Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalita' illustrate nella cookie policy. Chiudendo questo banner o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie, per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

 

 

Presso il Capol (Centro assaggiatori produzione olivicole di Latina) nascerà il Panel per l’assaggio delle olive itrane da mensa.   Lo ha comunicato Luigi Centauri, presidente dello stesso Capol, al termine del convegno su "Olive da Tavola: Aperitivo con l'Itrana," tenutosi  domenica scorsa presso il Museo della Terra Pontina di Latina. all’interno dell’omonimo evento, in cui  sono state celebrate la Gaeta Dop e l’Itrana bianca.  Organizzato dallo stesso Centro assaggiatori con il patrocino del Comune di Latina, del Consorzio  di Tutela Gaeta Dop e dell’Acap (Associazione capi panel riconosciuti), l’evento ha fatto registrare la partecipazione di oltre trecento persone tra appassionati, esperti del settore e amanti della buona tavola. In particolare, il convegno ha offerto una panoramica approfondita sulle qualità organolettiche delle olive da tavola e ha promosso la cultura della qualità nella produzione olivicola. Gli interventi dei relatori hanno dato vita a una discussione illuminante: Franco Addonizio, assessore all’Ambiente del  Comune di Latina ha portato i saluti del sindaco e il sostegno da parte dello stesso comune di Latina; Emanuela Francesconi, direttrice del Museo della Terra Pontina, ha sottolineato l'importanza della valorizzazione del patrimonio territoriale e culturale; Maurizio Simeone, presidente del Consorzio di Tutela Gaeta Dop, ha fornito informazioni sulla protezione delle olive Gaeta Dop e la loro autenticità; Giulio Scatolini dell'Università Sapori di Perugia ha offerto una prospettiva scientifica sulle caratteristiche organolettiche delle olive; infine Alberto Bono, esperto agronomo, ha illustrato le proprietà organolettiche, gli abbinamenti e i metodi di lavorazione. Il convegno si è concluso con le riflessioni di Luigi Centauri, che ha enfatizzato il ruolo cruciale della promozione e della valorizzazione delle stesse olive nel Lazio, sottolineando l'importanza di perseguire standard di qualità elevati nel settore. Ha inoltre annunciato che si tratta solo del primo di una serie di eventi itineranti sullo stesso tema. La mostra fotografica, che è stata allestita domenica 10 settembre, ha catturato l'attenzione dei visitatori, portandoli in un viaggio visivo attraverso i Monti Lepini, Monti Ausoni e Monti Aurunci. Le fotografie hanno esposto la bellezza della regione e la connessione unica tra l'agricoltura e l'ambiente. La mostra è stata aperta al pubblico durante la settimana scorsa, permettendo a tutti di apprezzare questa rappresentazione affascinante dei territori. Dopo il convegno, è stato il momento di un'esperienza gustativa straordinaria. L'aperitivo con le olive itrane, accompagnato dai vini dell’Azienda agricola Casale del Giglio de Le Ferriere,  è stato molto apprezzato. Questo momento di convivialità è stato il modo perfetto per concludere la giornata in un'atmosfera festosa.
Insomma,  l’evento è stato un successo che ha coinvolto i sensi, dall'ascolto delle informazioni preziose dei relatori all'ammirazione delle fotografie che raccontano la storia di questa terra e, infine, alla delizia dei sapori durante l'aperitivo. Ha dimostrato il potenziale delle olive Itrana bianca e Gaeta DOP, promuovendo la cultura della qualità e sottolineando l'importanza della conservazione delle tradizioni agricole e paesaggistiche. Il Panel che verrà costituito, sarà composto da un gruppo di assaggiatori professionisti che giudicherà la qualità e le caratteristiche delle olive itrane.

Domenica, 17 Settembre 2023 07:23

Serve più educazione

Scritto da

 

 

I casi di cronaca di queste ultime settimane raccontano una crescita preoccupante del disagio sociale e della violenza tra i ragazzi e i giovani. La risposta del governo Meloni è stata improntata unicamente alla repressione e al carcere, con una serie di misure di discutibile applicabilità ed efficacia, presentate in pompa magna, ottime per tranquillizzare i cittadini preoccupati e dare una parvenza di contenuto alla passerella propagandistica, tra claque di partito organizzate e dichiarazioni a favore di telecamera della Presidente del Consiglio. Spenti i riflettori e calata l’attenzione di media e opinione pubblica i problemi resteranno irrisolti, con buona pace di chi li subisce quotidianamente sulla propria pelle.  
 
Sconcerta non poco che nel 2023 per i minori più fragili, per le ragazze e i ragazzi abbandonati nei quartieri degradati, nei ghetti delle nostre città, l’unica soluzione pensata dallo Stato sia il ricorso al carcere facile e alla repressione. Quanti si occupano di giustizia e di educazione nelle scuole e nel volontariato, ascoltando i ministri presentare i provvedimenti del cosiddetto Decreto Caivano, non possono che aver pensato che questi signori, amanti del pugno duro e propugnatori del motto legge ed ordine, vivono in uno stato di dissociazione totale dalla realtà.
 
Gli esponenti del Governo, soprattutto il Ministro della Giustizia Carlo Nordio, sono davvero convinti che per combattere per esempio il problema dell’abbandono scolastico bisogna incarcerare i genitori? Si sono posti il problema che spesso quei genitori che mandano i figli a lavorare anziché a scuola o peggio li abbandonano in mezzo alla strada o a loro volta a quell’età hanno subito identica sorte o vivono in condizioni di grande povertà economica e culturale? Siamo sicuri che una misura coercitiva possa indurre all’assunzione della responsabilità genitoriale in territori sfibrati e brodo di coltura di ogni specie di marginalità e devianze? Per affrontare in modo corretto queste situazioni occorre spezzare il circolo vizioso, rimuoverne alla radice le cause e non proporre soluzioni tanto spettacolari quanto assurde: ai minori in condizioni di disagio economico, educativo e non raramente privi di adeguate relazioni familiari e affettive, si sottraggono del tutto quelle figure parentali che esercitano un minimo di funzione di riferimento. Poco importa poi se i problemi aumenteranno e i ragazzi subiranno un ulteriore abbandono. 
 
Ovviamente non tutte le misure proposte dal governo sono sbagliate, alcune sono ragionevoli, altre inevitabili ma è nell’insieme che sono assolutamente insufficienti. La serietà e l’attenzione ai problemi dei cittadini avrebbe dovuto portare a mettere a punto un piano di riscossa che combinasse l’inasprimento delle pene e le misure per la sicurezza con investimenti per promuovere la legalità, l’integrazione e l’inclusione sociale, nella consapevolezza di avere a che fare con pezzi di generazioni che rischiano di perdersi, se non sono già persi, e non certamente per colpa di un destino inevitabile o di una maledizione divina, ma perché le istituzioni non hanno offerto finora percorsi educativi e di socializzazione alternativi alla strada. In intere zone l’altissima dispersione scolastica è conseguenza diretta dell’abominevole modello di disvalori, primo tra tutti quello proposto dalla criminalità organizzata, rispetto al quale la gran parte delle misure previste, come ad esempio l’ammonimento del questore ai 12enni non serviranno praticamente a nulla. Dove domina la subcultura della devianza e dell’illegalità, il carcere e le misure di sicurezza rappresentano un titolo di merito nella carriera delinquenziale. Trincerarsi dietro la minaccia del carcere è poi solo una scorciatoia inutile, considerato che in Italia la certezza della pena è un miraggio.
 
In definitiva è la cultura sottesa al Decreto Caivano a non andare nella giusta direzione, nulla prevedendo riguardo la prevenzione se non dal punto di vista dell’eventuale effetto deterrente dell’inasprimento delle pene, ammesso che funzioni. Certo è più difficile pensare e realizzare progetti educativi globali che richiedono analisi puntuali delle dinamiche sociali e culturali e che, potendo dispiegare gli effetti inevitabilmente solo su tempi medio lunghi, sono poco funzionali ad accaparrarsi consensi immediati da parte di una politica miope. La prevenzione inizia molto prima della pur necessaria repressione delle illegalità e si fa promuovendo i diritti, tessendo un sistema sano di relazioni sociali e soffocando le sacche criminali.
 
Le periferie e sempre più spesso gli stessi centri urbani sono territori infestati da paure, rabbie, risentimenti, conseguenti a condizioni sociali ed economiche precarie, frutto di politiche sociali assenti o come minimo insufficienti. Il degrado materiale in cui versano trasmette agli abitanti un senso di abbandono e la convinzione di essere “vite di scarto”, senza alcun valore. Sentirsi privi di riferimenti e di senso genera rabbia, che degenera nelle varie forme di violenza e nelle dilaganti dipendenze da stupefacenti ed alcool. Il malessere dei giovani è uno straordinario indicatore della disumanizzazione e mercificazione della vita. Il loro bisogno di considerazione si manifesta anche in forme perverse, violente, che rivelano un vuoto emotivo e morale, la totale mancanza di empatia. Il fatto che gli atti violenti siano ripresi con i cellulari e diffusi sui social, è indice appunto del disperato bisogno di apparire, di gridare al mondo il proprio esserci, a costo anche di uccidere o violentare gli altri.
 
La politica se vuole farsi davvero strumento al servizio del bene comune, del progresso e della giustizia sociale deve mettere al centro della sua azione la questione sociale, deve capire che accanto al presidio delle forze di polizia c’è bisogno di educatori, assistenti sociali, operatori culturali, centri sportivi e polifunzionali, di investire nella scuola, di promuovere la crescita civica, di sostenere le famiglie anche sotto il profilo economico e dell’occupazione, di colmare il vuoto di relazioni attraverso spazi di socializzazione, di rispondere ai sempre più frequenti casi di abusi e violenze carnali con una seria educazione sessuale nelle scuole.
 
La vera emergenza non sono solo i ragazzi e le ragazze che, loro malgrado, si ritrovano sporchi di illegalità, ma la cultura inquinata che respirano.

COMUNICATO STAMPA FRATELLI D'ITALIA SEZZE

_______________

 

Il Comune di Sezze ha ottenuto dalla Regione Lazio, nell’ambito delle “Reti di Imprese tra Attività Economiche” l’approvazione di un finanziamento pari a 100.000 euro. Si tratta di un intervento rilevante per le attività economiche su strada, piccole e microimprese che rappresentano un comparto molto importante della nostra economia. Inizialmente il Comune di Sezze era stato escluso dallo stanziamento, erogato sulla base di una graduatoria regionale.  “Determinante si è rivelato l’interessamento del consigliere regionale Enrico Tiero, che ha chiesto al presidente Rocca e all’assessore Angelilli di verificare la possibilità di reperire ulteriori risorse per finanziare tutte le domande ammissibili, in modo da farle rientrare tra i soggetti destinatari del finanziamento regionale –afferma in una nota il direttivo di FdI di Sezze, rappresentato dal portavoce Mario Sagnelli, dai vice Vittorio Sagnelli ed Evelina Del Monte e dal consigliere Orlando Quattrini- intendiamo ringraziare il consigliere Tiero che si è battuto affinché Sezze ottenesse questo importante beneficio economico. Così come vogliamo rivolgere un altro ringraziamento nei confronti dell’assessore Roberta Angelilli per essere venuta incontro alle richieste del consigliere Tiero, dando opportunità e risorse all’intera comunità setina”.  Ad onor di cronaca va evidenziato che il consigliere Tiero è riuscito a far ottenere i fondi oltre che al Comune di Sezze anche a Ponza e Sermoneta. “Aver ottenuto 100.000 euro per la nostra cittadina è motivo di orgoglio –afferma il direttivo di FdI Sezze- da sempre siamo per la politica del fare e ci attiviamo per soddisfare l’interesse del paese. L’iniziativa è finalizzata allo sviluppo economico e può generare effetti positivi anche sul piano occupazionale e sociale. Un presidio prezioso che rende viva e più armonica la cittadina di Sezze. Il raggiungimento di questo importante risultato rappresenta anche un significato simbolico, quella di unire imprese, Comune ed associazioni. Occorre aumentare e promuovere lo sviluppo locale, volano imprescindibile per il rilancio economico e sociale, elementi necessari per avere una città di Sezze più sostenibile e moderna”.

 

“Il Comune di Sezze perde tutti i finanziamenti del PNRR. Spero vivamente che chi di competenza riveda gli elenchi e ci restituisca il mal tolto. E’ comunque una doccia fredda per il Comune di Sezze”. L’ex sindaco Sergio Di Raimo parla di diversi progetti che, al momento, sembra che non avranno la copertura del PNRR “perché  - afferma - inseriti fra i progetti con maggiori criticità e quindi definanziati a prescindere dallo stato procedurale in cui si trovano”. Si tratta di 8 progetti per un valore complessivo di oltre 6 milioni di euro. Insomma... se confermata la notizia sarebbe veramente un defenestramento da un treno milionario che passa una volta ogni 50 anni.

Ecco i progetti che elenca il consigliere comunale del Pd di Sezze.

 

Progetti definanziati:

 

  • RESTAURO E RISTRUTTURAZIONE DEL MONASTERO DELLE CLARISSE  per Euro 990.000

 

  • INTERVENTO DI RISTRUTTURAZIONE MUSEO ARCHEOLOGICO DI SEZZE COPERTURA  E RESTAURO FACCIATA per Euro  266.000

 

  • EFFICIENTAMENTO ENERGETICO E MESSA IN SICUREZZA DI ALCUNE SCUOLE COMUNALI  per Euro 260.000

 

  • INTERVENTI DI MESSA IN SICUREZZA SCUOLA VALERIO FLACCO per  Euro 519.000

 

  • PARCO DELLA RIMEMBRANZA INTERVENTO DI RIQUALIFICAZIONE DELL''AREA VERDE  per Euro 45.000

 

  • PROGETTO PER ADEGUAMENTO/MIGLIORAMENTO SISMICO  SCUOLA VALERIO FLACCO  per  Euro 1.727.000

 

  • MESSA A NORMA DI ALTRI EDIFICI SCOLASTICI per  Euro 1.000.000

 

  • SETIA FACTOY per Euro  1.845.000

 

 

“A distanza di otto mesi dalla decisione di uscire dalla Compagnia dei Lapini perché inutile e carrozzone di debiti, il sindaco di Sezze Lidano Lucidi e la sua maggioranza propongono di aderire al Gal, ossia un nuovo carrozzone che secondo loro dovrebbe essere una soluzione alla tante problematiche che hanno bloccato lo sviluppo del nostro territorio. Fratelli d'Italia di Sezze dice no a questo nuovo soggetto. Lo statuto costituente non ci convince affatto, come non ci ha convinto Lucidi nel dare chiarimenti richiesti in aula al nostro consigliere comunale Quattrini e al consigliere Di Palma in merito alla costituzione degli atti del nuovo Gal. Questo Gruppo Azione Locale cosa rappresenta veramente?”. In una nota il coordinatore locale di FdI Mario Sagnelli getta ombre sull'adesione del Comune di Sezze al Gal,

Domenica, 10 Settembre 2023 07:03

La spiritualità di Aldo Moro

Scritto da

 

 

“Se posso permettermi di dire una parola, perché bisogna stare molto attenti a parlare di Moro, io credo che tutta la sua cultura non sia altro che una ricerca di quell’Assoluto, di quell’Eterno, di quella Verità che egli aveva in sé: qui non c’è che una rilettura del Vangelo. Sulla specie di chi? No, mi rifiuto, sulla falsa riga di chi? Mi rifiuto! Sulla sua personale concezione! Non è possibile rivedere in lui modelli o tipi o orientamenti o anche categorie, o anche filoni di pensiero; direi che non può neppure vedersi qui solo il cristiano, se per cristiano intendiamo solo una posizione del pensiero metafisico. No! Ancora di più, è il cristiano che non vuole perdere la realtà del mondo, che vuole ricondurlo ad una unità che è quel valore, quella verità che è in sé. Quasi direi che Moro ha superato lo stesso Cristianesimo, come noi lo intendiamo quotidianamente, per cogliere tutto ciò che è vero in chiunque” (Renato Dell’Andro).
 
Aldo Moro rappresenta una figura importantissima nella storia del nostro Paese.
 
In questi anni molto è stato scritto sullo statista democristiano, in particolare sul suo sequestro avvenuto in via Fani il 16 marzo 1978, nel quale furono trucidati gli agenti della scorta, sui 55 giorni della sua prigionia nelle mani degli uomini delle Brigate Rosse, sulla sua esecuzione nel covo di Via Montalcini e sulla sua attività politica all’interno della DC e nelle istituzioni democratiche. Nonostante gli sforzi compiuti, la ricostruzione di quanto accaduto è ancora per larghi tratti lacunosa, avvolta nel buio delle motivazioni politiche, delle quali sono stati strumento più o meno consapevole i terroristi, e condizionata da un omertoso silenzio da parte anche di tanti che hanno ricoperto ruoli di primo piano all’interno degli organi dello Stato. Il lavoro delle Commissioni parlamentari e i processi celebrati hanno prodotto montagne cartacee di documentazione, insufficienti però a scrivere una parola definitiva e a stabilire in modo netto le responsabilità.
 
Uno degli aspetti della personalità di Aldo Moro sicuramente meno indagati è la centralità della fede cristiana nella sua vita, intesa come dimensione insostituibile della sua quotidianità. Eppure basta avvicinarsi alla sua persona e ai suoi scritti per accorgersi come la profonda adesione a Cristo abbia rappresentato il filo conduttore che ha orientato il suo pensiero e innervato le sue relazioni personali e familiari, la sua attività di docente universitario e il suo impegno politico, pragmatico e aperto al dialogo paziente e pacato, sempre rigorosamente rispettoso della laicità delle istituzioni, del pluralismo, della libertà personale e caratterizzato dal rifiuto di ogni integralismo e fondamentalismo. È per questa ragione che il libro di Giancarlo Loffarelli, La spiritualità di Aldo Moro nelle lettere dalla prigionia, costituisce un contributo prezioso che ci restituisce lo statista democristiano nella sua integralità, ci consente di comprendere appieno i valori che hanno modellato la sua persona e hanno costituito il substrato etico del suo agire concreto, attraverso cui ha lungamente influenzato e indirizzato i processi di sviluppo sociale, politico e culturale dell’Italia, contribuendo in modo decisivo ad individuare soluzioni condivise ai problemi.
 
L’angolo visuale da cui Giancarlo Loffarelli parte nella sua ricerca è certamente particolare, ma tutt’altro che limitato e limitante. Infatti le lettere dalla prigionia di Aldo Moro ci consentono di cogliere in pieno il suo percorso di formazione e maturazione spirituale, di comprendere la complessità e la peculiarità della sua persona, di scoprire un uomo in continua ricerca dell’ulteriore e mai appagato, consapevole che la fede è relazionalità che unisce, è lasciarsi mettere in discussione dalla Parola, è coscienza del proprio limite e della propria inadeguatezza, è rimettersi alla volontà di Dio pur avvertendo l’estrema fatica nel compiere una simile scelta.
 
Aldo Moro era convinto che ogni azione, personale e collettiva, dovesse essere sempre illuminata dalla fede. Nella sua visione la persona umana è un bene supremo, che possiede in sé valori assoluti e li esprime nel pensiero e nell’azione,  incarnandoli concretamente e aderendovi integralmente con intelligenza e dinamicità nel divenire della storia. La caratteristica peculiare dell’essere umano è l’io che si sente proiettato radicalmente verso la pienezza dell’essere, che anela alla realizzazione di sé mediante una spiritualità che lo innalza verso la verità suprema, pur operando nel mondo dell’immanenza e realizzandosi nella continua vicenda del suo divenire, come intelligenza operante, come verità che si fa storia. La distinzione tra i piani spirituale e temporale non costituisce per Moro una separazione tra mondi tra loro autonomi e incomunicabili, ma un distinguere per unire, un cercare di realizzare in modo coerente sia la vocazione intellettuale e temporale, facendo uso laicamente dei metodi propri della sua disciplina, sia la vocazione spirituale di credente. La dimensione politica fa parte del quotidiano peregrinare dell’uomo nella storia e pertanto anche tale aspetto per Aldo Moro deve essere illuminato e vivificato dallo spirito, dal colloquio intimo nel profondo del cuore, anzi della coscienza, con Dio, che si estende e si dilata nella comunicazione e nella responsabilità verso gli altri, nella disponibilità a recepirne il valore e mai nella violenza, nella sopraffazione e nel consapevole rifiuto della legge morale. Al riguardo Norberto Bobbio scrive che Moro si è sempre preoccupato di “trasfondere nell’azione politica quotidiana alcuni principi generali e direttivi di cui si era nutrito nella sua formazione religiosa ed etica giovanile, e a cui rimase fedele nella sua lunga milizia” (Bobbio N. (2016). Diritto e Stato nell’opera giovanile di Aldo Moro, in F. Mastroberti, A. F. Uricchio, eds. Il pensiero e l’opera di Aldo Moro).
 
Il libro di Giancarlo Loffarelli ci guida in modo originale e sapiente in questo viaggio nella spiritualità di Aldo Moro, facendoci comprendere che essa costituisce un tutt’uno con la sua persona, si manifesta ad un livello assai vasto e profondo e rende il suo pensiero massimamente vivo e attuale. Grazie al suo esemplare percorso di vita, nel quale la fede dà luce ed illumina ogni esperienza, vediamo in lui veramente l’uomo che nella ricerca della verità ha sempre messo in discussione se stesso e per questa verità ha cercato e ha saputo realizzare scelte etiche decisamente coerenti, incarnando quei valori supremi che sfidano il tempo e fanno dell’uomo l’imago Dei.

 

 

Mattinata agitata e di protesta ai Casali di Sezze, quando sono arrivati gli operai del Comune di Sezze per ottemperare all’ordinanza comunale di rimozione della copertura in legno che avrebbe dovuto ospitare la statua della Madonnina del Ponte. Le rimostranze dei residenti hanno momentaneamente impedito agli operai di abbattere la struttura considerata dall’Ufficio tecnico abusiva. La precedente struttura era stata divelta in occasione dei lavori di messa in sicurezza della Valle del Brivolco. Da allora la statua era stata messa in sicurezza dal comitato spontaneo in attesa di essere riposta nello stesso luogo diventato negli anni angolo di preghiera e devozione per i residenti. La protesta civile di questa mattina ha scongiurato la rimozione del manufatto, si spera adesso che si arrivi ad un accordo così come era stato promesso ai residenti del popoloso quartiere di Casali e Quarto La Macchia.

 

 

 

Maurizio Servili del Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università di Perugia, Giacomo Costagli, manager Alfa Laval, Giorgio Mori, presidente Mori Tem, Alissa Mattei, Capo panel ed esperta settore di ricerca, sviluppo e qualità, Romeo Vanzin, funzionario SIN Spa, Beniamino Tripodi del Gruppo Pieralisi e Alberto Grimelli, direttore della rivista online “Teatro Naturale”. Sono stati questi i docenti del primo corso per tecnico di frantoio del Lazio. Organizzato dal Capol (Centro assaggiatori produzioni olivicole di Latina), si è svolo il 23, il 24, il 29, il 30 e il 31 agosto presso la sede dello stesso Capol (via Carrara, 12/a, Latina scalo) e in alcuni frantoi dell’Agro Pontino. Patrocinato dell’Acap (Associazione Capi panel riconosciuti), era rivolto in modo particolare a coloro che già erano in possesso di competenze tecniche e pratiche di base, ossia a frantoiani, agronomi, periti agrari, agrotecnici e assaggiatori di oli.  Ha fatto registrare un notevole partecipazione: gli organizzatori sono stati costretti ad aumentare i posti prefissati: da 20 a 29. Ma il suo successo è stato determinato dall’alta qualità delle lezioni riguardanti in particolare le ultime innovazioni relative alla tecnologia e ai macchinari necessari per la corretta conduzione di un frantoio oleario. “Si è voluto in pratica - precisa Luigi Centauri, presidente del Capol - migliorare le caratteristiche organolettiche e la diversificazione degli oli in base alle richieste e alle esigenze dei diversi mercati. Tutto questo perché ormai, oltre a saper cavare il meglio delle olive, bisogna saper vendere gli oli con una buona remunerazione e valore aggiunto”. Si sono tenute inoltre anche lezioni sugli aspetti legati alla legislazione per la tenuta dei registri e per la gestione dell’etichettatura e sulle linee che regolano le strategie della comunicazione commerciale per la valorizzazione degli oli. Infine, è stata rivolta una particolare attenzione al risparmio energetico. Ad aprirlo e a spiegarne le finalità, oltre allo stesso Luigi Centauri, è stato Giulio Scatolini, ideatore dello stesso corso e presidente dell’Acap.

 

Una città allo sbando, dove la sicurezza per i cittadini è assente. Una città che fa parlare di sé solo in termini di insicurezza. Il coordinatore di Fratelli d’Italia Mario Sagnelli torna a scrivere al primo cittadino di Sezze parlando dei casi di cronaca legati all’insicurezza che si sono verificati ultimamente. Per Sagnelli “la maggioranza che governa la città ha fatto campagna elettorale anche su questo tema, come per il caso del cimitero, ma ad oggi nulla è stato fatto”. Il territorio comunale – sottolinea Fdi – è diventato insicuro, la stazione ferroviaria un luogo dove ti più capitare di tutto, i vicoli del centro storico pericolosi. Insomma servono più controlli sia durante il giorno che la notte. “Non basta una lettera al Prefetto – afferma Sagnelli – ma occorre agire con i fondi a disposizione, considerato che per le cose irrilevanti i soldi si trovano sempre”.

Domenica, 03 Settembre 2023 05:55

Il privilegio della povertà

Scritto da

 

 

Francesco Lollobrigida, Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, primo cognato del Bel Paese, sposato con Arianna Meloni, fresca di nomina alla segreteria di Fratelli d’Italia, ci ricasca, si lancia nell’ennesima gaffe: "da noi i poveri mangiano meglio dei  ricchi perché cercando dal produttore l’acquisto a basso costo comprano qualità". Proprio non ce la fa a non spararla grossa, a mantenere un profilo istituzionale adeguato alla propria carica.
 
Certa politica facilona e populista, misto d’approssimazione e superficialità, che l’ineffabile Ministro incarna appieno, è destinata inevitabilmente a volare basso e di conseguenza a rimediare figure barbine.
 
La povertà è un tema complesso e secondo l’ISTAT riguarda un italiano su quattro. Oltre 5 milioni e mezzo di persone in Italia vivono in povertà assoluta, in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale. Le famiglie e le persone povere non possono permettersi le spese minime per condurre una vita accettabile, si ammalano perché le abitazioni sono fatiscenti, il riscaldamento in inverno è spesso spento, la medicina preventiva è un miraggio e i prodotti che acquistano sono in genere di bassa qualità. Una bambina o un bambino poveri sono costretti a rinunciare a un quaderno, ai libri e perfino a un gelato, a partecipare al compleanno di un amico perché i genitori non hanno i soldi per il regalo e non possono festeggiare il proprio. La povertà è una trappola che si trasmette di padre in figlio. Quanti appartengono a famiglie in condizioni di precarietà economica è più probabile che restino poveri in età adulta e non abbiano le stesse opportunità di quanti provengono da quelle agiate.
 
A dispetto del fatto che qualche anno fa qualcuno ha pensato bene di abolirla per decreto, la povertà è un fenomeno che persiste. Evidentemente non bastano i proclami, le uscite estemporanee e le allucinazioni frutto di una politica onirica.      
 
Tornando all’oggi, il governo non solo ha tagliato da un giorno all’altro, in modo traumatico e irriguardoso, il reddito di cittadinanza, un sostegno in molti casi indispensabile per la sopravvivenza di interi nuclei familiari, ma addirittura per bocca di un suo esponente autorevole, Francesco Lollobrigida, proclama che povero è bello, è garanzia di buon cibo e vita sana. Cosa desiderare di più e di meglio?
 
Il buon Ministro almeno si attivi con i suoi colleghi di governo affinché i produttori accettino la carta-mancia da 382 euro e spiccioli che, peraltro, non è arrivata neppure a tutti quelli che ne avrebbero diritto come mezzo di pagamento e magari prossimamente proclami tale generosa elargizione più che sufficiente per soddisfare le esigenze alimentari annuali di un’intera famiglia. Mica questi benedetti poveri vorranno strafogarsi di cibo e mettere in serio pericolo la loro salute personale?!
 
Le parole del Ministro poi sono illuminanti, ci permettono finalmente di capire cosa vuol dire che ci sono milioni di italiani che fanno fatica a fare la spesa. Siccome vanno direttamente dal produttore ed escono con così tante buste in mano, faticano a portarle fino a casa. Insomma i poveri comprano i prodotti sani dal contadino, trasformandolo in ricco, e non solo costringono i ricchi a mangiare i loro scarti, ma addirittura non riescono a trascinare il peso della qualità. Sarebbe ora che smettessero di accaparrarsele tutte le cose buone e con un gesto di generosità ne lasciassero un po’ anche ai ricchi. Tutto questo egoismo è intollerabile!
 
Il nostro governo, formato da persone tanto serie ed illuminate, sarebbe il caso che facesse qualcosa per i ricchi i quali, poveretti, mangiano male e per giunta vengono trascurati. Nessuno si occupa di loro, dei problemi che li angustiano, della difficoltà a condurre una dieta salutare.
 
Una proposta concreta e risolutiva potrebbe essere l’introduzione di un reddito di ricchezza, un aiuto di Stato elargito soltanto ai ricchi, magari nella forma di un cesto alimentare da ritirare in chiesa la domenica mattina. La colletta alimentare fuori dai supermercati bisogna destinarla non ai poveri, infingardi e privilegiati, ma ai ricchi in modo da spingerli a consumare colazioni, pranzi e cene nel sereno rifugio delle loro case, anziché essere costretti a frequentare ristoranti stellati e di alto bordo. Se proprio poi non riescono nella faticosa impresa di cucinare in casa, apriamo per loro le accoglienti mense della Caritas. In fondo sono grandi, c’è spazio per tutti, anche per i ricchi. Sarebbe un importante gesto di generosità e di attenzione verso questi cittadini meno fortunati. Il principio di uguaglianza e la salute pubblica sono valori irrinunciabili e i ricchi hanno diritto anche loro a mangiare bene, non può e non deve diventare una condanna essere nati possidenti e un privilegio essere nati senza soldi. La salute pubblica è un bene collettivo e i ricchi non possono essere costretti ad andare in vacanza alle Maldive, alle Hawaii o alle Seychelles per mangiare in modo decente. Togliere il cibo di qualità ai poveri e darlo ai ricchi sarebbe poi un’operazione necessaria di redistribuzione della ricchezza. Basta con i poveri che stanno sempre e solo a rivendicare trattamenti privilegiati, si facciano carico della crisi alimentare e della tutela della salute dei ricchi. Dimostrino un minimo di senso di appartenenza alla comunità e sostengano questa scelta politica, indispensabile per prevenire il rischio dell’innescarsi di uno scontro sociale feroce e senza precedenti. Briatore, Ferrero, Armani e gli eredi Berlusconi che fanno irruzione in una mensa della Caritas al grido “A noi il buon cibo!”, armati di coltello e forchetta o che scendono in piazza e si ribellano al bieco destino, pretendendo anche loro una spesa alimentare proletaria di qualità da fare direttamente dal produttore, sono eventualità concrete, scene per niente immaginifiche a cui nessuno vuole assistere nel prossimo futuro.
Ad maiora semper, Ministro Francesco Lollobrigida.
 
Pagina 11 di 131