Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalita' illustrate nella cookie policy. Chiudendo questo banner o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie, per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

Domenica 17 marzo 2019, alle ore 18.00, presso il Teatro Costa di Sezze, con il Patrocinio del Comune di Sezze e ingresso gratuito, la Compagnia teatrale Le colonne festeggerà il 40° anno di vita artistica. Lo farà con una festa-spettacolo in cui, attraverso foto, video, musica eseguita dal vivo, testimonianze e brani di spettacolo interpretati dal vivo, verranno ripercorsi 40 anni di attività in cui, accanto all’impegno principale nel teatro, hanno avuto spazio attività cinematografiche, presentazioni di libri, organizzazione di eventi, laboratori tetrali e tante altre iniziative. La compagnia teatrale "Le colonne" nasce a Sezze nel 1979. La caratteristica del lavoro della compagnia teatrale svolto nel corso di questi anni è data dall'essere riuscita a fondere la qualità con la fruibilità dei prodotti, per cui il notevole successo di pubblico è stato sempre accompagnato dal positivo giudizio della critica. Accanto a questo lavoro di produzione, la compagnia ha anche svolto una frequente attività di docenza all'interno di laboratori teatrali tenuti presso le scuole (di ogni ordine e grado) e rivolti a docenti o ad alunni, nonché presso la Casa circondariale di Latina con detenuti e il DSM con malati psichiatrici.

 

Qui di seguito, alcuni degli spettacoli prodotti negli ultimi anni:

Nel 1989 debutta a Fondi all’interno del Premio Lazio Teatro del Festival del Teatro italiano Fondi-La Pastora, con la commedia di Eduardo De Filippo Le bugie con le gambe lunghe;

Nel 1994, presso il teatro “Tirso de Molina” di Roma, debutta con la commedia di Giancarlo Loffarelli Lettere lontane;

Nel 1995 con la commedia Meglio questa! di Giancarlo Loffarelli è in scena al “Teatro dei Satiri” di Roma;

Nel 1996 ancora con una commedia di Giancarlo Loffarelli, Un albergo molto strano, la compagnia è in scena al “Teatro dei Satiri” di Roma;

Nel 1999 la compagnia rappresenta la commedia I Lieder di Schumann di Giancarlo Loffarelli presso il teatro Tordinona di Roma;

L’ 8 aprrile 1999, presso la Sala Mandarà della città di Vittoria, inizia la tournée siciliana con Le notti bianche, adattamento teatrale dal romanzo di Fëdor Dostoevskij;

Nel 1999 con la commedia Meglio questa! di Giancarlo Loffarelli è in scena all’interno della manifestazione “Enzimi” organizzata dal Comune di Roma;

Nel 2000, con la commedia Una storia da lontano di Giancarlo Loffarelli è in scena presso il Teatro “Tirso de Molina” di Roma;

Nel 2006 debutta Amira e gli altri di Giancarlo Loffarelli e Franco Di Mare, che verrà replicato in diversi teatri italiani;

Nel 2008 è in scena al Teatro dell’Orologio di Roma con lo spettacolo Se ci fosse luce (I misteri del caso Moro) di Giancarlo Loffarelli. Lo spettacolo va in scena ininterrottamente per più di dieci anni in tutta Italia e il prossimo 9 maggio 2019, anniversario della morte di Aldo Moro, sarà in scena all’Università di Bari, initolata allo Statista, dove questi studiò e insegnò.

Pubblicato in Eventi Culturali

L’associazione culturale no-profit “Araba Fenice” di Sezze organizza, in collaborazione con il Centro Studi di Storia contemporanea “Luigi Di Rosa”, un incontro per ricordare Primo Levi a cento anni dalla nascita. A parlare dello scrittore e chimico italiano, nato a Torino nel 1919 e deportato nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau sotto il regime nazista in quanto ebreo, sarà il Prof. Rino Caputo, Docens Turris Virgatae e già Ordinario di Letteratura italiana presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. L’iniziativa, inserita nel ciclo di conferenze “Quanto tempo è passato... ti racconto la storia”, e intitolata “Primo Levi, un uomo senza tregua” si terrà il prossimo sabato 9 marzo alle ore 17.30, presso il Museo Archeologico di Sezze (Lt). L’evento testimonia l’attenzione e la sensibilità dell’associazione nei confronti del tema della Shoah, approfondito e trattato anche in altri incontri che hanno visto protagonisti esperti, storici e sopravvissuti alla barbarie nazi-fascista. L’attrice Fiammetta Mancini presterà la voce ai brani dell’autore.

Pubblicato in Eventi Culturali

Una nuova sezione per la scuola dell’Infanzia a Sezze Scalo. La Giunta comunale di Sezze ha accolto la richiesta della dirigente scolastica, la prof.ssa Carolina Gargiulo, per l’apertura di una nuova Sezione della Scuola dell’Infanzia nei locali di via Bari. La richiesta è stata avanzata per la presenza di nuovi iscritti che non possono essere integrati nelle sezioni esistenti. La Giunta ha ritenuto la richiesta “meritevole di accoglimento in quanto rientra nel programma politico-amministrativo di questa Amministrazione dare risposte alla richiesta di istruzione, alfabetizzazione ed integrazione sociale”. Il plesso di Via Bari è già dotato di locali idonei atti allo scopo.

 

Pubblicato in Attualità

I buoi da lavoro, in uso a Sezze e in tutto l’Agro romano, erano i maschi della razza maremmana, dalle lunghe corna e di colore grigio chiaro, a volte con sfumature grigio scuro oppure  marrone chiaro, soprattutto lungo il collo e la testa. Potevano essere aggiogati all’aratro, alla perticara[1] oppure alla barozza[2]. Vivevano allo stato brado tutto l’anno, all’interno delle tenute e non abbisognavano di ricoveri, ma di robuste staccionate per delimitare i pascoli secondo rotazioni prestabilite, di paglia con una o più pagliare[3] sparse secondo il numero dei capi, ma soprattutto di grossi fienili di fieno per l’inverno, quando scarseggiava l’erba fresca. I buoi prendevano da soli  la razione di fieno o paglia di cui abbisognavano. La mungitura avveniva anch’essa all’aperto ed il vaccaro addetto si spostava da una mucca all’altra con uno sgabello ad un solo piede, normalmente un tronchetto di legno leggero, che per praticità veniva allacciato al fondo schiena, a mezzo di una funicella, in modo da avere le mani libere per trasportare i secchi del latte negli spostamenti.Un bue aveva il bisogno giornaliero di ruminare una razione di 15 - 20 Kg di fieno e quando possibile, di una dozzina di chili  di pascione[4] di fave. Durante l’inverno, dimagrivano per fame e freddo, ma nella primavera, da Marzo ad Aprile, quando l’erba dei pascoli  ricresceva in fretta, recuperavano ben 200 chili di peso, ruminando una razione giornaliera di circa 80 -120 Kg di erba fresca. (fermandosi solo la notte, quando avevano pieno i sacchi dello stomaco dell’omaso e dell’abomaso). Da primavera sino a tutta l’estate, dalle ore 22 e sino al’uscita del sole, andavano a pascolo libero, riposandosi sotto un albero nelle ore più calde della giornata. Il carico di bestiame per ogni rubbio di terreno [5] era in media di 2 buoi più un giovenco, oppure di due vacche più una giovenca. Il primo passo da compiere per la doma era quello di castrare l’animale, alla fine del secondo anno di vita, si da renderlo più docile. Per  poter castrare un bue occorreva innanzitutto immobilizzarlo, cosa non facile per la mole, che non era mai inferiore ai dodici quintali. Si ovviava allora con un sistema abbastanza semplice, il bue veniva spinto dai butteri ad infilarsi in una strettoia, normalmente costituita da due robuste file di staccionata, e, non appena entrato, gli si precludeva l’uscita con l’immediata chiusura di entrambi i cancelli, intrappolandolo in una specie di gabbia, che non concedeva margini di movimento. A questo punto il capoccia[6] gli passava una doppia corda  attorno al petto e alla groppa, e la stringeva attorcigliandola con l’aiuto di un bastone, fino a farla diventare una vera e propria morsa, che toglieva  respiro e forza all’animale senza soffocarlo, ma annullando del tutto la sua capacità di reazione. Poteva avvenire così la castrazione, senza bisturi né coltelli ma solo con la forza delle mani, afferrando saldamente i testicoli  del bue e compiendovi, con maestria,  un paio di roteazioni, sino a procurare la rottura dei cordoni genitali. La castrazione era così avvenuta e la povera bestia poteva tornare libera. Trascorso qualche mese e superato il trauma, veniva avviato al giogo della perticara, tra due buoi già “esperti“, che  fungevano da “istruttori”, chiamati ruffiani. Al centro dei due buoi, il “novizio” non poteva nè rimanere indietro perché  pungolato dalla verga del bifolco[7], nè fuggire in avanti perché fermato dal giogo dei due ruffiani ed era  quindi costretto a tirare la perticara. Di solito questo “praticantato” durava un paio di mesi, dopodichè prima di essere aggiogato con un compagno, che aveva subìto analogo trattamento, veniva accoppiato per un certo periodo di tempo, con un altro bue anziano o più addomesticato. Era un allenamento vero e proprio ai lavori agricoli e il periodo di doma poteva considerarsi concluso quando il collo dell’animale era ben incallito, quindi indurito, nella parte a contatto con il giogo.Una coppia di buoi ben domati per i lavori agricoli costituivano la “uetta de bovi” ed il loro valore economico era enorme, paragonabile oggi al costo di due grossi Tir.  Per questo i bovari[8] erano una sorta di casta, guadagnavano molto ed erano autentici professionisti, molto stimati in paese. Con i buoi occorreva fare molta attenzione, quando erano liberi dal giogo nel rimissino, perché nonostante la castrazione, alcuni  potevano essere pericolosi, sia per gli animali che per gli uomini e rispondevano solo agli ordini del capoccia che li custodiva o di quanti  mostravano di saperli dominare. Si ricorda di un bue, appartenuto a mio nonno, di nome Furia, che non permetteva ad altri animali di abbeverarsi con lui alla sorgente, perché era “ geloso” dell’acqua e temeva che gliela rubassero. Una volta, per tale motivo, dette di corna ad un asino, colpendolo alla pancia con una tale virulenza da scagliarlo a parecchi metri di distanza, provocando la morte della povera bestia, per la  profonda ferita che gli era stata inferta. Alcuni buoi erano ombrosi anche con persone che vedevano di frequente ma che, senza alcun motivo, non riuscivano ad accettare. Probabilmente intuivano che si trattava di persone timorose e l’istinto li spingeva a dominare, oppure più semplicemente avevano le loro antipatie, che non manifestavano mai nei confronti di chi gli portava quotidianamente l’erba fresca.

 

[1] A differenza dell’aratro di Virgilio, la perticara era realizzata in ferro

[2] Carro trainato da buoi, realizzato con legno robusto e con ruote di ferro.

[3] Pagliare o pagliai: cumuli di paglia

[4] Pascione: Foraggio fresco per le mucche, composto di biada e fave. Doveva essere servito sempre bello asciutto, perché diversamente, per una reazione chimica da parte delle fave nello stomaco, poteva essere letale per le mucche che se ne cibavano, cioè, come si diceva in gergo s’abbentauano.

[5] Il rubbio romano era un appezzamento di terreno corrispondente a circa 18mila metri quadrati (quasi due ettari). Il termine deriva dall'arabo rub'a, forse incrociato con il latino rubeus (rosso), in quanto era in uso delimitarne la misurazione con una striscia di polvere o di vernice rossa.

[6]  Capoccia: Era colui che oltre ad avere una pratica consumata in tutti i lavori di aratro, che a seconda di come venivano eseguiti decidevano i buoni o cattivi risultati, doveva anche possedere delle nozioni basilari di veterinaria.

[7] I bifolchi erano addetti all’aratura sotto la stretta sorveglianza del capoccia. Si è raccontato che fossero persone pigre e ciarlatane. Tra essi era facile trovare i rifiuti della società: ladri, assassini, ecc. Qualcuno ha affermato di aver visto anche dei seminaristi del Collegio gesuitico di Sezze che avevano preferito guidare i buoi piuttosto che essere guidati dall’ascetica disciplina dei loro rettori.

[8][8][8] Bovari: proprietari di buoi, a differenza del capoccia, lavoratore dipendente.

Pubblicato in Storia e Tradizioni

Sono sempre più serie le condizioni di pericolosità della Chiesa di San Bartolomeo di Sezze, edificio del XII secolo adiacente l'ospedale San Carlo. Il tetto della chiesa è praticamente crollato ed i muri perimetrali e la facciata presentano delle serie lesioni come da vari sopralluoghi tecnici comunali. Per impedire l'accesso alla struttura solo una rete metallica divelta e niente altro. Nei mesi scorsi la tela raffigurante il "Martirio di San Bartolomeo" all'interno della navata è stata messa in salvo dalle piogge, grazie all'intervento dei vigili del fuoco di Latina sotto la supervisione della Prefettura di Latina e del Mibact. Da allora la situazione del tetto è ulteriormente peggiorata ed alto ora è il rischio che la struttura possa cedere anche nei muri laterali. Ultimamente in consiglio comunale, in occasione di uno dei tanti question time, la pericolosità della Chiesa è stata posta all'ordine del giorno. L'assessore al patrimonio del Comune di Sezze, Pietro Ceccano, si è limitato a rispondete che la struttura, stando alle carte, è di proprietà del Fec (Fondo edifici di Culto), un fondo di proprietà del Ministero dell’Interno, nel cui consiglio di amministrazione ci sono delegati CEI. Un'informazione questa arcinota e inutile a risolvere il rischio di crollo della chiesa. Nella parole del delegato del sindaco nessuna parola in più. Insomma se la struttura è di altra proprietà il Comune di Sezze non può e non deve intervenire? Eppure la chiesa ricade in territorio comunale ed il pericolo che possa crollare è reale. Non servono atteggiamenti pilateschi, l'amministrazione comunale ha il dovere di sollecitare e di pretendere che i responsabili della struttura intervengano per mettere in sicurezza la Chiesa, in attesa dei fondi (se ne parla da anni) per la riqualificazione della stessa. La chiesa, nota anche come chiesa di Sant'Antonio, è attigua all'ex convento, oggi parte integrante del nosocomio setino e si trova in una posizione centrale e nelle immediate vicinanze della scuola media De Magistris. Il luogo ogni mattina è frequentato da centinaia di alunni dell'istituto e dai tanti pazienti che si recano presso la Casa della Salute di Sezze. Cosa dobbiamo attendere?

Pubblicato in In Evidenza

 Il movimento civico Sezze Bene Comune ha protocollato diverse interrogazioni per il prossimo question time dell’8 marzo. Le consigliere comunali Rita Palombi e Eleonora Contento vogliono vederci chiaro su alcune questioni che riguardano il mondo della scuola, servizi ovviamente essenziali. In merito ai trasporti scolastici SBC interroga il sindaco sull’intenzione della maggioranza di aumentare le tariffe del trasporto.  “I bus scolastici hanno il deposito in via Valle Pazza  - scrivono le consigliere - e ogni giorno un certo numero di scuolabus partono dal deposito per prelevare i bambini per accompagnarli a scuola, gli stessi bus ripartono e tornano nel luogo individuato come deposito per poi ripartire in corrispondenza dell’orario di uscita delle scuole e riaccompagnare i bambini presso i luoghi di prelievo, per un numero di viaggi al giorno per tutti i giorni della settimana. Ma quanti bus scolastici sono destinati al trasporto? Qual è il percorso di trasferimento dal deposito al prelievo del primo bambino in termini chilometrici? Quanto carburante totale ogni anno viene consumato? Quali politiche si stanno promuovendo per incentivare le famiglie all’utilizzo dei bus scolastici?”. Quesiti  che meritano una doverosa risposta. In merito alla mensa scolastica SBC ricorda alla Commissione Cultura che ormai un anno fa era stato portato all’attenzione dei Consiglieri Comunali il regolamento mensa scolastica ed erano stati avviati i lavori per meglio definire la commissione mensa. “Ad oggi – affermano Contento e Palombi -  non si è saputo più nulla in merito al regolamento e tantomeno alla commissione mensa”. Ma esiste un regolamento? E quali sono le iniziative promosse per migliorare la somministrazione dei pasti? Altro tema quello dei buoni pasto che da questo anno possono essere ritirati solo presso gli uffici preposti del Comune. SBC torna a chiedere che venga ripristinata la distribuzione dei blocchetti dei buoni mensa anche a Sezze Scalo.

 

Pubblicato in Politica

Litri e litri di acqua dispersa. Sono sempre più numerose le perdite nelle conduttore obsolete nel centro storico della città con considerevoli e abbondanti sprechi di acqua pubblica. Ultima segnalata in ordine di tempo in via Pitti, in pieno centro storico di Sezze, a due passi dal Municipio, sotto gli occhi degli amministratori comunali. Nonostante le dovute segnalazione alla società che gestisce anche l’acquedotto comunale, qui, da giorni l'acqua si riversa per strada e già è arrivata fino a via Valerio Flacco. Spreco e disagi che ricadono sulle tasche dei cittadini e sperpero di risorse naturali preziosissime.

Pubblicato in Attualità

Venerdì 22 Febbraio scorso l'Italia del basket, finalmente, ha strappato il biglietto per i mondiali che si terranno dal 31 Agosto al 15 settembre in Cina. Grande fermento e grandi festeggiamenti organizzati dalla FIP ( federazione pallacanestro italiana), aiutati dalla grandissima partecipazione di pubblico con la quale ha risposto Varese. Avendo toccato con mano l'ottanta per cento delle partite casalinghe della nazionale, ma soprattutto molti campi del nostro comprensorio, si respira in ogni dove la voglia di basket, la voglia di volgere gli occhi verso quella palla che sempre ambisce al cielo. Eloquente, durante il post gara, la foto dei ragazzi di Coach Romeo Sacchetti sotto un banner che riportava la scritta "Siamo tornati"  (qui pubblicata) in contrasto con l'immagine dell'amato campetto della macchia. Era dal 2006 che il basket italiano non partecipava alla massima competizione internazionale, è dalle Olimpiadi del 2004 che la nostra nazionale non sale sul podio. Tante le responsabilità,  ma sicuramente la più risonante è la mancanza d'infrastrutture. Ecco perché questo "ossimoro" grafico, il quale sottolinea il degrado non solo di un campo di gioco, ma soprattutto di un punto d'incontro. Troppi progetti persi nell'isterica burocrazia delle Istituzioni. Quando il lungimirante Boris Stankovic aprì l'Europa cestistica all'America e viceversa, desiderava che in ogni punto del nostro continente si respirasse pallacanestro. Sezze nelle sue dovute proporzioni ha fame di palle a spicchi, la decennale STS Basket Sezze di Massimiliano Porcelli e la Basket Accademy di Cristian di Lenola ne sono testimonianza, così come la squadra amatoriale, campione in carica, dell'ACPicchia, o il torneo basket Colli, il quale vanta migliaia di presenze nel periodo estivo. I ragazzi non possono estendere la loro attitudine al canestro in quanto il primo campo di basket all'aperto disponibile è quello sito in zona Colli. Le società stesse devono "accontentarsi" di spazi a volte ridotti affinché si possa soddisfare la grande affluenza di ragazzi. SIAMO TORNATI , ma lo saremo ancor di più quando il cuore pulsante della nostra Nazionale tonerà a battere nelle strade, nei parchi pubblici e nei campetti cittadini, lì dove non solo si forma il talento, ma soprattutto un sano modello di vita.

Pubblicato in Sport
Martedì, 26 Febbraio 2019 13:18

Peppalacchio e Peppa, tra rito e verita'

Pochi sanno che Sezze, nel suo patrimonio folcloristico, annovera due popolarissime maschere: Peppalacchio e Peppa. Due pupazzi rivestiti di paglia e ricoperti di vecchi stracci che vengono portati in corteo, festeggiati, uniti in matrimonio e infine bruciati sul rogo. Essi rappresentano due popolani stravolti dall'ebbrezza del Carnevale che danno sfogo ai loro istinti più trasgressivi e alla loro libidine. Verranno presto bruciati per significare la brevità della vita e del piacere. Un rito che si ricollega per un verso al folclore paesano e contadino e, per un altro verso, alle usanze ormai secolari del vecchio mondo cristiano che consentiva "semel in anno"(una volta l'anno) di "insanire" cioè di impazzire. La maschera, del resto, è elemento caratteristico di ogni epoca, in dall'età antica, congenita all'essere umano. Ognuno di noi, forse inconsapevolmente, indossa nella vita tante maschere a seconda delle diverse circostanze e dei diversi ruoli che la vita ci presenta. Ci trasformiamo in attori, diventando, volta a volta, "uno, nessuno e centomila "Luigi Pirandello". Sentiamo inavvertitamente il bisogno di travestirci, di immedesimarci in personaggi sul palcoscenico della vita, in cerca di un autore. Ebbene: che festa sia ancora una volta a Sezze dove il rito carnevalesco si ripete in forma spontanea e scherzosa, soprattutto tra i bambini e ragazzi. Gli adulti, con un po’ di invidia, si divertono ricordando la loro giovinezza ormai irrimediabilmente passata. Un ringraziamento sincero all'Amministrazione comunale che rinnova anche quest'anno una bella tradizione.

            Ecco le date:

  • 28 Febbraio:  Giovedì Grasso :Centro storico ore 10,30
  • sfilata in maschera degli alunni e studenti con Peppalacchio e Peppa sposi
  • matrimonio di Peppalacchio e Peppa
  • 5 Marzo:Martedì Grasso:ore 15:sfilata in maschera da Porta Pascibella fino a Piazza 4 Novembre.
  • 1 edizione del "Carnevale in Centro" con la premiazione delle "Migliori Maschere del Carnevale setino 2019"
Pubblicato in La Terza Pagina

Forati, mattonelle, stucchi orientali, finestre di alluminio dorate, pitture fiabesche e altro ancora sono i simboli del degrado urbano del centro storico di Sezze. Un centro antichissimo e stupendo trasformato negli anni in una accozzaglia di bruttezza senza logica, privo di armonia e controlli. La politica degli anni passati non ha pensato ad un decoro urbano né ad una riqualificazione dell’esistente, quella degli ultimi anni ha fatto di peggio: ha lasciato che chiunque potesse distruggere il bello che era rimasto nei secoli. Basta una passeggiata nei vicoli del centro storico per capire che le amministrazioni comunali hanno lasciato il paese in mano a dei barbari dello stile e del gusto. Le poche azioni di riqualificazione si devono solo alla sensibilità di alcuni privati che rispetto a qualche anno fa hanno investito sulle loro proprietà, riportando in luce ciò che era stato coperto con calce e mattoni nel corso degli anni. Sotto ogni leccata di asfalto in molti vicoli ci sono ancora i sampietrini, dietro una facciata moderna sicuramente ci sarà del sasso vivo. Occorre buon senso e una urgente politica di riqualificazione che possa essere da volano ad una proposta turistica possibile e necessaria. Perché a Sezze non manca niente rispetto ad altre città dei Monti Lepini, semmai è vero il contrario.

Pubblicato in In Evidenza
Pagina 35 di 36