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Domenica, 22 Gennaio 2023 08:01

Fratel Biagio. L'altra Palermo

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Ogni uomo e donna è da rispettare, ha diritto di mangiare, a una casa, a un lavoro, e questo vale per ogni emarginato, emigrante, immigrato, profugo. Se non doniamo dignità speranza non potrà mai esserci una giusta e corretta società. Abbiamo tutti il dovere di non alzare barriere, né muri” (Fratel Biagio Conti).
 
In questi giorni convulsi, ricchi di avvenimenti importanti, a Palermo si è spenta la voce di quanti non hanno voce, la luce che sottraeva dall’ombra gli ultimi, gli emarginati, i senza fissa dimora, gli sbandati, i clandestini, gli immigrati, i portatori di disagio mentale, i reietti, gli invisibili e i disprezzati.
 
La notizia della morte di fratel Biagio Conte si è incrociata con quella dell’arresto, sempre a Palermo, del boss Matteo Messina Denaro. Una vicenda criminale, di mafia e di sangue si conclude e si intreccia con la storia di un uomo capace di donare se stesso in modo totale e radicale, che invece non finirà mai. Una certezza questa che nasce dal messaggio potente di fratel Biagio, dai sentimenti forti che ha suscitato con la sua esistenza e le sue scelte, divenute seme di speranza e di futuro, innestate nel cuore delle persone che lo hanno incontrato e conosciuto.   
 
Biagio Conte era un missionario laico, non un sacerdote, né un frate, semplicemente un cristiano autentico, che ad un certo punto della sua esistenza ha deciso di seguire Cristo in modo radicale, di incarnare il messaggio evangelico senza compromessi e mezze misure. Nasce a Palermo nel 1963. La sua è una ricca famiglia di costruttori edili e il suo destino sembra essere segnato. A sedici anni lascia la scuola e va a lavorare, a fianco del padre, nell’impresa di famiglia, la più grande di Palermo. Apparentemente possiede tutto quanto si possa desiderare, auto, vestiti firmati, ragazze. In realtà è insoddisfatto. I tanti beni materiali non lo appagano e dentro di sé avverte un crescente desiderio di completezza e realizzazione. Una profonda crisi spirituale imprime una svolta decisiva alla sua esistenza e si convince che deve cambiare radicalmente. Dopo un periodo di ritiro a vita eremitica, all’inizio degli anni ‘90 intraprende un lungo pellegrinaggio verso Assisi. Attraversa a piedi l’Italia per andare ad incontrare i frati francescani. Il messaggio e gli insegnamenti di San Francesco costituiscono un’esperienza spirituale fortissima.
 
Per qualche tempo di Biagio si perde ogni traccia e della sua scomparsa si occuperà anche il programma televisivo”Chi lo ha visto?”, cui i familiari si rivolgono per cercare di ritrovarlo. Viene rintracciato, accetta di tornare a Palermo, ma annuncia ai genitori di voler lasciare tutto e di consacrare la sua vita all’aiuto dei poveri. Desidera recarsi come missionario in Africa e comincia ad organizzare la propria partenza, quando accade l’imprevisto. Biagio si accorge che la sua città, Palermo, ha bisogno di lui. Apre i suoi occhi e il suo cuore ai poveri, agli ultimi, che in tanti soffrono a pochi passi da casa sua e comincia con il portare conforto ai senza tetto che occupano il porticato della stazione centrale. Durante le notti trascorse sotto i portici, in compagnia degli ultimi, comprende che deve fare qualcosa di concreto per loro. Non bastano le parole e la sua vicinanza personale. Battendosi ostinatamente con la forza della fede, della disobbedienza civile e del digiuno, ottiene dalle istituzioni cittadine alcuni locali in via Archirafi, dove con grande sacrificio e l’aiuto di tantissimi volontari, nel 1993, fonda la Missione di Speranza e Carità, dove dà riparo e sostentamento a circa 200 persone bisognose. Si dà tutto instancabilmente ai fratelli e alle sorelle, ma le fatiche gli causano lo schiacciamento di alcune vertebre, costringendolo per alcuni anni su una sedia a rotelle. Dopo un viaggio a Lourdes riesce miracolosamente a rimettersi in piedi e torna a combattere per strada, accanto ai suoi poveri. Nel 2018, dopo la morte di alcuni clochard per le strade di Palermo, inizia lo sciopero della fame e decide di andare a vivere in un cartone sotto il porticato del palazzo delle poste centrali. La sua protesta pacifica viene ricompensata con la concessione di alcuni spazi, in via Decollati, dove comincerà ad accogliere ed aiutare altri bisognosi.
 
Nel 2019 fratel Biagio si rimette in cammino. Percorre più di mille chilometri a piedi per raggiungere Strasburgo, dove consegna al Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, una lettera con la quale chiede che le istituzioni europee si impegnino attivamente e concretamente per realizzare una società giusta e stabile, che non lasci indietro i più deboli.
 
La Missione di Speranza e Carità rappresenta un punto di riferimento importante per Palermo, sostenendo i senzatetto con tre pasti al giorno, ospitando le donne in un ex convento, in cui vivono mamme con bambini, spesso vittime della tratta. Fratel Biagio, tra enormi difficoltà, quasi sempre nell’ombra, ha continuato ad occuparsi dei poveri della sua città fino all’ultimo giorno della sua vita in una pacifica guerra contro l’indifferenza, arma silenziosa in grado di uccidere lentamente.
 
Un piccolo, grande uomo, paragonato da alcuni al poverello d’Assisi, vestito di un saio logoro e dal sorriso disarmante disegnato sul volto, ha ridato speranza e dignità a coloro ai quali la vita ha riservato solo ferite e ingiurie: clochard, disoccupati, vagabondi, prostitute, alcolisti, ex detenuti, migranti. Lo ha fatto usando gli strumenti che la Chiesa conosce da sempre: il digiuno, la preghiera e la vicinanza agli ultimi, in tutto e per tutto. Non si è limitato all’assistenzialismo, donando un pasto caldo e vestiti, ma ha offerto a tutte le persone che ha incontrato un’occasione di riscatto, aiutandole a risollevarsi, a riacquistare autostima, ad acquisire competenze mediante la formazione, i laboratori di sartoria, la cucina e la coltivazione della terra.
 
Rivolgo un grido disperato ma di speranza all’intera società, non possiamo rimanere inermi spettatori davanti alle tante difficoltà, sofferenze ed emarginazione” diceva e con la sua vita ci ha insegnato che se vogliamo costruire una società più giusta e felice ognuno deve fare la propria parte, alzando la voce quando serve, denunciando ciò che non va e operando concretamente nel quotidiano.
 
Fratel Biagio si è fatto prossimo degli ultimi, ha gioito, cantato e sofferto con loro, ha percorso la strada straordinaria dell’amore e della donazione, che noi persi nel buio di una notte che sembra non voler finire, abbiamo purtroppo smarrito.

 

Tornerà allo scalo il servizio Uma, Utenti Mezzi Agricoli. A darne notizia è stato il sindaco di Sezze Lidano Lucidi. Il Comune ha a disposizione un immobile posto all’interno del Fabbricato Viaggiatori della stazione di Sezze Romano, in Corso della Repubblica, appartenente alla Rete Ferroviaria Italiana e oggetto di un contratto di comodato d’uso a favore del Comune di durata quinquennale e con scadenza nel 2025. L'amministrazione comunale ha deciso di spostare al suo interno il servizio Utenti Mezzi Agricoli, del quale il Comune di Sezze è capofila con i Comuni di Bassiano e Sermoneta per lo svolgimento delle funzioni delegate dalla Regione Lazio afferenti il servizio per l'assegnazione del carburante agricolo agevolato e le pratiche di iscrizione e cancellazione di macchine ed attrezzature agricole, nonché per il riconoscimento delle qualifiche CD/IAP. L’esecutivo ha deliberato di dare mandato al servizio “Piccole Manutenzione Beni Mobili e Immobili” di provvedere nell’immediato agli interventi di manutenzioni essenziali degli uffici, al controllo e all’attivazione delle utenze, così come alla collocazione definitiva degli arredi e delle installazioni tecniche. Il servizio informatico comunale, invece, si occuperà di provvedere all’installazione di apparecchiature e del software necessario a garantire le adeguate condizioni di svolgimento del lavoro, mentre il servizio Affari Generali dovrà occuparsi della predisposizione di un servizio periodico di pulizia dei locali nell’immobile posto all’interno del Fabbricato Viaggiatori della stazione di Sezze Romano.

 

 

Nelle intenzioni dell'amministrazione comunale di Sezze si vuole recuperare l’antico vitigno setino “Cecubo”. Martedì 17 gennaio a partire dalle 18 si terrà una prima riunione convocata dal presidente della commissione Attività Produttive, Orlando Santoro. “Quella del recupero dell’antico vinum setinum – ha spiegato il presidente della commissione consiliare Attività Produttive – è una sfida che abbiamo voluto lanciare a noi stessi e a questo territorio. L’importanza storica di questo antico prodotto potrebbe diventare un volano per l’economia e per il turismo”. Nel corso della riunione della commissione consiliare saranno presenti due esperti imprenditori del settore vinicolo di questo territorio, Marco Carpineti e Marco Tomei.

Domenica, 15 Gennaio 2023 07:53

Il caro benzina e le bugie del governo Meloni

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Washington non sapeva dire le bugie, Nixon non sapeva dire la verità, e Reagan non sapeva la differenza” (Arthur "Art" Buchwald - Giornalista e scrittore).
 
Una battuta fulminante, capace di mettere in luce tutta la tensione agonistica tra verità e menzogna che attraversa la politica, non solo quella americana.
 
Troppo spesso i professionisti della politica ricorrono alla bugia per farsi eleggere, a volte per farsi rieleggere, altre volte per superare l’avversario politico o recuperare voti e non essere scaricati, in un momento di grave crisi, dal proprio partito e assai spesso semplicemente per nascondere la verità e trarne vantaggio. Insomma la bugia è uno straordinario strumento di potere, un’arma e una contro-verità che arriva a destinazione e raggiunge il suo scopo quando la vittima è ingannata.
 
Nella scorsa campagna elettorale le bugie sono state propinate in gran quantità dai diversi partiti e schieramenti, anche se non da tutti in pari misura e indistintamente, ricorrendo a slogan accattivanti, cercando di accalappiare consensi a mani basse con parole ammaliatrici, avanzando proposte allettanti, solleticando istinti e confidando nella smemoratezza di un elettorato sempre pronto a cadere nella trappola populista delle soluzioni semplici ai problemi complessi.
 
Promettere l’impossibile avendo come verosimile prospettiva la confortevole collocazione all’opposizione è fin troppo semplice. La situazione invece cambia radicalmente quando occorre misurarsi con la responsabilità diretta della gestione della cosa pubblica e dar conto degli impegni elettorali, anche i più improbabili, assunti di fronte ai cittadini.
 
Giorgia Meloni, dopo aver tuonato per mesi contro le accise che appesantiscono in misura insopportabile il prezzo dei carburanti e aver promesso un cambio di rotta, l’eliminazione di tutti i balzelli o comunque una loro riduzione progressiva, se solo gli italiani le avessero consentito di andare a governare, ora che veste i panni di Presidente del Consiglio si è accorta quanto sbagliato sia raccontare balle.
 
Siamo pronti, recitava lo slogan della campagna elettorale di FdI, ma probabilmente non lo erano, anche perché governare e far quadrare i conti è alquanto complesso.
 
Dettaglio nient’affatto trascurabile è poi che nel profluvio quotidiano di comunicati dei vari uffici stampa delle forze politiche di maggioranza, dal 25 settembre 2022 in poi, della parola benzina non c’è quasi più traccia a riprova che era tutta una pantomima e comunque altri erano gli obiettivi prefissi.
 
La pacchia è finita, l’era delle cicale anche e soprattutto non siamo il paese dei balocchi. Per gli italiani il risveglio dal sonno della propaganda elettorale rischia di essere traumatico, costretti come sono a prendere atto della differenza tra il fantastico mondo delle promesse e la realtà rappresentata dai cartelli con i prezzi dei distributori di benzina.
 
La Presidente del Consiglio e i suoi ministri ci risparmino lo spettacolo indecoroso e triste di definire il prezzo della benzina fisiologicamente sopportabile. Il compito di un esecutivo serio, ancor più se insediatosi da poco, sarebbe quello di provare a non contraddire le promesse che hanno portato alla sua nascita. In un paese normale, con una classe politica seria e affidabile tale affermazione suonerebbe perfino un po’ naif.  Sicuramente fastidioso è vedere che quei politici che per anni si sono resi protagonisti di sparate in tutte le salse sulle accise, che hanno riempito pagine e pagine social, ora che hanno vestito il doppiopetto ministeriale e ricoprono responsabilità di governo negano persino di aver pronunciato certe parole. Un minimo di onestà intellettuale i cittadini italiani la meritano.
 
Se al pari di tutti gli altri esponenti politici che in precedenza hanno rivestito compiti di governo, nemmeno gli attuali hanno la più pallida idea di come agire in modo efficace sulle accise, di come cioè rimediare alla riduzione consistente del gettito erariale conseguente alla loro eliminazione o semplicemente diminuzione, sarebbe stato assai più onesto dirlo fin da subito.
 
Sul prezzo della benzina le accise pesano terribilmente, corrispondono quasi al 40% del prezzo totale per un litro. Il taglio, applicato per la prima volta a marzo 2022 con l’approvazione del decreto Ucraina bis, sia per la benzina che per il diesel aveva comportato una riduzione complessiva di 30,5 centesimi fino a dicembre 2022.
 
Il governo più a destra di sempre, tanto per iniziare, ha deciso di non rinnovare lo sconto introdotto dal vituperato esecutivo guidato da Mario Draghi, senza il quale il pieno di benzina oggi costa a noi cittadini 7 o 8 euro in più. Si è scelto di strizzare l’occhio ad evasori ed elusori fiscali e di dirottare altrove le poche risorse disponibili, di pagare qualche cambiale elettorale, di spenderle in mance e marchette varie, finanziando per esempio la flat tax per chi guadagna 3.000 euro netti al mese e lo sconto alle squadre di serie A, indebitate fino al collo, e non certamente di allocarle in altri capitoli di spesa per sostenere interventi a favore delle fasce sociali più deboli, come la maggioranza vorrebbe far credere.
 
Si badi bene, nessuno pretende di pagare la benzina nulla o pochi spiccioli come accade in Venezuela e in Kuwait, ma non si può nemmeno non notare che ci sono Paesi europei come la Slovenia, la Bulgaria, la Romania, l'Austria e l'Albania dove il costo è inferiore anche di 40-50 centesimi. In Francia e Spagna il prezzo al litro rispetto all'Italia è in moltissimi distributori inferiore di 20 centesimi circa.
 
Accortasi che la situazione stava divenendo politicamente esplosiva, di essere finita nell’occhio del ciclone e al centro di una polemica durissima con l’accusa di aver mentito, la Presidente del Consiglio ha cercato di giustificare la scelta compiuta negando di aver mai preso l’impegno con l’elettorato di tagliare IVA e accise e sostenendo che comunque il suo governo si trova a fare i conti con emergenze senza precedenti che lo rendono impossibile. Peccato che di nuovo Giorgia Meloni ha detto cose non vere, dal momento che il programma elettorale di FdI, proposto alle scorse elezioni, al punto 17 prevede espressamente la “sterilizzazione delle entrate dello Stato da imposte su energia e carburanti e automatica riduzione di Iva e accise”.
 
Un detto popolare recita: le bugie hanno le gambe corte.
È proprio vero.

 

 

Nel 1936 un'equipe di paleontologi guidata dal prof. Blanc, rinvenne a Sezze all'Arnalo dei Bufali, presso le rive dell'Ufente un dipinto schematico rupestre raffigurante una figura umana a “Phi” (greca ῳ). risalente al Mesolitico, unico esempio di rappresentazione umana di quel periodo trovato in Italia. Il dipinto rupestre in ocra rossa si trova attualmente al Museo Pigorini di Roma. Dal 2013 il gruppo setino In Difesa dei Beni Archeologici , con una serie di escursioni o “passeggiate archeologiche” ha riacceso l'interesse per tale sito. Ma cos'è un arnalo e perché Arnalo dei Bufali?

Le mandrie di bufali, presenti da sempre nel territorio delle paludi pontine e citate nel 1641 (da G. Ciammarucone)  aiutavano l'uomo a mantenere pulito dalle erbe acquatiche l'alveo dei fiumi e dei canali, semplicemente nuotando oppure guadandoli. Il riparo preistorico, abbandonato dall'uomo, diventò presto la dimora preferita dai bufali e anche dai bovini che ancora oggi stazionano in zona.

Il termine dialettale “Arnalo” o “Arnaro” è di etimologia incerta. Con ogni probabilità deriva da arn , termine celtico che sta ad indicare una o più incavature ai piedi di un costone roccioso, ospitante nella Preistoria uomini e animali, in seguito soltanto animali. Nel nostro caso, l'Arnalo dei Bufali, viene utilizzato dapprima ad indicare un riparo per bufali, utilizzato in passato per la loro mole nello spurgo di fiumi e canali, ma anche per intorbidire le acque e facilitare la pesca con le reti nel vicino Ufente , più tardi anche ad indicare un riparo per greggi o buoi.

Nel basso Medio Evo è presente nella lingua italiana anche il termine arna , poi diventato “arnia”, ad indicare il ricovero naturale o artificiale delle api domestiche.

Da Arnalo o Arnaro, derivano i diminutivi dialettali riscontrabili nella toponomastica locale, Arnarello e Arnariglio, quale si riscontra presso la località Archi S. Lidano (Stradone dell'Arnarello) e nella conca di Suso a ridosso della contrada Zoccolanti (Arnariglio).

“Arnereglio” è invece un termine dialettale di uso agricolo, ovvero una specie di piolo che nel classico aratro di Virgilio serviva da raccordo per le “recchie” (orecchie dell'aratro), manovrando le quali si poteva conferire al solco una maggiore o minore largo.

 

[1] G. Ciammarucone – Descrittione della Città di Sezza, colonia Latina di Romani - pag. 58, 59 –Roma 1641

Sopra il dipinto "L'alba dell'umanità" di Franco De Franchis

Domenica, 08 Gennaio 2023 07:41

A proposito di Karibù...

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Leggere, ascoltare e condividere notizie, dallo sfogliare un giornale al conversare con un amico, discutere liberamente, manifestando apertamente il proprio pensiero, e prospettare possibili cambiamenti sono componenti essenziali della democrazia.
 
Una stampa libera, che assicuri informazioni non manipolate o al servizio di persone, organizzazioni o interessi, indaghi su chi detiene il potere, ponga domande scomode e cerchi di scoprire cosa accade realmente, a prescindere dalle conseguenze politiche, è condizione imprescindibile affinché i cittadini, i quali delegano il compito di decidere ai propri rappresentanti eletti, possano prendere le giuste decisioni al momento del voto, ascoltando i vari punti di vista, e controllare e valutare quanto accade dopo.
 
La libertà di informazione è oggi minacciata da nemici esterni ed interni.
 
Governi autoritari, perfino nella nostra Europa, per mantenere il potere limitano le libertà, tentano di controllare le notizie, intimidiscono e mettono a tacere le voci indipendenti per impedire che ai cittadini venga data la verità o comunque per fornire loro un’immagine distorta di quanto accade.
 
I social, ormai dominanti, aggregano le notizie e le condividono con enorme facilità e rapidità. È un bene e un vantaggio rispetto al passato, ma è forte il rischio della disinformazione a causa della diffusione di notizie false, distorte e fuorvianti o di contenuti incitanti all’odio, alla violenza e alla discriminazione.
 
L’informazione si è imbarbarita, punta al sensazionalismo per vendere più copie, accrescere ascolti, visualizzazioni sui social e introiti pubblicitari. Troppi giornalisti preferiscono compiacere editori e potenti di turno a scapito della correttezza professionale e della veridicità di quanto raccontato.
 
L’informazione deve riscoprire la propria vocazione, ritrovare riflessività e pacatezza, svolgere il ruolo essenziale di interpretare e mediare il flusso incessante di notizie che arrivano da internet, coniugare la libertà di approfondire e criticare con il rispetto della verità dei fatti, consapevole che all’obbligo etico di informare correttamente, corrisponde il diritto dei cittadini ad essere correttamente informati.
 
Da settimane, parte dell’informazione ha dato prova di comportamenti distanti dal dovere deontologico d’informare correttamente i cittadini riguardo la Cooperativa Karibù, oggetto di indagini della Procura della Repubblica di Latina per presunte irregolarità nella gestione delle strutture d’accoglienza dei migranti. Si parla di stipendi non pagati ai dipendenti, di condizioni di accoglienza per i minori non accompagnati al di sotto degli standard, di mancanza di servizi essenziali come luce e acqua in alcune strutture. Il rispetto dei diritti delle persone e della legalità è irrinunciabile, ma l’informazione ha proposto ricostruzioni viziate da omissioni, ha fatto ricorso a illazioni, ammiccamenti e allusioni per screditare una parte politica e i suoi rappresentanti. Fiumi di inchiostro hanno riempito pagine di giornali, sono andate in onda ore di trasmissioni su emittenti locali e nazionali, sui social si sono moltiplicati i post carichi di sdegno dei soliti leoni da tastiera e anche di cittadini, vittime ignare di oliate macchine propagandistiche, ma si è fatto scempio dei fatti. Finora la magistratura ha rilevato irregolarità nella gestione interna della cooperativa, ma nessuna illegalità è emersa a carico delle pubbliche amministrazioni, a cominciare dal Comune di Sezze. 
 
Lo sapevano tutti….” è stato ripetuto in queste settimane, ma stranamente nessuno si è rivolto alla magistratura. Il senso civico è esploso solo a posteriori, probabilmente o per ipocrisia o per convenienza o per vera e propria assenza. 
 
Alcuni politici che si stracciano le vesti e fanno la morale agli altri, pensano di potersi nascondere dietro proclami altisonanti e non spendono una parola di solidarietà per gli operatori non pagati e gli immigrati maltrattati. La solidarietà agli stranieri magari no, visto che non stanno loro tanto simpatici.
 
Nelle discussioni sulla stampa e nelle trasmissioni televisive il contraddittorio è stato il grande assente, forse per timore che certi teoremi sarebbero stati demoliti, perché confondono l’informazione con la propaganda o ritengono superflua l’imparzialità, essendo sufficiente esporre alla gogna mediatica gli avversari dei loro editori. Qualcuno se ne è ricordato solo dopo che è stata fatta notare la mancanza: troppo poco, troppo tardi e troppo inaffidabili per riconoscerli validi interlocutori.
 
Ripetutamente si sono fatti riferimenti a coperture politiche a sinistra, prive di riscontro, e si è sorvolato sulla vicinanza dei vertici della cooperativa con autorevoli esponenti e ministri del centrodestra. Sarebbe interessante capire perché….
 
L’assemblea cittadina del Partito Democratico è stata definita una pagliacciata. Un partito serio si confronta con cittadini e simpatizzanti nei modi che ritiene più giusti ed è legittimo preferire il dialogo con le persone allo show mediatico. L’incontro è stato comunque considerato una non notizia ed ignorato dai mezzi di informazione, mentre qualche leone da tastiera si è cimentato in post in cui ha affermato falsità. Esiste una registrazione dell’assemblea che ne dimostra la totale malafede.
 
Lasciamo lavorare la magistratura e aspettiamo fiduciosi i risultati. Se qualcuno ha sbagliato deve pagare senza sconti. La politica conduca le sue battaglie a viso aperto, se ne è capace. L’informazione svolga il suo compito in autonomia.
 
Il dato vero è che si sta consumando una battaglia politico-mediatica finalizzata a cancellare una certa idea di società, improntata ai valori della solidarietà e dell’accoglienza e si è pronti a far ricorso a qualsiasi mezzo. La posta in gioco è la conquista dell’egemonia culturale da parte della destra ultraliberista e individualista che colpevolizza e emargina poveri e diversi e la cancellazione dell’anomalia politica rappresentata da tante realtà del nostro Paese, come ad esempio i Monti Lepini. È bene esserne consapevoli. A quanti non condividono un simile progetto spetta opporsi politicamente e culturalmente, non arretrare di un millimetro, non consentire di cancellare l’identità ed abiurare i valori che da sempre ci caratterizzano.

 

Una delibera della giunta regionale accoglie favorevolmente una serie di proposte avanzate in questi mesi dal Comune di Sezze. “La giunta regionale  - spiega il sindaco Lucidi - ha preso atto dello stato di degrado fisico e ambientale in cui oggi versa l’Anfiteatro, che stride con la potenzialità ed il valore ambientale e paesaggistico del sito e impongono agli enti proprietari di trovare una soluzione condivisa per il recupero alla fruizione collettiva dell’intero comprensorio. La Regione ha quindi deciso di aderire alle proposte del Comune, individuando nel Fondo per lo Sviluppo e la Coesione 2021- 2027 le risorse necessarie per il completamento dell’opera”.
Con una progettazione condivisa tra Regione Lazio e Comune di Sezze è stato dato mandato agli uffici preposti di elaborare le linee guida per l'espletamento di un concorso di progettazione volto all'acquisizione del progetto di fattibilità tecnico economica delle opere di riqualificazione ambientale, completamento e adeguamento funzionale del comprensorio del Teatro italiano di Sezze: “Oggi – ha concluso il primo cittadino di Sezze – con l’adesione della Regione all’iniziativa promossa dal Comune di Sezze abbiamo creato le condizioni per far rinascere la struttura, abbiamo una possibilità di recuperare quel luogo tanto caro alla cittadinanza che da quasi 20 anni è costretta a vedere quello scempio. Fino a ieri c’erano solo macerie, oggi il futuro dell’Anfiteatro sembra di nuovo da scrivere”.

 

Nei giorni del 12 e 13 febbraio 2023 si vota per eleggere il Presidente della Regione Lazio e il Consiglio Regionale. Tra i candidati alla carica di consigliere regionale - anche se non è stato ancora ufficializzato - spunta per Sezze la candidatura per Azione con Calenda - Italia Viva  di Daniele Piccinella, consigliere comunale di Sezze nel partito Identità Setina. Piccinella in questa lista civica fattasi partito ricopre il ruolo di segretario politico. Napoletano doc, da anni vive a Sezze. L'altro candidato setino ufficiale alla carica di consigliere regionale è l'uscente consigliere regionale Salvatore La Penna del Partito Democratico.

 

 

 

 

Due nuovi finanziamenti, piccoli ma importanti, che permetteranno di proseguire nel processo di recupero e valorizzazione del fiume Ufente e del lago Mole Muti. L’assessore allo sviluppo locale e ai finanziamenti pubblici del Comune di Sezze, Lola Fernandez, comunica infatti che sono state rese note le graduatorie di merito su alcuni progetti presentati dal Comune di Sezze (ente capofila), che hanno permesso di ottenere due finanziamenti per un totale di 15mila euro. Tra questi, Il progetto “Ufente, un fiume a 5 sensi”, che è implementato dal Comune di Sezze con la collaborazione del Comune di Pontinia e il supporto di due scuole: l’istituto comprensivo “Gaetano Manfredini” di Pontinia e l’istituto comprensivo "Valerio Flacco" di Sezze. Il progetto è risultato vincitore dell’Avviso Pubblico Regionale per la concessione di contributi per i contratti di fiume delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi 2022/2023: “Per la scuola di Sezze – ha spiegato l’assessore Lola Fernandez – il percorso didattico ipotizzato è quello di trasferire ai ragazzi conoscenze teorico-pratiche sulla "vita" dei fiumi, sul ciclo dell'acqua e per apprendere quanto sia preziosa la risorsa. A Pontinia invece, - spiega Fabiana Cappelli, consigliere comunale di Pontinia - , il progetto è il risultato di una stretta collaborazione con la Scuola dell’Infanzia di Cotarda e si rivolge a tutti i suoi piccoli allievi attuando un percorso didattico incentrato sul tema dell’ambiente e finalizzato alla tutela del fiume che la comunità del plesso sente come proprio. Le maestre della Scuola deII’Infanzia guidano i bambini alla scoperta del personaggio mitologico di Ufente e della sua metamorfosi nel fiume. Soddisfazione per l’esito dell’avviso pubblico è stata espressa dall’amministrazione comunale di Sezze e di Pontinia, sintetizzabile proprio nelle parole dell’assessore Fernandez: “Siamo davvero contenti perché sul Contratto di Fiume insiste con costanza la nostra azione da quando ci siamo insediati. È una risorsa per il territorio e va valorizzata nel miglior modo possibile. Ovviamente – ha concluso l’assessore – questo è un lavoro corale, per il quale impegno ringrazio di cuore il sindaco di Pontinia, Eligio Tombolillo, e il consigliere Fabiana Cappelli, così come i corpi docenti di entrambe le scuole che partecipano al progetto”.

Domenica, 25 Dicembre 2022 08:33

Natale, follia di Dio

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Il racconto del Natale fatto dai Vangeli è tanto scarno e essenziale, quanto sdolcinato è il modo di presentarlo e viverlo nel nostro tempo. La nascita di Gesù è incrostata da un sentimentalismo che rischia di trasformare la verità evangelica in una bella favola, che fa vibrare di tenerezza le corde del cuore ma perdere di vista l’essenzialità di un avvenimento che dovrebbe scuotere le coscienze e metterci radicalmente in crisi, a prescindere dall’essere o meno credenti.

Gli evangelisti non fanno una narrazione minuziosa di quel giorno, di un anno e mese sconosciuti, nel quale a Betlemme, piccolo borgo della Palestina, nacque un bambino a cui i genitori posero nome Gesù, in ebraico Jeshua, che significa il Signore salva. Piuttosto danno un’interpretazione particolare di questo avvenimento, lo inquadrano nella dimensione prospettica della Pasqua. I sentimenti tacciono e l’attenzione si condensa sui significati profondi e ultimi.

È necessario uno sforzo di liberazione dalle sovrastrutture che soffocano il Natale, dai macigni di leggende, tradizioni e folklore che lo hanno seppellito e reso innocuo. La luce che si sprigiona al termine di questo indispensabile intervento di restauro è straordinaria e ci introduce nel nucleo della storia della salvezza. Dio chiama l’umanità a partecipare al compiersi del suo grande progetto di liberazione, che si concretizza nella sua incarnazione storica in Gesù di Nazareth. “E il Verbo di fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14). L’Assoluto entra nella storia, si veste della debolezza di un bambino, si pone in relazione diretta con ogni persona e sceglie non la strada dell’imposizione e della potenza ma della libertà e della consapevolezza. “A quanti però lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio” (Gv 1, 12). L’accoglienza della salvezza è trasfigurante, eleva l’uomo, lo conduce a riscoprire la dimensione offuscata e dimenticata dell’essere immagine e somiglianza del Padre e nel Figlio fatto carne diviene anch’egli figlio.  

Chi accoglie Dio che entra nella storia? Sicuramente non i capi religiosi, gli scribi sapienti, i pii farisei, i potenti per ricchezze e posizione sociale, le persone che contano, ma i poveri e gli ultimi come Maria e Giuseppe, i pastori, autentici pària in Israele, i pagani impuri, come i magi, insomma i disprezzati e reietti della terra.

E allora incontriamoli i protagonisti del Natale.

Maria, la madre di Gesù, appartiene ad una famiglia umile. Abita a Nazareth, uno sconosciuto villaggio della Galilea, remota regione montuosa della Palestina, a quel tempo insignificante provincia dell’Impero Romano. È poco più di una ragazzina. La sua quotidianità sa di pane fatto in casa, di faccende domestiche, di lavoro e attenzione agli altri. Ogni giorno va al pozzo a prendere l’acqua e il sabato in sinagoga. Come da tradizione in Israele, è già promessa sposa a Giuseppe. Spera di avere una vita serena con lui, confortata da tanti figli. All’improvviso i suoi sogni vanno in frantumi. Dio irrompe nella sua vita e sconvolge i suoi piani. Maria aderisce alla chiamata, sa che è la cosa giusta, ma sicuramente non capisce tutto e fino in fondo. Si fida, anche se questo significa mettere in pericolo la sua stessa vita. Si ritrova incinta senza essere sposata e per la legge ebraica del tempo una ragazza madre è nient’altro che una adultera da lapidare.

Giuseppe, promesso sposo di Maria, è definito dai Vangeli un uomo giusto, cioè un ebreo osservante della Legge dei Padri, una persona secondo il cuore di Dio. Quando le ha raccontato dell’incontro con l’angelo, inviato da Dio per farle la proposta di diventare la madre del Messia è rimasto sconcertato, ha dubitato che Maria lo avesse disonorato, avesse tradito la sua fiducia e quella storia fosse un’invenzione per giustificarsi e raggirarlo. Dilaniato tra l’osservanza della Legge, che gli imponeva di denunciarla, e la compassione verso Maria, che in cuor suo sa essere incapace di simili atti, sceglie l’amore, le crede. I suoi dubbi vengono fugati poi grazie ad un sogno. Nella mentalità antica il sogno è mezzo di rivelazione divina. Nel cuore della notte, quando il buio è più impenetrabile Dio getta un fascio di luce che permette di incontrare e conoscere la verità. Quando la rigida osservanza della Legge, della morale e della tradizione cede il passo alla misericordia, Dio si fa strada e si manifesta nella vita dell’uomo.

L’annuncio della nascita di Gesù non suscita gioia ma provoca panico nei palazzi del potere a Gerusalemme, spaventa Erode, re illegittimo, i sacerdoti ed i fini teologi, tutti sbigottiti e allarmati dalla prospettiva di perdere posizioni, privilegi consolidati e potere sul popolo. E così anziché accorrere a rendere omaggio al liberatore di Israele, preferiscono restare sottomessi. A parole auspicavano la venuta del Messia, in realtà lo temevano e la loro risposta al dono di Dio è rendersi responsabili di una strage, servendosi del sanguinario Erode.

La stella, segno celeste che mai brillerà nei cieli di Gerusalemme, guiderà a Cristo il tanto disprezzato mondo pagano, i cui rappresentanti, i Magi, verranno dall’Oriente fino a Betlemme per rendere omaggio al Salvatore rifiutato dal popolo eletto.

I primi ad accorrere alla nascita del Messia sono dei pària, i pastori che fanno la guardia alle greggi, primi destinatari della buona notizia e suoi divulgatori. Per noi i pastori sono figure poetiche, ma nella Scrittura e al tempo di Cristo erano degli emarginati, dei disperati, considerati impuri non potendo rispettare le norme sulle abluzioni e fuori dalla legge in quanto praticavano il furto, la rapina e l’omicidio. Insomma erano uomini duri, abituati a dare morte, pronti a colpire e a correre il rischio di essere uccisi. Eppure quando si presenta loro l’angelo del Signore hanno paura e devono essere rassicurati.

È tutto un rovesciamento: quelli che fanno paura, sono quelli a cui bisogna dire “non temete!”, i più lontani da Dio sono i primi destinatari del più grande avvenimento della fede, il Messia tanto atteso è un bambino avvolto in fasce, quanto di più fragile, di più povero, di più miserabile ci possa essere.

È l’apparente assurdità del Natale.

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