DELLA MOZIONE APPROVATA IERI IN AULA

Domenica, 19 Giugno 2022 06:28

Referendum. Le ragioni del fallimento

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La tornata referendaria sul tema della giustizia e della magistratura si è conclusa con una sconfitta clamorosa, un disastro senza precedenti per i promotori dei  cinque quesiti. Gli italiani hanno disertato i seggi e il numero dei votanti è stato sideralmente inferiore alla soglia prevista in Costituzione: il 21% contro il 50,1% necessario.
 
In questi ultimi anni il fenomeno dell’astensionismo è venuto assumendo dimensioni allarmanti, accrescendosi ad ogni passaggio elettorale. La sonora bocciatura dei referendum è peraltro soltanto l’ultima di una lunga serie e per tale ragione deve farci riflettere anche e soprattutto sull’uso improprio di questo importante strumento di democrazia diretta, aiutarci a comprendere i problemi di fondo, finora ignorati o sottovaluti, che stanno alla base della sua crisi, a cominciare dalla sfiducia dei cittadini verso la politica e le istituzioni e dalla convinzione dell’inutilità della partecipazione, dal momento che il più delle volte la volontà popolare espressa è stata aggirata e ignorata.
 
La proposta avanzata da alcuni di eliminare il quorum strutturale per la validità delle consultazioni referendarie è irricevibile, una acrobazia surreale. Al crescente astensionismo non si può rispondere istituzionalizzando il non voto, rendendolo il fulcro di una possibile riforma, soprattutto non considerando che la mancata partecipazione alle consultazioni referendarie è cosa ben diversa dal non votare alle elezioni politiche o amministrative, dato che costituisce una opzione espressamente prevista nella Carta Costituzionale. L’abrogazione di una legge poi non è questione da risolvere fra pochi intimi e ben affiatati, a meno di non voler ridurre la democrazia a farsa e fare della riforma della Costituzione la scorciatoia per rimediare alle incapacità, alla crisi di rappresentatività e al fallimento della classe politica.
 
Se l’80% degli aventi diritto al voto non è andato alle urne, la ragione va ricercata anche nei quesiti referendari, nella distanza percepita tra gli stessi e il vissuto degli elettori e non ultimo nella consapevolezza della loro non immediata e diretta funzione risolutiva dei problemi della giustizia. I referendum, come ogni appello diretto al popolo, implicano poi la necessità di semplificare i temi e le scelte da fare, riducendo la risposta ad un sì o un no. Così è avvenuto quando i cittadini sono stati chiamati a pronunciarsi su divorzio, aborto, nucleare, ergastolo, beni comuni, liberalizzazione delle droghe leggere, eutanasia. Quando il quesito è tecnicamente complesso e specifico, l’unica possibilità di successo è affidata alla demagogia, che è spesso figlia dell’inganno.
 
La scusante principale ripetuta in questi giorni per spiegare il fallimento dei referendum è stata la mancanza o comunque la scarsa informazione fornita dai mass media. È un’affermazione sbagliata e irrispettosa dei cittadini, considerati bisognosi di corsi di recupero per orientarsi e capire e non si tiene conto che aver propagandato i referendum come strumenti per arrivare a una giustizia giusta, formula pomposa e autoreferenziale, ha finito per fuorviare le persone e aumentare diffidenza e distacco verso l’iniziativa. Cancellare la legge Severinodisciplinante le ipotesi di incandidabilità, o l’intero impianto delle misure cautelari, non solo detentive, previste in caso di rischio di reiterazione del reato, avrebbe creato vuoti gravi e pericolose disfunzioni nel sistema giudiziario. Arginare la politicizzazione della magistratura cambiando le modalità di elezione dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura ed eliminando la necessità della raccolta delle firme, rendere partecipi gli avvocati e gli altri membri non togati del sistema di valutazione dei magistrati e separarne le carriere giudicante e requirente, impedendo il passaggio dall’una e all’altra, possono essere anche scelte efficaci e giuste se poste all’interno di una revisione organica, necessariamente da realizzarsi in Parlamento, che rimetta ordine nel sistema giudiziario, oggetto in questi anni di ripetute e dannose controriforme.
 
I cittadini hanno capito che gli obiettivi dei referendum non avevano quasi nulla a che vedere con i problemi della giustizia e rappresentavano una sorta di giudizio ordalico, una resa dei conti tra poteri dello stato. La scelta poi di presentarli come lo scontro tra il Davide, garantista e autoproclamatosi salvatore dello stato di diritto, e il Golia della casta dei magistrati, sempre pronti ad angariare gli innocenti e a fare strame dei diritti e di proporre Luca Palamara, ex giudice che con il suo Sistema la magistratura ha contribuito a conciarla male, come portabandiera dei sostenitori dell’abrogazione si sono rivelati dei boomerang che hanno spinto la quasi totalità dei cittadini a fare una scelta politica e a sconfessare l’operato dei propri rappresentanti in Parlamento.
 
Il sistema giudiziario ha bisogno di una riforma complessiva, costituzionalmente orientata, che garantisca autonomia e indipendenza alla magistratura (art. 104 Cost.), assicuri una ragionevole durata dei processi, non contraddica il principio del giusto processo (art. 111 Cost.) e non pregiudichi la tutela dei diritti e le garanzie di difesa (art. 24 Cost.). Abbreviare i tempi senza compromettere le garanzie non è una sintesi facile: bisogna evitare una sentenza rapida ma sbagliata oppure una sentenza giusta dopo troppo tempo. Raggiungere simili obiettivi richiede interventi non solo sulle regole processuali, ma anche e soprattutto una riduzione del numero delle previsioni penali a favore di forme alternative di tutela sociale mediante la depenalizzazione di delitti oggi ormai di scarsa pericolosità sociale e la riqualificazione dell’azione penale con riferimento ai reati di maggiore impatto e disvalore, l’intervento sulle carceri per ridurre il sovraffollamento, l’incentivazione della rieducazione e del reinserimento sociale dei condannati (art. 27 Cost.), una formazione adeguata e continuativa dei magistrati che oggi è alquanto scadente, un processo civile efficace e rapido fermando il tentativo in atto di privatizzazione della giustizia.
 
Ci avviamo alla scadenza naturale della legislatura e il bilancio in tema di giustizia è di cinque anni perduti e di risorse sprecate. All’indomani di questa manifestazione di sfiducia dell’elettorato, le forze politiche dovrebbero responsabilmente individuare i nodi veri della questione giustizia e assumere l’impegno ad affrontarli e risolverli ormai nella prossima legislatura.

 

 

Sarà il terzo anno consecutivo senza il prestigioso torneo internazionale femminile di Tennis. L’ultima edizione quella del 2019, la 34°, ricordata per l’altissimo livello tecnico e per il montepremi che passò da 15 a 25 mila dollari. Tra le italiane presenti parteciparono Jessica Pieri, Deborah Chiesa e Stefania Rubini, quest’ultima vincitrice del torneo. Poi lo stop per il covid nel 2020 e nel 2021 e le difficoltà della nuova amministrazione comunale di organizzare la 35esima edizione. Presso i campi rossi del Tennis Club c’è sicuramente amarezza e delusione ma le risorse per organizzare un torneo di così alto livello necessitano un lavoro di squadra molto lungo e impegnativo, esperienza, contatti, capacità relazionali, a partire dalla ricerca delle risorse. Per organizzare un torneo così prestigioso e sotto l’egida dalla Fit (federazione italiana tennis), infatti, non bastano 40 mila euro, di cui circa 10 mila stanziati dal Comune di Sezze, somme importanti che in passato venivano trovate grazie a sponsor e soprattutto al durissimo lavoro dell’ex assessore allo Sport Enzo Eramo e dell’ex consigliere comunale Titta Giorgi, nell'esclusivo interesse della città. I campi rossi del Tennis Club anche quest’anno quindi dovranno fare a meno di un evento che in passato ha sempre creato turismo e attenzione mediatica sulla nostra città, non solo per il torneo ma per tutto l’indotto che comporta lo stesso torneo. Per evitare che in futuro ci siano altri impedimenti i consiglieri comunali di opposizione hanno firmato una mozione, con audizione del dott. Sandro Pontecorvi, affinché gli Internazionali Femminili di Tennis vengano inseriti nel comma 5 dello statuto comunale di Sezze “con la conseguenza che l’Ente dovrà avere una attenzione particolare nei confronti della manifestazione e garantire in tutti i modi possibili la sua realizzazione e il supporto economico”. Va aggiunto che per quest’anno oltre a non figurare contributi comunali, che ricordiamo erano circa un quarto delle somme necessarie, non sono stati nemmeno stanziati contributi da parte della Regione Lazio. 

 

 

Grande festa questa mattina presso l'Isiss Pacifici De Magistris di Sezze per l'immissione in ruolo di ben 9 neo docenti e per il meritato riposo invece per 3 prof. che andranno in pensione. La dirigente scolastica Anna Giorgi ha voluto così organizzare un momento di ringraziamento e augurio. Ecco le parole della preside: "La scuola vive della stessa vita della natura, in cui ogni inizio e ogni conclusione sono soltanto tappe di un ciclo perenne in cui tutto si rinnova. Ai nove docenti che hanno vissuto nella nostra scuola l'anno d'immissione in ruolo, auguriamo un percorso professionale in cui non manchi mai la bussola che indica la rotta: la crescita integrale degli alunni; ai tre docenti che terminano il proprio percorso professionale, auguriamo che il meritato riposo possa nutrirsi della gratitudine dei tanti alunni che hanno intrecciato il loro percorso. A tutti ricordiamo che chi comincia a educare pensa di iniziare un mestiere e quando termina si accorge che quel mestiere è qualcosa che somiglia molto alla vita".

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