Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalita' illustrate nella cookie policy. Chiudendo questo banner o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie, per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

 

Il sindaco di Sezze Lidano Lucidi, con una ordinanza, impone al gestore Acqualatina di eseguire immediatamente i lavori di risanamento e ottimizzazione delle reti idriche nel tratto montano Muti-Petrara, anche nelle more dell’ottenimento di tutte le autorizzazione e deroga in materia urbanistica. L'atto sindacale arriva dopo un incontro con i vertici della società che gestisce la rete idrica setina.  “Quei lavori di rifacimento della condotta si rendono necessari ed urgenti in considerazione delle continue rotture sull’adduzione principale, che negli ultimi giorni stanno accadendo in maniera ripetitiva, con gravi danni e ripercussioni sul servizio idrico alla popolazione, sullo spreco di risorse e risvolti molto seri in materia di percezione di sicurezza ed ordine pubblico da parte di una popolazione ormai esasperata. Questo intervento  - aggiunge il sindaco - è finalizzato all’eliminazione dell’eventuale condizione di rischio connessa alle numerose perdite idriche delle condotta esistente, che, fino ad oggi, hanno comportato diverse interruzioni idriche dovute alle riparazione continue dei guasti avvenuti a causa delle vetustà e dell’ammaloramento della condotta. Per questo motivo abbiamo deciso di ordinare alla società di eseguire immediatamente i lavori di risanamento e ottimizzazione delle reti idriche anche nelle more dell’ottenimento di tutte le autorizzazioni e deroga in materia urbanistica. Il rischio concreto – ha concluso il primo cittadino di Sezze – è che con i tempi burocratici previsti ci si sarebbe avvicinati all’inizio dei momenti più caldi dell’anno, con la possibilità, che abbiamo voluto evitare tramite questa ordinanza, che la situazione degenerasse in una emergenza ancora meno gestibile, con serie ripercussioni sulla cittadinanza”.

 

 

Sembra che il Pd di Sezze abbia perso la bussola. La zattera fa acqua da tutte le parti e di tanto in tanto, per non affondare, ci si aggrappa al primo molo disponibile? Sembra proprio così! Ad un anno dall’elezione della nuova segretaria e del nuovo direttivo, nei democratici setini qualcosa è andato storto. Quella che doveva essere la svolta e la rinascita del partito si è rivelata invece come l’epilogo di un percorso iniziato qualche anno fa, quando il partito è stato definitivamente preso in mano da un ristretto gruppo di persone che lo hanno usato per bene per poi ridurlo in questa condizione. Non è un caso, infatti, se nel corso delle ultime settimane storici esponenti del Pd hanno abbandonato il direttivo proprio perché senza una guida e senza alcuna linea politica chiara. Nessuna iniziativa messa in campo, nessuna opposizione, nessuna politica. Nel Pd di Sezze non si parla, non si dibatte di nulla e non ci sono più prese posizioni definite. Sembra che il Pd non voglia scomodare nessuno, sembra che abbia scelto la linea dell’indifferenza, su tutto, una posizione neutra, sembra che i dirigenti abbiano deciso semplicemente di non fare politica. Se la segreteria si riunisce lo fa per mera prassi, mentre il direttivo non si confronta da mesi. In questo partito non si parla di nulla, nemmeno in un momento dove iniziano a manifestarsi le prime crepe dentro una maggioranza in difficoltà che non riesce a dare risposta alla città. Il Pd non entra nel merito di nessuna vicenda importante, nemmeno su quelle recenti. Tra il Pd ed il gruppo consiliare non sembrano esserci fili conduttori, non si dialoga. Una volta il capogruppo riportava le istanze del partito che aveva discusso a lungo temi e definito poi una linea da portare avanti in aula consiliare. Oggi è tutto un ricordo, e ci si limita a scrivere sul gruppo WhatsApp, discutendo di quisquiglie senza prendere decisioni. Ed ecco allora che chi è stato parte integrante di un partito vero e vivo, oggi ha deciso abbandonare quello che definisce ormai  un contenitore vuoto e molto ambiguo su molte questioni. Eppure ci sarebbero tanti simpatizzanti che vorrebbero che tutto ciò non fosse vero, che fosse uno scherzo, dove tutto poi torna ad essere come è sempre stato. Ma così non è. La crisi del Pd è stata certificata alle scorse elezioni regionali, a livello provinciale e in quelle città dove si andrà al voto. In molte di queste non ci sarà la lista del Pd.

Domenica, 23 Aprile 2023 06:34

Vivere è essere partigiani

Scritto da

 

“Un fatto passato, per essere storia e non semplice segno grafico, documento materiale, strumento mnemonico, deve essere ripensato e in questo ripensamento si contemporaneizza, poiché la valutazione, l’ordine che si dà ai suoi elementi costitutivi dipendono necessariamente dalla coscienza «contemporanea» di chi fa la storia anche passata, di chi ripensa il fatto passato. (A. Gramsci, La barba di Croce, in,  Avanti!  Torinese, 5 febbraio 1918, in Id., Sotto la mole, Einaudi, Torino 1960, p. 365).
 
Il 25 aprile è un’emozione forte, è la memoria dell’orrore, è la festa della rinascita, è il parto della democrazia, è la gioia di respirare la libertà e archiviare definitivamente l’oppressione, il fascismo, la dittatura, l’odio, il razzismo, la discriminazione, la persecuzione, è la celebrazione della lotta partigiana in montagna con le armi, ma anche quella delle donne disarmate che mantenevano le famiglie dei partigiani, delle staffette partigiane, della resistenza civile degli intellettuali, di chi nascondeva gli ebrei, di chi aiutava i disertori della Repubblica di Salò, dei sacerdoti cattolici che sostenevano gli antifascisti perseguitati, dei partigiani nonviolenti che non hanno mai voluto imbracciare i fucili ma partecipavano agli atti di sabotaggio.
 
Celebrare il 25 aprile è prendere il testimone di chi è passato per le tragedie di questa nostra storia e ci ha affidato la Carta Costituzionale dove possiamo trovare le risposte per mantenere e rafforzare la democrazia e la pace.
 
Nel corso degli anni fiumi di parole sono state scritte e pronunciate per alimentare il ricordo di questo momento fondativo dell’Italia democratica, delle vicende di quanti combatterono e morirono per una causa non di pochi ma comune, per costruire una società in cui donne e uomini potessero guardarsi negli occhi con la certezza di avere dato tutto, anche per quanti quel tutto non se lo meritarono allora e continuano a non meritarselo oggi, per dare un senso diverso, più umano al futuro con l’impegno a non ripetere più gli errori del passato.
 
Tanti piccoli uomini, ancora oggi, animati solo dal gusto per le menzogne e paladini di idee vuote, osano denigrare il 25 aprile e la lotta partigiana, cercando di ridurla ad un derby tra fascisti e comunisti, dimostrando non solo di non conoscere la storia ma soprattutto di non essere degni delle libertà di cui godono, frutto del sacrificio di quanti, lasciati gli affetti, il lavoro e il caldo tepore delle proprie case, presero in mano le armi per combattere i fascisti e cacciare l’invasore nazista. I partigiani, gli unici che scelsero la parte giusta, consapevoli che vivere è essere partigiani, altrimenti è non vivere, appartenevano ad orientamenti politici, culturali e spirituali diversi. Socialisti, liberali, comunisti, cattolici, anarchici, monarchici e di tante altre convinzioni si opposero al fascismo, alla sua pochezza etica e culturale. Si scontrarono anche tra loro proprio in nome della pluralità delle idee, ma morirono tutti insieme per la libertà e la democrazia. Proprio in questa diversità risiede il valore della loro forza e la sostanziale differenza con i fascisti e il loro pensiero unico.
 
Il 25 aprile non è solo una ricorrenza, un giorno in cui far risuonare discorsi retorici e di circostanza, ma è la pietra angolare sulla quale è eretta la Repubblica. La libertà di cui tutti godiamo e che tutti invochiamo è germogliata dalla lotta di liberazione partigiana che qualcuno vorrebbe cancellare perché “divisiva” o comunque ridurla a fenomeno marginale. In effetti si tratta di una celebrazione divisiva e il punto di discrimine rimane intatto e passa tra quanti credono nella democrazia, nella giustizia, nella libertà di dissentire senza timore di essere perseguitati e uccisi dagli sgherri del regime, di difendere i più deboli e di promuovere i diritti e la dignità di ogni persona e quanti invece tutto questo lo hanno negato e continuano a negarlo, ricorrendo alla violenza, alla denigrazione e alla discriminazione, si proclamano nostalgici di 20 anni di nefandezze autoritarie fasciste e continuano a seminare falsità e distorcere la storia.
 
Il 25 aprile non è la festa di una fazione, non è questione di simpatie politiche o di ideali astratti, ma è il riscatto del nostro Paese dopo 20 anni di olio di ricino e di appiattimento culturale, nel quale si è dato finalmente voce alle donne che il fascismo voleva matriarche sforna figli e che i democratici volevano parte attiva della società, si è eliminata l’odiosa censura che sopprimeva ogni forma di legittimo dissenso.
 
Dobbiamo far rivivere in ogni istante i sentimenti, le lotte e le storie dei partigiani, dar loro un posto nella nostra memoria come faremmo se fossero nostri fratelli, nostre sorelle e nostri amici. Soltanto facendo diventare il ricordo nostro modo di essere e di pensare nell’oggi che viviamo, c’è la speranza di rendere giustizia a chi ebbe il coraggio di schierarsi quando fu necessario farlo. La gran parte di noi non ha vissuto la guerra e la Resistenza, ma non è necessario provare ogni cosa sulla propria pelle per comprenderne la gravità e l’importanza e dobbiamo acquistare sempre maggiore consapevolezza del nostro posto e dei propri doveri, ispirandoci a chi ebbe il coraggio di parteggiare per opporsi all’ingiustizia e si fece carico delle conseguenze che questa scelta avrebbe comportato. Quanti morirono davanti al plotone di esecuzione, negli scontri sulle montagne o in una stanza d’interrogatorio lo fecero per costruire il futuro e questo rimarca il profondo solco che divide antifascisti e fascisti.
 
La lotta di liberazione non può e non deve essere solo retaggio degli ultimi vecchi partigiani ma di ognuno di noi, dei giovani che scendono in piazza per l’ambiente, per il futuro loro e dei loro figli, dei lavoratori che lottano per il pieno riconoscimento dei propri diritti e per un salario dignitoso, delle donne che ancora oggi sono vittime di discriminazioni e violenze, di quanto sono emarginati e perseguitati a causa del proprio orientamento di genere, del proprio credo religioso e delle proprie convinzioni culturali.
 
Ogni volta che ci assale lo sconforto e crediamo che i pesi che portiamo sulle spalle siano insopportabili, dobbiamo pensare che nel 25 aprile risiedono tante risposte alle domande che oggi ci tormentano e dall’esperienza della lotta partigiana possiamo trarre la forza per sconfiggere i fascismi vecchi e nuovi.

 

“Un momento particolarmente emozionante ed intenso quello di stamattina, con la città che ha avuto il privilegio di ospitare un nutrito gruppo di persone impegnate nell’attraversamento della via Francigena del Sud”.  È con queste parole che Michela Capuccilli, vicesindaco e assessore alla Cultura del Comune di Sezze, ha aperto le porte della città al Gruppo dei Dodici, l’associazione che da anni organizza il pellegrinaggio lungo i tratti della via Francigena. Giunti a Sezze dalla lontana Brianza, tappa tra i 136 chilometri che percorreranno nel corso della settimana fino al 24 aprile, in 30 hanno attraversato Sezze e sono stati ospitati all’interno del Museo Archeologico da una rappresentanza del Comune con i quali si sono intrattenuti parlando delle bellezze del luogo e dell’importanza di promuovere questo genere di iniziative e accompagnati lungo le vie del centro storico con una sosta alla Concattedrale di Santa Maria. "Si è trattato di un incontro molto interessante e un primo piccolo passaggio rispetto a progetti più complessi che come amministrazione comunale abbiamo deciso di mettere in atto a tutela e salvaguardia del nostro territorio. Mi sento di ringraziare i partecipanti augurando loro tutto il meglio per il resto di questo importate pellegrinaggio e – ha concluso l’assessore Capuccilli – voglio ringraziare le guide Antonina Battisti e Emilia Leggeri e Alessio Fantigrossi e Fabrizio Paladinelli per la disponibilità”.

 

Con determina numero 12 del giorno 11 aprile 2023 l’amministratore della SPL SEZZE SPA, Antonio Ottaviani,  ha nominato l’organismo di vigilanza con funzioni di OIV (Organismo Indipendente di Valutazione). L’OIV è un soggetto nominato in ogni amministrazione pubblica dall’organo di indirizzo politico-amministrativo e monitora il funzionamento complessivo del sistema della valutazione, della trasparenza e integrità dei controlli interni ed elabora una relazione annuale sullo stato dello stesso, anche formulando proposte e raccomandazioni ai vertici amministrativi. La nomina in questo caso riguarda una singola persona (organismo monocratico) nella persona del prof. Giuseppe Russo.  L’incarico affidato riguarda il triennio 2023-2025 per un compenso annuo di 15.000 euro più oneri INPS.

Il consigliere comunale del Pd Sergio Di Raimo ieri ha inviato una Pec all’A. U. della partecipata del Comune di Sezze chiedendo di “conoscere quali sono le motivazioni e sulla base di quale indirizzo è stato deciso di passare da organo collegiale a organo monocratico” e “soprattutto sulla base di quale motivazione  e logica di economicità  - aggiunge l’ex sindaco - si è passati da una spesa complessiva annua di circa 7.000 euro dell’organo collegiale (3 persone) a una spesa raddoppiata di 15.000 più oneri INPS su un organo monocratico (una sola persona)”. Sempre la SPL recentemente è stata al centro di polemiche relative alla nomina di nuovi consulenti legali, una nuova figura manageriale e un addetto stampa. Il Pd di Sezze ne riparlerà in aula consiliare in una seduta ad hoc già richiesta. Nel frattempo, lo scontro tra l’ex sindaco Di Raimo e l’attuale sindaco Lucidi è rimbalzato sulle pagine dei social, con sostenitori e post da stadio.

 

 

Un fatto ignobile. Uno dei tanti petali di questo fiore marcito che è l’Italia. Fu condannato a undici anni, (nove in realtà) per un reato mai tirato in ballo fino ad allora. Il plagio. Per giunta ai danni di un maggiorenne… Tutto è plagio, che scoperta! Qualunque soggetto pensante e parlante è quotidianamente sottoposto a plagio. In seguito, sempre troppo tardi, questo reato fu cancellato dal codice penale. Contro Braibanti si scatenò la rappresaglia del sociale, la vendetta delle masse. Era l’intellettuale migliore che avesse l’Italia all’epoca. Aveva interessi pittorici, letterari, musicali. Profeta in anticipo di trent’anni. Fu uno dei primi a condannare il consumismo. I “diversi” allora in Italia si contavano. Lui, Pasolini, pochi altri” (Carmelo Bene).
 
Parole trancianti quelle di Carmelo Bene, attore, regista, drammaturgo, filosofo, scrittore e poeta, protagonista della neoavanguardia teatrale italiana e tra i fondatori del nuovo teatro italiano, con le quali ha provato a lasciare traccia di quanto accaduto a Roma ad Aldo Braibanti, la cui vicenda alla fine degli anni sessanta fece scalpore, ma su cui si cercò di spegnere rapidamente i riflettori in quanto così conveniva alla buona creanza ed ora abbiamo l’opportunità di riscoprire grazie al film Il signore delle formiche di Gianni Amelio.
 
Laureatosi in filosofia teoretica, partigiano e attivista antifascista, poeta, autore e regista teatrale ed anche mirmecologo, cioè studioso delle formiche, Aldo Braibanti, impersonato nel film da Luigi Lo Cascio, venne accusato di plagio e condannato a nove anni di carcere per aver sottomesso alla sua volontà, in senso fisico e psicologico, Ettore Sanfratello, interpretato da Leonardo Maltese, il quale ci regala una bellissima prova d’attore per la potenza espressiva con cui attraversa l’obiettivo della macchina da presa e per la forte empatia che instaura con gli spettatori, particolarmente nei momenti più duri e dolorosi come quando viene fatto rinchiudere in un ospedale psichiatrico e sottoposto a una serie di devastanti elettroshock perché guarisse da quell’influsso diabolico.
 
Il film prende spunto da fatti realmente accaduti e racconta una storia a più voci. Accanto alla figura dell’imputato prendono corpo famigliari e amici, accusatori e sostenitori e soprattutto emerge l’atteggiamento distratto e indifferente dell’opinione pubblica. Soltanto il giornalista Ennio, interpretato da Elio Germano, stoico, pugnace ed estremamente misurato in un ruolo che gli sembra cucito addosso, a cui il direttore dell’Unità affida il compito di seguire il processo, si impegna a ricostruire la verità, affrontando sospetti e censure. Un personaggio inventato, che ha il pregio di rendere l’intero racconto più coinvolgente anche sotto il profilo umano. 
 
La narrazione scorre fluida e riesce nell’impresa di ripercorrere una delle pagine più importanti e nascoste della storia recente dell’Italia. Il film inizia con Aldo Braibanti ed Ettore Sanfratello che dialogano sulla riva del Tevere utilizzando la poesia. È una sera apparentemente come tante, durante il Festival dell’Unità, al termine della quale ritornano nella pensione dove vivono da qualche tempo. La mattina presto però Ettore viene portato via con la forza e ricoverato in un ospedale psichiatrico per volere della famiglia. Partendo da qui Gianni Amelio ci porta indietro nel tempo, ci conduce in Emilia nella primavera del 1959, ci fa conoscere Braibanti, il suo modo di vivere, la sua idea di arte e soprattutto ci racconta l’incontro con Ettore. Il professore in una teca di vetro custodisce le formiche che osserva e studia. Ettore viene condotto nel laboratorio artistico del Torrione Farnese di Castell’Arquato dal fratello maggiore. Il giovane porta in regalo a Braibanti una regina madre e gli si rivolge con l’ingenuità di chi l’ha trovata per caso. Sarà proprio questa la scintilla che farà esplodere un legame intenso tra loro, tra maestro e allievo, una relazione intellettuale e sentimentale.
 
Gianni Amelio riesce nell’impresa delicata e difficile di bilanciare le scene legate a ciò che il professore comunica a quanti lo seguono nel suo cenacolo artistico con quelle dell’amore nascente per Ettore e con il processo, che costituisce un punto di cesura e segna la dissoluzione di un mondo. L’obiettivo del processo è annientare Braibanti, quanto rappresenta sotto il profilo umano e intellettuale, mediante la distruzione della sua dignità, la gogna pubblica e l’annichilimento morale. Il processo, un vergognoso unicum nella storia italiana, fondato su una norma fascista che anni dopo sarà dichiarata incostituzionale, doveva servire da monito a quanti in futuro avessero osato pensare di distaccarsi dall’ordine tradizionalista dominante.
 
Nel film colpiscono situazioni e immagini, come il volto della madre di Ettore, ora duro, incapace finanche di pronunciare il nome di Braibanti, tanto che lo chiama “quello lì”, ora amorevole come quando va a trovare il figlio in manicomio e come quello della madre del professore che trasuda una dolente tenerezza, così spingendoci ad interrogarci sul concetto di amore, rispetto al quale il film non esprime giudizi ma si limita a mostrarlo nella sua oggettività.
 
Il signore delle formiche è un film sulla violenza e sulla discriminazione, sull’amore assoggettato al conformismo e all’ipocrisia, ci fa immergere nello spaccato della provincia italiana degli anni sessanta, quando al benessere economico non seguì una apertura culturale, sociale e dei sentimenti. Nonostante i forti contrasti tra generazioni che caratterizzarono quegli anni, la famiglia continuò ad essere un luogo chiuso, refrattaria ai cambiamenti, ancorata ad una visione arcaica e persino violenta. In questa vicenda non è il plagio ma l’omosessualità mai nascosta di Braibanti ad essere messa sotto accusa. È indubbiamente angosciante e incredibile che, poco prima del 1968, le persone potessero essere processate, condannate e finire in prigione per l’omosessualità, considerata, e forse per molti è ancora così, alla stregua della follia da curare con l’elettrochoc.
 
A distanza di oltre cinquant’anni, anche se in apparenza non ci si scandalizza più di nulla, l’odissea di Braibanti e il processo che subì in seguito alla denuncia partita dalla famiglia retrograda del suo giovane compagno non si distaccano molto dal tritacarne mediatico cui continuano ad essere sottoposti tanti irregolari e diversi. Infatti dietro la facciata permissiva i pregiudizi esistono e resistono, generano odio e disprezzo.  
Domenica, 09 Aprile 2023 06:53

Pasqua, dinamismo trasformante

Scritto da

 

 

Il racconto della Pasqua dei Vangeli possiede un ritmo incalzante, inizia il mattino presto ed è tutto un correre affannoso.
 
Nel Vangelo di Giovanni Maria di Magdala si reca al primo albeggiare al sepolcro. In questo suo andare c’è un’urgenza, un’impossibilità di attendere, il desiderio profondo di prendersi cura del corpo di Gesù. Porta con sé aromi ed unguenti, ma lì giunta ne constata l’inutilità dal momento che la tomba è vuota. In preda allo smarrimento abbandona tutto e corre da Pietro e da Giovanni. Vuole condividere con loro quella realtà inaspettata che non riesce a comprendere. È sufficiente il racconto confuso di Maria di Magdala per spingere Pietro e Giovanni a mettere da parte ogni esitazione e timore e a correre verso il sepolcro. Mille pensieri e mille domande rimbalzano nella loro testa, ma corrono e non hanno tempo di fermarsi a riflettere. A spingerli è l’ansia di vedere, di riscontrare personalmente quanto loro raccontato, di capire e anche di verificare se la promessa della resurrezione fatta da Gesù si è avverata o se si sono illusi e hanno creduto ad una parola vana.
 
Nel Vangelo di Luca le donne, mentre la notte si dirada e spuntano le prime luci dell’alba, si recano al sepolcro per ungere il corpo di Gesù. Qui vivono un’esperienza sconvolgente: la tomba è vuota. Due figure in vesti sfolgoranti dicono loro che Gesù è risorto. Subito corrono ad annunciare la notizia agli altri discepoli.
 
I giorni precedenti erano stati duri e sconvolgenti. Tutto era precipitato rapidamente e inaspettatamente. Invero Gesù aveva annunciato varie volte la sua imminente fine, ma nessuno di loro aveva creduto che sarebbe accaduto realmente. La morte sulla croce del Maestro e quel grosso masso rotolato davanti al sepolcro sembravano il suggello definitivo di un fallimento.
 
L’annuncio della tomba vuota da parte di Maria di Magdala e delle donne aumenta dubbi e paure e fa subito riaffiorare alla memoria le voci tendenziose messe in giro dai sommi sacerdoti, dai farisei e dai capi del popolo, fin dal momento in cui Gesù era stato tolto dalla croce e riposto nel sepolcro, circa la possibilità che i discepoli avrebbero potuto rubare il suo corpo per ingannare il popolo e far credere che fosse risorto. Anzi non hanno perso tempo e già lo vanno ripetendo in giro: “I suoi discepoli sono venuti di notte e l’hanno rubato” (Mt 28), sebbene la tomba fosse presidiata dai soldati del Tempio.
 
Quanto accaduto rischia di sconvolgere ancor di più i discepoli, non sanno cosa pensare e il loro cuore è pesante come un macigno. In questo momento davanti a loro vedono solo ostacoli da superare, significati da scoprire, relazioni da rammendare e soprattutto un futuro buio, impenetrabile e indecifrabile con cui fare i conti. Troppo, veramente troppo per poter affermare: “È risorto”. Umanamente come dar loro torto?
 
Tuttavia il dinamismo che caratterizza i vari personaggi è singolare, racconta qualcosa di altro e di importante. Correre per andare da un morto non ha senso e perciò a spingerli è la percezione di qualcosa di incomprensibile e di immenso: c’è una notizia che non può aspettare, che merita l’urgenza di essere verificata, di fronte alla quale comunque si sentono inadeguati e in ritardo. In loro probabilmente non è ancora germogliata la fede, ma certo è sbocciata la speranza, animata da un’ansia illogica e irrazionale di capire e vedere. La speranza è tendere a qualcosa di essenziale e significante, è fare spazio ad un seme, custodirlo e curarlo affinché germogli, è avere l’atteggiamento dell’esploratore che riesce a cogliere l’inedito anche nell’ordinarietà, è avere occhi per vedere oltre il visibile, è avere la libertà di affrancarsi dai condizionamenti, dalle catene del conformismo e delle mode, dalla mentalità corrente e dagli ergastoli interiori, è passare dalla sterilità alla fecondità, dalla solitudine alla condivisione, è capire che la novità non è nelle cose che accadono ma nel vederle con occhi nuovi, è entrare nelle vene della storia alla ricerca del senso del vivere o meglio di Colui che è il senso ultimo di ogni cosa e della nostra esistenza, il quale è precipitato per amore dentro le nostre contraddizioni, i nostri tradimenti e abbandoni. Dio è entrato dentro la nostra umanità, si è caricato il peso insopportabile della Croce e cammina con noi, ci aiuta a portare le nostre croci, ci incoraggia ad andare avanti, facendo sue le nostre fatiche e i nostri dolori.
 
All’alba di quel primo giorno della settimana le donne, Maria di Magdala, Pietro e Giovanni, tutti coloro che vanno al sepolcro constatano che è vuoto. Luca scrive che le donne sono perplesse, in una condizione di sospensione, in attesa dell’accadere di qualcosa, di una rivelazione, di qualcuno che consenta loro di capire l’umanamente incomprensibile. Hanno visto Gesù morto, il suo cadavere deposto nel sepolcro ed ora non c’è più. C’è un’aporia esistenziale nella comunità dei discepoli, diversa probabilmente per ciascuno di loro, che non viene superata mediante una riflessione individuale o comunitaria, fondata sulla sequela, sugli insegnamenti ricevuti in quegli anni e su quella stessa morte che li porta a concludere che l’opera di Gesù non poteva finire così e doveva continuare, insomma un processo intellettuale o una elaborazione interiore. È una Parola venuta da altrove, che non è nell’uomo, non può venire da carne e sangue ma solo da Dio, ad aprire i loro occhi e il loro cuore, a farli entrare nella dimensione della fede. Due uomini di luce si presentano alle donne impietrite davanti al sepolcro, Gesù appare a Maria di Magdala, la quale pensa sia il giardiniere, ai due discepoli in viaggio verso Emmaus nelle vesti di un viandante, e poi ai discepoli come uno sconosciuto sulla riva del lago che dà loro da mangiare e riuniti nel Cenacolo, i quali in un primo momento lo credono un fantasma.
 
È Dio che alza il velo, ma per accogliere il suo rivelarsi e credere nella resurrezione occorre farsi coinvolgere nella vita di Gesù, ascoltare i suoi insegnamenti, conoscere e sperimentare il suo amore fino ad amare e soprattutto accogliere la Parola.

 

 “I Custodi del Tempo “ritornano con un nuovo viaggio raccontando il Campo di Aviazione Setino. Il nuovo documentario di Flavio Cammerano “I Custodi del Tempo Inseguendo il Sogno di Icaro” racconta un pezzo di storia che pochi conoscono ma che ebbe una grande importanza negli anni 20 e che dopo la guerra scomparve senza che ormai vi sia più alcuna traccia tangibile. Flavio Cammerano come già nel precedente docufilm “I Custodi del Tempo Dalla Palude al Novantesimo,  in occasione del Centenario dell’Arma Azzurra, ha voluto dedicare questo documentario raccontando di una realtà in ambito Aeronautico esistita quasi 100 anni fa. Cammerano consegna alla città un altro documentario da lui scritto ideato diretto e prodotto con una mini troupe pontina composta da Tamara Garolla, Kevin Cervoni Reiter, Mario Valle, Maurizio Luffarelli, nel ruolo di intervistatrice Ilaria Barbiero e la studentessa Elisa Cervelloni in viaggio in bicicletta. 

Il Documentario è stato già presentato al MUG di Latina il 2 Aprile insieme ad una bellissima mostra statica di aeromodelli, dell’associazione aeromodellistica ASD Gruppo Volo RC Fenic. Il documentario si snoda come il precedente sempre su tre livelli di narrazione : il protagonista in assoluto è il campo di aviazione che osserva dall’alto i suoi custodi del tempo che ne conservano ancora la memoria : il Sindaco di Sezze Lidano Lucidi, il prof. Neurochirurgo Stefano Savino, il Gen. (r) Euro Rossi autore del libro Nido D’aquile, l’istruttore e Campione di Volo a Vela Pietro Filippini, e Iwan Piccioni primo pilota Paraplegico d’Abruzzo col brevetto di pilota acrobatico di Aliante. Dopo la presentazione alla città anche questo documentario andrà sulla piattaforma dove già si trova il precedente docufilm ,PRIME VIDEO USA ,UK ,DE , in attesa che presto possa essere disponibile anche in Italia per coloro che non hanno visto ne il primo ne il secondo.

La Conferenza stampa di presentazione si terrà il giorno 22/04/2023 alle ore 11 presso il museo archeologico a Sezze, mentre la proiezione Documentario il giorno 06/05/2023 ore 17.30 presso l'auditorium San Michele Arcangelo a Sezze.

 

Non poteva mancare, nel modo più assoluto, il falò per la Madonna del Venerdì Santo. I residenti del quartiere Santa Maria di Sezze hanno voluto mantenere viva la fiamma della tradizione e per questa sera, al passaggio della Madonna, accompagnata dal coro Stabat Mater, in apertura della Passione di Cristo, accenderanno il fuoco in piazza del Duomo come ringraziamento e simbolo di purezza e rinascita. Le fiamme che purificano e che scaldano il cuore dei fedeli, il fuoco che unisce una comunità e che lega fortemente al passato, alla storia. Il comitato spontaneo Santa Maria – Aringo – Vaccareccia, come da tradizione, ha fatto così la “colletta” per comprare fascine e tutto l'occorrente, e per questa sera è tutto pronto. Fausto Quadrano (Pinzi Pinzi) porta avanti questa antica tradizione da anni, ereditata da altri residenti del luogo. Piccole iniziative ma significative e ricche di memoria e di importanza storica per la nostra comunità.

 

 

 

 

Venerdì 7 aprile si svolgerà la “Sacra Rappresentazione della Passione di Cristo” nella forma tradizionale, con conseguente partecipazione di numerose persone ed autorità. Nel rispetto della tradizione la “processione” si snoderà per le vie del centro storico e del centro di Sezze. Il Comandante della Polizia Locale Lidano Caldarozzi ha ritenuto necessario disciplinare la sosta e la circolazione stradale, onde consentire la buona riuscita della manifestazione. Ecco tutti i divieti di sosta e gli orari predisposti per la Sacra Rappresentazione di Cristo di Sezze.

 

  • dalle ore 10.00 del 06.04.2023 e fino al termine della manifestazione il divieto di sosta con rimozione forzata nel p.le Anfiteatro nell’area adiacente il terreno scosceso, da destinare ad area di sosta per pulmini caravan e roulotte;
  • A partire dalle ore 16.00 del 07.04.2023 e fino al termine della manifestazione tutti gli utenti della strada dovranno osservare, nelle località e nei tratti di strada come appresso indicati, le seguenti norme di Polizia Stradale: dalle ore 16.00 e fino al termine della manifestazione è vietato il transito nelle seguenti Vie e Piazze: Piazza Margherita, Piazza De Magistris, Via Diaz, Piazza IV Novembre, Via Roma, Via Matteotti, Via Corradini, Porta Pascibella, Via Marconi, Via San Carlo e in tutto il centro storico.
  • Dalle ore 16.00 e fino al termine della manifestazione è vietata la sosta, con rimozione forzata nelle seguenti Vie e Piazze: Piazza Margherita, Piazza De Magistris, Via Diaz, Piazza XX Settembre, Largo Buozzi, Piazza IV Novembre, Via Roma, Via Matteotti, P.zza Duomo, Via Corradini, Porta Pascibella, Via Marconi, Via San Leonardo, Via Cappuccini, Porta Sant’Andrea, Via San Carlo, Via Fanfara e lato destro di Via Mattatoio direzione Via Fanfara a partire da Porta Romana.
  • Dalle ore 18.00 e fino al termine della manifestazione in Via Piagge Marine è vietato il transito ai veicoli provenienti da Via Colli; Via San Bartolomeo e Villa Petrara. Le stesse saranno percorribili a senso unico a partire da Via Marconi;
  • Dalle ore 19.00 e fino al termine della manifestazione è vietato l’accesso in Via Mattatoio ai veicoli provenienti dalla S.P. Ninfina;
  • Il transito dei pullman di linea lungo Via Fanfara e Via Variante, è consentito fino alle ore 20.00.
Pagina 34 di 148