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Quando si parla di 5G la prima cosa da sapere è che questa tecnologia non è altro che l’evoluzione di tecnologie già presenti ed ampiamente utilizzate nel campo della telefonia mobile e consente di aumentare sia le prestazioni dei servizi attualmente offerti, sia di supportare nuovi servizi (ad esempio, la comunicazione in situazioni di emergenza).Le attuali tecnologie sfruttano frequenze comprese tra 800 Mhz e 2600 Mhz, mentre i nuovi sistemi prevedono l’utilizzo di frequenze di trasmissione di 700 MHz, 3600-3800 MHz e 26 GHz. La diffusione di questa nuova tecnologia ha destato anche un certo allarme per l’utilizzo di radiazioni a così piccola lunghezza d’onda, definite erroneamente “millimetriche”. A tale proposito è opportuno osservare che la lunghezza d’onda della luce visibile è enormemente più ridotta di quella delle microonde utilizzate per il 5G. Lo svantaggio è rappresentato dal fatto che le radiazioni, con queste frequenze, sono più facilmente assorbite da pareti e ostacoli, richiedendo quindi l’installazione di un maggior numero di impianti di diffusione del segnale. Per quanto riguarda i limiti di esposizione della popolazione la principale fonte normativa è la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 12 luglio 1999, che definisce i livelli di riferimento per i campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, una norma che stabilisce il livello di riferimento: quella di un telefono mobile è paria a 900 MHz pari a 41,25 Volt per metro (V/m), per un forno a microonde (2,3-2,4 GHz) è pari a 61 V/m. L’Italia, ha definito per le antenne tre diversi limiti: limite di esposizionevalore di attenzione e obiettivo di qualità. Tali limiti rappresentano quindi delle ulteriori cautele, che si applicano alle sole antenne di telecomunicazione e non ai dispositivi elettronici (ad esempio, cellulare o forno a microonde) per i quali sono validi i limiti della norma europea. Il limite di esposizione è il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico che non deve essere superato in alcuna condizione di esposizione della popolazione e dei lavoratori. Per le antenne alle frequenze di 900 MHz e 2,1 GHz ad esempio il valore è pari a 20 V/m, molto inferiore quindi al livello di riferimento della normativa europea. Il valore di attenzione rappresenta il valore di cautela per eventuali effetti a lungo termine delle radiazioni ed è il valore di campo che non deve essere superato negli ambienti abitativi, scolastici o di permanenza prolungata. Infine, l’obiettivo di qualità è il valore di campo a cui tendere ai fini della progressiva minimizzazione dell’esposizione ai campi medesimi e si applica alle aree intensamente frequentate, sono pari a 6 V/m e non sono associati a rischi sanitari correlabili ad esposizioni a lungo termine. I limiti nazionali impongono pertanto forti restrizioni ai gestori degli impianti di telefonia mobile. Sulla questione si è aperto un confronto tra i gestori, che ritengono il valore di attenzione e di obiettivo di qualità troppo bassi, e chi vuole mantenere gli attuali limiti estremamente cautelativi. A tale proposito, le Agenzie per l’ambiente operanti in Italia, ritengono che, senza entrare in considerazioni di tipo sanitario, la realizzazione del 5G possa avvenire anche con il mantenimento degli attuali limiti di legge, attraverso la definizione di criteri progettuali efficienti come, ad esempio, il corretto dimensionamento e posizionamento degli impianti sul territorio. Per quanto riguarda la sicurezza degli impianti, si ricorda che tutte le antenne di trasmissione del segnale devono essere valutate in via preventiva dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente competente per territorio. Le Agenzie per l’ambiente valutano, infatti, già in fase di progetto la compatibilità dell’impianto (antenna) con i limiti di legge relativi alle esposizioni ai campi elettromagnetici, oltre ad effettuare dei successivi monitoraggi periodici dei livelli di campo sul territorio.

Il fenomeno conosciuto come “inquinamento luminoso” è ormai sempre più in costante e in continua crescita in quasi tutte le zone del mondo. Luci artificiali sempre più intense, che minacciano di rendere le notti meno buie e che, oltre a privarci del piacere di rimirare le stelle, avranno pesanti implicazioni sulla salute e sull’ambiente. La superficie del nostro pianeta illuminata (artificialmente) è aumentata del 2,2% ogni anno; inoltre, le zone già illuminate sono diventate ancora di più, facendo registrare un aumento dell'intensità luminosa del 2,2% ogni anno. A "soffrire" di più, continuano gli scienziati, sono le nazioni in via di sviluppo (in particolare stati asiatici, africani e sudamericani). Gli unici paesi in cui l'illuminazione notturna è diminuita sono quelli colpiti dalla guerra, come Yemen e Siria. Un altro dato che preoccupa i ricercatori e che gli “occhi” del Virs, non possono vedere le lunghezze d’onda della luce blu emessa dalle lampade a LED, le quali stanno diventando sempre più diffuse nel mondo occidentale. Pertanto le misure effettuate sono, probabilmente, una stima al ribasso dell’effettivo inquinamento. L'illuminazione percepita dagli esseri umani potrebbe essere molto superiore a quella che riportata nello studio. Il discorso relativo all'illuminazione a LED, d'altronde, è parecchio complesso: certamente si tratta di una tecnologia più efficiente, in termini di consumo energetico, rispetto all'illuminazione tradizionale, ma proprio questo aspetto fa sì che spesso se ne abusi. Il fatto che la luce prodotta da lampade a LED costi meno, rende le persone e le amministrazioni più propense ad accendere a cuor leggero, senza tener conto del loro effetto inquinante. Un'eccessiva esposizione all'illuminazione artificiale è fonte di grande stress per l'uomo: diversi studi hanno mostrato gli effetti dannosi su ritmi circadiani, sonno,umore, soglia dell'attenzione, funzioni cognitive. Unp studio del 2016 ha mostrato, addirittura, l'esistenza di una possibile correlazione tra esposizione all'illuminazione notturna e insorgenza di diverse forme di tumore. Per quanto concerne la normativa, la nostra Regione è alla avanguardia nella legislazione contro l’inquinamento luminoso. La legge regionale approvata nel 2000 riguarda tutto il territorio nazionale, e non solo alcune aree protette, ed inoltre usa come parametro tecnico l’intensità luminosa e non più il vecchio metodo del flusso disperso nell’emisfero superiore. La legge introduce un limite superiore alla luminanza delle superfici stradali. Prima dell'introduzione di questo limite ne esisteva solo uno inferiore, imposto dalle norme di sicurezza. Con il successivo regolamento n. 8 approvato il 18 aprile 2005 pone in testa alle amministrazioni comunali la vigilanza del rispetto dei limiti e il compito di integrare il regolamento edilizio in conformità alle disposizioni del regolamento regionale.

Il sistema idrologico della Regione Lazio si sviluppa su 40 bacini idrografici. In particolare il sistema idrologico della Provincia di latina si sviluppa sui 6 bacini idrografici quali: Astura, Badino, Fondi-Itri, Garigliano, Mascarello e Rio Martino Il reticolo idrografico delle acque superficiali interne della provincia di Latina presenta una notevole variabilità di ambienti idrici, con fiumi di rilievo come il Fosso Leschione, Fiume Astura Canale Acque, Alte/Moscarello, Canale Acque Medie/Rio Martino, Fosso Spaccasassi, Canale Botte, canale Linea Pio, Fiume Ninfa/Sisto, Fiume Cavata; Canale Botte, Fiumi Amaseno Portatore e Ufente. Al fine di assicurare un adeguato livello di protezione ambientale dei corpi idrici fluviali, nel territorio provinciale sono stati individuati 13 corsi d'acqua di riferimento, scelti in base all'estensione del bacino imbrifero che sottendono e all'importanza ambientale e/o socio-economica che rivestono. Tali corsi d'acqua vengono costantemente monitorati per poter esprimere un giudizio di qualità sul loro stato ambientale e verificare il rispetto della normativa. Attualmente la rete regionale di monitoraggio dei corsi d'acqua comprende 23 stazioni sulle quali l'ARPA effettua, con cadenza mensile, campionamenti ed analisi di tipo biologico e chimico fisico. Lo stato di qualità ambientale delle acque è determinato dalla valutazione di indicatori rappresentativi delle diverse componenti la cui combinazione determina lo Stato Ecologico e lo Stato Chimico dei diversi corpi idrici di riferimento. Gli indicatori ambientali di riferimento per la valutazione dello stato ecologico dei corsi d’acqua, secondo quanto previsto dal 152/2006 e s.m.i. sono (per i seguenti elementi di qualità biologica: Macroinvertebrati, Diatomee, Macrofite e Pesci) elementi di qualità fisico - chimica a sostegno: Livello di Inquinamento dai Macrodescrittori per lo stato ecologico, (LIMeco), elementi chimici a sostanze non appartenenti all’elenco di priorità. Tali indici vengono classificati secondo cinque classi di qualità: “Elevato”, “Buono”, “Sufficiente”, “Scarso” e “Cattivo” ad eccezione degli elementi chimici a sostegno il cui stato è espresso da “Elevato”, “Buono” e “Sufficiente”. Gli indicatori ambientali di riferimento per la valutazione dello stato chimico dei corsi d’acqua, secondo quanto previsto dal 152/2006 e s.m.i.  sono: l’indice chimico basato sulla presenza di sostanze inquinanti di natura pericolosa e persistenti nella matrice acqua con livelli di concentrazione superiore agli Standard di Qualità Ambientale (SQA-MA, SQA-CA) di cui alla tab.1A del DM 260/2010 e Dlgs 172/2015; l’indice chimico basato sulla presenza di sostanze inquinanti di natura pericolosa e persistenti nella matrice pesci con livelli di concentrazione superiore agli Standard di Qualità Ambientale (SQA-MA, SQA-CA) di cui alla tab.1A del Dlgs 172/2015.Tali indici sono classificati secondo le seguenti due classi: “buono” e “non buono” in cui “buono” rappresenta l’assenza di sostanze inquinanti oltre il valore limite. Il monitoraggio nel triennio di riferimento la Stazione di riferimento del Bacino imbrifero “Badino” del corpo idrico del Fiume Ufente Via Migliara 47 ricadente nel comune di Sezze, restituisce uno stato chimico buono, come pure la stazione  di riferimento del Bacino imbrifero “Badino” del corpo idrico del Fiume Cavata Via del Fiume ricadente nel comune di Sermoneta.

 

La questione della gestione e dello smaltimento dei rifiuti ha assunto negli anni una dimensione sempre maggiore a livello internazionale e nazionale come conseguenza dell’attuale sistema economico e sociale fondato sulla continua crescita della produzione e del consumo. Il problema non è dato solo dalla quantità di rifiuti prodotti, ma anche dalla loro qualità: i rifiuti pericolosi creano, infatti, impatti devastanti sugli ecosistemi naturali. In Italia si è sviluppata nel corso degli ultimi vent'anni una vera e propria economia parallela fondata sul traffico illegale di rifiuti. Nell'Unione europea le politiche per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti sono definite chiaramente già da molti anni da specifiche normative; ma è sempre più necessario promuovere un sistema economico in grado di minimizzare la produzione di rifiuti mentre si incentivano iniziative di informazione e formazione mirate al cambiamento degli stili di vita. Può essere utile definire cosa si intende per rifiuto. La più recente direttiva comunitaria definisce rifiuto "qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o l'obbligo di disfarsi" . Al di là della definizione giuridica che è stata ed è oggetto di discussione, ciò che possiamo generalmente definire come rifiuto sono tutti i residui della produzione e del consumo che si presentano in forma solida, liquida (se raccolti in un contenitore rigido) e i fanghi. Consultando la banca dati della piattaforma web della provincia di Latina, possiamo analizzare la produzione del rifiuto prodotta e/o raccolta dalla partecipata comunale per l’anno 2017, con una popolazione pari a 24.954 si è avuta una produzione di Rifiuti urbani  10.250,347 tonnellate pari a una produzione pro capite di Kg 410,85, di cui 2340 tonnellate di rifiuti differenziati pari al 23,3% circa, composta dalle seguenti frazioni merceologiche: organica 1.131 tonnellate pari al 47%, Carta e cartone 367, pari al 15%, vetro 471 pari al 17%, plastica 164 pari 7%, rifiuti ingombranti 141 tonnellate pari al 6%, le altre frazioni merceologiche di rifiuti differenziati pari a 164 (t) tra lo 0% e 1%.

 

 

È di qualche giorno fa la notizia che la Giunta Comunale di Sezze con propria delibera ha approvato c.d. “PROGETTO AMBIENTE”, al fine di risolvere tutta una sere di problematiche collegate alla gestione dei rifiuti, alla pulizia del territorio, promuovendo progetti educativi ambientale attraverso incontri con esperti del settore per gli alunni di ogni ordine e grado delle scuole pubbliche locali, oltre a voler investire nella tematica le associazioni, le parrocchie, i centri sociali e le organizzazioni sindacali. Inoltre, il progetto prevede accordi con organismi del settore per il raggiungimento degli obiettivi di educazione al corretto conferimento, al controllo di zone critiche della città e alla segnalazione dei trasgressori. I Principi ispiratori di tale delibera sono contenuti già nel documento nato dopo la Conferenza ONU su Sviluppo e Ambiente tenutasi a Rio de Jainero, nel 1992, conosciuto nel mondo dei più come “AGENDA 21”, dove nel capitolo 28 della Agenda 21 invitano le autorità locali a giocare un ruolo chiave nell'educare, mobilitare e rispondere al pubblico per la promozione di uno sviluppo sostenibile. Le autorità debbono intraprendere dal 1996 un processo consultivo con le loro popolazioni cercando il consenso su un'Agenda 21 locale. Attraverso la consultazione e la costruzione di consenso, le autorità locali possono imparare dalla comunità locale e dalle imprese e possono acquisire le informazioni necessarie per la formulazione delle nuove strategie. I programmi, le politiche ed i piani assunti dalla amministrazione locale potrebbero essere valutate e modificate sulla base dei nuovi piani locali così adottati. L'Agenda 21 contiene proposte dettagliate per quanto riguarda le aree economiche, sociali e soprattutto ambientali: lotta alla povertà, cambiamento dei modelli di produzione e consumo, dinamiche demografiche, conservazione e gestione delle risorse naturali, protezione dell'atmosfera, degli oceani e della biodiversità, la prevenzione della deforestazione, promozione di un'agricoltura sostenibile ed altro ancora. Auspichiamo che dopo un ritardo oltre ventennale, finalmente, si voglia in qualche modo riannodare i fili di questo processo che porti alla costituzione dei forum costituito da tutti i soggetti portatori di interesse, al fine  di  approdare ad una elaborazione di un “PIANO di AZIONE AMBIENTALE”, il quale può solo portare vantaggi alla comunità tutta.