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Il Circolo Fratelli d’Italia  di Sezze, tramite il suo consigliere comunale Serafino Di Palma chiede all’amministrazione comunale guidata dal sindaco Lidano Lucidi “trasparenza e azioni concrete per un territorio sicuro e funzionale”. E lo fa protocollando diverse interrogazioni che si spera verranno discusse nel prossimo Question Time del Comune di Sezze.

La prima interrogazione riguarda il Centro sociale di Sezze Scalo “Questa amministrazione ha deciso senza coinvolgere la frazione e gli iscritti del centro sociale che si troveranno privati di uno spazio fondamentale per un periodo prolungato. Chiediamo chiarezza e considerazione per la nostra comunità”. Il sindaco Lucidi infatti vuole demolire la vecchia struttura per farne un asilo nido.

La seconda interrogazione presentata da Di Palma riguarda il dissesto idrogeologico e le condizione del Torrente Brivolco :“Le condizioni del torrente  - si legge nell’interrogazione - richiedono interventi urgenti per la messa in sicurezza. Non possiamo più permettere che l’incolumità dei cittadini venga trascurata. Esigiamo risposte chiare e interventi concreti”.

Il Circolo Fratelli d’Italia  di Sezze interviene poi sulla condizione delle strade, molte delle quali dissestate. “Le strade del nostro Comune – così nell’interrogazione - danneggiate anche dai continui lavori di Acqualatina, sono ormai un pericolo per tutti. È il momento di agire per ripristinare sicurezza e vivibilità, e chiediamo all’amministrazione di illustrarci quali misure intende adottare”.

Infine è stata presentata una interpellanza sullo stato dei lavori del Piazzale della stazione ferroviaria: “Quando verranno conclusi i lavori di riqualificazione? I disagi per i cittadini continuano, e non è accettabile che questa amministrazione rimanga in silenzio”.

 

il consigliere comunale Serafino Di Palma

 

Negli incontri di judo la vittoria è annunciata da un grande tonfo, si tratta del rumore sordo del corpo dell’avversario che sbatte sul tatami, il tappeto giapponese sul quale si svolgono gli incontri. In quel momento l’atleta vincente però non esulta, mantiene la compostezza e attende che l’avversario sconfitto si rialzi per scambiarsi il Rei, il tipico inchino della cultura asiatica. Solo dopo gli è consentito di mostrarsi felice.
 
Tuttavia accade che non tutti gli atleti, nonostante la vittoria, possono essere felici, magari perché il Paese che rappresentano nella competizione sportiva, nega loro il diritto di esserlo, come accade a Leila Housseni, la judoka protagonista del film Tatami – Una donna in lotta per la libertà.
 
Guy Nattiv e Zar Amir, un israeliano e una iraniana, firmano la regia di un film di straordinaria forza espressiva che, raccontando la vicenda personale di una judoka iraniana, preparatasi a lungo e tra mille difficoltà per partecipare ai campionati del mondo di Tiblisi, ci fa immergere nella cruda realtà di un regime asfissiante, che spegne ogni libertà e ogni possibilità di iniziativa personale.        
 
Protagoniste del film sono due donne, Maryam Ghambari, allenatrice e mentore di Leila Housseni, bellissima e testardissima campionessa che insegue il sogno di conquistare la medaglia d’oro e non è disposta a rinunciarvi per nulla al mondo. Due donne apparentemente diverse, si scontrano, si confrontano, si sostengono, si allontanano e infine tornano a solidarizzare tra loro.
 
Leila e Maryan le incontriamo per la prima volta sul pullman, in viaggio verso la capitale della Georgia, dove si stanno tenendo i campionati mondiali di judo, insieme alle altre atlete della nazionale femminile.
 
A Tiblisi tutto sembra andare nella direzione sperata. Leila Housseni è in grande forma ed è determinata a perseguire il proprio sogno. Vince in scioltezza i primi due incontri e sembra destinata ad arrivare fino in fondo nella competizione. La medaglia d’oro è una prospettiva molto concreta e niente potrà impedirle di ottenere un così prestigioso risultato. Niente, a parte il governo del suo Paese. Infatti quando appare sicuro che proseguendo nella sua marcia trionfale Leila Housseni si troverà a dover gareggiare con l’atleta israeliana, il regime di Teheran decide di intervenire, di fermare la sua corsa verso il podio più alto, a qualunque costo e con qualsiasi mezzo.     
 
Il governo degli ayatollah inizia a fare pressioni sull’allenatrice, la quale in un primo momento cerca di opporsi come può a quella assurdità, ma poi è costretta a cedere a causa delle minacce sempre più forti verso lei e la sua famiglia. Leila Housseni deve fingere un infortunio e ritirarsi. Tuttavia le pressioni e le minacce si scontrano con la determinazione a non cedere alla richiesta del regime della giovane judoka. Forte del sostegno del marito, che è rimasto in Iran e che, venuto a conoscenza di quanto sta accadendo riesce a scappare e a mettersi in salvo con loro figlio, Leila Housseni decide che è giusto rischiare tutto, non solo la sua carriera di atleta ma soprattutto la sua stessa vita. Così con un grande scatto di orgoglio si trasforma nella paladina coraggiosa della battaglia per la libertà, contro l’oppressione e l’ingiustizia del regime islamico che distrugge le vite e il futuro.
 
Tatami – Una donna in lotta per la libertà è la storia di una piccola grande rivoluzione, un film emotivamente potente, bellissimo e terribile per quello che racconta, di una attualità bruciante e soprattutto capace di dimostrare che la storia la fanno le donne e gli uomini comuni e non esclusivamente i potenti e gli eserciti. Soprattutto apre uno spaccato sulla società iraniana e ci aiuta a cogliere appieno il ruolo in prima linea delle donne nella battaglia per il cambiamento, per la libertà e i diritti civili e politici che si sta combattendo in Iran. Orgoglio, testardaggine e ribellione sono armi capaci di minare le basi e in prospettiva di far esplodere il regime islamico. Opporsi ai regimi liberticidi implica sempre un prezzo altissimo da pagare sul piano personale. Mettere a rischio la propria vita e le proprie sicurezze, rinunciare ai propri sogni e al proprio piccolo mondo egoistico è però a volte l’unico modo per cambiare veramente le cose. Pertanto la lotta fisica sul tatami di Leila Housseni si fa metafora della lotta psicologica, politica ed esistenziale che trascende la sua individualità. La scelta di girare il film in bianco e nero non è estetica, ma universalizza questa idea, materializza la natura estrema del riscatto ed è funzionale a rendere appieno la drammaticità della vicenda narrata, dei risvolti e delle conseguenze terribili che si prospettano per quanti osano ribellarsi al regime e a trasmettere tutto il rigore della denuncia politica che lo anima e lo caratterizza.
 
I registi, Guy Nattiv e Zar Amirhanno, hanno unito le proprie diversità, le proprie appartenenze apparentemente così distanti e conflittuali e si sono scoperti affratellati nella condivisione dell’arte, dell’estetica e del cinema, offrendoci un racconto, scarno, diretto, sofferto e sincero, che anche grazie alle potenti interpretazioni delle due protagoniste, ne fanno un vero tesoro e un bellissimo esempio di cinema civile, che colpisce le coscienze e i cuori degli spettatori.

 

 Il Centro Sociale di Via Puglie a Sezze scalo ha i giorni contati. Una determina approvata nei giorni scorsi ne sancisce la demolizione per la realizzazione di un nuovo Asilo Nido comunale per un importo totale di spesa di oltre 1,3 milioni di euro. L’unico centro sociale per anziani verrà demolito per realizzare un secondo asilo nido per il centro abitato dello Scalo. L’attuale Centro Sociale venne ristrutturato e inaugurato nel 2001 dall’allora amministrazione comunale guidata da Giancarlo Siddera.  Non condivide la decisione di demolirlo, presa della Giunta Lucidi, il capogruppo del Pd di Sezze Armando Uscimenti, nel 2001 assessore ai servizi sociali e presente al momento del taglio del nastro. “Non sono contrario alla realizzazione di asili nido – afferma Uscimenti - ma non condivido la decisione di demolire una struttura storica di Sezze Scalo e che fino a pochi anni fa era il centro nevralgico delle attività per la terza età. In quel centro si tenevano molte attività per gli anziani, corsi di ballo, ginnastica dolce e altre iniziative che il Comune di Sezze ha sempre promosso per questo centro. Adesso si vuole demolire l’unica struttura per gli anziani presente a Sezze Scalo per nascondere il fallimento prodotto da una scarsa programmazione per gli anziani. E’ una struttura  infatti dove da un paio di anni non si fanno più attività e quindi per questa amministrazione comunale deve essere demolita per realizzare un altro asilo nido. Si tratta di una decisione insensata. Non è dato sapere poi - chiude Uscimenti -con quali risorse economiche questa amministrazione comunale provvederà a realizzare la nuova struttura”.  

 

 

Altro che feste e champagne... Il consigliere comunale di Fratelli d’Italia di Sezze, Serafino Di Palma, ha voluto mettere i puntini sulle "i" in merito all’approvazione del piano di riequilibrio del Comune di Sezze da parte della Corte dei Conti. Si tratta sicuramente di un passaggio importante e positivo per tutti perchè è stato evitato il dissesto finanziario di un Comune già in gravi difficoltà, ma diverso è festeggiare per un debito che i cittadini dovranno pagare per i prossimi 20 anni. Lo ha spiegato ieri Di Palma nel suo intervento in aula nel corso della seduta consiliare. “Dobbiamo essere tutti propositivi, siamo tutti contenti che non ci sia stato il dissesto e ci dobbiamo impegnare affinché nasca una nuova era per Sezze. Ma la verità va detta fino in fondo. Leggendo le carte siamo venuti a  conoscenza che la massa passiva è passata da circa 7,7 milioni a 16 milioni e soprattutto va detto a chiare lettere che le somme saranno spalmate per i prossimi 20 anni. I cittadini di Sezze saranno chiamati quindi a pagare circa 700 mila euro l’anno fino al 2041. La corte dei conti ha quindi rideterminato il suo piano di riequilibrio e non quello decennale presentato nel 2022 da questa amministrazione comunale, ritenuto evidentemente insostenibile ”.

 

 

 

Durante la notte di sabato scorso, una cittadina di Sezze (LT), nel transitare nei pressi della locale stazione ferroviaria, notando la presenza di un’autovettura in fiamme, ha segnalato l’evento contattando il 112 N.U.E.. Sul posto, oltre alla pattuglia della Stazione Carabinieri di Sezze, impegnata nel controllo del territorio, è intervenuta una squadra dei Vigili del Fuoco che ha prontamente domato l’incendio del veicolo, completamente distrutto dalle fiamme, divampate per cause in corso di accertamento. Le successive verifiche hanno permesso di accertare che il predetto veicolo era stato asportato lo scorso mese di agosto a Terracina. Proseguono le indagini da parte dei Carabinieri intervenuti e della competente Stazione Carabinieri di Latina Scalo che, sia nel corso del sopralluogo eseguito nella nottata che all’esito di specifiche verifiche, non hanno, allo stato, raccolto elementi a supporto di un’ipotesi dolosa.

 

 

Furto nella notte tra venerdì e sabato scorso ai danni dell’alimentari “La Botteguccia di Loretta”, sito nel quartiere di Santa Maria a Sezze. Ignoti si sono introdotti nel locale forzando la vetrina basculante dell’ingresso e una volta dentro hanno fatto razzia di vino, liquori di qualità, altra merce, del registro di cassa e banconote. I proprietari si sono accorti di quanto successo solo sabato mattina, al momento dell’apertura. Avvertito il 112 sul posto è sopraggiunta con tempestività una volante dei Carabinieri del Comando di Latina, i quali hanno redatto poi il verbale del furto. Da quanto emerso i malviventi hanno divelto la vetrina e sono entrati indisturbati e, probabilmente con l’aiuto di complici, hanno trafugato ciò che potevano, senza che nessuno si accorgesse di quanto stessero facendo. Oltre alla merce rubata i ladri, per fuggire, hanno provocato dei danni all’interno del locale, distruggendo il controsoffitto e una parte dell'impianto elettrico. Sconforto e rabbia dei titolari per quanto accaduto, così come per il vicinato e per tutto il quartiere di Santa Maria, almeno fino a ieri dispensato da furti, rapine e atti vandalici che, purtroppo, sono accaduti e accadono di sovente in altre realtà del centro storico di Sezze. Profanato, quindi, anche uno degli ultimi quartieri più sicuri e decorosi della città, anche Santa Maria ormai sotto scacco della delinquenza. Quando cala la notte, infatti, in diversi quartieri e nei parchi pubblici, sembra scendere il coprifuoco: bivacchi, consumo di droga, botte da orbi, chiasso e disordine prendono il sopravvento sulla città. Uscire dopo una certa ora è diventato molto pericoloso e per le famiglie e per i ragazzi: insicurezza e  degrado purtroppo sono diventate delle squallide realtà, quasi la normalità, nell'indifferenza più totale. E poi qualcuno continua a chiedere ai residenti di investire, non rendendosi conto di come sia sfuggita di mano tutta la situazione. 

 

I danni all'interno del locale. 

Sabato, 26 Ottobre 2024 22:26

L'eterno scontro tra politica e magistratura

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Lo scontro tra politica e magistratura è un eterno ritorno, si impone nel dibattito pubblico ciclicamente e per lo più avviene con toni sbagliati, che rischiano di farci perdere di vista le cause profonde di queste tensioni.
 
Per comprendere appieno la questione è opportuno fare un passo indietro nel tempo.
 
La storia inizia in Francia tre secoli fa con la teorizzazione della separazione dei poteri dello Stato, legislativo, esecutivo e giudiziario, ad opera di Montesquieu, il quale con il suo trattato sullo Spirito delle leggi nel 1748, ben 51 anni prima della Rivoluzione Francese e nel contesto della monarchia assoluta in cui Luigi XV°, re di Francia, concentrava nella sua persona ogni potere ed era legibus solutus, ossia non assoggettato alle leggi da lui stesso dettate, poneva le basi della complessa gestazione del costituzionalismo liberale in Europa.
 
Il principio della separazione dei poteri ha avuto la sua prima incompleta attuazione nella monarchia parlamentare inglese con il Bill of Rights ed ha trovato attuazione piena solo a distanza di due secoli, dopo essere passati attraverso le rivoluzioni americana del 1776 e francese del 1789 – 99, le degenerazioni del terrore e della Vandea, la restaurazione e le due guerre mondiali nel secolo scorso.
 
Soltanto alla fine della II° guerra mondiale il costituzionalismo liberaldemocratico, che prevede la netta separazione dei poteri, si è affermato in maniera piena e ha improntato in modo sostanziale le democrazie pluraliste contemporanee.
 
Uno dei testi costituzionali che attua con maggior rigore il principio della separazione dei poteri è la Costituzione della Repubblica italiana, nata dalla mediazione di forze cattoliche, comuniste, azioniste, socialiste e liberali, che sedevano nell’Assemblea Costituente, aventi tutte l’obiettivo di fissare dei principi che tutelassero i cittadini dalla possibilità del ripetersi delle condizioni che avevano portato alla dittatura nazifascista. A tal fine per prevenire la possibile prevaricazione del potere esecutivo sugli altri poteri, come avviene in quelle che oggi definiamo democrature, cioè democrazie formali ma gradualmente scivolanti verso autocrazia e autoritarismo, la nostra Costituzione ha previsto un complesso sistema di contrappesi affinché nessun potere, a cominciare dall’esecutivo, abbia la possibilità di fagocitare gli altri e dilagare in ambiti non propri. L’indipendenza della magistratura, requirente e giudicante, e la sua soggezione solo alla legge, la funzione di garanzia del Presidente della Repubblica, la centralità del Parlamento, la composizione mista della Corte Costituzionale e del Consiglio Superiore della Magistratura costituiscono i tasselli fondamentali per garantire appunto il principio della divisione dei poteri.
 
Il tentativo di espansione del potere esecutivo, a scapito di Parlamento e ordine giudiziario, con riforme della giustizia che costituiscono fattori di rischio di uno scivolamento antidemocratico in quanto finalizzate a restringere l’indipendenza della magistratura, spesso in modo subdolo, hanno riguardato numerosi paesi, europei e non, come l’Ungheria, la Polonia, Israele, la Turchia, la Tunisia e molti altri ancora. Anche in Italia, soprattutto negli ultimi decenni, il tentativo della politica e nello specifico del potere esecutivo di trasbordare dal proprio ambito e di mettere sotto tutela la magistratura, di limitarne l’autonomia e controllarne l’operato si è fatto piuttosto ricorrente. L’insofferenza verso l’azione dei giudici e l’accusa di una loro politicizzazione, ogni qualvolta un’indagine investe esponenti politici dell’uno o dell’altro schieramento, è segno palese di una politica affetta dalla sindrome del Re Sole, del sovrano legibus solutus e insofferente ad ogni forma di controllo del proprio operato sotto il profilo della legalità. Insomma ogni volta che la magistratura sfiora le stanze del potere, l’accusa rivoltale è di sconfinare nel campo della politica.
 
Orbene c’è del vero nel fatto che quando uno dei poteri è inerte, l’altro tende a rafforzarsi a scapito degli altri, ma quasi sempre l’accusa alla magistratura di travalicare il proprio ambito e di agire per fini politici nasconde una certa nostalgia dei tempi in cui la giustizia era omogenea alla classe dirigente e viaggiava a due velocità, accondiscendente con il potere e severa con le fasce deboli della società.
 
Nei momenti di maggior tensione tra politica e giustizia capita di sentir ripetere che i magistrati dovrebbero limitarsi ad applicare le norme, evitando di interpretarle. È un assunto insensato. Il fatto stesso di applicare una norma generale e astratta a un caso concreto presuppone un’interpretazione da parte dei magistrati e l’idea di produrre leggi estremamente dettagliate per impedirlo è un assurdo giuridico. La norma, priva dei requisiti della generalità e dell’astrattezza, produce sempre ingiustizie sostanziali in quanto obbliga a trattare in modo rigidamente eguale situazioni diseguali nella realtà. Senza contare poi che il sindacato sull’interpretazione corretta della legge non spetta né al Parlamento e né al Governo, ma unicamente alla Corte di Cassazione, che nei casi più complessi interviene a Sezione unite, mentre la Corte Costituzionale ne accerta la legittimità sotto il profilo costituzionale.
 
Tenere fermi tali assunti non significa certo dimenticare o cancellare quanto non va all’interno della magistratura, le pessime prove di sé che hanno dato tanti magistrati nell’esercizio delle proprie funzioni e non, gli scandali in cui sono rimasti coinvolti, ma certo tutto questo non può rappresentare un valido motivo per mettere in discussione un sistema di garanzie costituzionali voluto dalle madri e dai padri costituenti a tutela dei diritti e delle libertà di tutti.
 
Piuttosto che rincorrere scorciatoie e stratagemmi improbabili ed improponibili, servirebbe una profonda rigenerazione morale, culturale e politica di tutta intera la classe dirigente del nostro Paese e sarebbe necessario farlo anche piuttosto urgentemente. 

 

 

Il Direttore artistico della Compagnia teatrale Le colonne Giancarlo Loffarelli, con il suo dramma storico diecigiugnoventiquattro ha vinto la ventesima edizione del Premio nazionale intitolato a Giacomo Matteotti, indetto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri Premio e “assegnato a opere che illustrano gli ideali di fratellanza tra i popoli, di libertà e giustizia sociale che hanno ispirato la vita di Giacomo Matteotti. valorizzando in particolare le opere volte a promuovere, in Italia e all'estero, la conoscenza della vita, del pensiero e dell'opera di Giacomo Matteotti, con particolare riferimento alla sua attività di studioso e in ambito sindacale e politico”.

La cerimonia di Premiazione si è svolta venerdì 25 ottobre 2024 a Roma, nella Sala verde di Palazzo Chigi, alla presenza del Segretario generale della Presidenza del Consiglio, Carlo Deodato e dei componenti della Commissione giudicatrice: Silvia Calandrelli, direttrice si Rai Cultura, Stefano Caretti, docente di storia contemporanea all'Università di Siena, Emanuela Giordano, regista teatrale, Francesco Maria Chelli, presidente dell'ISTAT, Alberto Aghemo, presidente della Fondazione Giacomo Matteotti, Bruno Tobia è stato docente di storia contemporanea all'Università di Roma La Sapienza.

Per questo testo, Giancarlo Loffarelli ha già vinto il 1° Premio al Concorso nazionale di drammaturgia “In punta di penna” di Castelfranco, in provincia di Pisa.

Dopo il debutto dello spettacolo tratto dal testo, nel gennaio 2023, è andato in tournée in diverse regioni d’Italia, collezionando diversi premi: Migliore attrice, Marina Eianti al Premio nazionale “Mascherini” di Azzano Decimo (Pordenone), Premio della critica al Premio nazionale “Di scena” di Fasano (Brindisi), Premio Migliore spettacolo, Gradimento del pubblico e Migliore scenografia al Festival teatrale nazionale Teatrika a Castelnuovo Magra (La Spezia).

Lo scorso 8 ottobre è andato in scena a Fossano (Cuneo), il 26 ottobre andrà in scena a San Miniato (Pisa), il 17 novembre a Bolzano e il 15 dicembre a Macerata.

Lo spettacolo si avvale del patrocinio del “Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della morte di Giacomo Matteotti”.

Ambientato a Roma nel 1924, il dramma mette in scena gli ultimi giorni della vita di Giacomo Matteotti. La vicenda procede avanti e indietro nel tempo ricostruendo il percorso politico di Matteotti e le motivazioni del rapimento e della sua uccisione. Tutto è raccontato dal punto di vista della domestica di casa Matteotti, Anna, una donna del popolo che rappresenta un vero e proprio “personaggio-coro”. Con lei, unico personaggio creato dall’Autore, quattro personaggi storici: Giacomo Matteotti, la moglie Velia Ruffo, Filippo Turati e Giuseppe Modigliani.

 

 

I nati nel 1964 a Sezze (sono circa 200) hanno deciso di ritrovarsi per una grande festa il prossimo 25 ottobre. 60 anni e non dimostrarli, come recita la locandina dell’evento che si terrà presso il ristorante Il Faraone ai Casali di Sezze. L’invito è rivolto a chi si sente 2 volte 30enne, a chi ha passato l’adolescenza ascoltando i The Beatles, Mina, Celentano, i Pink Floyd; a chi passava i pomeriggi sbucciandosi il ginocchio giocando per le contrade, a chi tornava a casa con le tasche piene di puzzolana, e a chi ha avuto la fortuna di vivere quelle che una volta erano le vere comunità, il vicinato, la condivisione e tutto ciò di buono che c'era in quegli anni.

Tra gli organizzatori della serata Armando Uscimenti ed altri amici che hanno vissuto insieme questi anni, pensando anche a chi ci ha lasciato. Sarà una serata piena di ricordi, di divertimento e di progetti futuri, insomma un’occasione per rivivere momenti indimenticabili segnati da cambiamenti storici e sociali senza precedenti. Il gruppo del 1964 vi aspetta. E… complimenti per l’iniziativa.

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