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L'Ucraina e il Diritto Internazionale violato

Mar 06, 2022 Scritto da 

 

 

 

La guerra è sempre una sconfitta dell’umanità con il suo carico insopportabile di sofferenze, morte e distruzioni. 
 
Vladimir Putin si è assunto la responsabilità storica, politica e morale di aver riportato la guerra nel cuore dell’Europa. L’intervento armato contro l’Ucraina è una gravissima violazione del diritto internazionale e un’aberrazione dei suoi principi. I due Ordini Esecutivi riguardanti il riconoscimento unilaterale delle Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk, sono una ridicola messinscena per giustificare un’azione militare diretta ad assoggettare un popolo, mascherandola da operazione di peacekeeping e di liberazione dell’Ucraina dai nazisti, frutto di una visione antistorica e di una logica imperialistica e liberticida.
 
L’Ucraina è uno stato autonomo, identificato sul piano del diritto internazionale secondo i confini riconosciuti dalle Nazioni Unite, dalle organizzazioni internazionali e dalla comunità degli Stati e l’intervento armato condotto dalla Russia contro di essa è contraria alla Carta dell’ONU che all’art. 2 paragrafo 4 impone agli Stati di astenersi nelle loro relazioni dalla minaccia o dall’uso della forza dirette “contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato”. La rivendicazione storica della comune madre Russia e la necessità di difendere le minoranze russofone, ripetute ossessivamente nei suoi discorsi da Vladimir Putin, sono vuota retorica, sono storicamente e culturalmente infondate e non possono comunque rappresentare alcun casus belli, tantomeno in nome del principio dell’autodeterminazione dei popoli. Un simile richiamo che giustifica le c.d. guerre di liberazione nazionali, è previsto solo in circostanze precise, come quando i popoli sono costretti a lottare contro la dominazione coloniale, l’occupazione straniera e i regimi razzisti (I Protocollo addizionale del 1977 alle Convenzioni di Ginevra, art. 1, paragrafo 4;Patto sui diritti civili e politici del 1996, art. 1). È escluso che il diritto di autodeterminazione si estenda alle minoranze etniche, che possono reclamare il riconoscimento dei diritti civili e politici e dell’autonomia amministrativa senza mettere in discussione l’integrità dello Stato di appartenenza. Salvo i casi espressamente previsti, nel diritto internazionale il principio della sovranità e della integrità territoriale dello Stato è inviolabile e non esiste alcun diritto alla secessione. Peraltro l’autodeterminazione non è un diritto riconoscibile neanche ai “movimenti secessionisti che facciano capo ad un popolo che coesiste insieme ad altri in uno Stato federale indipendente” (Natalino Ronzitti, Diritto internazionale dei conflitti armati, 2017).
 
Questi principi sono stati ribaditi dall’art. 8 bis dello Statuto della Corte penale Internazionale, negli emendamenti adottati a Kampala nel 2010, ed entrati in vigore nel 2012.  La norma definisce con chiarezza il crimine di aggressione internazionale, inteso come “l’uso della forza armata da parte di uno Stato contro la sovranità, l’integrità territoriale o l’indipen­denza politica di un altro Stato, o in qualunque altro modo contrario alla Carta delle Nazioni Unite” e, richiamando la Risoluzione 3314 (XXIX) dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 14 dicembre 1974, specifica le condotte da considerarsi come atti di aggressione: a) invasione o attacco armato di uno Stato del territorio di un altro Stato o qualunque occupazione militare, anche temporanea, conseguenza di detta invasione o attacco o qualunque annessione, mediante l’uso della forza, del territorio di un altro Stato o di parte dello stesso; b) il bombardamento da parte delle forze armate di uno Stato contro il territorio di un altro Stato o l’impiego di qualsiasi altra arma da parte di uno Stato contro il territorio di un altro Stato; c) il blocco di porti o coste di uno Stato da parte delle forze armate di un altro Stato; d) l’attacco da parte delle forze armate di uno Stato contro le forze armate terrestri, navali o aeree di un altro Stato o contro la sua flotta navale o aerea; e) l’utilizzo delle forze armate di uno Stato che si trovano nel territorio di un altro Stato con l’accordo di quest’ultimo, in violazione delle condizioni stabilite nell’accordo, o qualunque prolungamento della loro presenza in detto territorio dopo il termine dell’accordo; f) il fatto che uno Stato permetta che il proprio territorio, messo a disposizione di un altro Stato, sia utilizzato da quest’ultimo per commettere un atto di aggressione contro uno Stato terzo; g) l’invio da parte di uno Stato, o in suo nome, di bande, gruppi, forze irrego­lari o mercenari armati che compiano atti di forza armata contro un altro Stato di gravità tale da essere equiparabili agli atti sopra citati o che parte­cipino in modo sostanziale a detti atti.
 
Il diritto internazionale consuetudinario, già prima dell’art. 51 della  Carta dell’ONU, stabilisce che a fronte di un attacco armato che minacci la popolazione e l’integrità territoriale di uno Stato nemmeno le disposizioni della Carta stessa, che richiedono una risoluzione preventiva o successiva del Consiglio di Sicurezza per autorizzare il ricorso all’uso della forza, possono pregiudicare  il diritto alla legittima difesa posta in essere anche da Stati terzi nei confronti dello Stato aggredito.
 
È di tutta evidenza che l’Ucraina sta subendo una aggressione armata, una violazione della sua sovranità territoriale e l’obiettivo della Russia è di fatto di annettersela, di cancellarla dal consesso delle nazioni libere e democratiche. Siamo di fronte ad un atto intollerabile. L’Assemblea Generale dell’ONU, convocata in sessione di emergenza il 2 marzo 2022 ha votato una risoluzione di condanna dell’invasione. Dei 193 paesi membri, 141 hanno votato a favore, 35 si sono astenuti e 5 contro. La stragrande maggioranza dei paesi ha chiesto la fine della guerra e il ritiro immediato dei soldati russi dal territorio ucraino. Si sono espressi contro la Russia naturalmente, la Bielorussia, sua stretta alleata, il cui territorio funge da retrovia dell’invasione, l’Eritrea, la Corea del Nord e la Siria. Insomma una gran bella compagnia di stati canaglia! Si sono astenuti tra gli altri Cina e India. Le risoluzioni dell’Assemblea Generale non sono vincolanti, hanno solo peso politico, ma in questo caso il voto esprime soprattutto uno schiacciante isolamento diplomatico della Russia.
 
L’Unione Europea e i paesi democratici bene hanno fatto a varare durissime sanzioni economiche e a sostenere concretamente la resistenza dell’Ucraina. Occorre però mettere in campo anche una forte azione diplomatica per arrivare a comporre negozialmente il conflitto, facendo tacere le armi, ristabilendo la legalità, imponendo il rispetto dei diritti umani, dell’autodeterminazione del popolo ucraino, dell’inviolabilità dei confini, della sicurezza e della giustizia.
 
Essere a favore della pace non può farci perdere di vista che di fronte ad una così grave violazione del diritto internazionale l’equidistanza non è possibile perché significa di fatto schierarsi dalla parte dell’aggressore anziché dell’aggredito.
Pubblicato in Riflessioni

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